giovedì 14 aprile 2016

ROBERTO AGUS: ALIENS, ROBOTTERS, APOLIDI e SMART GUNS - ENTR'ACTE, GENOVA




ROBERTO AGUS
ALIENS, ROBOTTERS, APOLIDI e SMART GUNS
a cura di Sandro Ricaldone
Entr'acte
via sant'Agnese 19R – Genova
Inaugurazione: venerdì 15 aprile, ore 18
14-29 aprile 2016
orario: mercoledì-sabato 16-19

Entr'acte inaugura il 15 aprile Aliens, Robotters, Apolidi e Smart Guns, la mostra personale con cui Roberto Agus si ripresenta sulla scena genovese dopo un’assenza di oltre vent’anni. L’artista presenta, insieme ai nuovi lavori che danno il titolo alla rassegna, una serie di opere degli anni ottanta, a testimonianza della continuità del suo percorso. La pittura di Roberto Agus era emersa, nel primo scorcio degli anni '80, dal magma del punk (in un ambito di contiguità fra espressione sonora e visiva contrassegnato da una mobilità estrema nel fagocitare inquietudini metropolitane ed immagini filmiche) già definita nei suoi tratti essenziali: un disegno acuto e sottilmente ironico che, se da un lato rimandava alle contemporanee esperienze di illustrazione fumettistica, assorbiva per altro verso la raffinatezza di certe soluzioni Art Nouveau; un colore steso in campiture piatte e giocato in contrasti a un tempo irreali e stridenti; un universo fantastico ove venivano introdotti simulacri e temi ossessivi, esemplificati dalla flora aggressiva e debordante, così come dalla perturbante presenza di insetti o dalla crudele inespressività delle figure infantili.
Agus, che dagli anni novanta ad oggi si è dedicato in prevalenza a composizioni musicali ascrivibili ad un’area che lui stesso definisce come techno space music, propone da Entr’acte due cicli realizzati dopo l’inizio del nuovo millennio. Il primo, Aliens, Robotters, Apolidi, si sviluppa a partire dal 2004 attorno «alla semplice idea di ricreare e sintetizzare ritratti primordiali miscelando fisionomie indios, afro, indigene, aborigene. Col tempo i ritratti si sono irrigiditi in tratti robotici quasi sino a sparire tra campiture e linee che si intrecciano per tratteggiare volti/maschere immaginari in cui ho riversato l’immaginario che da sempre mi appassiona: la cultura della diaspora africana (la sua musica a partire dal jazz sino alla techno e dance elettronica, la grafica afro-space delle copertine dei dischi anni 70 ) la fantascienza come metafora della condizione umana, i suoi scenari opprimenti, lo spazio immaginato negli anni 50/70, le vecchie copertine Urania, Galaxy, Nebula o Amazing Stories, il design aerodinamico optical e psichedelico, la computerizzazione e la tecnologia in continua trasformazione, le Città Insettoidi e Plug-In-City dello studio Archigram».
Le recenti Smart Guns sono simboli di un mondo «allo stesso tempo globale e chiuso in se stesso, ingegnoso e stupido, che spreca la sua intelligenza per inventare armi sempre più sofisticate»; sono ironiche raffigurazioni «di una tecnologia assurda e improbabile, impossibili da maneggiare perché piene di spine, corredate da optional (missili nucleari, parabole, ingranaggi e condutture per il vapore, croci e rosari, inutili come quelli reali, che uccidono per davvero)».