lunedì 29 febbraio 2016

TANO FESTA: OPERE SCELTE 1960 - 1966 - STUDIO GARIBOLDI, MILANO




TANO FESTA
OPERE SCELTE 1960 - 1966
Studio Gariboldi
Via Ventura 5 - Milano
1/4/2916 - 25/3/2016

Studio Gariboldi presenta una retrospettiva dedicata al maestro della Pop Art romana Tano Festa (1938-1988), uno dei maggiori esponenti della Scuola di Piazza del Popolo.
La mostra si concentra sulle opere degli anni Sessanta, proponendo tutti i temi principali della sua ricerca artistica: persiane, finestre, obelischi, porte, lapidi, cieli e i soggetti tratti dalle opere di Michelangelo.


ALESSANDRO MENDINI: SCRITTI DI DOMENICA 1 - POSTMEDIA BOOKS 2016




ALESSANDRO MENDINI
SCRITTI DI DOMENICA 1
a cura di Loredana Parmesani
Postmedia Books (24 febraio 2016)

A dieci anni di distanza dalla pubblicazione del volume "Alessandro Mendini Scritti" e preso atto dell'intensa e necessaria produzione di scrittura che Mendini incessantemente genera, mi è sembrato fondamentale e ancor più entusiasmante raccogliere in un secondo volume i nuovi aforismi, le intense riflessioni, i veloci appunti, i testi teorici e di progetto, che hanno preso forma dal 2004 ad oggi. Questo libro offre un brulicare di pensieri in forma di parole intervallati da immagini, disegni e fotografie che tracciano il percorso teorico, ma anche umano e privato, di uno dei maggiori esponenti del pensiero progettuale del novecento e contemporaneo. Del precedente volume l'attuale conserva il medesimo impianto, ma a differenza del primo, costituito esclusivamente da scrittura, e dove le sole immagini presenti erano alcuni disegni che scandivano il susseguirsi dei capitoli, in questa nuova pubblicazione, oltre ad alcuni disegni, sono presenti soprattutto numerose fotografie che ritraggono Mendini insieme ai familiari, al fratello Francesco, che da sempre gli è accanto nel lavoro di progetto quotidiano, agli amici, ai collaboratori. Fotografie che raccontano una storia che non è solo di progetto, di ricerca, di lavoro, ma anche di sentimenti, di amicizia, di vita. Una storia anche intima e privata che ci racconta di Mendini vicende meno note e che appartengono anche al divenire dell'esistenza di tutti i giorni.

LAURA AGOSTINO: CASA DEL FASCIO. GIUSEPPE TERRAGNI - MAGGIOLI 2016




LAURA AGOSTINO
CASA DEL FASCIO. GIUSEPPE TERRAGNI
Maggioli Editore (1 febbraio 2016)
Collana: Politecnica. Il progetto del moderno

Lo sguardo che questo ulteriore passaggio propone verso uno degli edifici più interessanti, belli e dibattuti dell'architettura italiana del '900, segue una linea trasversale che non lo fissa direttamente ma ne ricerca la sostanza componendo una selezione tra le voci degli autori che, dalla costruzione ad oggi, gli hanno rivolto la propria attenzione. Si tratta di una selezione ragionata della critica e della storiografia della Casa del Fascio di Terragni, che l'autrice percorre, sinteticamente, nel tentativo di offrire ulteriore strumento di indagine: una specie di "opera aperta" ricomponibile dagli sguardi di volta in volta diversi, legati al percorso di ricerca dei diversi lettori. Il Progetto del Moderno intende annodare le trame di una rete estesa al XX secolo, composta da una serie di episodi architettonici particolarmente significativi, inseriti nel proprio contesto storico e culturale. Il senso è quello di delineare un percorso di ricerca diretto ad una concezione amplificata della modernità quale spirito critico permanente del proprio tempo.

SERGIO PAGLIERI, L'ARTE DI INDAGARE - EX CHIESA DI SAN SALVATORE 1/3/2016




I martedì de A Compagna
CLAUDIO PAGLIERI
SERGIO PAGLIERI, L'ARTE DI INDAGARE
ex Chiesa di San Salvatore
piazza Sarzano - Genova
martedì 1 margo 2016, ore 17,00

Una vita passata a indagare, quella di Sergio Paglieri (1933-2013), archeologo, critico d’arte, giornalista e infine blogger, all'età di 75 anni.
Da giovane archeologo diede un impulso decisivo agli scavi della città etrusca di Vulci, quindi si dedicò al giornalismo al Secolo XIX vivendo in prima linea eventi epocali come l’alluvione del Bisagno o il sequestro Moro.
Riuscendo nel frattempo a scrivere monografie su artisti importanti come i pittori Bardinero e Olivari e lo scultore Baroni. Anche a Genova, sua città di elezione, ha dedicato studi approfonditi e tuttora inediti.
Di tutto questo ci racconterà il figlio, Claudio Paglieri, anch’egli giornalista al Secolo XIX e scrittore, creatore della serie di gialli con protagonista il commissario Luciani.

domenica 28 febbraio 2016

RICHARD LONG: RIVER AVON MUD - GALLERIA LORCAN O'NEILL, ROMA




RICHARD LONG
RIVER AVON MUD
Galleria Lorcan O'Neill
Vicolo de’ Catinari 3 - Roma
20/2/2016 - 30/4/2016

Richard Long, an essential figure of the conceptual and land art movements, grew up near the River Avon in Bristol (UK) and has been using the mud from its tidal banks since the 1970s. Using simple geometric forms – lines, circles and spirals – he applies the mud to paper, panels and walls with vigorous, fluid gestures, or with carefully placed fingerprints and handprints. This exhibition includes large panels, works on paper, as well as sculpture of basalt stone from the Italian Alps. Long (b. 1945) has had retrospectives at the Guggenheim Museum, New York; Musèe d’Art Moderne de la Ville de Paris; Philadelphia Museum of Art; The National Museum of Art, Kyoto; Scottish National Gallery of Modern Art, Edinburgh; San Francisco Museum of Modern Art; Tate Britain, London; Hamburger Bahnhof, Berlin; Arnolfini, Bristol.
He represented Britain at the Venice Biennale in 1976; he was awarded the Turner Prize in 1989, and the Praemium Imperiale in Tokyo in 2009; he is Chevalier dans l’Ordre des Arts et des Lettres (1990), and was made a CBE in 2013.

DIAGRAMS & CHARTS - GARAGE COSMOS, BRUXELLES




DIAGRAMS & CHARTS
Garage Cosmos
Avenue des Sept Bonniers 43 - Bruxelles
20/2/2016 - 25/3/2016

An exhibition of works including charts and diagrams by amongst others lettrists and conceptual artists.
Vito Acconci, Shusaku Arakawa, Art & Language (Terry Atkinson Michael Baldwin), Braco Dimitrijevi?, Raymond Hains, Isidore Isou, Joseph Kosuth, Dennis Oppenheim, Dominique Rappez, Roland Sabatier.

Documents from: René Lavendhomme, Kurt Lewin, Gershom Scholem, Pierre Soury.

Image: Isidore Isou, Schémas pour rendre plus visible la conception isouienne du spectacle, 1953.

ELISA REBELLATO: LA SCALA D’ORO - UNICOPLI 2016




ELISA REBELLATO
LA SCALA D’ORO
Libri per ragazzi durante il fascismo
Unicopli (22 febbraio 2016)
Collana: L'Europa del libro

“La Scala d’oro” è una delle più importanti collane per ragazzi italiane del Novecento. Pubblicata in 93 volumi nella prima edizione degli anni Trenta, grazie a ristampe e nuove edizioni raggiunse i cinquant’anni di vita. Alla sua realizzazione collaborarono una trentina di scrittori, alcuni del calibro di Marino Moretti e Diego Valeri, e una ventina di illustratori, i migliori disponibili in quegli anni. Gli archivi di Fernando Palazzi, direttore de “La Scala d’oro” assieme a Vincenzo Errante, e quelli di alcuni collaboratori hanno permesso di indagare le motivazioni che portarono alla nascita della collana e individuare le linee portanti del suo sviluppo. Il progetto, che mirava a proporre i testi classici adattati ai giovani lettori assieme a testi di divulgazione, fu saldamente nelle mani dei direttori, che seppero mantenere fede alle scelte iniziali, nonostante la difficoltà di armonizzare il lavoro di tanti collaboratori.

ELOISA MORRA: UN ALLEGRO FISCHIETTARE NELLE TENEBRE - QUODLIBET 2015




ELOISA MORRA
UN ALLEGRO FISCHIETTARE NELLE TENEBRE
Ritratto di Toti Scialoja
Quodlibet (19 febbraio 2016)
Collana: Quodlibet studio. Lettere
Pittore o poeta? E poeta per adulti o per bambini? E poi, poeta comico o poeta serio? Forse non esiste nel panorama letterario italiano un autore dalla fortuna critica più multivalente di Toti Scialoja. Definito di volta in volta come «il primo vero esempio italiano della straordinaria tradizione inglese del nonsense e del limerick» (Calvino), «il talento poetico più originale e compiuto rivelatosi in Italia nel corso degli anni Settanta e Ottanta» (Raboni), «uno dei fatti più singolari della letteratura italiana di questi anni» (Manganelli), pure resta poco studiato e poco conosciuto dai lettori di oggi. In occasione del centenario della nascita questo libro si propone di tracciarne la prima biografia intellettuale, ricostruita e raccontata attraverso scritti inediti, lettere private, documenti editoriali e materiale fotografico.

GIOVANNA ROSSO DEL BRENNA: PORTO, NON WATERFRONT - PALAZZO DUCALE, GENOVA 29/2/2016




GIOVANNA ROSSO DEL BRENNA
PORTO, NON WATERFRONT
Immagine e peculiarità del Porto di Genova
Palazzo Ducale - Sala del Maggior Consiglio
piazza Matteotti 9 - Genova
lunedì 29 febbraio 2016, ore 17,45

Giovanna Rosso Del Brenna racconta "Porto, non waterfront: immagine e peculiarità del porto di Genova"
Primo incontro del nuovo ciclo di incontri "Urbs Maritima: nascita, sviluppo, trasformazioni del porto di Genova"
Sei lezioni per individuare le più significative fasi di formazione del porto di Genova e le peculiarità delle strutture che, nel corso dei secoli, ne hanno caratterizzato il divenire, l’economia e il lavoro.
Una serie di incontri per ripercorrere lo sviluppo urbanistico della città, gli odierni caratteri di funzionalità, le ipotesi di organizzazione futura.
  

sabato 27 febbraio 2016

PHILIP CORNER: JE PEUX ME BALADER DANS LE MONDE COMME LA MUSIQUE - FONDATION DU DOUTE, BLOIS




PHILIP CORNER
JE PEUX ME BALADER DANS LE MONDE COMME LA MUSIQUE
Commissariat de l’exposition : Caterina Gualco, Fondation du doute
Fondation du doute
14 rue de la Paix - Blois
27/2/2016 - 8/5/2015

Compositeur, pianiste, théoricien de la musique, performeur, calligraphe, et surtout artiste, Philip Corner a été l’un des promoteurs du mouvement Fluxus sur la scène artistique internationale à travers ses performances et ses interventions visuelles.
De formation traditionnelle, Philip Corner a été fortement influencé par deux grands musiciens, John Cage et Olivier Messiaen, qui lui ont ouvert les portes du « son total ». Vers la fin des années cinquante, ses partitions deviennent des dessins graphiques. C’est à l’occasion d’un voyage en Corée, pendant son service militaire, qu’il s’affranchit définitivement de l’écriture musicale occidentale en s’inspirant de la calligraphie orientale.
Dans son travail, les signes musicaux deviennent des formes pures, donnant naissance à des oeuvres d’art visuel autonomes. La musique est toujours sous-jacente dans la suggestion des rapports entre le temps et l’espace, même quand les dessins ne sont pas des partitions destinées à des performances, créant une cohérence poétique entre les travaux visuels et performatifs.
Il se consacre, parallèlement à sa pratique de la méditation, à un travail profond sur la nature de l’univers, de l’essence de ses rythmes. Il travaille les variations de timbre sur un seul ton ou un seul accord, indiquant la qualité du son et son évolution par un trait au pinceau, un frottage, un trait de plume… Plutôt que de parler d’improvisation ou de composition Philip Corner préfère parler de « spontanéité consciente ».
En avril 2013, pour l’inauguration de la Fondation du doute, Philip Corner a créé Piano Activities Togetherness (oeuvre et performance présentées au premier étage de la Fondation), une variation de la fameuse pièce « Piano Activities », réalisée au Festival Fluxus de Wiesbaden en 1962.
Nombre des oeuvres exposées pour cette exposition à Blois ont été réalisées grâce au soutien d’éditeurs et de collectionneurs visionnaires comme Francesco Conz, Rosanna Chiessi, Caterina Gualco et Carlo Cattelani.
Etant donné que les évènements performatifs sont étroitement liés aux oeuvres visuelles, la collaboration de l’épouse de Corner, la danseuse et chorégraphe Phoebe Neville, est depuis toujours fondamentale.
Caterina Gualco a choisi des oeuvres de sa collection et emprunté des oeuvres prêtées par l’artiste pour composer cette exposition.
Nous présentons des oeuvres allant de la fin des années cinquante à fin 2015, de nombreux documents et partitions, des vidéos de performances.
L’espace est sonorisé pour mieux pénétrer dans la musique de Philip Corner ; le choix des morceaux est laissé au visiteur, via une liste de lecture, afin de permettre l’écoute d’une sélection d’oeuvres musicales réalisée par l’artiste.

RICCARDO GUARNERI: LEGGERISSIMA E INSIEME FORTE - GALLERIA MICHELA RIZZO, VENEZIA




RICCARDO GUARNERI
LEGGERISSIMA E INSIEME FORTE
a cura di Fabio Belloni
Galleria Michela Rizzo
Giudecca 800 Q - Venezia
13/2/2016 - 02/04/2016

Da sabato 13 febbraio 2016 la Galleria Michela Rizzo ospita una personale di Riccardo Guarneri, maestro della pittura italiana e internazionale. La ventina di opere esposte compone un’antologia del suo lavoro dagli anni Sessanta a oggi. Alcune possiedono un lungo curriculum espositivo, altre invece, le più recenti, sono state appositamente realizzate per l’occasione. Tutte in ogni caso documentano la formidabile continuità stilistica di un autore che sin dagli esordi ha fatto dell’astrazione il proprio esclusivo linguaggio. Maturata in sintonia con le coeve esperienze internazionali, quella di Guarneri è una ricerca che trova in sé le ragioni della propria esistenza. Si concentra su un selezionato repertorio di forme, motivi, colori assortendolo ogni volta in modo diverso così da autorigenerarsi continuamente. Emersa sin dalla prima maturità, l’attenzione per gli aspetti metalinguistici del dipingere ha fatto di Guarneri un precursore di molte ricerche divenute tipiche lungo gli anni Settanta.
Geometria, segno, ritmo, trasparenza, impronta, sfumatura: sono termini chiave per avvicinare dipinti dove il colore si scorpora, e perdendo ogni qualità materica diventa pura vibrazione di luce. Su superfici dominate dal bianco, organizzate in composizioni sempre asimmetriche, si alternano bande, strisce, rombi, quadrati. E poi tracciati a matita che ricordano la scrittura ma in realtà non assumono mai un valore referenziale. Nel corso degli anni le rigorose partiture geometriche dei primi tempi hanno iniziato a convivere con stesure sempre più libere e aperte. Ha guadagnato importanza la macchia, quindi l’acrilico o l’acquerello steso liberamente così da creare suggestivi effetti di compenetrazione.
Per quanto luminose, le opere di Guarneri rimangono presenze cariche di mistero. Cercano la complicità dello spettatore: lo invitano a uno sguardo prolungato per stabilire una forma di intimità, e quindi scoprirne profili, segni, accordi tonali non immediatamente intuibili. Opere del genere esprimono un ideale di quiete e serena concentrazione. Al contempo però emanano un senso di energia: nella dialettica tra segni e forme, nella tensione tra la nettezza di un profilo e l’evanescenza della macchia. Quella di Guarneri, insomma, è una pittura dal carattere anche evocativo: per dirla con le parole dell’artista stesso, “una pittura che può essere leggerissima e insieme forte”.
La mostra si accompagna a un catalogo con testo di Fabio Belloni, riproduzioni delle opere e apparato bio-bibliografico dell’artista.

Riccardo Guarneri è nato nel 1933 a Firenze, dove vive e lavora. Inizia a dipingere nel 1953, alternando la pittura all’attività musicale. Dopo una breve stagione informale, dal 1962 intraprende una ricerca fondata sul segno e sulla luce che diventano suoi principali oggetti di studio all’interno di un impianto geometrico minimale. Esordisce all’Aja nel 1960 con la prima mostra personale. Nel 1963 entra a far parte del gruppo genovese Tempo 3. Tre anni dopo partecipa alla Biennale di Venezia (con Agostino Bonalumi e Paolo Scheggi) e alla mostra Weiss auf Weiss alla Kunstalle di Berna. Nel 1967 è invitato alla Biennale di Parigi nella sezione “Nuove Proposte”. Nel 1972 tiene la prima antologica al Westfalischer Kunstverein di Münster. Partecipa alle Quadriennali di Roma del 1973 e del 1986. Nel 1981 al Palazzo delle Esposizioni di Roma espone a Linee della ricerca artistica in Italia 1960-1980, mostra che nel 1997 viene riproposta alla Kunsthalle di Colonia Abstrakte Kunst Italiens ’60/’90. Nel 2007 partecipa a Pittura Analitica, anni ’70 al Palazzo della Permanente di Milano. Nel 2008 è tra gli artisti della mostra Pittura Aniconica presso la Casa del Mantegna di Mantova. Tre anni dopo prende parte a Percorsi riscoperti dell’arte italiana – VAF-Stiftung 1947- 2010 al Mart di Trento e Rovereto. Nel 2015 è tra gli artisti di Un’idea di pittura. Astrazione analitica in Italia, 1972-1976 presso la Galleria d’Arte Moderna di Udine. Allo stesso anno data la personale alla galleria Rosai-Ugolini di New York. Risale al 2000 il mosaico di 24 mq per la Metropolitana di Roma nella stazione Lucio Sestio. Ha insegnato pittura nelle Accademie di Belle Arti di Carrara, Bari, Venezia e Firenze.
  

PAUL SHARITS: CATALOGUE RAISONNÉ 1962-1992 - WALTHER KONIG 2016




PAUL SHARITS
CATALOGUE RAISONNÉ 1962-1992
edited by Paul Chan and Tony Conrad
Walther König (February 23, 2016)

American avant-garde filmmaker Paul Sharits (1943-93)-a protagonist of the "structural film" movement, alongside Michael Snow, Tony Conrad and others-was internationally acclaimed for his installations of endless film loops, multiple projections and experimental soundtracks. This volume spans his oeuvre, from his early structural films of the 1960s and '70s, and his unique film spaces and graphic works, to the little-known paintings, through a large-format image section and essays by theorists, artists and Sharits' contemporaries. Including previously unpublished works and new research, Paul Sharits: Catalogué Raisonné 1962-1992 is completed with an illustrated catalogue raisonné of Sharits' work between 1965 and 1992.

IRENE V. SMALL HÉLIO OITICICA - UNIVERSITY OF CHICAGO PRESS 2016




IRENE V. SMALL
HÉLIO OITICICA
Folding the Frame
University Of Chicago Press (February 3, 2016)

Hélio Oiticica (1937–80) was one of the most brilliant Brazilian artists of the 1960s and 1970s. He was a forerunner of participatory art, and his melding of geometric abstraction and bodily engagement has influenced contemporary artists from Cildo Meireles and Ricardo Basbaum to Gabriel Orozco, Dominique Gonzalez-Foerster, and Olafur Eliasson. This book examines Oiticica’s impressive works against the backdrop of Brazil’s dramatic postwar push for modernization.
From Oiticica’s late 1950s experiments with painting and color to his mid-1960s wearable Parangolés, Small traces a series of artistic procedures that foreground the activation of the spectator. Analyzing works, propositions, and a wealth of archival material, she shows how Oiticica’s practice recast—in a sense “folded”—Brazil’s utopian vision of progress as well as the legacy of European constructive art. Ultimately, the book argues that the effectiveness of Oiticica’s participatory works stems not from a renunciation of art, but rather from their ability to produce epistemological models that reimagine the traditional boundaries between art and life.

Irene V. Small is assistant professor in the Department of Art and Archaeology at Princeton University, where she is also an affiliated faculty member in the Program in Latin American Studies and the Program in Media and Modernity
  

STEFANO BIGAZZI: LA ROUTINE - PALAZZO DUCALE, GENOVA 28/2/2016




Ordine mentale?
STEFANO BIGAZZI
LA ROUTINE
Palazzo Ducale - Sala Camino
piazza Matteotti 9 - Genova
domenica 28 Febbraio 2016, ore 10,30

Luciano Bianciardi, la solita zuppa. Il senso ordinario dell’immutabile, giorno dopo giorno, senza cambiamenti. Insomma l’incapacità di pensare un percorso diverso, di scorgere appena un po’ più a sinistra o un po’ più a destra del paesaggio che stiamo osservando un luogo mai visitato, un volto interessante, un colore malizioso. C’è chi ripete lo stesso gesto a casa, sul lavoro, a scuola, con la persona amica e con quella amata, nel conforto della ripetitività, e c’è chi ripete in maniera sconfortante i gesti meno consueti di una vita stravagante, sempre uguale nella sua eccentricità. Il rischio di finire con la solita zuppa è alto, ma c’è sempre il modo di cambiare cucina, per non lasciarsi irretire dalle sirene della pigrizia.

ALBERS & THE BAUHAUS - STEPHEN FRIEDMAN GALLERY, LONDON




ALBERS & THE BAUHAUS
Stephen Friedman Gallery
25-28 Old Burlington Street - London
10/2/2016 -12/3/2016

Albers & the Bauhaus will make its focus the world-changing designs that emerged out of the revisionist school founded in 1919 by the architect Walter Gropius. Central to the exhibition will be work made by Josef Albers in the 20's and 30's. Albers was a key player in the movement, joining as a student in 1920 and leaving a master in 1933, when the Bauhaus closed under pressure from the National Socialists. In the largest exhibition of Bauhaus art and design mounted by a commercial gallery, Albers & the Bauhaus will feature Albers's drawings, photographs, paintings, design pieces and glass-works, many of which have never been shown in the UK before. Furniture, objects, and photographs by Marcel Breuer, the ceramicist Otto Lindig, and Marianne Brandt will shown alongside Albers's work, to create a full picture of the Bauhaus, Albers's pivotal role in it, and its huge influence over design and art. The exhibition brings together material lent by the Josef and Anni Albers Foundation as well as material from private collections.
The Bauhaus extolled the idea of unifying craft and art with mechanical manufacturing processes, made possible by the still relatively recent industrial revolution. They felt that good design would improve people's lives. Ornament was deemed unnecessary, and the simplicity of design that many of us now take for granted and value so highly was borne out of this need to wipe the slate clean. They were to start again, creating the perfect chair and the perfect cup, standard types that would serve many uses. Of his induction into the Bauhaus, where he would form his unique language of abstraction, Albers later said that "I was 32... I threw all the old junk overboard and went right back to the beginning again. It was the best thing that I ever did in my life".
The Bauhaus was an environment in which the line between decorative and fine arts and indeed industrial design was intentionally blurred. Albers created furniture and objects in line with the wider ethos displayed by colleagues such as Marcel Breuer and Marianne Brandt. He made furniture for Gropius's office, produced a demountable chair and made objects in glass. His Tea Glasses (1925) are more in line with the spirit and aesthetic of the Bauhaus, they are perhaps his finest design work but sadly never went into production. The exhibition will show one of these rare pieces - of which only a handful survive. From 1925 Albers began to make pictures in glass that are the first fully resolved examples of his trademark geometry. ‘TRELLIS' (1929) is one such work. The ‘Homage' paintings, begun nearly three decades later, create a sense of overlapping colour and an illusory depth and the luminosity of Albers's glass-works.
Marcel Breuer joined the Bauhaus in the same year as Albers. The exhibition includes a rare example of his ‘Wassily Club Chair' (1927) and his ‘Lattenstuhl' (1923). These works would influence generations of designers to follow. Marianne Brandt's objects created in the Bauhaus's metal workshops had a similarly significant influence. These Bauhaus designs remain startlingly contemporary and the exhibition will serve as a reminder that the simplicity and importance of the ideas born out of the Bauhaus can still, nearly 100 years after its inception, teach us much about how the art and design around us can improve our lives.
A second part of the exhibition will explore the work Josef and Anni Albers made after the Bauhaus closed, and following their move to the USA in 1933. The two met at the Bauhaus, marrying in 1925. Against a backdrop of an Anni Albers designed wallpaper that has only recently gone into production, we will see works on paper and paintings from the 1940's to 70's by both artists. Showing the work of Josef and Anni Albers together is a celebration of the synergies, shared interests, and influences of the two artists. This display will also demonstrate development of Josef's work in the years that precede the ‘Homage to the Square' paintings, which had such a huge influence on abstract painting and colour theory.

ANTONIO CALDERARA: ACQUARELLI 1936 - 1978 - MEB STUDIO, BORGOMANERO




ANTONIO CALDERARA
ACQUARELLI 1936 - 1978
MEB Studio
via San Giovanni 26 - Borgomanero
27/02/2016 - 26/03/2016

Antonio Calderara (Europa 1903 – Vacciago 1978), fin dalla giovane età ha fatto del territorio sulle sponde del Lago d’Orta la sua casa adottiva. Luogo non solo per viverci, ma fonte di ispirazione continua per il suo lavoro.
Se si osservano le opere del periodo figurativo, si nota la presenza quasi costante di questo luogo magico. Calderara lo ha utilizzato spesso come soggetto principale per i paesaggi, o anche, a volte, solo come sfondo per alcuni dei suoi ritratti più intimi.
Anche nella successiva fase del suo percorso artistico, quando dalla figurazione lentamente si porta a forme più astratte, il Lago d’Orta con l’Isola di San Giulio al centro, sono per Calderara un soggetto quasi irrinunciabile. Le forme vengono continuamente studiate, limate e semplificate fino a portarle ad una sintesi estrema (esemplare è la sua Storia del Lago d’Orta). Il lago e l’isola stanno a Calderara come il Mont Sainte-Victoire sta a Cézanne. Non sono soggetti semplicemente riprodotti, ma sono utilizzati come volumi grazie ai quali la sua pittura diventa atmosfera e pensiero altissimo.
L’amore che Calderara ha avuto per questi luoghi del Piemonte, fin sa sempre è stata ricambiata con le numerose mostre personali che si sono susseguite negli anni fin dal 1923, anno della sua prima personale presso l’albergo Maulini di Vacciago. Successivamente negli anni ’70 ed ’80 furono le storiche gallerie UXA di Novara e Spriano di Omegna ad organizzare periodicamente esposizioni di Antonio Calderara. Del più recente passato di mostre dedicate al maestro di Vacciago sul territorio novarese, vanno ricordate le due grandi antologiche tenutesi nel 1997 ad Arona (Calderara. Antologica a cura di Flaminio Gualdoni e Lorella Giudici) e nel 2007 a Verbania presso la sede del Museo del Paesaggio (Antonio Calderara. L’opera astratta a cura di Fabrizio Parachini e Marco Rosci).
Oggi, dopo quasi dieci anni dall’ultima esposizione, è la MEB Arte Studio di Borgomanero a prendere il testimone delle esposizioni dedicate a questo grande maestro, proponendo una esposizione dedicata ai raffinati acquarelli che Calderara iniziò a realizzare a partire dal 1936.
La mostra Antonio Calderara – Acquarelli dal 1936 al 1978, che si terrà presso lo spazio espositivo della galleria in Via San Giovanni, 26 a partire dal 27 febbraio, prende spunto da una vecchia mostra del 1973 organizzata proprio a Borgomanero dalla storica galleria l’Incontro (Antonio Calderara – Acquarelli dal 1936 al 1973 a cura dello stesso artista).
Dalla serie di acquarelli selezionati, il visitatore potrà ammirare l’intero percorso artistico compiuto dal Maestro nel corso degli anni, che dalle prime opere figurative, con il passare del tempo e la frequentazione dei grandi maestri dell’astrazione, lo portarono ad una sempre maggiore sintesi formale caratterizzata da un indiscusso e costante raffinatissimo livello. La sua vita fu anche segnata da alcuni tragici avvenimenti (va ricordata infatti la tragica morte della giovanissima figlia Gabriella avvenuta alla fine degli anni ’50), i quali furono determinanti, oltre che per la sua esistenza, anche per la sua arte.
Quella di Antonio Calderara è inoltre l’ultima esposizione a conclusione di un ciclo di mostre tenutesi negli ultimi mesi presso lo spazio espositivo della nostra galleria e dedicate alla tematica del genius loci in cui precedentemente hanno preso parte le figure dei pittori Franco Rasma e Marcovinicio.

La mostra “Antonio Calderara, acquarelli dal 1936 al 1978” è organizzata in collaborazione con la Fondazione Antonio Calderara, è patrocinata dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Borgomanero.

ERALDO AFFINATI: L'UOMO DEL FUTURO - MONDADORI 2016




ERALDO AFFINATI
L'UOMO XEL FUTURO
Sulle strade di don Lorenzo Milani
Mondadori (2 febbraio 2016)
Collana: Scrittori italiani e stranieri

A quasi cinquant'anni dalla sua scomparsa don Lorenzo Milani, prete degli ultimi e straordinario italiano, tante volte rievocato ma spesso frainteso, non smette di interrogarci. Eraldo Affinati ne ha raccolto la sfida esistenziale, ancora aperta e drammaticamente incompiuta, ripercorrendo le strade della sua avventura breve e fulminante: Firenze, dove nacque da una ricca e colta famiglia con madre di origine ebraica, frequentò il seminario e morì fra le braccia dei suoi scolari; Milano, luogo della formazione e della fallita vocazione pittorica; Montespertoli, sullo sfondo della Gigliola, la prestigiosa villa padronale; Castiglioncello, sede delle mitiche vacanze estive; San Donato di Calenzano, che vide il giovane viceparroco in azione nella prima scuola popolare da lui fondata; Barbiana, "penitenziario ecclesiastico", in uno sperduto borgo dell'Appennino toscano, incredibile teatro della sua rivoluzione. Ma in questo libro, frutto di indagini e perlustrazioni appassionate, tese a legittimare la scrittura che ne consegue, non troveremo soltanto la storia dell'uomo con le testimonianze di chi lo frequentò. Affinati ha cercato l'eredità spirituale di don Lorenzo nelle contrade del pianeta dove alcuni educatori isolati, insieme ai loro alunni, senza sapere chi egli fosse, lo trasfigurano ogni giorno: dai maestri di villaggio, che pongono argini allo sfacelo dell'istruzione africana, ai teppisti berlinesi, frantumi della storia europea.

JUNG E PAULI - MORETTI & VITALI 2016




JUNG E PAULI
Il carteggio originale: l'incontro tra psiche e materia
a cura di Antonio Sparzani e Angela Panepucci
Moretti & Vitali (28 gennaio 2016)
Collana: Il tridente. Saggi

Questo volume presenta la traduzione italiana dell'ottantina di lettere che il curatore tedesco, lo psicoanalista C.A. Meier, è riuscito a reperire tra quelle scambiate nel periodo che va dal 1932 al 1957, fra Wolfgang Pauli, uno dei fisici teorici di punta della stagione della fisica di rottura della prima metà del secolo scorso e Carl Gustav Jung, fondatore della psicologia analitica che a sua volta presenta punti di rottura e di avanzamento rispetto alla psicoanalisi ortodossa. È stato un confronto vivo e vero, nel corso del quale ognuno dei due studiosi, teso a capire le ragioni e i modi di pensare dell'altro, si è spinto al di là del già noto, tanto da creare un linguaggio comune o, come gli stessi autori dissero, una "correspondentia" capace di intercettare i punti di contatto tra i concetti più nuovi dell'ermeneutica junghiana, quali la sincronicità, l'archetipo, lo psicoide ecc. e i concetti altrettanto nuovi della fisica quantistica in formazione, di cui Pauli è stato un grande protagonista. Da questa comune tensione è nato un esempio notevole e forse unico di dialogo tra studiosi di discipline apparentemente molto distanti fra loro, dialogo che avvenne nel corso di lunghi e faticosi anni di elaborazione e reciproca formazione.

KIKKO: LE ANIME ANNUSANO GIÙ VERSO L'ADE - M.M. GALLERY, GENOVA




KIKKO
LE ANIME ANNUSANO GIÙ VERSO L'ADE
M.M. Gallery - Alessio Menesini
Via Perosi 13 c - Genova
26/02/2016 - 10/03/2016

Colori e tratti netti. Figure che emergono dal caos. Segni, occhi, visi, corpi, forse anche parole, che arrivano da un altro mondo, o magari da questo. Chi lo sa quanti sono i mondi? La pittura di Kikko arriva dall’incontro dell’artista con un’anima il cui corpo non è più fisicamente presente, l’anima di Andrea, il suo migliore amico, quello con cui ha condiviso gran parte delle esperienze, meravigliose e tragiche, della sua vita. Necessità, spontaneità e autodidattica, nonostante la presenza di questo maestro invisibile come figura guida, inseriscono le opere di KIKKO nel panorama dell’Outsider Art.
Heidegger scriveva che “l’arte è la messa in opera della Verità” e quest’affermazione è quanto mai vera se ci accostiamo al lavoro di questo artista. Qual è la Verità di cui ci parlano? È quella per eccellenza, quella della vita e della morte, dell’aldilà, di una connessione tra questi due mondi. Ed è una verità che si svela e si nasconde, dal momento che nessun uomo ha mai dato una risposta al dilemma della morte, nemmeno la filosofia, il cui compito è di indagarlo, senza mai risolverlo, e nemmeno la scienza, che oggi cerca di imperare su ogni aspetto dell’esistere.
Il gusto del segreto, quello di cui ci parla Derrida, si fa qui immenso, se solo pensiamo al processo attraverso il quale nascono le opere di KIKKO: si tratta di un dialogo con l’aldilà in un orizzonte quasi animistico, il cui risultato formale è un segreto che nessuno conoscerà mai. “L’Origine ama nascondersi”, scriveva Eraclito… L’Arte di KIKKO si configura allora come un incantesimo, diventa espressione di un incontro che dura per un lasso di tempo limitato, in uno spazio di libertà e trascendentalità assolute, e nel quale il segno, il colore e le figure enigmatiche che emergono, ne diventano documento necessario, producendo domanda più che dare una risposta.
L’arte, come scriveva Freud, rimane l’unico ambito in cui si conserva “l’onnipotenza dei pensieri” tipica dei popoli primitivi, presso i quali d’altro canto l’arte è nata, un po’ come una magia. Le opere di KIKKO hanno in loro una magia: ci fanno ritornare in una dimensione in cui il mondo non ha bisogno di una scienza su cui fondarsi perché esso è e basta, così come lo si sente internamente, in cui le anime dei morti possono parlare con i vivi e guidarli nel produrre figure. Un mondo a cui si accede senza sceglierlo, che si apre all’improvviso, una luce da cui siamo divisi da delle sbarre, e della quale qui abbiamo una testimonianza.
Il titolo della mostra, “Le anime annusano giù verso Ade”, è un altro frammento di Eraclito, il preferito di KIKKO, che ancora una volta ci riporta all’origine del processo creativo dell’artista: una ricerca dei confini dell’anima, che riconosce un’inclinazione alla morte, al Regno delle Ombre, nel cuore stesso del principio vitale.

Maria Luisa Conserva

giovedì 25 febbraio 2016

ALEKSANDR RODČENKO - LAC, LUGANO




ALEKSANDR RODČENKO
LAC Lugano Arte Cultura
Piazza Bernardino Luini 6 - Lugano
26/2/2016 - 8/5/2016

Attraverso oltre trecento opere tra fotografie, fotomontaggi, collage, stampe offset e costruzioni spaziali, il Museo d’arte della Svizzera italiana documenta con la mostra Aleksandr Rodčenko, in programma dal 28 febbraio all’8 maggio 2016 nella sede del LAC a Lugano, la carriera di uno dei più noti esponenti dell’avanguardia russa e degli artisti più influenti del ventesimo secolo.
Le opere in mostra sono state selezionate da Olga Sviblova, fra le massime esperte di fotografia e d’arte delle avanguardie sovietiche, direttrice del Multimedia Art Museum di Mosca (già Moscow House of Photography) e curatrice del Padiglione Russo alla Biennale di Venezia del 2009.
Nell’esposizione di Lugano la nuova visione fotografica di Rodčenko trova espressione nelle serie dedicate alla città di Mosca del primo ventennio del Novecento, all’architettura, alle attività ginniche e parate sportive, ai prodotti dell’industria e al lavoro, ma anche dalle fotografie di stampo giornalistico che negli anni Trenta celebrano le imprese del regime stalinista.
Nelle immagini della capitale sovietica si manifesta il desiderio di sottolineare la modernità e vitalità della città all’indomani della Rivoluzione d’ottobre; le fotografie dedicate a ginnasti e alle parate raffigurano gli uomini e le donne che incarnano lo spirito dei nuovi tempi. Nei loro gesti atletici, nella sincronia dei movimenti si manifestano spirito dinamico e una nuova coesione sociale. I prodotti dell’industria sono rappresentati così da esaltarne l’uniformità e la serialità apparentemente infinita, espressione di una nuova epoca tecnologica e di nuove prospettive di benessere.
Negli scatti dedicati alla costruzione del canale tra il Mar Baltico e il Mar Bianco, benché realizzati con l’intento di celebrare una grande impresa ingegneristica (essi erano destinati infatti alla pubblicazione internazionale “URSS in costruzione”), traspare l’aspetto sinistro di un’impresa che si rivelerà tanto inutile quanto costosa in termini umani.
L’opera fotografica dell’artista non si esaurisce quindi in espedienti formali. Uno spirito romantico e utopico detta le sue scelte estetiche. L’artista manifesta la propria fiducia nella possibilità di una trasfigurazione positiva del genere umano e del mondo. Le serie fotografiche realizzate negli anni Venti possono essere lette come illustrazioni di una realtà e di una vita che i principi del costruttivismo avevano contribuito a rivoluzionare.
Completano il percorso espositivo tre Costruzioni spaziali: sculture aeree ideate fra 1920 e 1921, fra le prime espressioni dell’estetica costruttivista. Si tratta di oggetti ottenuti attraverso l’applicazione di un principio compositivo essenziale; ogni scutura si compone di sagome geometriche, ovali, esagoni, quadrati, progressivamente più piccoli, ritagliate da uno stesso foglio di metallo o di compensato. Tali opere mettono in luce un ulteriore aspetto della creatività di Rodčenko e riflettono il desiderio di applicare anche all’arte l’essenzialità e la ripetitività dei principi alla base della produzione industriale.

La mostra è accompagnata da un catalogo (ed. Skira) comprendente circa 250 immagini, i testi della curatrice Olga Sviblova, di Varvara Rodčenko, figlia dell’artista, del nipote Alexander Lavrentiev, e da uno scritto dello stesso Rodčenko.

Immagine: Aleksandr Rodčenko, Scale 1930 - stampa d’artista - Collezione del Moscow House of Photography.

TRANQUILLO CREMONA E LA SCAPIGLIATURA - CASTELLO VISCONTEO, PAVIA




TRANQUILLO CREMONA E LA SCAPIGLIATURA
a cura di Simona Bartolena, Susanna Zatti
Scuderie del Castello Visconteo
viale XI febbraio 35 - Pavia
25/02/2016 al 05/06/2016

Dal 26 febbraio al 5 giugno 2016 le sale delle Scuderie ospiteranno “Tranquillo Cremona e la Scapigliatura”, un progetto ideato, prodotto e organizzato da ViDi in collaborazione con il Comune di Pavia e curato da Simona Bartolena e Susanna Zatti, direttore dei Musei Civici di Pavia.
Collegandosi idealmente con la grande esposizione “Tranquillo Cremona e gli artisti lombardi del suo tempo”, allestita nel 1938 nel Castello Visconteo e inaugurata dal Re Vittorio Emanuele III, la mostra intende rendere omaggio al gruppo scapigliato, partendo dalla ricerca dell’iniziatore del nuovo linguaggio stilistico, Tranquillo Cremona – che a Pavia è nato e si è formato alla Civica Scuola di pittura – per indagare il movimento in tutte le sue diverse espressioni artistiche.
Il termine “scapigliatura” – libera traduzione dal francese bohême – deriva da “La scapigliatura e il 6 febbraio” del 1862, un testo misto di riflessioni critiche e di narrativa dello scrittore Cletto Arrighi. Nella Milano postunitaria, centro dinamico della borghesia italiana, si riunisce un gruppo di intellettuali, diversi per temperamento, ma accomunati da atteggiamenti anticonformistici e dal rifiuto delle regole imposte dalla società dell’epoca. Questo spirito di rivolta, nato dapprima in ambito letterario, si evolve in una vera e propria corrente che, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento fino all’inizio del Novecento, coinvolge tutte le arti e pone le basi per un importante rinnovamento ideologico del mondo culturale italiano.
Al fine di offrire una panoramica completa del mondo degli scapigliati, l’esposizione svilupperà un percorso tra pittura, scultura, letteratura e musica per far rivivere al pubblico l’atmosfera di questo movimento nelle sue principali forme espressive.
La mostra presenta una selezione di circa cinquanta opere degli artisti più rappresentativi della Scapigliatura tra i quali Tranquillo Cremona, Daniele Ranzoni e Luigi Conconi.
Lungo le sale delle Scuderie i visitatori saranno accompagnati dalle parole di Tranquillo Cremona che racconterà lo straordinario fermento culturale dell’epoca, la vita, l’opera e le forti personalità dei suoi compagni scapigliati. Un racconto pittorico, ma anche un racconto musicale e letterario che andrà ad approfondire i principali scritti degli autori della Scapigliatura che hanno dato il via non solo ad una rivoluzione in campo artistico ma ad un vero e proprio fenomeno morale e politico molto importante per il nostro Paese.
Il progetto espositivo, che vuole offrire una visione a trecentosessanta gradi della Scapigliatura e dei suoi protagonisti, vanta la collaborazione di Gianfranca Lavezzi dell’Università di Pavia, per gli approfondimenti letterari, e di Daniela Gatti dell’Istituto Superiore di Studi musicali Franco Vittadini di Pavia, per gli aspetti legati alla musica. ViDi, in collaborazione con l’Associazione ARTpiù Creative Project propone una serie di attività didattiche, incontri e visite guidate gratuite per bambini e adulti con l’obiettivo di approfondire le tematiche affrontate dalla mostra.

PHILIPPE PAQUET: SIMON LEYS, NAVIGATEUR ENTRE LES TEMPS - GALLIMARD 2016




PHILIPPE PAQUET
SIMON LEYS, NAVIGATEUR ENTRE LES TEMPS
Gallimard (18 février 2016)
Collection: La Suite des temps

Les Habits neufs du président Mao (1971) et Ombres chinoises (1974) firent la célébrité de Simon Leys. À contre-courant d’une époque dominée par la Révolution culturelle et le mouvement de Mai 68, il y dénonçait le premier les horreurs du maoïsme.
Mais Leys ne fut pas qu’un pamphlétaire. Historien d’art formé auprès de maîtres chinois, il aurait voulu devenir peintre et signa, sous le nom de Pierre Ryckmans, des textes de sinologie classique qui firent date. Il fut en outre critique littéraire, essayiste et écrivain dans trois mondes linguistiques différents : quand il commença à publier en anglais, il était déjà un auteur de langues française et chinoise.
Simon Leys entretint dès l’adolescence une passion dévorante pour la mer. Navigateur sur les océans comme entre les pays – la Belgique où il naquit et étudia, la France où il fut édité, l’Australie où il s’établit et enseigna, la Chine où il a puisé sa «nourriture de vie» –, Leys le fut également entre les cultures.
Cette première biographie de Simon Leys s’appuie sur une abondante correspondance avec lui et des écrits inédits.

CATHERINE MILLOT: LA VIE AVEC LACAN - GALLIMARD 2016




CATHERINE MILLOT
LA VIE AVEC LACAN
Gallimard (11 février 2016)
Collection L'Infini

«Il fut un temps où j'avais le sentiment d'avoir saisi l'être de Lacan de l'intérieur. D'avoir comme une aperception de son rapport au monde, un accès mystérieux au lieu intime d'où émanait sa relation aux êtres et aux choses, à lui-même aussi. C'était comme si je m'étais glissée en lui.
Ce sentiment de le saisir de l'intérieur allait de pair avec l'impression d'être comprise au sens d'être toute entière incluse dans une sienne compréhension, dont l'étendue me dépassait. Son esprit – sa largeur, sa profondeur –, son univers mental englobait le mien comme une sphère en contiendrait une plus petite. J'ai découvert une idée semblable dans la lettre où Madame Teste parle de son mari. Comme elle, je me sentais transparente pour Lacan, convaincue qu'il avait de moi un savoir absolu. N'avoir rien à dissimuler, nul mystère à préserver, me donnait avec lui une totale liberté, mais pas seulement. Une part essentielle de mon être lui était remise, il en avait la garde, j'en étais déchargée. J'ai vécu à ses côtés pendant des années dans cette légèreté.»

Catherine Millot

SEBASTIÃO SALGADO: GENESI - PALAZZO DUCALE, GENOVA




SEBASTIÃO SALGADO
GENESI
Palazzo Ducale - Sottoporticato
piazza Matteotti 9 - Genova
26/2/2016 - 26/6/2016

Genesi è l’ultimo grande lavoro di Sebastião Salgado, il più importante fotografo documentarista del nostro tempo.
Uno sguardo appassionato, teso a sottolineare la necessità di salvaguardare il nostro pianeta, di cambiare il nostro stile di vita, di assumere nuovi comportamenti più rispettosi della natura e di quanto ci circonda, di conquistare una nuova armonia.
Il mondo come era, il mondo come è. La terra come risorsa magnifica da contemplare, conoscere, amare. Questo è lo scopo e il valore dell’ultimo straordinario progetto di Sebastião Salgado.
In mostra oltre duecento fotografie eccezionali: dalle foreste tropicali dell’Amazzonia, del Congo, dell’Indonesia e della Nuova Guinea ai ghiacciai dell’Antartide, dalla taiga dell’Alaska ai deserti dell’America e dell’Africa fino ad arrivare alle montagne dell’America, del Cile e della Siberia.
Genesi è un viaggio fotografico nei cinque continenti per documentare, con immagini in un bianco e nero di grande incanto, la rara bellezza del nostro principale patrimonio, unico e prezioso: il nostro pianeta.
Progetto di Contrasto e Amazonas, organizzazione Civita.
  

UGO MULAS: LA PHOTOGRAPHIE - FONDATION HCB, PARIS




UGO MULAS
LA PHOTOGRAPHIE
Fondation HCB
2, impasse Lebouis - Paris
15/1/2016 - 24/4/2016

Ugo Mulas (1928-1973) est une figure majeure de la photographie italienne du XXème siècle. Néanmoins, son oeuvre reste mal connue en France. Cette exposition personnelle constitue la première du genre et rend hommage à ce grand observateur et interprète de la nouveauté, apparue dans le monde de l’art en Italie et aux États-Unis dans les années 1960. Elle réunit, pour l’essentiel, des photographies choisies par Mulas pour être publiées dans La Fotografia (Einaudi, 1973), son dernier livre devenu mythique, témoignage essentiel de son travail et de ses réflexions.
À son arrivée à Milan en 1948, Ugo Mulas fréquente les milieux artistiques et littéraires réunis au Bar Jamaica et commence rapidement à photographier la ville. Devenu photographe professionnel, il développe parallèlement des projets plus personnels. Photographe officiel de la Biennale de Venise à partir de 1954, il documente la scène artistique italienne et new-yorkaise des années 1960. À partir de 1968, il se consacre aux Vérifications, son dernier projet qui interroge la photographie et ses pratiques.
Sous un titre à la fois simple et ambitieux, La Photographie constitue une oeuvre unique. À travers de brèves séquences d’images introduites par un texte, Mulas y analyse l’art de son temps et fait le portrait des artistes qu’il a côtoyés en concevant leur travail comme une relation intime au temps. Pour Mulas, tous les instants sont fugitifs, ils se valent tous, et le moment le moins significatif peut justement être le plus exceptionnel. Outre sa valeur documentaire, cet ensemble possède une forte tonalité autobiographique. Il se clot sur les Vérifications, dernier chapitre « fondateur », qui fixera à jamais la dimension spéculative de son oeuvre.
L’exposition, d’une soixantaine de tirages en noir et blanc d’époque, est présentée en collaboration avec les Archives Ugo Mulas (Milan) et Giuliano Sergio, commissaire associé. Elle est coproduite avec le Point du Jour, centre d’art/éditeur (Cherbourg) qui a édité en français le livre d’Ugo Mulas La Photographie en reprenant le format, les textes et les photographies de la première édition italienne.

MAURIZIO MOCHETTI -




MAURIZIO MOCHETTI
Galleria Giovanni Bonelli
Via Porro Lambertenghi 6 - Milano
25/2/2016 - 2/4/216

Dal 25 febbraio al 2 aprile 2016 la Galleria Giovanni Bonelli ospita nella sua sede di Milano (via Porro Lambertenghi, 6 – Quartiere Isola) una retrospettiva di Maurizio Mochetti (Roma, 1940), figura che nell’ultimo mezzo secolo ha rappresentato una voce di grande originalità nel panorama dell’arte concettuale italiana e internazionale. Il percorso espositivo offre un viaggio completo nel suo universo creativo, partendo dalle riflessioni sullo spazio sensibile degli ultimi Anni Sessanta e arrivando alle più recenti analisi dei materiali della contemporaneità – i laser, le luci al neon, le plastiche, i polimeri sintetici. Il progetto, realizzato in sinergia con Nicola Furini nasce dall’esperienza analoga maturata in occasione di Artissima 2015, che aveva visto la proposta del lavoro di Mochetti all’interno della sezione Back To The Future.
A introdurre l’esposizione è il Cono del 1967, pezzo che anticipa l’esordio di Mochetti sulla scena romana – avvenuto l’anno seguente con la prima personale alla storica Galleria “La Salita” – una dichiarazione di poetica significativa, con cui l’artista sfida la percezione dello spazio da parte del pubblico, manipolando sapientemente il senso della prospettiva e uscendo dai paletti imposti dall’opera d’arte tradizionale. L’installazione dialoga infatti a tal punto con l’ambiente che la circonda che la circonda da rendere quest’ultimo partecipe dell’opera stessa.
Proprio il concetto di percezione e di esperienza – individuale e collettiva – dell’opera d’arte sono centrali nel lavoro di Mochetti, che approfondisce in campo estetico e formale le intuizioni portate dalle teoria della Gestalt nel campo della psicologia sociale. Diventa così determinante, per l’artista, affrontare i meccanismi mentali e cognitivi con cui ci si rapporta all’opera d’arte, usando come chiave di lettura quella, smitizzante, dell’ironia e del gioco. È il caso della serie di lavori degli Anni Ottanta esposti nella mostra milanese e ispirati ai modellini di Bachem Natter BA 349 B-1944, l’aereo-razzo a decollo verticale progettato in Germania alla fine della Seconda Guerra Mondiale e mai usato in azioni belliche: un vero e proprio oggetto feticcio, che liberato dai vincoli della propria funzione si carica di una affascinante carica allegorica.

Maurizio Mochetti nasce nel 1940 a Roma dove vive e lavora. Nella capitale frequenta il Liceo Artistico e poi l’Accademia di Belle Arti. Nel 1968 esordisce sul palcoscenico artistico romano con la sua prima esposizione personale, nell’ormai storica Galleria “La Salita”.
Nel 1969 vince il I premio Pascali a Polignano a Mare e nello stesso anno vince il premio scultura alla VI Biennale Giovani di Parigi. Nel 1970 partecipa alla sua prima Biennale di Venezia cui seguiranno quelle del 1978, 1982, 1986, 1988, 1997. Sin dai primi anni ’70 si affaccia sul panorama internazionale partecipando nel 1976 alla Biennale di Sidney, nel 1998 alla XXIV Biennale di San Paolo e nel 1991 alla Biennale Internazionale di Nagoya. Nel 1988, viene invitato come Artista in residence, all’Exploratorium di San Francisco (USA). Espone nel corso degli anni al Tel Aviv Museum of Art (1993), allo Stedelijk Van Abbemuseum di Eindhoven (1975), alla Stadtische Kunsthalle di Düsseldorf (1978), al Forum Kunst di Rottweil (1982), e al Museo Alvar Aalto di Jyväskylä (1985). Nel 2003 viene dedicata a Mochetti un’ampia mostra antologica nel Palazzo Ducale di Sassuolo. Nel 2009 tiene una personale al Palazzo Collicola di Spoleto e nello stesso anno vince il concorso internazionale MAXXI 2per100, per la realizzazione dell’opera “Linee rette di luce nell’Iperspazio curvilineo”, poi collocata permanente nell’atrio del MAXXI di Roma.

THEODOR W. ADORNO - ALBAN BERG: SII FEDELE - ARCHINTO 2016




THEODOR W. ADORNO - ALBAN BERG
SII FEDELE
Corrispondenza 1925- 1935
con una nota di Paolo Petazzi
Archinto (25 febbraio 2016)
Collana: Lettere

"Sei treu, sii fedele!" sussurra Alberich a Hagen nella I scena del II atto del "Crepuscolo degli dei", e Berg in una cartolina aveva mandato a Adorno il passo con il monito, citando però la musica senza le parole, e mettendo in imbarazzo il giovane allievo che tardò a riconoscerla. Fedele Adorno fu davvero, anche dopo la morte di Berg: fedele innanzitutto all'intuizione che lo aveva spinto nel 1925 a sceglierlo come insegnante di composizione, essendo fin da allora (prima del successo del "Woozzeck") ben consapevole della straordinaria grandezza del compositore viennese. Berg fu per Adorno il punto di riferimento negli anni della più intensa vocazione di compositore; il giovane Adorno fu per Berg un intellettuale capace di riconoscere e divulgare la grandezza dei protagonisti della Scuola di Vienna e un musicista dotato di autentico talento compositivo.

GIORGIO AGAMBEN: CHE COS'È LA FILOSOFIA - QUODLIBET 2016





GIORGIO AGAMBEN
CHE COS'È LA FILOSOFIA
Quodlibet (11 febbraio 2016)
Collana: Quodlibet

Alla domanda "che cos'è la filosofia" - una questione che si pone tardi e di cui si può parlare solo fra amici - Agamben, in questo libro che è in qualche modo una summa del suo pensiero, non risponde direttamente, ma attraverso cinque saggi, ciascuno dei quali presenta una sorta di emblema: la Voce, il Dicibile, l'Esigenza, il Proemio, la Musa. In ognuno dei testi, secondo un gesto che definisce il metodo di Agamben, l'indagine archeologica e quella teorica si intrecciano strettamente: alla paziente ricostruzione del modo in cui è stato inventato il concetto di lingua, fa riscontro il tentativo di restituire il pensiero al suo luogo nella voce; a una inedita interpretazione dell'idea platonica, corrisponde una lucida situazione del rapporto fra filosofia e scienza e della crisi decisiva che entrambe stanno attraversando nel nostro tempo. E, alla fine, la scrittura filosofica - un problema sul quale Agamben non ha mai cessato di riflettere - assume la forma di un proemio a un'opera che deve restare non scritta.

ALESSANDRO MAGNASCO: GLI ANNI DELLA MATURITÂ - PALAZZO BIANCO, GENOVA




ALESSANDRO MAGNASCO: GLI ANNI DELLA MATURITÂ
Palazzo Bianco
via Garibaldi 11 - Genova
25/02/2016 - 05/06/2016

Grazie alla collaborazione eccezionale fra la Galerie Canesso di Parigi e i Musei di Strada Nuova di Genova, città natale dell’artista, la mostra radunerà oltre venti opere di Alessandro Magnasco, provenienti da raccolte pubbliche e private.
L’esposizione, inaugurata alla Galerie Canesso a Parigi lo scorso 24 novembre 2015, sta riscuotendo un buon successo di pubblico (aperta fino al 31 Gennaio) e si sposterà a Genova, ai Musei di Strada Nuova – Palazzo Bianco, dal 25 febbraio al 5 giugno 2016.
Le collezioni civiche genovesi partecipano con ben quattro opere di cui una – Il pittor pitocco –appartiene al Museo Giannettino Luxoro e le altre tre ai Musei di Strada Nuova: la Scena di pellegrinaggio altresì detta Preghiera davanti a una cappella campestre; Sant’Agostino e l’angelo, e il celeberrimo Trattenimento in un giardino d’Albaro, ritenuto l’estremo capolavoro dell’attività del Magnasco. L’edizione genovese comprenderà 23 dipinti, cioè uno in più, rispetto a quella parigina, perché sarà presente anche il Funerale ebraico prestato dal Museo del Louvre.
Artista dall’opera originale e stravagante, Alessandro Magnasco è stato riscoperto all’inizio del XX secolo ed è considerato, per certi versi, un precursore di Goya (1746 – 1828), degli Espressionisti e uno dei padri del gusto per il fantastico e il macabro. In ogni caso, la sua opera ricca e variata non si può definire solo attraverso queste caratteristiche.
La produzione dell’artista impressiona sia dal punto di vista del linguaggio pittorico estremamente personale che da quello dei soggetti, che solo lui affronta in linea con le nuove idee che si affermano in Europa fra XVII e XVIII secolo. Le sue composizioni, animate da piccole figure in movimento, ci portano verso l’arte di Francesco Guardi (1712 – 1793) e dei veneziani del Settecento, ma sono proprio i temi affrontati a renderlo unico. Il suo testamento artistico, “Il trattenimento in un giardino di Albaro” (Genova, Musei di Strada Nuova, Palazzo Bianco) appare come un’eco delle poetiche composizioni di Antoine Watteau (1684-1721) e restituisce un’immagine suggestiva e per certi versi impietosa dell’aristocrazia genovese del Settecento.
La Galerie Canesso (www.canesso.com), attiva dal 1980 nel settore della pittura antica italiana, organizza mostre dedicate a opere eseguite fra il XV e il XVIII secolo da artisti italiani, o stranieri che abbiano risieduto in Italia. Partecipa inoltre a tre importanti fiere internazionali: la Tefaf di Maastricht, la Biennale des Antiquaires di Paris e Paris Tableau. La stretta collaborazione con storici dell’arte e conservatori di musei attesta il successo della Galleria presso istituzioni di tutto il mondo

martedì 23 febbraio 2016

INTERNATIONAL POP - PHILADELPHIA MUSEUM OF ART




INTERNATIONAL POP
curated by Darsie Alexander and Bartholomew Ryan
Philadelphia Museum of Art
2600 Benjamin Franklin Parkway - Philadelphia
24/2/2016 - 15/5/2016

In February 2016, the Philadelphia Museum of Art will present International Pop, a groundbreaking survey of this important movement that explores Pop Art as a global phenomenon that was shaped by artists working in many different countries throughout the world. The exhibition features paintings, sculpture, assemblage, installation, printmaking, and film by eighty artists, drawn from public and private collections around the world, and offers an intriguing new look at a subject that is familiar. Viewing Pop Art through a much wider lens that amplifies a history commonly associated with major American figures like Andy Warhol and Roy Lichtenstein, it is sure to delight audiences and broaden their understanding of one of the most significant chapters in the history of contemporary art. Organized by the Walker Art Center, this is the first traveling exhibition in the United States to present a comprehensive account of the development of Pop Art during the 1960s and 1970s. The Philadelphia Museum of Art will be its final venue and the only East Coast presentation.
Timothy Rub, the George D. Widener Director and CEO of the Philadelphia Museum of Art, stated: “Pop was one of the most iconic art movements of the second half of the twentieth century. This exhibition is an ambitious effort to explore its emergence and impact far beyond the borders of the United States and Britain. We are delighted that in Philadelphia we will add to the exhibition some important works from private collections and our own holdings of contemporary art.”
Emerging first in the United Kingdom and the United States, Pop Art soon become an international phenomenon, finding expression in a bewildering variety of different forms and media. It was a product of a revolutionary social and political era as well as a response to the proliferation of consumer culture in the decades after World War II and the media—magazines, television, and motion pictures—that fueled its growth. The exhibition will give visitors a rare opportunity to see Pop Art in a new light. It will examine the factors that shaped artistic activity in the social democracies of Europe, the military regimes of Latin America, and Japan in the aftermath of U.S. occupation. It will include sections closely examining vital hubs of Pop activity in Great Britain, Brazil, Argentina, Germany, the United States, and Japan. International Pop will also bring together works from diverse geographic regions and different periods during the development of the movement to explore common themes and subjects.

International Pop is organized by the Walker Art Center where it was curated by Darsie Alexander (now Executive Director, Katonah Museum of Art) and Bartholomew Ryan (now independent curator). At the Philadelphia Museum of Art, the presentation is organized by Erica F. Battle, The John Alchin and Hal Marryatt Associate Curator of Contemporary Art.

Image: Evelyne Axell, Ice Cream, 1964. Collection of Serge Goisse, Belgium.


GIOVANNI OBERTI: LAGHI D'ACETO - TILE PROJECT SPACE, MILANO




GIOVANNI OBERTI
LAGHI D'ACETO
TILE Project Space
Via Garian 64 - Milano
24/2/2016 - 25/3/2016

In occasione della riapertura di TILE project space, Giovanni Oberti presenta Laghi di Aceto, una mostra composta da diversi elementi che ricostruiscono un paesaggio.
L’artista lavora per fornire allo spettatore un punto di vista più alto incarnato nel volo di un uccello, immaginando una prospettiva più ampia che comprenda l’uomo e gli elementi organici e inorganici che lo circondano. Estendendo la naturale visione, Oberti permette allo sguardo di ricostruire un orizzonte complessivo che riporti l’uomo ad osservarsi all’interno di un paesaggio ‘appassito’.
I piani di visione si sviluppano attraverso tre linee percepibili simultaneamente dallo spettatore come a creare un terzo sguardo proiettato nel tempo oltre la momentanea visione, un occhio che immagina il futuro e tenta di sentirne l’atmosfera.
Questo cambiamento di angolazione permette di riflettere sugli elementi performativi dello sguardo, generando il richiamo all’attenzione come punto critico attraverso cui osservarsi come uomo all’interno di un ambiente in radicale cambiamento.
Le parti che compongono la mostra sono oggetti e materiali disposti sul pavimento dello spazio. Gli oggetti sono utilizzati sia come riferimenti iperrealistici di un ambiente topografico, sia come elementi dalla funzionalità mancante che diventano media naturali e artificiali per la lettura del paesaggio. I materiali organici e in particolare l’aceto, sono invece testimoni di una maturazione, una particolare trasformazione nel tempo che pur preservando una memoria di informazioni, è soggetta a costanti scissioni formali che modificano l’immagine futura delle sostanze.
Laghi di aceto “sarà una mostra da vedere dall’alto, o meglio, una mostra visibile guardando verso il basso. Come il volo di un uccello nei cieli di un paesaggio naturale, un paesaggio appassito e sfiorito come d’autunno, esalante odore ormai acre come l’aceto”.

Giovanni Oberti (Bergamo, 1982). Vive e lavora a Milano, ha studiato presso l’Accademia Carrara di Belle Arti di Bergamo, dove si è diplomato nel 2006. Ha tenuto diverse mostre personali in Italia e all’estero tra cui: Onorarono, Munich Kunstverein, Monaco di Baviera, 2015; I fiori in tasca, Galleria Enrico Fornello, Milano, 2012; Arise Therefore, con Daniela Huerta, Galleria Enrico Fornello, Milano, 2011; 8, con Elio Grazioli, a cura di Chiara Agnello, Careof, Milano, 2010;Placentarium, a cura di Marinella Paderni, Galleria Placentia Arte, Piacenza 2009. Tra le mostre collettive ricordiamo: Keep it real, Ventura 15, Milano, 2014; The excluded third, included, a cura di Postbrother, Emanuel Layr Gallery, Vienna, 2014;Veerle, a cura di Chris Fitzpatrick, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino, 2013; Epidedon, a cura di Ludovico Pratesi, Co2 Gallery, Roma, 2012; SC13, a cura di Chris Fitzpatrick, San Fracisco, 2010; Now where now here, Casa Masaccio, San Giovanni Valdarno (Arezzo) 2010; Il raccolto d’autunno è stato abbondante, a cura di Chiara Agnello e Milovan Farronato, Careof e Viafarini, Milano 2009.

THE ARTIST AND HIS CRITIC STRIPPED BARE - YALE UNIVERSITY PRESS 2016




THE ARTIST AND HIS CRITIC STRIPPED BARE
The Correspondence of Marcel Duchamp and Robert Lebel
edited by Paul B. Franklin
Yale University Press (15 février 2016)

Robert Lebel, French art critic and collector, was instrumental in rendering Marcel Duchamp s often hermetic life, art, and ideas accessible to a wider public across Europe and the United States, principally with his 1959 publication "Sur Marcel Duchamp," the first monograph and catalogue raisonne devoted to the artist. Duchamp was a willing partner in the book s creation. In fact, his active participation in both its conception and layout was so substantial that the book is considered part of the artist s oeuvre. But the project took six years to complete. The trials, tribulations, quarrels, and machinations that plagued the production, publication, and publicity of "Sur Marcel Duchamp" are the focus of this correspondence between two lifelong friends. Translated and printed in full together for the first time, and including the original French texts, these letters, postcards, and telegrams from the collection of the Getty Research Institute offer uncensored access to the evolution of the relationship between Lebel and Duchamp from December 1946 to April 1967. They provide valuable information about their daily activities as well as those of friends and colleagues, vital details concerning their various collective projects, and illuminating insights into their thinking about art and life. These documents, witty and sincere, bear witness to the art of friendship and a friendship in art".

PAULA K. KAMENISH: MAMAS OF DADA - UNIVERSITY OF SOUTH CAROLINA PRESS 2015




PAULA K. KAMENISH
MAMAS OF DADA
Women of the European Avant-Garde
University of South Carolina Press (March 27, 2015)

Mamas of Dada focuses on the lives and works of six representative female supporters of the Dada movement: Emmy Hennings, Gabrielle Buffet, Germaine Everling, Céline Arnauld, Juliette Roche, and Hannah Höch. Paula K. Kamenish selected these women for their avant-garde pursuits in the chief centers of Dada's rebellious activity and, more important, because they left behind a written record of their involvement with the movement, which was short lived--from 1916 to 1924--but widespread geographically.
The rebellious spirit of the Dada period proved portable and adaptable, and the movement led to later forms of surrealism at the same time that it borrowed from Expressionism, Constructivism, Futurism, and Cubism. Its influence was felt on sculpture, painting, dance, music, textile art, film, decoupage, photomontage, mask making, and poetry.
Some female Dadaists were active participants--appearing in literary journals, on stage, or in galleries--while others were observant and recording witnesses, but each played a role in supporting the movement and its more prominent members. Female Dadaists motivated the hesitant Hugo Ball, tempered the mechanical Francis Picabia, and nurtured the inventive but temperamental Raoul Hausmann. Some women inspired or gave a home to a wandering Tristan Tzara, while another provided a satiric chastisement of Dadaists in New York, Barcelona, and Paris. Each woman helps us chronicle and better understand Dada's European (and sometimes American) manifestations.
Unlike their Futurist and Surrealist sisters, whose contributions were grudgingly accepted by male artists and writers, female Dadaists were able to join more readily in the movement's unified attack on social norms. And, because of their individual talents and insights, they did so in ways that were often quite different from methods adopted by their male counterparts.

Paula K. Kamenish is an associate professor of English at the University of North Carolina Wilmington. She received her university's Board of Trustees Award for Teaching Excellence and has published articles on Bertolt Brecht, Jean Genet, Eugène Ionesco, Quebecois novelist Roch Carrier, the fate of South Slavic poetry, and best practices in teaching.

ANDREA CROSA: TUTTOCROSA #1 DETTAGLI - ENTR'ACTE, GENOVA




TUTTOCROSA #1 DETTAGLI
Entr'acte
via Sant'Agnese 19R - Genova
24/2/2016 - 9/3/2016

Entr’acte inaugura il 24 febbraio tuttocrosa 1-dettagli, prima di una serie di tre mostre attraverso le quali verranno riproposti gli aspetti salienti del percorso artistico di Andrea Crosa, artista attivo a Genova dalla seconda metà degli anni Settanta con significative proiezioni in ambito nazionale ed internazionale.
Il primo episodio si incentra appunto sui lavori che ne hanno segnato gli esordi. Dopo un periodo di ascendenza pop, focalizzato sui miti cinematografici (Rita Hayworth, Marilyn Monroe, James Dean), Crosa intraprende un ciclo dedicato agli oggetti della vita quotidiana e agli interni domestici.
“Ho iniziato a dipingere la caffettiera, i rubinetti, le maniglie … poi sono passato agli interni che ho esposto da Rinaldo Rotta nel 1979. Partivo da immagini già confezionate, tratte da riviste di arredamento, alle quali sottraevo tutto quello che poteva costituire un riferimento d’uso, di tempo, di situazione. Erano ambienti assolutamente vuoti, che finivano per risultare in uno stato di sospensione. Poi ho cominciato a fare lo stesso lavoro sul cibo e ad operare sul blow-up, scegliendo un dettaglio da un primo quadro, che ingrandivo nel secondo e così via, sino ad ottenere un esito vicino all’astrazione”.
A questa prima rassegna farà seguito, dall’11 al 24 marzo, tuttocrosa 2-simboli, imperniata sugli anni Ottanta e Novanta. La sequenza verrà conclusa da tuttocrosa 3-miniature, che si terrà dal 30 marzo al 13 aprile, con lavori degli anni più recenti.

lunedì 22 febbraio 2016

BENTU - FONDATION LOUIS VUITTON, PARIS




BENTU
des artistes chinois dans la turbulence des mutations
Fondation Louis Vuitton
8, Avenue du Mahatma Gandhi Bois de Boulogne - Paris
27/1/2016 - 2/5/2016


Bentu : La terre natale. Dans le champ de l’art contemporain chinois, ce terme ne renvoie pas à un nationalisme mais recouvre un concept dialectique qui concilie le bentu « local » au bentu « global » dans un processus d’universalisme et de redécouverte critique de l’identité propre. Cette expression est au centre des réflexions des artistes, des critiques et des chercheurs en Chine aujourd’hui.
Cette exposition réunit douze artistes - de différentes générations - vivant en Chine continentale. Exploitant un large éventail de techniques et outils, issus aussi bien d’une tradition et culture locales que des nouvelles technologies les plus pointues, - n’hésitant pas à les associer ou à les confronter - les artistes révèlent les complexités d’une société en mutation permanente. Les oeuvres répercutent les nouvelles donnes de l’économie, de l’écologie et parmi elles, notable, la transformation des rapports ville/campagne. Récurrentes aussi les questions d’identité.
Ce choix ne cherche pas à donner un panorama de la scène artistique chinoise mais à mettre en lumière le caractère protéiforme de sa production soumise à des évolutions extrêmement rapides et qui s’affirme moins à travers des courants que des individualités marquantes.

Première exposition consacrée à l’art contemporain chinois en France depuis dix ans – elle est co-organisée avec le Ullens Center for Contemporary Art de Pékin (UCCA à Pékin).

Liste des artistes :
Cao Fei – née en 1978 à Canton. Vit et travaille à Pékin
Hao Liang – né en 1983 à Chengdu. Vit et travaille à Pékin
Hu Xiangqian – né en 1983 à Guangdong. Vit et travaille à Pékin
Liu Chuang – né en 1978 à Hubei. Vit et travaille à Pékin
Liu Shiyuan – née en 1985 à Pékin. Vit et travaille à Pékin, Chine et Copenhague, Danemark
Liu Wei – né en 1972 à Pékin. Vit et travaille à Pékin
Liu Xiaodong – né en 1963 à Liaoning. Vit et travaille à Pékin
Qiu Zhijie – né en 1969 à Zhangzhou. Vit et travaille à Pékin et Canton
Tao Hui – né en 1987 à Chongqing. Vit et travaille à Pékin
Xu Qu – né en 1978 à Nanjing. Vit et travaille à Pékin
Xu Zhen – né en 1977 à Shanghai. Vit et travaille à Shanghai
Yang Fudong - né 1971 à Pékin. Vit et travaille à Shanghai

Image: Qiu Zhijie. Map of the Third world, 2011.