domenica 17 aprile 2016

IL VETRO DEGLI ARCHITETTI - LE STANZE DEL VETRO, VENEZIA




IL VETRO DEGLI ARCHITETTI
Vienna 1900-1937
a cura di Rainald Franz
Le stanze del Vetro
Ex Convitto Isola di San Giorgio Maggiore - Venezia
17/4/2016 - 31/7/2016

Con oltre 300 opere provenienti dalla collezione del MAK – Austrian Museum of Applied Arts / Contemporary Art di Vienna e da collezioni private, Il vetro degli architetti. Vienna 1900-1937, a cura di Rainald Franz, aprirà al pubblico sull’Isola di San Giorgio Maggiore a Venezia dal 18 aprile al 31 luglio 2016. La mostra metterà a fuoco per la prima volta la genesi della moderna arte vetraria in Austria tra il 1900 e il 1937, un periodo molto fervido, compreso tra gli ultimi decenni dell’Impero Austro-Ungarico e la Prima Repubblica. Dopo Il vetro finlandese nella Collezione Bischofberger, questa è la seconda esposizione dedicata agli sviluppi internazionali del vetro nel XX secolo, organizzata da LE STANZE DEL VETRO, progetto culturale pluriennale promosso da Fondazione Giorgio Cini e Pentagram Stiftung per lo studio e la valorizzazione dell’arte vetraria del XX e XXI secolo.
In mostra i vetri dei protagonisti del Modernismo Viennese, come: Josef Hoffmann, Koloman Moser, Joseph Maria Olbrich, Leopold Bauer, Otto Prutscher, Oskar Strnad, Oswald Haerdtl e Adolf Loos.

RITA MCBRIDE: GESELLSHAFT (SOCIETY) - KUNSTHALLE DÜSSELDORF




RITA MCBRIDE
GESELLSHAFT (SOCIETY)
Kunsthalle Düsseldorf
Grabbeplatz 4 - Düsseldorf
97472016 - 26/6/2016

Inconspicuous things from the urban space such as exhaust air shafts and electrical boxes are often the starting point of Rita McBride’s sculptural pieces. Her very divergent work complexes bearing titles like Machines, Managers and Minimanagers, Keys, Panels, Awnings, Skylights or Parking Structures are concerned with the characteristics and intersection points of industrial design, minimalist sculpture, modernist architecture, public spaces and the gaps they generate. She occupies herself in her artistic practice with society’s underlying structures and systems that imperceptibly control us, organising movement and conduct between the individual and the collective.
McBride’s work is at once based on the traditions of minimal art and institutional critique. The expansive sculptures and installations dating from the time between 1997 and 2015 in the exhibition at the Kunsthalle Düsseldorf demonstrate the breadth of her artistic practice. For McBride, the objects she produces are just as important as the processes and situations from which they emerged. The interrelationship between architecture and art makes up a part of a complex system in which political and cultural power structures are questioned and challenged.
The centrepiece of the exhibition is Rita McBride’s Arena (1997), which fills the Kunsthalle’s entire cinema space. The modular push-fit system in the form of an amphitheatre consists of a complex layering of plywood and Twaron. Arena is a functional sculpture that serves as the venue for a program developed by the artist. It has toured the world like a rock band since its inception. As a meeting place it is large enough to encompass approximately 200 persons and has previously hosted over 100 artists, musicians, and politicians. Insofar as Arena is both a sculpture and a functional structure, it turns the visitors and the institution itself into a part of the exhibition. McBride often works in collectives and with Arena she has generated a continuously developing form of collaborative work.
McBride’s sculptural, installative, performative, and journalistic oeuvre gave rise to a new very complex concept of sculpture that once more puts the social role of art up for discussion. Her concept of the work of art, which has also incorporated literature and performance since the early 1980s, makes her particularly interesting for a younger generation of artists.
Rita McBride (born 1960 in Des Moines, Iowa) has been a professor of sculpture since 2003 at the Kunstakademie Düsseldorf, which she has also headed as its director since 2013. Her works have been shown for example in solo exhibitions at the Secession, Vienna (2000); the Museum Abteiberg, Mönchengladbach, Germany (2008); and in the Museum of Contemporary Art San Diego, USA (2014).

The exhibition is accompanied by a catalogue: Rita McBride. Public Works 1988–2015, 354 pages, Verlag der Buchhandlung Walther König, Cologne.

Image: Rita McBride, Arena, 1997 and Hexelerater, 2004. © Archive Rita McBride / VG Bild-Kunst, Bonn 2016. Photo: Anne Pöhlmann, 2010.

LE RETI DEL LAVORO GRATUITO - OMBRE CORTE 2016




LE RETI DEL LAVORO GRATUITO
Spazi urbani e nuove soggettività
a cura di Emiliana Armano e Annalisa Murgia
Ombre Corte (21 aprile 2016)
Collana: Culture

Il lavoro della conoscenza - inestricabilmente connesso a pratiche di lavoro free, libero e insieme gratuito - vive e si intreccia con le relazioni della città, che attraggono i flussi finanziari globali e catturano lavoratori e lavoratrici in cerca di un riconoscimento economico e identitario, presente o futuro. La centralità del "mondo urbano" - composto di rendite oltre che di profitti - e il paradigma emergente della smart city - basato su creatività, conoscenza, crescita intelligente e sostenibilità - sottendono infatti ambivalenze e processi di inclusione selettiva, che rivelano asimmetrie e nuove forme di disuguaglianza. In tale contesto, che per l'Italia ha il suo evento simbolo nell'Expo 2015, le forme del lavoro sono investite da inediti processi di precarizzazione, di cui il lavoro gratuito è una delle manifestazioni più estreme. Nelle aree metropolitane ciò che viene messo a valore gratuitamente è sempre più spesso la rete delle relazioni e la qualità dei rapporti. Ai knowledge worker viene richiesto di essere sempre raggiungibili negli spazi on line così come in quelli materiali della città, all'interno di dinamiche reticolari in cui l'interazione diretta intreccia la sfera digitale, e le vite e gli spazi vengono messi a valore.
Il volume, nel proporre diverse e originali chiavi di lettura per approfondire questi snodi critici, restituisce lo stato attuale del dibattito e individua alcuni elementi cruciali per rilanciarlo.

Contributi di Giuseppe Allegri, Paolo Borghi, Guido Cavalca, Federico Chicchi, Roberto Ciccarelli, Mattia Gallo, Elisabetta Risi, Luca Salmieri, Raffaele Sciortino, Mauro Turrini

Emiliana Armano è dottore di ricerca in Sociologia economica presso il Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell'Università Statale di Milano. Ha collaborato con Romano Alquati e Sergio Bologna e pubblicato diversi saggi in Italia e in Germania.
Annalisa Murgia insegna al corso di Gestione delle risorse umane presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell'Università di Trento. Attualmente coordina il progetto europeo Gendering the Academy and Research, combating Career Instability and Asymmetries.

R/ESISTENZE PRECARIE - OMBRE CORTE 2016




R/ESISTENZE PRECARIE
Lavoratori universitari e capitalismo cognitivo
a cura di Vincenza Pellegrino
Ombre Corte (21 aprile 2016)
Collana: Culture

Questo libro inserisce l'università nel più vasto scenario di trasformazione del lavoro intellettuale. Un lavoro in cui relazioni, emozioni, passioni sono mobilitate e trascinate in una logica di mercificazione pervasiva.
Frammentazione dei singoli interessi, de-sincronizzazione ed espansione dei tempi di lavoro, denormazione delle garanzie, da un lato, richiami alla produttività, all'efficienza e all'innovazione continua, dall'altro lato, incastrano i lavoratori precari nelle "trappole" che caratterizzano oggi il capitalismo cognitivo.
Sottrarsi a tale logica è davvero difficile, non soltanto a causa dei sofisticati meccanismi di "promessa" impastati di retoriche meritocratiche, ma anche perché il sistema di produzione si fonda sempre più su reti collaborative, relazioni "agevoli", presunta valorizzazione delle "qualità superiori" del lavoratore, e in qualche modo sembra rispondere al desiderio di riconoscimento ingigantito dalla condizione precaria. Eppure anche l'adesione a questa logica non è scontata. Tracce di resistenza attraversano le biografie di chi a questo libro ha voluto collaborare, partecipando a una serie di incontri centrati sulla narrazione di sé e divenuti occasione per una "autoanalisi" del lavoro universitario.

Contributi di: Emiliana Armano, Sebastiano Benasso, Luca Daconto, Andrea Fumagalli, Fabio Gaspani, Tiziano Gerosa, Orazio Giancola, Barbara Grüning, Annalisa Murgia, Vincenza Pellegrino, Marco Pedroni, Alessandro Porrovecchio, Marita Rampazi, Paola Rebughini, Annalisa Tonarelli, Emanuele Toscano, Luca Toschi.

Vincenza Pellegrino è attualmente ricercatrice presso l'Università di Parma, dove insegna Politiche sociali e Sociologia della globalizzazione.

CANOVA: L'INVENZIONE DELLA GLORIA - TEATRO DEL FALCONE, GENOVA




CANOVA
L'invenzione della gloria
Disegni, dipinti, sculture
Tratro del Falcone
via Balbi 10 - Genova
15/4/2016 - 24/7/2016

Venerdì 15 aprile 2016 alle ore 17.00 inaugura a Palazzo Reale di Genova, negli spazi del Teatro del Falcone, la mostra Canova. L’invenzione della Gloria. Disegni, dipinti e sculture, aperta al pubblico dal 16 aprile al 24 luglio 2016
La mostra, promossa dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, dal Comune di Genova e dal Comune di Bassano del Grappa e organizzata da Palazzo Reale di Genova e dall’Associazione Metamorfosi, espone settantaquattro disegni provenienti dalla raccolta del Museo Civico di Bassano del Grappa, accompagnati da modelli e bozzetti in terracotta e in gesso e da dipinti dell’artista provenienti dalle raccolte bassanesi e dell’Accademia Ligustica, oltre che da incisioni fatte eseguire da Canova per illustrare le proprie opere scultoree.

venerdì 15 aprile 2016

KADER ATTIA: SACRIFICE AND HARMONY - MMK FRANKFURT AM MAIN




KADER ATTIA
SACRIFICE AND HARMONY
MMK Museum für Moderne Kunst Frankfurt am Main
Domstraße 10 - Frankfurt am Main
16/4/2016 - 14/8/2016

Kader Attia (b. 1970) has been considered one of the most influential artists of his generation ever since his startling presentation at the last documenta, if not before. The MMK Museum für Moderne Kunst Frankfurt am Main is now devoting a comprehensive solo exhibition to Attia, who grew up in Algeria and Paris. His experiences of two very different cultural milieus form the basis for his artistic praxis.
In works as aesthetically impressive as they are ethically ambitious, Attia concerns himself with the concept of “repair,” which he has been exploring for many years. The artist distinguishes between two approaches to repair: the patched artefacts of ethnological collections openly show their seams and clamps and thus the history of the object. This ostentatious, traditional form of repair does not conceal but rather reveals the different stages of development inherent to the object, and thus the ideologies of the past and present. The Western conception of repair, on the other hand, pursues an ideal of perfection by striving for the flawless re-creation of the original state. Attia applies these two concepts to widely differing fields of knowledge and technologies and denies them unilateral cultural classification by pointing out comparable phenomena in various cultural spheres. His interest here is not with a reconciliation of cultural differences but with the keener perception of pluralities.
For the exhibition Sacrifice and Harmony at the MMK 1, Kader Attia has developed a new group of work that further develops his concept of reappropriation and repair. In the process, he also directs his attention to religiously and politically motivated sacrificial rituals. Sacrifices were originally intended as a means of harmonizing orders; in globalized societies, Kader Attia understands them as a political instrument of fear used to destroy peaceful coexistence and social harmony. He has developed a series of works that form a route through the exhibition at the MMK. The visitors will make their way through spaces that offer an experience of the interplay between confinement and expanse, severity and poetry, historical and present conflicts.
Attia’s art symbolically spells out the repressed wounds of a society. For the artist, the presentation of his works in a museum represents a decisive step in the development of his œuvre as an instrument for dissolving stereotypes and thought patterns.

UGO LA PIETRA: ABITARE È ESSERE OVUNQUE A CASA PROPRIA - MAGA GALLARATE





UGO LA PIETRA
ABITARE È ESSERE OVUNQUE A CASA PROPRIA
Opere e ricerche nell’ambiente urbano 1962-2016
a cura di Marco Meneguzzo
MAGA Museo d'Arte di Gallarate
Via Egidio De Magri 1 - Gallarate
16/04/2016 - 18/09/2016

Dal 16 aprile al 18 settembre 2016, il Museo MAGA di Gallarate (VA) e l’Aeroporto di Milano Malpensa ospiteranno un’ampia ed esauriente selezione di opere e ricerche dedicate allo spazio urbano di Ugo La Pietra (1938).
La mostra, dal titolo ABITARE è essere ovunque a casa propria. Opere e ricerche nell’ambiente urbano 1962-2016, a cura di Marco Meneguzzo, ripercorre i molteplici ambiti di indagine di La Pietra per nuclei e tematiche, con i suoi lavori più significativi e i documenti correlati.
Il punto di partenza è la ricerca, iniziata nel 1967, che La Pietra chiama “Sistema disequilibrante”. Si tratta di una vera e propria teoria e metodo d’analisi dei segni e delle strutture che accompagnano la vita quotidiana e che sono alla base di tutta la parabola artistica di La Pietra. Lo spazio urbano viene infatti costantemente preso in considerazione come struttura organizzata e luogo da cui germinano le sue pratiche progettuali artistiche e provocatorie.
Al MAGA si avrà occasione di vedere la molteplicità degli esiti della sua creatività, la cui produzione si sposta tra diversi media, dal cinema, alla pittura, alla scultura, al design, alla fotografia, alla performance, alla musica.
In occasione della mostra verrà presentato il libro di Ugo La Pietra Il segno randomico, una raccolta dell’attività artistica dell’autore, a cura di Marco Meneguzzo (Silvana Editoriale).
Anche la città di Gallarate sarà coinvolta nel percorso espositivo, ospitando l’installazione in pietra leccese Soggiorno urbano, realizzata per l’occasione.
In contemporanea con l’iniziativa del MA*GA, l’Aeroporto di Milano Malpensa accoglierà, nell’area adiacente la Porta di Milano, l’installazione Interno/Esterno. Interno/Esterno che riprodurrà un ambiente apparentemente domestico – la stanza di una casa – salvo poi far accedere lo spettatore direttamente in un orizzonte prospettico di una via di Milano, al centro del quale si collocano i binari dello storico tram.
L’ambiente si presterà perfettamente per la fotografia e per la condivisione, tramite i social network, i selfie, divenuti ormai uno dei fenomeni globali per la comunicazione interattiva.
Proprio l’utilizzo dello spazio da parte del pubblico come luogo di esperienza e set fotografico attiverà un sistema di comunicazione dell’opera all’esterno, rendendo visibile “fuori” ciò che accade all’interno dell’aeroporto.
Inoltre, nelle Sale Vip del Terminal 1, la mostra Nuova territorialità proporrà venti opere pittoriche dell’artista tutte attraversate da un elevato indice di ‘randomità’, componente caratterizzante di tutta la creatività di La Pietra che usa il segno come elemento di rottura in una struttura ben programmata, in un ambiente urbano con un ordinato sistema strutturale.

CLAUDINE MONTEIL: LE SORELLE BEAUVOIR - CASTELVECCHI 2016




CLAUDINE MONTEIL
LE SORELLE BEAUVOIR
Castelvecchi (14 aprile 2016)
Collana: Cahiers

In un'epoca, ancora da chiudersi, che vede le donne conquistare progressivamente diritti, autonomia, libertà, due ragazze perbene, le sorelle Beauvoir, osano sfidare i valori borghesi. Mentre Simone, brillante studentessa di filosofia, conosce Jean-Paul Sartre, la vita bohémienne e le discussioni nei caffè parigini su teatro e letteratura, la giovane Hélène si consacra alla pittura: frequenta musei di nascosto, affitta un piccolo atelier e allestisce la prima esposizione sotto lo sguardo favorevole di Picasso. Inseparabili, le sorelle Beauvoir vengono però divise dalla guerra. Da allora gireranno il mondo, s'incroceranno, si separeranno di nuovo. Sospinte dalla creazione, si scopriranno unite da un legame e da una fermezza che resistono al passare del tempo e alle divergenze estetiche e politiche. Il maggio del Sessantotto le unirà nella battaglia, che Claudine Monteil visse al loro fianco, per i diritti delle donne.
In questa biografia l'autrice racconta le opere di queste due donne straordinarie, delle quali l'una lascia un'eredità letteraria colossale e l'altra più di ottocento dipinti e incisioni.

CARLO OSSOLA: ITALO CALVINO - CASTELVECCHI 2016




CARLO OSSOLA
ITALO CALVINO
L'invisibile e il suo dove
Vita e Pensiero (14 aprile 2016)
Collana: Grani di senape

Nell'arco di 10 capitoli viene ripercorso tutto l'itinerario creativo di questo classico della cultura del Novecento e della letteratura italiana tutta: dall'opera di esordio (Il sentiero dei nidi di ragno, 1947) alla trilogia fantastica (Il visconte dimezzato, Il barone rampante, Il cavaliere inesistente) al Calvino 'moralista' delle Città invisibili e di Palomar, fino all'ultimo delle Lezioni americane. In Calvino, afferma Ossola, la tendenza al realismo e quella al fantastico ("l'alleanza del meraviglioso con l'aritmetica") esprimono uno spirito che colloca l'invenzione letteraria in equilibrio perfetto con il meditare filosofico e l'impegno etico e storico. "Calvino ha saputo dar forma a una lingua capace dell'universo, precisa, esatta e tuttavia senza confini, classica nel conferire il primato alle idee, il posto giusto agli oggetti, alle forme, ai tempi, allo sguardo che li mette in prospettiva. Come la sua lingua, egli è il nostro classico del Novecento, nella sua capacità di cancellare tutto l'inessenziale, per ottenere il dono supremo dell'arte". Seguendo la ricerca stessa di Calvino, Ossola esplora i suoi universi e le sue particolarità, inoltrandosi in quella meravigliosa, inquieta e infinita "collezione di sabbia" che è la sua opera. Ne emerge la figura di uno scrittore che ha saputo prevedere le aporie del XXI secolo; di uno scrutatore dell'universo e della singolarità di ciascuno di noi...

FRANCESCA CORRAO: ISLAM, RELIGIONE E POLITICA - PALAZZO DUCALE, GENOVA 16/4/2016




FRANCESCA CORRAO
ISLAM, RELIGIONE E POLITICA
Presentazione del volume edito da Luiss Press
Palazzo Ducale - Munizioniere
sabato 16 aprile 2016, ore 17.45

…“L’ostilità contro l’occidente in prima istanza è frutto della lotta contro le potenze coloniali e, dopo la liberazione nazionale, diviene l’espressione della frustrazione per la sconfitta del 1967 e si associa all’antagonismo verso Israele… la propaganda dell’ISIS si rivolge a giovani socialmente emarginati e senza prospettive di lavoro, che nell’unirsi alla guerra contro l’occidente e ai suoi corrotti alleati, ottengono un buono stipendio in denaro contante e alloggi gratuiti nelle case espropriate dei territori conquistati.
La propaganda degli avveniristici siti internet lanciati dalla criminalità telematica mostra un gruppo di cattivi invincibili che si battono per conquistare i territori dei regimi corrotti e illegittimi; una nuova versione del “giustizialismo terzomondista”…

Negli ultimi anni l’Islam, spesso con le minacciose sembianze del terrorismo fondamentalista, è tornato a bussare alla porta di ciascuno di noi. La terribile cesura dell’11 settembre 2001 sembra averci svelato i sentimenti ostili, figli di ferite mai sanate, che parte del mondo islamico nutre oggi nei confronti dell’Occidente. I risultati nefasti delle guerre in Afghanistan (2001) e Iraq (2003) hanno contribuito ad allargare il fossato tra chi ancora crede nel modello democratico occidentale e chi lo ritiene causa dell’attuale crisi. E se le rivoluzioni arabe sembrano aver condotto in più casi all’aggravarsi delle situazioni, l’avanzata dello Stato Islamico e la sua propaganda terrorizzano l’Occidente, oscurando agli occhi di molti la varietà di forme di opposizione all’autoproclamatosi “califfo” al-Baghdadi. Scopo di questo libro è ripercorrere dalle origini la storia dell’Islam, interrogandone i testi storici ed esaminandone le istituzioni classiche, cercando di capire quali riferimenti siano ancora validi oggi, cosa è stato frainteso o distorto, e cosa ha portato alla situazione attuale. Scopo di questo saggio è anche sollecitare una questione: come è possibile che la stessa fede musulmana sia capace di animare tanto il coraggio indomito della Nobel Malala Yousafazi che la ferocia di Osama Bin Laden e dei suoi accoliti? La storia dell’umanità è piena di violenza, e non solo tra i fedeli dell’Islam. Lo scopo della fede, ha detto Daisaku Ikeda, è rendere felici gli esseri umani: questo piccolo libro è dunque un tentativo di conoscere meglio una realtà complessa e articolata e di fugare gli equivoci, per aiutare noi stessi e gli altri a costruire una migliore comprensione reciproca evitando i facili e spesso comodi radicalismi.

Francesca Corrao è professore ordinario di Lingua e cultura araba presso la LUISS.

giovedì 14 aprile 2016

SIGMAR POLKE - PALAZZO GRASSI, VENEZIA




SIGMAR POLKE
Palazzo Grassi
Salizzada San Samuele 3231 - Venezia
15/04/2016 - 06/11/2016

La mostra ricorre nel trentesimo anniversario dell’assegnazione a Sigmar Polke del Leone d’Oro in occasione della 42esima Biennale di Venezia nel 1986, anno in cui l’artista realizza Athanor nel Padiglione della Repubblica Federale di Germania. Con Athanor Sigmar Polke mette a punto le tecniche e i motivi che saranno al centro della sua ricerca successiva e che costituiscono oggi i nuclei tematici della mostra a Palazzo Grassi: sperimentazione alchemica e inquietudine politica.
L’esposizione segue un percorso cronologico a ritroso: ad aprirla è Axial Age, il monumentale ciclo pittorico realizzato tra il 2005 e il 2007 e installato nell’atrio di Palazzo Grassi. Novanta opere esposte sui due piani di Palazzo Grassi ripercorrono la poliedrica ricerca di Sigmar Polke dalla fine degli anni duemila all’inizio della sua carriera negli anni sessanta. Nelle sue opere il tema dell’alchimia si intreccia con la dimensione politica, nei continui riferimenti alla contemporaneità come alla storia antica: l’universo creativo di Sigmar Polke è un interrotto fluire tra figurazione e astrazione, tra rimandi alla storia dell’arte e richiami al presente nella costruzione di un personalissimo immaginario, ricco e multiforme.

Sigmar Polke nasce nel 1941 in Slesia. Lascia questa regione nel 1953 per trasferirsi con la famiglia in Germania Ovest. Durante gli studi alla Staatliche Kunstakademie di Düsseldorf conosce Gerhard Richter e Konrad Lueg, con i quali dà vita al “realismo capitalista”, un movimento che allude ironicamente al realismo socialista, arte ufficiale dell’Unione Sovietica e del blocco socialista, ma che sul piano artistico è fortemente influenzato da Fluxus e costituisce una risposta alla Pop Art. Nelle sue prime opere, Polke si concentra sugli oggetti-simbolo del miracolo economico tedesco, che diventano il pretesto per un’analisi critica del capitalismo americano e della sua diffusione in Europa. I lavori di questi anni sono principalmente “Rasterbilder” (dipinti a partire da un retino grafico): Polke si appropria di immagini pubblicate su quotidiani e riviste di attualità, le ingrandisce e le dipinge a mano su tela, punto dopo punto, così da ottenere un pattern astratto. Negli anni successivi l’interesse per i pattern lo porta a usare tessuti stampati e sistemi decorativi industriali come supporto pittorico. Gli anni ‘70 sono per l’artista anni di avventure e di sperimentazioni personali che si manifestano in un lavoro sempre più iconoclasta e astratto. Dopo un lungo viaggio in Asia e Oceania, tra il 1980 e il 1981 si apre un nuovo periodo: Polke affronta in maniera consapevole la sperimentazione dei pigmenti, dei composti chimici e dei solventi. Opera una sintesi estrema delle ricerche precedenti, superando i limiti pittorici tradizionali, conferendo a tutto il suo lavoro una dimensione mistica e concreta che culmina nel ciclo monumentale Axial Age. Muore nel 2010 a Colonia.
Dopo la prima grande retrospettiva alla Kunsthalle Tübingen nel 1976, la Kunsthaus di Zurigo nel 1984, il Musée d’Art Moderne di Parigi nel 1988 e la Bundeskunsthalle di Bonn nel 1997 dedicano a Sigmar Polke tre importanti mostre monografiche. Tra le più importanti personali postume è importante ricordare “Sigmar Polke” al Musée de Grenoble nel 2013 e “Alibis: Sigmar Polke, 1963–2010” al MOMA di New York, alla Tate Modern di Londra e al Museum Ludwig di Colonia nel 2014.

UGO RONDINONE: BECOMING SOIL - CARRÉ D'ART, NÎMES




UGO RONDINONE
BECOMING SOIL
Carré d’Art – Musée d’art contemporain
Place de la Maison Carrée - Nîmes
15/4/2016 - 18/9/2016

Pour cette exposition, Ugo Rondinone transforme l’espace de Carré d’Art en un vaste paysage où sont associées les grandes peintures de nuits étoilées aux paysages monumentaux réalisés à l’encre de chine ou de grands ciels bleus. On y retrouve aussi des sculptures représentant des oiseaux (primitif), chevaux (primal) et poissons (primordial), modelés, puis fondus en bronze. Tous différents dans leurs formes et dimensions, ils sont associés dans des correspondances poétiques à des phénomènes ou éléments de la nature comme la neige, la poussière ou le soleil.
La nature est au cœur de l’exposition aussi bien par la présence des animaux que l’ensemble des paysages. On y retrouve les idées de cycle, de sublime et d’immanence mais aussi un questionnement de la place de l’homme dans l’univers, ses interrogations face au vertige de l’infini et la beauté des phénomènes naturels dans une vision toute romantique qui peut évoquer Gérard de Nerval, Novalis, Leopardi et bien d’autres poètes romantiques. Ces figures ont toutes des références dans l’histoire de l’art et plus largement dans notre culture visuelle.
L’exposition révèle l’attachement de l’artiste aux médiums que l’on peut qualifier de « classiques » que sont la peinture, le dessin et la sculpture. Ugo Rondinone dans ses expositions crée pour le spectateur un rapport tout à fait particulier au temps et à l’espace. L’exposition devient un espace scénique à la fois mental et sensible où le temps est suspendu. La tonalité de l’ensemble en noir et blanc pourra surprendre pour qui connaît son goût pour la couleur que l’on retrouvera pourtant dans un des moments de l’exposition.
Ugo Rondinone a été présent en France en tant que commissaire d’exposition au Palais de Tokyo avec The Third Mind en 2007 et I Love John Giorno en 2015 puis a présenté Sunrise East au Jardin des Tuileries dans le cadre du Festival d’Automne en 2009. L’exposition à Carré d’Art est son premier grand projet en France après des expositions au Rockbund Art Museum de Shangaï ou l’Art Institute de Chicago.

IL «MITO» DELLA COMMEDIA DELL'ARTE NEL NOVECENTO EUROPEO - BONANNO 2016




IL «MITO» DELLA COMMEDIA DELL'ARTE NEL NOVECENTO EUROPEO
a cura di Elena Randi
Bonanno (23 marzo 2016)
Collana: StudioDAMS

Il volume è dedicato alle rivisitazioni novecentesche della Commedia dell'Arte, che - variamente reinterpretata - costituisce per diversi registi, coreografi, drammaturghi e musicisti una fonte d'ispirazione importante, andando a nutrire i più importanti filoni delle arti sceniche del secolo. Nel libro, si prendono in considerazione alcune delle personalità che in vario modo sono debitrici dell'"improvvisa": da Strindberg a Craig e a Copeau, da Mejerchol'd ad altri artisti russi d'inizio secolo e a Schoenberg, da Giovanni Poli a Dario Fo, da Leo de Berardinis ad Asger Bonfils. Una sorprendente galleria di artisti, sgranati su un'estensione geografica che dall'Italia s'irradia in ogni angolo d'Europa e che si rispecchiano, con originalità e spirito d'invenzione, nel paradosso di un fenomeno teatrale storicamente concluso eppure vitalissimo. Questo è non solo il "mito", ma anche il "mistero" della Commedia dell'Arte.

ALDO GRASSO, CECILIA PENATI: LA NUOVA FABBRICA DEI SOGNI - IL SAGGIATORE 2016




ALDO GRASSO, CECILIA PENATI
LA NUOVA FABBRICA DEI SOGNI
Miti e riti delle serie tv americane
Il Saggiatore (14 aprile 2016)
Collana: La cultura

Da quindici anni Aldo Grasso ci ricorda una verità semplice eppure rivoluzionaria: le serie televisive americane sono i prodotti artistici che più hanno plasmato l’immaginario collettivo contemporaneo, grazie non solo alle nuove tecnologie di diffusione digitale, ma anche e soprattutto a una raffinatezza tecnica e stilistica sempre più nitida.
Che mostrino gli abissi morali in cui può sprofondare un frustrato professore malato di cancro o la dolorosa impossibilità di un pubblicitario newyorkese di sfuggire alle menzogne patinate che confeziona ogni giorno; che raccontino le turbolente vicende sentimentali di una giovane dottoressa alle prime armi, o l’epopea, defl agrata in infinite dimensioni parallele, dei sopravissuti a un disastro aereo, le serie tv hanno saputo dare forma ai desideri e agli incubi che popolano il reale. E ci hanno reso dipendenti.
Nella Nuova fabbrica dei sogni, Aldo Grasso e Cecilia Penati accolgono la sfida a cartografare la galassia delle serie televisive – dai Soprano a The Wire, da House of Cards a The Walking Dead, dal Trono di spade a Breaking Bad – passando per i personaggi più iconici, i colpi di scena più plateali, e soprattutto per i nuovi demiurghi dell’immaginario, gli showrunner, che accentrano ogni aspetto della produzione artistica: autori blockbuster come Shonda Rhimes e J.J. Abrams e artisti autenticamente radicali come David Simon e David Chase. Per affermare il loro nuovo ruolo sono saliti sulle spalle di giganti come Alfred Hitchcock, Rod Serling e David Lynch, che con serie come Alfred Hitchcock presenta, Ai confini della realtà e Twin Peaks hanno saputo creare straordinari universi finzionali, riversando la loro forte autorialità in un dispositivo di produzione schiettamente pop.
La nuova fabbrica dei sogni – quella che, grazie a Don Draper e Tyrion Lannister, Dale Cooper e Rusty Cole, ha ormai soppiantato Hollywood – non è solo una guida imprescindibile per chiunque voglia affacciarsi al mondo delle serie tv, ma una ricognizione profonda e attenta, in cui anche gli appassionati di lungo corso scopriranno nuova linfa per le loro «ossessioni seriali».

ROBERTO AGUS: ALIENS, ROBOTTERS, APOLIDI e SMART GUNS - ENTR'ACTE, GENOVA




ROBERTO AGUS
ALIENS, ROBOTTERS, APOLIDI e SMART GUNS
a cura di Sandro Ricaldone
Entr'acte
via sant'Agnese 19R – Genova
Inaugurazione: venerdì 15 aprile, ore 18
14-29 aprile 2016
orario: mercoledì-sabato 16-19

Entr'acte inaugura il 15 aprile Aliens, Robotters, Apolidi e Smart Guns, la mostra personale con cui Roberto Agus si ripresenta sulla scena genovese dopo un’assenza di oltre vent’anni. L’artista presenta, insieme ai nuovi lavori che danno il titolo alla rassegna, una serie di opere degli anni ottanta, a testimonianza della continuità del suo percorso. La pittura di Roberto Agus era emersa, nel primo scorcio degli anni '80, dal magma del punk (in un ambito di contiguità fra espressione sonora e visiva contrassegnato da una mobilità estrema nel fagocitare inquietudini metropolitane ed immagini filmiche) già definita nei suoi tratti essenziali: un disegno acuto e sottilmente ironico che, se da un lato rimandava alle contemporanee esperienze di illustrazione fumettistica, assorbiva per altro verso la raffinatezza di certe soluzioni Art Nouveau; un colore steso in campiture piatte e giocato in contrasti a un tempo irreali e stridenti; un universo fantastico ove venivano introdotti simulacri e temi ossessivi, esemplificati dalla flora aggressiva e debordante, così come dalla perturbante presenza di insetti o dalla crudele inespressività delle figure infantili.
Agus, che dagli anni novanta ad oggi si è dedicato in prevalenza a composizioni musicali ascrivibili ad un’area che lui stesso definisce come techno space music, propone da Entr’acte due cicli realizzati dopo l’inizio del nuovo millennio. Il primo, Aliens, Robotters, Apolidi, si sviluppa a partire dal 2004 attorno «alla semplice idea di ricreare e sintetizzare ritratti primordiali miscelando fisionomie indios, afro, indigene, aborigene. Col tempo i ritratti si sono irrigiditi in tratti robotici quasi sino a sparire tra campiture e linee che si intrecciano per tratteggiare volti/maschere immaginari in cui ho riversato l’immaginario che da sempre mi appassiona: la cultura della diaspora africana (la sua musica a partire dal jazz sino alla techno e dance elettronica, la grafica afro-space delle copertine dei dischi anni 70 ) la fantascienza come metafora della condizione umana, i suoi scenari opprimenti, lo spazio immaginato negli anni 50/70, le vecchie copertine Urania, Galaxy, Nebula o Amazing Stories, il design aerodinamico optical e psichedelico, la computerizzazione e la tecnologia in continua trasformazione, le Città Insettoidi e Plug-In-City dello studio Archigram».
Le recenti Smart Guns sono simboli di un mondo «allo stesso tempo globale e chiuso in se stesso, ingegnoso e stupido, che spreca la sua intelligenza per inventare armi sempre più sofisticate»; sono ironiche raffigurazioni «di una tecnologia assurda e improbabile, impossibili da maneggiare perché piene di spine, corredate da optional (missili nucleari, parabole, ingranaggi e condutture per il vapore, croci e rosari, inutili come quelli reali, che uccidono per davvero)».
  

GÜNTER BRUS: FAULT ZONES - MARTIN GROPIUS BAU, BERLIN




GÜNTER BRUS
FAULT ZONES
curated by Britta Schmitz
Martin Gropius Bau
Niederkirchnerstraße 7 - Berlin
16/3/2016 - 6/6/2016
Since Günter Brus (born 1938 – lives in Graz) first appeared in public as an “actionist” in 1965 with his “Wiener Spaziergang” (Viennese Stroll), he has created a manifold œuvre. This is the artist’s first exhibition in Berlin, even though Brus lived there for a long period, and influenced the art scene in the city significantly. The comprehensive exhibition with the title “Fault Zones” leads through his complete oeuvre, but also focuses on special aspects. 
Starting with informal works, the actionist period is shown in films, photographs, documents and numerous drawings, as well as by giving a vivid impression of the artistic environment in which the art originated. At the beginning of the 1960s, Viennese “actionism” had expanded painting not only into the objective, but also into the physical realm. With his “self-paintings”, Brus played a decisive role in the performative shift in literature and visual arts. In 1970 the last action “Zerreißprobe” (Crucial Test) took place in Munich. 
After being convicted by court to a prison sentence due to the “vilification of Austrian symbols and violating public morality and chasteness” in Vienna, Brus fled into exile to West Berlin. Between 1969 and 1975 not only his most eminent works were created, but also those with which he was invited to documenta 5 in 1972, and also to documenta 7 in 1982. In the 1970s a creative cosmos originated in the “Exil” Restaurant in Berlin Kreuzberg, the effects of which are felt to this day in the artistic and intellectual scenes. 
Friendship pictures are closely related to this period. Drawings by artistic colleagues such as Arnulf Rainer, Ossi Wiener, Gerhard Rühm, and many more, are accorded their own chapter in the exhibition. Günter Brus cultivated a close relationship with music, stage and his large picture compositions are comprehensively presented. The exhibition is of a retrospective character, without being a complete retrospective.

A catalogue of approximately 200 pages is being published for the exhibition by Verlag Walther König. Catalogue authors: Barbara Catoir, Roman Grabner, Britta Schmitz.
Image: Günter Brus: Vienna Walk, 5 July 1965. Inner City, 1010 Vienna - © BRUSEUM / Neue Galerie Graz, Universalmuseum Johanneum; photo: Ludwig Hoffenreich.

TARYN SIMON: PAPERWORK AND THE WILL OF CAPITAL - GAGOSIAN GALLERY, ROMA




TARYN SIMON
PAPERWORK AND THE WILL OF CAPITAL
Gagosian Gallery Rome
via Francesco Crispi 16 - Roma
14/4/2016 - 24/6/2016

Questi fiori accompagnavano uomini di potere mentre decidevano le sorti del mondo.
—Taryn Simon

Gagosian Gallery è lieta di presentare la prima personale di Taryn Simon in Italia, la cui apertura segue la presentazione a New York appena conclusasi e la partecipazione dell'artista alla 56esima Biennale di Venezia nel 2015.
Paperwork and the Will of Capital, la più recente serie di Simon, si compone di 12 sculture uniche e 36 fotografie in edizione. Le fotografie—di grande formato, con colori spettacolari, non lontani dalla Pop Art, e cornici artigianali in mogano che richiamano l'arredamento delle sale riunioni—dialogano con l'opulenza della simbologia nazionale e “corporate”; le sculture invece—stilizzate presse di cemento contenenti esemplari floreali preservati e la relativa documentazione—vivono in una sfera discreta e riservata.
Narratrice la cui forza si concentra nell'imprevedibilità della realtà, Simon ha basato il suo lavoro sulla ricerca producendo serie artistiche importanti quali The Innocents (2002); An American Index of the Hidden and Unfamiliar (2007); Contraband (2010); e A Living Man Declared Dead and Other Chapters I–XVIII (2008–11); come anche le più poetiche The Picture Collection (2013), e Birds of the West Indies (2013–14). Per Simon la fotografia è sempre stata il modo di veicolare concetti più ampi: in Paperwork and the Will of Capital avvicina il medium alla pittura attraverso la cura dettagliata degli aspetti estetici e formali, ed esplorando per la prima volta la scultura.
Per questa nuova serie l’indagine di Simon è partita da due spunti di riflessione: le fotografie di archivio di trattati ufficiali e lo studio botanico compiuto nel 19esimo secolo da George Sinclair, contenente campioni di erba essiccata, esperimento sull'evoluzione e la sopravvivenza citato da Charles Darwin nella sua rivoluzionaria ricerca.
In Paperwork and the Will of Capital, Simon esamina accordi, trattati e decreti che hanno influenzato i sistemi del potere e dell'economia, dall'armamento nucleare alle negoziazioni sul petrolio, al commercio dei diamanti. Tutti coinvolgono gli Stati presenti alla Conferenza Monetaria e Finanziaria delle Nazioni Unite tenutasi nel 1944 a Bretton Woods, New Hampshire, in cui si affrontava la globalizzazione economica dopo la Seconda Guerra Mondiale, e che portò alla nascita del Fondo Monetario Internazionale (IMF) e della Banca Mondiale. Le fotografie d'archivio delle firme di questi documenti rappresentano uomini potenti in compagnia di composizioni floreali studiate per sottolineare l'importanza dei presenti e delle occasioni. Nei lavori di Simon, le immagini, insieme alle relative descrizioni, sottolineano il modo in cui la rappresentazione del potere politico ed economico sia creata, messa in scena, pubblicizzata e consolidata. Ognuna delle riproduzioni di queste composizioni floreali rappresenta un “bouquet impossibile”, un concetto nato nel diciasettesimo secolo nella raffigurazione delle nature morte olandesi parallelamente al boom economico che diede poi inizio allo sviluppo del capitalismo moderno. Mentre allora il “bouquet impossibile” era un insieme di fiori che mai sarebbero potuti sbocciare naturalmente nella stessa stagione o zona geografica, adesso, grazie alla globalizzazione commerciale, è una fantasia diventata realtà sia nelle fotografie originali che in quelle di Simon. Simon ha esaminato la documentazione d'archivio identificando tutti i fiori con la collaborazione di un botanico.
L'artista ha poi importato più di 4000 esemplari da Aalsmeer, in Olanda, la più grande asta floreale del mondo, dove 20 milioni di fiori arrivano e ripartono ogni giorno verso destinazioni internazionali di vendita al dettaglio. Dopo aver ricostituito le decorazioni presenti ad ogni evento, le ha fotografate su straordinari campi bicolore ispirati agli ambienti delle immagini originali, accompagnando ogni composizione con la descrizione del relativo accordo. Per le sculture, invece, alcuni campioni tratti dalle 36 composizioni sono stati essiccati, pressati e cuciti su carta d'archivio. In seguito, un completo set di collage botanici è stato posto in ognuna delle presse di cemento, con lo stesso numero di fotografie e di testi narrativi, sigillati insieme in una corsa contro il tempo. Paperwork and the Will of Capital esplora tanto l'instabilità del potere e la natura precaria della sopravvivenza, quanto l'affidabilità e la resistenza della documentazione d'archivio: i trattati e i loro effetti su vasta scala, le fotografie di Simon e i campioni botanici conservati nelle presse di cemento, il linguaggio stesso. Le nature morte fotografiche si stagliano vivide in contrasto con quelle scultoree.

Un catalogo illustrato pubblicato da Hatje Cantz e Gagosian include testi di Kate Fowle e Nicholas Kulish, testi botanici di Daniel Atha e un breve racconto di Hanan al-Shaykh.
Taryn Simon (1975) vive e lavora a New York. Si è laureata alla Brown University e ha vinto una Guggenheim Fellowship nel 2001. Il suo lavoro è incluso nelle collezioni permanenti del Metropolitan Museum of Art, Museum of Modern Art, e del Solomon R. Guggenheim Museum, New York; LACMA, Los Angeles; Tate Modern, Londra; Centre Georges Pompidou, Parigi; e MMK, Francoforte. 
Tra le recenti mostre museali si annoverano: “Taryn Simon: An American Index of the Hidden and Unfamiliar”, Whitney Museum of American Art, New York (2007); “A Living Man Declared Dead and Other Chapters I–XVIII”, Tate Modern, Londra (2011, poi alla Neue Nationalgalerie, Berlino, lo stesso anno; Museum of Modern Art, New York, nel 2012; Museum of Contemporary Art Los Angeles, nel 2012–13; Corcoran Gallery of Art, Washington, D.C., e all'Ullens Center for Contemporary Art, Pechino, nel 2013, e altre); e “Rear Views, A Star-forming Nebula, and the Office of Foreign Propaganda”, Galerie nationale du Jeu de Paume, Parigi (2015). Il suo lavoro è stato incluso nella Gwangju Biennale (2008), Singapore Biennial (2011), 2013 Carnegie International, Yokohama Triennale (2014), e nella 56esima Biennale di Venezia (2015). 
La serie di Simon Birds of the West Indies I e II (2013–14) sarà in mostra al George Eastman Museum a Rochester, New York dal 13 febbraio al 15 maggio di quest'anno. Paperwork and the Will of Capital sarà esposta in “Action Research: The Stagecraft of Power” al Garage Museum of Contemporary Art, Mosca, dal 17 marzo al 22 maggio e in altre sedi istituzionali durante il 2016–17. Importanti mostre personali sono previste alla Galerie Rudolfinum a Praga e al The Louisiana Museum in Danimarca nel 2016. Dal 21 marzo a gennaio 2017, un capitolo della serie A Living Man Declared Dead and Other Chapters I–XVIII (2011) sarà esposto al Centre Pompidou come parte della mostra “CHERS AMIS”, curata da Christine Macel. 
Simon sta inoltre lavorando attualmente alla sua prima opera che include performance dal vivo, commissionatale da Park Avenue Armory, New York, e Artangel, Londra. Questo

Image: Taryn Simon, Agreement Establishing the International Islamic Trade, Finance Corporation, Al-Bayan Palace, Kuwait City, Kuwait, May 30, 2006 © Taryn Simon


mercoledì 13 aprile 2016

SIGNÉS MALRAUX - CLASSIQUES GARNIER 2016




SIGNÉS MALRAUX
André Malraux et la question biographique
sous la direction de Martine Boyer-Weinmann et Jean-Louis Jeannelle
Classiques Garnier (7 avril 2016)
collection Rencontres

Ces dernières années, de nombreuses publications ont éclairé d’un nouveau jour la puissance contemporaine du « mythe André Malraux ». N’est-ce pas lui qui décela dans Néocritique que l’individu avait atteint son apogée au xixe siècle (« de Rousseau à Napoléon, de Napoléon à Zarathustra, de celui-ci à Barrès et à Gide »), et diagnostiqua que, « soufflé par la bombe atomique », celui-ci se dissipait « en nous léguant la biographie » ? Cette réflexion collective est placée sous le signe intellectuellement complice de Jean-François Lyotard et de son Signé Malraux. Est ici interrogé le rapport éminemment contradictoire, fait de fascination et de répulsion, que Malraux entretint à la question biographique, et la passion plus ambiguë encore que sa propre existence n’a cessé d’alimenter, au risque souvent de masquer la complexité de son œuvre littéraire.
Martine Boyer-Weinmann, professeur de littérature à l’université Lumière Lyon 2, dirige l’équipe de recherche « Passages XX-XXI ». Elle est l’auteur de La Relation biographique (Seyssel, 2005) et de Vieillir, dit-elle (Seyssel, 2013).
Jean-Louis Jeannelle, professeur à l’université de Rouen et membre de l’IUF, a publié Malraux, mémoire et métamorphose (Paris, 2006) et Films sans images : une histoire des scénarios non réalisés de « La Condition humaine » (Paris, 2015).

ALEXANDRE KOYRÉ: REFLEXIONS SUR LA MÉNSONGE - ALLIA 2016




ALEXANDRE KOYRÉ
REFLEXIONS SUR LA MÉNSONGE
Editions Allia (31 mars 2016)
Petite Collection
Exilé à New York pendant la Seconde Guerre mondiale, Alexandre Koyré a publié en 1943 ces réflexions sur la place du mensonge dans les sociétés totalitaires. Le fonctionnement de ces régimes d'un type nouveau repose d'après lui sur la transformation de la vérité. Le jugement moral porté sur le mensonge dans la vie quotidienne, ou sur les plans religieux et philosophique, se trouve remis en cause en période de guerre. Le mensonge devient une arme nécessaire pour vaincre l'ennemi, voire une obligation. Or, c'est bien un climat de guerre que les régimes totalitaires instaurent constamment. Ces régimes fonctionnent comme des sociétés secrètes, pour la survie desquelles le mensonge est indispensable. À la seule différence qu’ils le pratiquent "en plein jour", en plantant une barrière entre la classe gouvernante et la "masse" qu'ils entendent diriger et asservir.

GIORGIO BEDONI: OUTSIDER ART - MENESINI GALLERY, GENOVA 14/4/2016




GIORGIO BEDONI
OUTSIDER ART
The present and scenaries in Europe
Menesini Gallery
via Lorenzo Perosi 13c - Genova
giovedì 14 aprile 2016, ore 18,30

Outsider Art, parola coniata nel corso del Novecento per definire mondi espressivi profondamente liberi, nati al di fuori delle convenzioni della cultura ufficiale.
Un'arte fresca e vitale, che spicca come realtà innovativa nel panorama dell’arte contemporanea.
L’Outsider Art è oggi un grande archivio di universi artistici in molti casi inediti, portatori di quei valori selvaggi che l’artista francese Jean Dubuffet aveva intuito già nel 1945, coniando il termine di Art Brut: un viaggio dentro storie e linguaggi, la cui forza, talvolta folle e visionaria, ci consente di guardare con lenti nuove la realtà viva del nostro tempo”.

Giorgio Bedoni, psichiatra, insegna all’Accademia di Belle Arti di Brera, è autore di numerosi studi e curatore di mostre nel campo dell’Outsider Art e dei rapporti tra arte e psichiatria.
Giovedì 14 aprile verrà anche presentato il catalogo “La linea di Zap – Un’arte senz’ombre”, a cura di Giorgio Bedoni e Simona Olivieri, edizioni Highlights Arte.
La mostra personale di Maurizio Zappon, detto Zap, continua fino al 21 aprile 2016.

martedì 12 aprile 2016

CONCEPTUAL ART IN BRITAIN: 1964–1979 - TATE BRITAIN, LONDON




CONCEPTUAL ART IN BRITAIN: 1964–1979
Tate Britain
Millbank - London
12/4/2016 - 29/8/2016

In the 1960s artists began to abandon traditional approaches and made ideas the essence of their work. This fascinating exhibition explores this pivotal period in British history, which changed the way we think about art to this day.
It gathers together artists who took art beyond its traditional boundaries to suggest new ways of engaging with the realities of the world beyond the studio, which ultimately led to a questioning of the function and social purpose of art.
The radical and controversial work both scrutinised and consistently took inspiration from the real world. Asking what art is, as well as what it might be for, inevitably led some artists to create work that was often politically engaged with themes and issues ranging from feminism to the Troubles in Northern Ireland.
Seen within the context of its time, spanning Harold Wilson’s first Labour government to the election of Margaret Thatcher, this show reveals conceptual art’s lasting legacy.

Artists featured within the show include, among others: Keith Arnatt, Art & Language, Conrad Atkinson, Victor Burgin, Michael Craig-Martin, Hamish Fulton, Margaret Harrison, Susan Hiller, John Hilliard, Mary Kelly, John Latham, Richard Long, Bruce McLean, David Tremlett and Stephen Willats.

Image: Keith Arnatt, Art as an Act of Retraction (detail) 1971 - Tate © Keith Arnatt Estate
  

CHRISTO E JEANNE-CLAUDE: WATER PROJECTS - MUSEO DI SANTA GIULIA, BRESCIA




CHRISTO E JEANNE-CLAUDE
WATER PROJECTS
a cura di Germano Celant
Museo di Santa Giulia
via dei Musei 81B - Brescia
06/04/2016 - 18/09/2016

Con oltre 150 tra studi, disegni, collages, modelli e fotografie provenienti da diverse collezioni sia italiane sia internazionali, Christo and Jeanne-Claude. Water Projects, a cura di Germano Celant in collaborazione con Christo e la CVJ Corporation, presenta per la prima volta l’insieme dei progetti monumentali legati all’elemento acqua dal 1968 al 2016, che gli artisti hanno realizzato o sono ancora in progress e in via di realizzazione.

Cronologia
Tali progetti sono inseriti nella Cronologia, costituita da opere originali, modelli in scala, fotografie e documenti d’epoca, che introducono gli interventi ambientali di grande scala, progettati e realizzati dai primi anni Sessanta e ai quali Christo, anche dopo la scomparsa di Jeanne-Claude avvenuta nel 2009, continua a lavorare. Da Wall of Oil Barrels – The Iron Curtain, Rue Visconti, Paris, 1961-1962 a Wrapped Reichstag, Berlin, 1971-1995, da Wrapped Monuments, Milano, 1970, a Wrapped Trees, Fondation Beyeler, e Berower Park, Riehen, Switzerland, 1997-1998, da Valley Curtain, Rifle, Colorado, 1970-1972, a The Gates, Central Park, New York City, 1979-2005, sono esposti più di cinquant’anni di lavoro e oltre trenta opere progettate o realizzate.

Water Projects
L’elemento acqua nel percorso artistico di Christo e Jeanne-Claude è presente per la prima volta in Wrapped Coast, realizzata alla fine degli anni Sessanta in Australia, e da allora presente in altri sei progetti, fino a The Floating Piers del 2016.
Oltre alla dimensione oceanica e a quella lacustre, gli artisti si sono confrontati con la realtà di un fiume in Over the River, project for the Arkansas River, State of Colorado, dal 1992 e The Pont Neuf Wrapped, Paris, France, 1975-1985 o con il paesaggio della baia di Miami, in Surrounded Islands, Biscayne Bay, Greater Miami, Florida, 1980-1983 sempre volgendo l’attenzione da una parte al territorio naturale e dall’altra alla diversa realtà umana – abitativa, economica e sociale – di ogni sito dove gli interventi sono stati portati a termine.

HANS MAGNUS ENZESBERGER: TUMULTO - EINAUDI 2016




HANS MAGNUS ENZESBERGER
TUMULTO
Einaudi (12 aprile 2016)
Collana: Supercoralli

Non si può certo dire che nel corso della sua esistenza Hans Magnus Enzensberger si sia tirato indietro, abbia evitato, spaziando da una forma letteraria all'altra, di dire la sua su una straordinaria varietà di temi: dalla letteratura alla politica, dalla storia alla sociologia. Senza dimenticare la matematica. Su un argomento era però stato molto prudente, per non dire latitante: sugli anni Sessanta e sul ruolo da lui avuto in quella fase così ricca di suggestioni e stimoli. Fortunamente però esistono le cantine. Nella sua, Enzensberger ha infatti ritrovato - del tutto casualmente, afferma - una serie di diari e appunti redatti a partire dal 1963 quando una inaspettata e un po' misteriosa lettera proveniente dall'Italia lo invitava a partecipare, con la crème dell'intellighenzia occidentale-orientale (fra cui Sartre e De Beauvoir, Ungaretti, Golding, Richter, Evtusenko), a un congresso di scrittori a Leningrado: in piena Guerra fredda, è vero, ma anche nella fase di apertura dell'Unione Sovietica, allora guidata da Nikita Chruscev che (come ci raccontano le note diaristiche) si rivelerà un padrone di casa pacioso e assai alla mano. A quel primo soggiorno, ne seguì un altro, molto più lungo, tre anni dopo. E questo segnò l'inizio del Tumulto. Dapprima privato, con l'accendersi della passione per Marija Aleksandrovna Makarova, detta Masa, che sarà la protagonista di "un travolgente romanzo russo"..

ALFREDO CASELLA: STRAWINSKI - CASTELVECCHI 2016



ALFREDO CASELLA
STRAWINSKI
Castelvecchi (24 marzo 2016)
Collana: Le Navi

"Strawinski è uno di quei 'representative men' emersoniani, i quali sembrano sintetizzare nella loro creazione le aspirazioni, le necessità spirituali della loro epoca. Doveva dare al mondo stupefatto la rivelazione totale del suo genio e contemporaneamente creare di colpo uno stile russo interamente nuovo, liquidando definitivamente l'impressionismo post-romantico debussiano e con lui ogni residuo, più o meno palese, dello stile armonico-cromatico dell'Ottocento". Lo "Strawinski" di Alfredo Casella, che scriveva così il nome dell'ammirato collega, fu il primo libro in assoluto sul compositore russo: uscì in forma sintetica nel 1926, fu poi interamente rielaborato, ampliato e finito nel 1946. Edito nel 1947 dopo la scomparsa di Casella, ma con Igor' Stravinskij ancora in attività, il testo passa in rassegna con mirabile sintesi ognuno dei lavori che Stravinskij aveva fino ad allora composto, attraverso la penna di un Casella scaltro nell'evidenziarne con limpidezza i caratteri basilari. In queste pagine appassionate è rappresentata la visione di un musicista attraverso gli occhi di un altro musicista: Casella conobbe personalmente Stravinskij, ma ciò non impedì un'indipendenza di giudizio che gli fece riscontrare anche nei lavori più avanzati tracce di strutture classiche, secondo un'estetica tipicamente caselliana. Prefazione di Quirino Principe.

DAVIDE PUCCINI: IL LIBRO E L'ANIMA - BIBLIOTECA BERIO, GENOVA 13/4/2016




DAVIDE PUCCINI
IL LIBRO E L'ANIMA
presentazione del volume edito da LietoColle
Biblioteca Berio - Sala lignea
via del Seminario 16 - Genova
mercoledì 13 aprile 2016, ore 18

La Biblioteca Berio mercoledì 13 aprile, alle ore 17, ospita la presentazione del primo romanzo di Davide Puccini, Il libro e l’anima, pubblicato da LietoColle Edizioni (13 Euro, pp. 206). L’incontro, a ingresso libero, si tiene nella Sala Lignea G. Franchini a cui si accede da via del Seminario 16. 
All’incontro con l’autore partecipano gli scrittori Guido Zavanone e Rosa E. Giangoia. Presenta Maria Novaro; letture di Maria Commerci. 

Il libro e l’anima è un libro che parla di un libro che contiene tutti i libri del mondo, passati, presenti e futuri. Un giorno come un altro lo trova per caso Vladimiro Visdomini, che di lavoro sgombera le case vuote. All’inizio andava a caccia di antiquariato, incunaboli e postincunaboli dalla cui vendita ricavava in una volta gli stipendi di un paio d’anni. Ma ancora prima Vladimiro i libri voleva scriverli, desiderio soffocato da una vita piena di delusioni. Siccome in questa storia niente accade per caso, a riaccendere la sua passione dopo una serie di peripezie arriva questo libro misterioso, magico e diabolico, piccolo eppure pieno di pagine, tutte bianche. Solo in alcuni momenti appaiono scritte e a quel punto sembra impossibile staccarsene. Allora lui che voleva vivere di libri e in fin dei conti c’è riuscito, scopre che è possibile morirne. L’unica via d’uscita è imparare a trattare un oggetto non esattamente inanimato e ritrovare una felicità ancora possibile. 

Davide Puccini è nato nel 1948 a Piombino, dove risiede. Laureato all’Università di Firenze con una tesi su Camillo Sbarbaro, ha insegnato alle superiori, affiancando all’attività didattica quella di filologo e critico letterario. Ha pubblicato saggi su varie riviste («Lingua nostra», «Studi novecenteschi», «Studi e problemi di critica testuale»), raccolte di poesie come Il lago del cuore (Luineacultura, 2009), Gente di passaggio (Genesi Editrice, 2009), Parole e musica (LietoColle, 2010), curato la pubblicazione delle opere di Giovanni Boine e Il Morgante di Luigi Pulci per Garzanti (1983, 1989), l’edizione integrale de L’Orlando furioso di Ludovico Ariosto per Newton Compton (1999-2008), Lettere ad Adriano Guerrini di Camillo Sbarbaro per San Marco dei Giustiniani (2009). Il libro e l’anima è il suo primo romanzo. Una nuova raccolta poetica, Il fondo e l’onda, è in via di pubblicazione per Nomos Edizioni.


lunedì 11 aprile 2016

ARCHIVI 1 - GIOVANNI ANSELMO: DIREZIONE 1967 - GAM TORINO




ARCHIVI 1 - GIOVANNI ANSELMO
DIREZIONE 1967
a cura di Maria Teresa Roberto, Gregorio Mazzonis
GAM Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea
via Magenta 31 - Torino
05/04/2016 - 11/09/2016

Con la mostra dedicata a Giovanni Anselmo (Borgofranco di Ivrea, 1934), prende avvio Archivi, una nuova serie di appuntamenti alla GAM che intendono valorizzare rare opere d’arte, materiali d’archivio e documenti originali. Il progetto Archivi, nell’era della smaterializzazione digitale, attinge a repertori di immagini e documenti capaci di contribuire, con elementi inediti, all’analisi e alla contestualizzazione del lavoro degli artisti e alla riflessione sulle modalità di conoscenza e circolazione delle opere.
Al centro della mostra Archivi1 alla GAM è Direzione, un’opera del 1967 esposta dall’artista in occasione della sua prima personale, inaugurata nella galleria torinese di Gian Enzo Sperone l’11 aprile 1968.
Si tratta di un prisma a base triangolare rivestito di fòrmica nera, sulla cui faccia superiore è inserita una bussola. Anche le altre opere della mostra d’esordio erano volumi primari, realizzati con materiali industriali quali fòrmica, perspex, polistirolo. Si trattava di strutture apparentemente statiche, ma invece attraversate da una tensione o da un campo di energia, oppure collocate in equilibrio precario.
In catalogo Germano Celant parlò di una “oggettualità … solo apparente”, di “fisicizzazioni macroscopiche di un evento energetico in potenza”, Maurizio Fagiolo di “una serie di attimi statici dislocati nel tempo”.
Grazie alla presenza dell’ago magnetico, Direzione si presenta come un dispositivo capace di auto-determinare il proprio orientamento nello spazio.
Come ha dichiarato Giovanni Anselmo, l’opera si estende fuori da sé, connettendosi ai campi magnetici che attraversano la terra. Nei mesi successivi Anselmo avrebbe ripreso quello stesso principio in una serie di lavori in cui l’ago magnetico era collocato in un recipiente di vetro e realizzati per le mostre Prospect 68 a Düsseldorf e arte povera + azioni povere ad Amalfi, passando poi a inserire la bussola nella massa di grandi pietre triangolari.
A complemento dell’opera sono esposti fotografie e testi a stampa che documentano la storia espositiva di Direzione e del ciclo di lavori cui essa appartiene (dalla personale da Sperone al Deposito d’Arte Presente di Torino, sempre nel 1968), la fortuna critica, attraverso i testi di Celant e Fagiolo per il catalogo e di Tommaso Trini su “Domus”, così come le modalità di collocazione nello spazio e di relazione con altre opere dell’artista e dei suoi compagni di strada.
Centrali in tal senso risultano le immagini degli allestimenti, tra cui le fotografie di Paolo Bressano per la galleria Sperone e il Deposito d’Arte Presente e quelle di Mario Cresci per la mostra romana Il percorso alla galleria Arco d’Alibert di Mara Coccia.
Questa presentazione si collega al più articolato percorso offerto dalla grande mostra di Giovanni Anselmo dal titolo: Mentre la mano indica, la luce focalizza, nella gravitazione universale si interferisce, la terra si orienta, le stelle si avvicinano di una spanna in più… che si inaugura in concomitanza al Castello di Rivoli, curata da Carolyn Christov-Bakargiev e Marcella Beccaria.

Giovanni Anselmo
Nato a Borgofranco d’Ivrea nel 1934, Giovanni Anselmo vive e lavora a Torino. Nel 1990 riceve il Leone d’Oro alla Pittura alla XLIV Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia.
Tra le mostre personali segnaliamo quelle alla Galleria Sperone, Torino (1968), Galleria Tucci Russo, Torre Pellice (1978) e Marian Goodman Gallery, New York (1984). Tra le collettive ricordiamo Arte povera + azioni povere, Arsenali dell’Antica Repubblica, Amalfi (1968); Conceptual Art – Arte Povera – Land Art, Galleria Civica d’Arte Moderna, Torino (1970); La Biennale di Venezia (1972, 1978, 1980, 1986, 1990 e 2007); documenta 5 (1972) e documenta 7 (1982); La Biennale di Sydney (1976); La Biennale di Istanbul (2015).

Direzione (Direction), 1967 legno, formica, ago magnetico 75 x 75 x 200 cm
Courtesy l’artista e Tucci Russo Studio per l’Arte Contemporanea, Torre Pellice
Photo Paolo Mussat Sartor

OMER FAST: PRESENT CONTINUOUS - BALTIC CENTRE FOR CONTEMPORAY ART, GATESHEAD




OMER FAST
PRESENT CONTINUOUS
BALTIC Centre for Contemporary Art
S Shore R, Gateshead Quays - Gateshead
18/3/2016 - 26/6/2016

BALTIC Centre for Contemporary Art, Gateshead presents Present Continuous, the UK’s first comprehensive monographic exhibition by Omer Fast. On view until June 26, 2016, the exhibition is comprised of new and recent work. Fast is best known for video works that question the conventions of storytelling, media reportage and historical representation. He employs cinematic techniques and complex narrative structures to explore the ways stories, and consequently history and identity, are formed. Undermining the divide between reality and representation and between document and artifice, his practice also interrogates the status of the image.
Divided over two floors, the exhibition includes seven installation and projection-based works beginning with CNN Concatenated (2002), an 18-minute-long video collage edited from thousands of individual words spoken by presenters on the Cable News Network. The footage is reconstructed to form a disconcerting poetic narrative with an underlying sense of threat. The first floor of the exhibition presents Continuity (2012) and Spring (2016). Continuity, first presented at dOCUMENTA (13), follows a young soldier returning from Afghanistan to a home situation that is increasingly uncanny as his authenticity is called further and further into question. Spring, a new commission made for the exhibition, expands his tale. Presented on five screens it is a portrait of two young German men whose lives intersect violently. The work delves into emotions of longing, loss and revolt before reaching a surprising end from two different perspectives.
The exhibition’s second floor includes a presentation of 5,000 Feet is the Best (2011) at cinematic scale. Underpinned by an interview Fast conducted with a former operator of Predator drones, the film weaves together the operator’s account of his life and work along with scenes depicting crimes in and around Las Vegas. Shown in proximity, Everything that Rises Must Converge (2013), follows four adult film performers during their day at work in the San Fernando Valley. The film is presented as four simultaneous projections. And finally, Looking Pretty for God (2008) and A Tank Translated (2002) present documentary portraits edited from conversations the artist recorded with funeral directors in the US and the crew of an Israeli tank. The two works are presented on small screens scattered throughout the exhibition.
Despite their often overt political content, the narrative constructions and deviations of Fast’s videos ensure they transcend the issues he at first seems to address. It is, rather, the traditions of storytelling and its role in creating fact and identity that is central to his work.
Present Continuous is accompanied by a major new publication with new essays by writer and critic Jennifer Allen, author Tom McCarthy, BALTIC Chief Curator Laurence Sillars and a conversation between Omer Fast and Jeu de Paume Curator Marina Vinyes Albes. The full scripts of each film included in the exhibition are also reproduced. Publication available from shop.balticmill.com.

DOCUMENTARY ACROSS DISCIPLINES - THE MIT PRESS 2016




DOCUMENTARY ACROSS DISCIPLINES
edited by Erika Balsom, Hila Peleg
The MIT Press (April 1, 2016)
Copublished with the Haus der Kulturen der Welt (HKW), Berlin

Contemporary engagements with documentary are multifaceted and complex, reaching across disciplines to explore the intersections of politics and aesthetics, representation and reality, truth and illusion. Discarding the old notions of "fly on the wall" immediacy or quasi-scientific aspirations to objectivity, critics now understand documentary not as the neutral picturing of reality but as a way of coming to terms with reality through images and narrative. This book collects writings by artists, filmmakers, art historians, poets, literary critics, anthropologists, theorists, and others, to investigate one of the most vital areas of cultural practice: documentary. Their investigations take many forms -- essays, personal memoirs, interviews, poetry.
Contemporary art turned away from the medium and toward the world, using photography and the moving image to take up global perspectives. Documentary filmmakers, meanwhile, began to work in the gallery context. The contributors consider the hybridization of art and film, and the "documentary turn" of contemporary art. They discuss digital technology and the "crisis of faith" caused by manipulation and generation of images, and the fading of the progressive social mandate that has historically characterized documentary. They consider invisible data and visible evidence; problems of archiving; and surveillance and biometric control, forms of documentation that call for "informatic opacity" as a means of evasion.

Contributors: Ariella Azoulay, Zach Blas, Christa Blümlinger, Stella Bruzzi, Lucien Castaing-Taylor, Kris Fallon, Evgenia Giannouri, Ben Lerner, SylveÌre Lotringer, Antonia Majaca, Sohrab Mohebbi, Volker Pantenburg, Veìreìna Paravel, Christopher Pinney, Ben Rivers, and Eyal Sivan

DOCUMENTARY FILM READER - OXFORD UNIVERSITY PRESS 2016




DOCUMENTARY FILM READER
History, Theory, Criticism
edited by Jonathan Kahana
Oxford University Press (February 18, 2016)

Bringing together an expansive range of writing by scholars, critics, historians, and filmmakers, The Documentary Film Reader presents an international perspective on the most significant developments and debates from several decades of critical writing about documentary. Each of the book's seven sections covers a distinct period in the history of documentary, collecting both contemporary and retrospective views of filmmaking in the era. And each section is prefaced by an introductory essay that explains its design and provides critical context. Painstakingly selected from the archives of more than a hundred years of cinema practice and theory, the essays, reviews, interviews, manifestos, and ephemera gathered in this volume suit the needs and interests of the beginning student, the advanced scholar, the casual reader, and the working documentarian.

JONATHAN KAHANA teaches at the University of California, Santa Cruz, where he directs the Center for Documentary Arts and Research. He is the author of Intelligence Work: The Politics of American Documentary (Columbia UP, 2008).

ANDREA CHENIER - TEATRO CARLO FELICE, GENOVA




ANDREA CHENIER
opera lirica in quattro quadri
Libretto di Luigi Illica
Musica di Umberto Giordano
Teatro Carlo Felice
Passo Eugenio Montale 4 - Genova
da martedì 12 aprile 2016, repliche 13, 16, 17, 19, 20 aprile 2016

INTERPRETI
Andrea Chénier: Antonello Palombi
Carlo Gérard: Alberto Gazale
Maddalena di Coigny: Norma Fantini
Bers: Sofia Koberidze
La Contessa di Coigny: Elena Traversi
Madelon Alessandra: Palomba
Roucher: Paolo Maria Orecchia
Fouquier Tinville: Dario Giorgelè
Il sanculotto Mathieu: Roberto Maietta
L'abate: Enrico Cossutta
Un "Incredibile": Enrico Salsi
Schmidt: Alessandro Busi
Pierre Fléville: Dario Giorgelè
Il Maestro di casa: Loris Purpura
Dumas: Roberto Conti

Direttore: Giampaolo Bisanti
Regia: Lamberto Puggelli - ripresa da Salvo Piro
Assistente alla regia: Salvo Disca
Scene: Paolo Bregni
Costum: Luisa Spinatelli
Coreografo: Giovanni Di Cicco
Orchestra: Teatro Carlo Felice
Coro: Teatro Carlo Felice
Maestro del Coro: Pablo Assante
Danzatori DEOS: Luca Alberti - Filippo Bandiera- Emanuela Bonora - Fabio Caputo - Dario Greco - Maria Francesca Guerra - Barbara Innocenti- Nicola Marrapodi - Erika Melli - Francesca Zaccaria

Martedì 12 aprile 2016, alle ore 20.30, va in scena Andrea Chénier, l’opera più celebre di Umberto Giordano che dopo la rappresentazione del 2009 torna al Teatro Carlo Felice.
Sul podio Giampaolo Bisanti, affiancato da un cast di protagonisti di livello internazionale: Marcello Giordani e Piero Giuliacci nel ruolo principale, il poeta Andrea Chénier, Alberto Gazale e Sergio Bologna in quello del suo rivale Carlo Gérard, Norma Fantini e Patrizia Orciani nella parte della nobildonna amata da Andrea, Maddalena di Coigny, inoltre, tre co-protagoniste femminili Sofia Koberidze (Bersi), Elena Traversi (La Contessa di Coigny), Alessandra Palomba (Madelon) oltre a Paolo Maria Orecchia (Roucher), Dario Giorgelé (Pierre Fleville e Fouquier Tinville), Roberto Maietta (il Sanculotto Mathieu), Enrico Cossutta (l’abate), Enrico Salsi (un “Incredibile”), Alessandro Busi (Schmidt), Loris Purpura e Matteo Armanino (il Maestro di casa), Roberto Conti e Alessio Bianchini (Dumas).
Il periodo storico in cui l’opera è ambientata, che va dai momenti immediatamente precedenti alla Rivoluzione Francese fino a Roberspierre, tra trasparenze di giustizia sociale da una parte e terrore dall’altra, rivive nella messa in scena di Lamberto Puggelli ripresa da Salvo Piro. Le scene realizzate da Paolo Bregni e i costumi curati da Luisa Spinatelli, ricostruiscono le drammatiche vicende di quel cruciale momento della storia moderna con cura cinematografica e ricchezza scenica da kolossal: il Coro del Carlo Felice al gran completo diretto da Pablo Assante, mimi e danzatori guidati dal coreografo Giovanni Di Cicco e figuranti danno vita tutti insieme alla miriade di dame, abati, sanculotti, gendarmi, venditrici ambulanti, giudici, prigionieri, pescivendole, guardie nazionali, strilloni e altro ancora, che affollano il dinamico libretto in quattro quadri di Luigi Illica. Le luci sono firmate da Luciano Novelli.