lunedì 31 agosto 2015

GIOTTO, L'ITALIA - PALAZZO REALE, MILANO




GIOTTO, L'ITALIA
Palazzo Reale
piazza del Duomo 12 - Milano
1/9/2015 al 10/1/2016

Giotto, l’Italia è il grande evento espositivo che concluderà il semestre di Expo 2015 a Palazzo Reale di Milano. La mostra, promossa dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e dal Comune di Milano – Cultura e ideata da Éupolis Lombardia con progetto scientifico di Pietro Petraroia e Serena Romano, che ne sono anche i curatori , è prodotta e organizzata da Palazzo Reale e dalla casa editrice Electa. L’esposizione è un capitolo fondamentale del programma di Expo in città , il palinsesto di iniziative che accompagnerà la vita culturale della città durante il semestre dell’Esposizione Universale, ed è inserita in “ Agenda Italia per Expo 2015”. Giotto, l’Italia resterà aperta al pubblico dal 2 settembre 2015 al 10 gennaio 2016. Il progetto allestitivo, a cura di Mario Bellini, riguarderà proprio le sale di quel Palazzo Reale in cui Giotto, in epoca viscontea, eseguì la sua ultima opera, purtroppo perduta: gli affreschi nel Palazzo di Azzone Visconti.
La mostra si avvale di un prestigioso Comitato Scientifico che riunisce i responsabili delle istituzioni italiane che nel corso degli anni e fino ad oggi hanno contribuito non solo alla conservazione e alla tutela delle opere di Giotto, ma anche – e in misura straordinaria – alla conoscenza e all’approfondimento scientifico e tecnico della pittura del maestro, con studi e interventi d’avanguardia e noti a livello internazionale. Il Comitato è composto dal presidente Antonio Paolucci e da Cristina Acidini , Davide Banzato , Giorgio Bonsanti , Caterina Bon Valsassina , Gisella Capponi , Marco Ciatti , Luigi Ficacci , Cecilia Frosinini , Marica Mercalli , Angelo Tartuferi.
Al progetto collaborano le Soprintendenze, i Musei e le istituzioni religiose che conservano opere di Giotto: i Musei Vaticani; le Gallerie dell’Accademia e le Gallerie degli Uffizi di Firenze; la Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per le province di Firenze, Pistoia e Prato; la Pinacoteca Nazionale di Bologna e il Polo Museale dell’Emilia Romagna; il San Diego Museum of Art – California; il Fondo Edifici di Culto del Ministero dell’Interno; i Musei Civici agli Eremitani di Padova, la Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per le Province di Venezia, Belluno, Padova e Treviso; la Pieve di San Lorenzo, Borgo San Lorenzo (Firenze); il Museo Diocesano di Santo Stefano al Ponte, Firenze; l’Opera di Santa Maria del Fiore e l’Opera di Santa Croce a Firenze, e l’Arcidiocesi di Firenze.
Nell’ambito del vasto progetto di valorizzazione che coinvolge i luoghi d’Italia dove Giotto ha operato, la mostra propone alla folla cosmopolita dei visitatori di Expo di incontrare i grandi capolavori dell’artista fondatore della cultura figurativa italiana, l’ alter ego di Dante Alighieri nel campo della pittura.
Il titolo, Giotto, l’Italia, intende appunto sottolineare il ruolo rivoluzionario del pittore fiorentino chiamato da cardinali, ordini religiosi, banchieri, e anche dal re di Napoli, in molti luoghi e città d’Italia. Giotto infatti ovunque si sia trovato a lavorare ha avuto la capacità di attrarre fortemente le scuole e gli artisti locali verso il suo stile innovatore, cambiando in modo definitivo i tragitti del linguaggio figurativo italiano.

La mostra a Palazzo Reale riunisce 13 opere, prevalentemente su tavola, nessuna delle quali prima esposta a Milano: una sequenza di capolavori assoluti mai riuniti tutti insieme in una esposizione . Ognuno di essi ha provenienza accertata e visualizza quindi il tragitto compiuto da Giotto attraverso l’Italia del suo tempo, in circa quarant’anni di straordinaria attività.
Si attraverseranno dapprima le sale in cui saranno esposte le opere giovanili: il frammento della Maestà della Vergine da Borgo San Lorenzo e la Madonna da San Giorgio alla Costa , documentano il momento in cui il giovane Giotto era attivo tra Firenze e Assisi. Poi il nucleo dalla Badia fiorentina , con il polittico dell’Altar Maggiore, attorno al quale saranno ricomposti alcuni frammenti della decorazione affrescata che circondava lo stesso altare. La tavola con Dio Padre in trono proviene dalla Cappella degli Scrovegni e documenta la fase padovana del maestro. Segue poi lo straordinario gruppo che inizia dal polittico bifronte destinato alla cattedrale fiorentina di Santa Reparata , e che ha il suo punto d’arrivo nel polittico Stefaneschi , il capolavoro dipinto per l’altar maggiore della Basilica di San Pietro.
Il percorso espositivo si chiude con i dipinti della fase finale della carriera del maestro: il polittico di Bologna , che Giotto dipinse nel contesto del progetto di ritorno in Italia, a Bologna, della corte pontificia allora ad Avignone; e il polittico Baroncelli dall’omonima cappella di Santa Croce a Firenze, che nell’occasione della mostra verrà ricongiunto con la sua cuspide , raffigurante il Padre Eterno , conservata nel museo di San Diego in California.
Prestiti così straordinari si devono alla collaborazione di istituzioni e proprietari ed al supporto scientifico e tecnico di molti uffici del Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo.
Grazie all’impiego di appropriate tecnologie e alla perizia di esperti, la mostra sarà completata dall’ emozionante esperienza della visione ravvicinata dei dipinti murali che Giotto realizzò nella Cappella Peruzzi di Santa Croce a Firenze . Al ciclo, rovinatissimo per ridipinture e cattivi restauri, è stato infatti recentemente dedicato un progetto diretto dall’ Opificio delle Pietre Dure di Firenze e sostenuto da Villa I Tatti The Harvard University Center for Italian Renaissance Studies.
L’intervento ha consentito di sottoporre gli affreschi a indagini innovative, in particolare tramite riprese fotografiche a ultravioletto, inconsuete per dipinti di questo tipo. È così apparso un Giotto assolutamente non visibile ad occhio nudo, di una qualità altrimenti inimmaginabile. Finora solo pochi privilegiati ammessi a salire sui ponteggi della cappella avevano potuto fruire di questa esperienza eccezionale; offrirla ora al vasto pubblico della mostra e di Expo Milano 2015 significa anche rendere omaggio alla tradizione di eccellenza scientifica che l’Italia ha costruito, nel corso di molti decenni, nel campo del restauro, della conservazione e della conoscenza del suo patrimonio storico artistico.

Il progetto allestitivo è a cura di Mario Bellini.

Inaugurazione martedì 1 settembre su invito.

Immagine:  Giotto, Dio Padre in trono, 1303-1305 ca, tempera su tavola, Musei Civici di Padova. 

CORITA KENT AND THE LANGUAGE OF POP - HARVARD ART MUSEUMS, CAMBRIDGE




CORITA KENT AND THE LANGUAGE OF POP
curated by Susan Dackerman
Harvard Art Museums
32 Quincy Street - Cambridge MA
3/9/2015 - 8/5/2016

American artist Corita Kent juxtaposed spiritual, pop cultural, literary, and political writings alongside symbols of consumer culture and modern life in order to create bold images and prints during the 1960s. Also known as Sister Mary Corita, Kent is often seen as a curiosity or an anomaly in the pop art movement. Corita Kent and the Language of Pop positions Kent and her work within the pop art idiom, showing how she is an innovative contemporary of Andy Warhol, Edward Ruscha, Roy Lichtenstein, Jim Dine, Robert Indiana, and other pop art icons. The exhibition examines Kent’s screenprints as well as her 1971 bold “rainbow swash” design for the Boston Gas (now National Grid) tank located alongside I-93 south of downtown Boston, claiming it as the city’s own pop art monument. More than 60 of Kent’s prints appear alongside about the same number of works by her prominent contemporaries, along with a selection of films, books, and other works.
The exhibition also expands the current scholarship on Kent’s art, elevating the role of her artwork by identifying its place in the artistic and cultural movements of her time. In particular, the exhibition explores how Kent’s work both responded to and advanced the concerns of Vatican II, a movement to modernize the Catholic Church and make it more relevant to contemporary society. The church advocated, among other changes to traditional liturgy, conducting the Mass in English. Kent, like her pop art contemporaries, simultaneously turned to vernacular texts for inclusion in her prints, drawing from such colloquial sources as product slogans, street signs, and Beatles lyrics.

Kent (American, 1918–86) was a Roman Catholic nun, artist, and te
acher. From 1936 to 1968 she lived, studied, and taught at the Immaculate Heart of Mary in Los Angeles, and she headed the art department at the college there from 1964 to 1968. In 1968, Kent left Immaculate Heart and relocated to Boston, where she lived until her death in 1986. 

The exhibition catalogue, published by the Harvard Art Museums and distributed by Yale University Press, offers nearly 90 illustrated entries and four essays by distinguished scholars and fills a gap in the scholarship about Kent’s work. The exhibition travels to the San Antonio Museum of Art (February 13 through May 8, 2016) after its time in Cambridge.

LIBERO DE LIBERO E GLI ARTISTI DELLA COMETA - PALOMBI 2015




LIBERO DE LIBERO E GLI ARTISTI DELLA COMETA
a cura di Maria Catalano, Federica Pirani, Assunta Porciani
Palombi (28/1/2015)

Libero De Libero, poeta, giornalista animatore e protagonista assoluto della scena artistica e culturale romana degli anni Trenta e deus ex machina della galleria la Cometa rivive nelle pagine di questo volume/catalogo che accompagna il percorso espositivo allestito negli spazi della Galleria Comunale d'Arte Moderna di Roma e che segue quello precedentemente pubblicato e realizzato dalla casa editrice Palombi dal titolo Legami e Corrispondenze: immagini e parole attraverso il '900 romano che tanto è stato apprezzato dal pubblico e dalla critica. Sfogliando le pagine del volume si riesce a rivivere la magica e straordinaria storia ed esperienza della Cometa, la galleria d'arte fondata nel 1935 per volere della contessa Pecci Blunt, donna di grande classe e charme sposata con un ricco banchiere americano, e da Libero De Libero, poeta. Critico d'arte, sceneggiatore, che ne fu il Direttore per tutta la durata dei quattro anni di vita della Galleria. Punto di ritrovo per tutti i principali esponenti del mondo artistico e letterario della Capitale, la Cometa è stata in qualche modo la casa di artisti del calibro di Carrà, Cecchi, De Chirico, Montale, Savinio, Soffici, Ungaretti, Moravia solo per citarne alcuni dei rappresentanti più illustri. Il volume presenta anche una rassegna di opere, una sorta di vero e proprio catalogo, di quegli artisti che sono stati maggiormente legati alla storia e alle vicende della Galleria oltre a presentare una serie di documenti e di carteggi che gli artisti si scambiavano con la contessa Pecci Blunt e Libero De Libero.

RENATO MAMBOR: PENSIERI NATIVI - MARETTI 2014




RENATO MAMBOR
PENSIERI NATIVI
Maretti (22/11/2014)

Esperienza. Acquisire, sollecitare e trasmettere esperienza. Una caratteristica fondamentale dei mezzi con cui, dalla fine degli anni Cinquanta fino ad oggi, si è svolta la ricerca artistica di Renato Mambor. Il suo percorso non si è mai mosso dall'analisi dei sistemi, bensì a partire da un livello precedente: ha evidenziato una grammatica minima della percezione, riconducendosi fin dall'inizio agli elementi fondanti della visione per ri-fondarla e far affiorare un rinnovato senso di appartenenza al mondo e di totalità dell'essere.
Nelle sue prime serie dei Segnali stradali, degli Uomini statistici e dei Ricalchi prende infatti piede un atteggiamento che tende via via a negare i predominanti modelli visivi della cultura artistica tradizionale giunti incontrastati fino agli anni Cinquanta. Mambor infatti attenua, se non elimina del tutto, l'io soggettivo dal quadro che viene così emancipato dalla carica individuale dell'artista-creatore; quello che resta è una superficie piatta dove si affiancano vari accadimenti bidimensionali, uno spazio anti-contemplativo e impersonale che richiama la fertilità della tabula rasa degli Achromes di Piero Manzoni, i 4 minuti e 33 secondi di silenzio (e di suoni involontari) di John Cage, come pure la quotidianità estenuante degli Events di George Brecht o l'interattività di certi primi Happenings di Allan Kaprow, come Pastorale del 1958 o Push and Pull del 1963.

DANIELE SANGUINETI: NICOLÒ MARIA VACCARO. TRACCE PER I RITRATTI GENOVESI - SAGEP 2015




DANIELE SANGUINETI
NICOLÒ MARIA VACCARO
Tracce per i ritratti genovesi
SAGEP (1 gennaio 2015)
Collana: Quaderni d'arte e restauro

A fronte di una carriera di 
successo, svolta presso la corte farnesiana e poi a Madrid presso la corte di Filippo V, di Nicolò Maria Vaccaro (Genova 1659 circa - Madrid 1720) si erano perse le tracce in ambito genovese. Una testimonianza diretta dell'artista, deducibile da un processo cui prese parte come testimone nel 1699, e la scoperta di un ritratto femminile firmato (Santa Margherita Ligure, Villa Durazzo), hanno permesso la ricostruzione del profilo dell'artista, in relazione soprattutto alla formazione e agli anni trascorsi a Genova in qualità di ricercato ritrattista, operativo accanto ai più noti Giovanni Maria Delle Piane (il Mulinaretto) ed Enrico Vaymer. 

domenica 30 agosto 2015

TERESA BURGA: ESTRUCTURAS DE AIRE - MALBA, BUENOS AIRES




TERESA BURGA
ESTRUCTURAS DE AIRE
Curadores: Miguel A. López y Agustín Pérez Rubio
MALBA
Avda. Figueroa Alcorta 3415 - Buenos Aires
24/7/2015 - 16/11/2015

El próximo jueves 23 de julio a las 19:00, MALBA inaugura Teresa Burga. Estructuras de aire, exposición que presenta por primera vez en nuestro país la obra experimental de la artista Teresa Burga (Iquitos, Perú, 1935), una de las figuras más prominentes del arte contemporáneo peruano.
La muestra está compuesta por dos instalaciones emblemáticas, concebidas originalmente por Burga en 1970: Estructuras de aire –perteneciente a la colección de MALBA- y Obra que desaparece cuando el espectador trata de acercarse. Se incluye además una serie de piezas sobre papel realizadas por la artista en Chicago, Hamburgo y Lima, entre los años 60 y 70, que en su mayoría son diagramas e instrucciones para instalaciones y performances (algunas de carácter musical) y también obras construidas usando sistemas, estructuras y modelos en serie.
Curada por Agustín Pérez Rubio (Director Artístico de MALBA) y Miguel A. López (curador en jefe de TEOR/éTica y Lado V, San José, Costa Rica), la exposición hace foco en el carácter ‘inmaterial’ de sus proyectos, en los que el tiempo y la dimensión arquitectónica son aspectos fundamentales. En palabras de Burga: “La obra de arte considerada como la manifestación de otra cosa, que parte de circunstancias particulares para conformar estructuras abstractas que constituyen su verdadero objeto. La obra de arte considerada como la manifestación de una estructura abstracta, mucho más general y de la cual no es sino una de las posibles realizaciones”.

Desde mediados de los 60, Burga desarrolló una lógica de trabajo fundada en el azar, en el encuentro inesperado con imágenes, elementos o métodos. “Esta idea la llevó por distintos caminos: desde la exploración de la aleatoriedad en los lenguajes científicos, pasando por la producción de obras a través de instrucciones que admitían un número ‘x’ de variantes, hasta el dibujo y copiado de imágenes encontradas. A partir de su asimilación del concepto de obra abierta, sus obras e imágenes permiten múltiples formas de resolución espacial, o la participación de varias personas en su realización, y privilegian la idea de proceso por encima del resultado”, explican los curadores.
Representante de la renovación de la plástica peruana durante los años 60 y 70 e integrante del Grupo Arte Nuevo (1966-1968), Teresa Burga fue una de las precursoras en el camino hacia la disolución del objeto artístico, incorporando procesos experimentales y nuevas estrategias creativas para producir un cuerpo de trabajo claramente conceptual. Su obra, sin embargo, había permanecido al margen de la mirada y la discusión pública desde inicios de los años 80, década en la que la artista decidió dejar de producir y exhibir en Lima.
Este proyecto expositivo surge desde Buenos Aires como ciudad referente, una de las pocas ciudades latinoamericanas en las que Burga expuso durante los años 60, tanto en 1966 en la Galería Siglo XX (una serie de grabados), como el siguiente año junto al grupo Arte Nuevo en la Galería Lirolay. “Es importante comenzar a crear una genealogía y una relación entre diversos agentes artísticos latinoamericanos a través de este tipo de muestras y de las investigaciones que las acompañan”, afirma Pérez Rubio.

Teresa Burga. Estructuras de aire continúa la serie de proyectos de MALBA que buscan revisitar la producción de algunas artistas clave que no tuvieron suficiente visibilidad en su momento, y cuyo trabajo merece nuevas lecturas. El programa comenzó en marzo 2015 con la exposición Annemarie Heinrich. Intenciones secretas y continuará en noviembre con Claudia Andujar. Marcados.

LA FOTOGRAFIA FRANCESE DEL NOVECENTO - SPAZI ESPOSITIVI DELLA PROVINCIA, PORDENONE




LA FOTOGRAFIA FRANCESE DEL NOVECENTO
a cura di Jean Marc Lacabe, Walter Liva, Claude Nori, Roberto Salbitani
Spazi Espositivi della Provincia
Corso Garibaldi - Pordenone
24/7/2015 - 27/9/2015

La mostra comprende un'ampia selezione degli Autori che hanno caratterizzato la Fotografia Francese del Novecento attraverso una serie di preziose opere che provengono da prestigiose collezioni come quella della Scuola di Fotografia nella Natura di Roma, dalle Gallerie Paci Contemporary e Massimo Minini di Brescia, Martini e Ronchetti di Genova, dalla Galleria Civica di Modena e dal Château d'Eau, Pôle photographique de Toulouse nonché dall'archivio del CRAF.
La mostra si compone di 140 opere che le diverse collezioni e archivi hanno raccolto nel corso del tempo, rappresentando così esaustivamente la fotografia francese del XX° Secolo introdotta inoltre da un prologo iniziale sulla fotografia dell'800.
I capitoli che seguono al prologo iniziale sono:
L'inizio del Secolo, Atget e il surrealismo; (Paul Nadar, Robert Demachy, Jacques Henri Lartigue, Florence Henri, Man Ray, Emmanuel Sougez, André Kertesz, Pierre Molinier, Cesar Domela-Nieuwenhuis, Brassai, George Hugnet, Mark Lacroix,…).
La fotografia umanitaria il fotogiornalismo (Gaston Longet, Henri Cartier Bresson, Willy Ronis, Edouard Boubat, Robert Doisneau, Izis Bidermanas, Marc Riboud, Paul Almasy, Daniel Frasnay, Jeanine Niepce, Gilles Peress, Martine Franck, Philippe Salaun, Leon Herschtritt, Guy Le Querrec, Bruno Barbey, Raimond Depardon, Alain Nogues, Regis Bossu, Susannah Wilshire Torem, Alain Keler, Klavdij Sluban,,…).
I fotografi artisti (William Klein, Frank Horvat, Etienne Bertrand Weill, Jeanloup Sieff, Lucien Clergue, Pierre Vallet, Bernard Faucon, Jean Luc Tartarin, Jean Pierre Gilson, Sarah Moon; l'apparire di Contrejour e della nuova fotografia francese (Claude Nori, Jean Dieuzaide, Arnaud Claas, Claude Batho, John Batho, Francois Le Diascom, Pierre de Fenoyl, Denis Roche, Jean Pierre Gilson, Bernard Plossu,Denis Brihat.
La fotografia francese contemporanea.(Vincent Debanne, Charles Freger, André Mérian, Dorothée Smith, Olivier Metzger, Paul Thorel, Gael Bonnefon, Dannis Darzazq, Richard Pak, Richard Dumas, Marie Maurel de Maillé, Eric Rondepierre, Jean Turco, Christopher Clark e Virginie Pougnaud, Pierre Louis Martin, Gilbert Garcin, Laurent Millet).

Immagine: Willy Ronis, Le nu provençal, 1949.

EMANUELE SEVERINO: DIKE - ADELPHI 2015




EMANUELE SEVERINO
DIKE
Adelphi (28 agosto 2015)
Collana: Biblioteca filosofica

La parola dike, comunemente tradotta con "giustizia", nasce in un contesto religioso e poi giuridico, ma ha in realtà un significato più profondo, che compare per la prima volta nella più antica testimonianza del pensiero filosofico: il frammento di Anassimandro. Si può dire che l'avvento della filosofia coincida con l'avvento di tale significato - quello che Aristotele chiama "il principio più stabile". Dike designa l'incondizionata stabilità del sapere. E richiede la stabilità incondizionata dell'essere. Riguarda tutto ciò che l'uomo può pensare e può fare. In rapporto con essa si svolge l'intera storia dell'Occidente. Se nel "Giogo" Severino aveva puntato l'attenzione sulla conseguenza decisiva per l'uomo della tradizione occidentale, resa esplicita da Eschilo, ovvero che l'incondizionata stabilità del sapere e dell'essere è il "vero" rimedio contro il dolore e la morte, e sul rapporto tra Eschilo e Anassimandro, in questa sua nuova opera si volge invece verso le radici di quel significato. Soprattutto perché dike e l'Occidente, che ne è dominato, sfigurano il volto della stabilità autentica: il volto del destino della verità. Affrontando il rapporto tra il puro volto del destino e il suo volto sfigurato da dike, questo libro compie alcuni passi avanti rispetto agli scritti precedenti, da cui pure trae origine.
  

CARLO GINZBURG: PAURA, REVERENZA, TERRORE - ADELPHI 2015




CARLO GINZBURG
PAURA, REVERENZA, TERRORE
Adelphi (28 agosto 2015)
Collana: Imago

Siamo circondati, sommersi dalle immagini. Dagli schermi dei computer e degli apparecchi televisivi, dai muri delle strade, dalle pagine dei giornali, immagini d'ogni genere ci seducono, ci impartiscono ordini (compra!), ci spaventano, ci abbagliano. Questo libro ci invita a guardare le immagini lentamente, attraverso alcuni esempi, notissimi e meno noti: Guernica, il manifesto di Lord Kitchener con il dito puntato verso chi guarda, il Marat di David, il frontespizio del Leviatano di Hobbes, una coppa d'argento dorato con scene della conquista del Nuovo Mondo. Immagini politiche? Sì, perché ogni immagine è, in un certo senso, politica: uno strumento di potere. Siamo soggiogati da menzogne di cui noi stessi siamo gli autori, ha scritto Tacito e sono parole indimenticabili. È possibile infrangere questo rapporto?

FESTA DELL'UNITÀ 2015 - PORTO ANTICO, GENOVA




FESTA DELL'UNITÀ 2015
Porto Antico - Genova
27/8/2015 - 14/9/2015

È iniziata giovedì 27 agosto la Festa dell'Unità 2015, al Porto Antico di Genova. Fino a lunedì 14 settembre il programma prevede 45 dibattiti su diversi temi, non solo politici, ma anche di attualità: dalla buona scuola alla green economy, fino ai migranti.
Tra gli ospiti, mercoledì 2 settembre la ministra della Difesa Roberta Pinotti risponderà alle domande di Tarcisio Mazzeo. Venerdì 11 settembre è il turno di Pier Luigi Bersani, che sarà intervistato dal giornalista Mario Paternostro, mentre sabato 12 è previsto l'incontro tra Maurizio Mannoni e il ministro della Giustizia Andrea Orlando.
Ma non solo Pd alla Festa dell’Unità di Genova. Il confronto si fa bipartisan con il dibattito sui Sistemi sanitari a confronto, che il 12 settembre vedrà la partecipazione di Sonia Viale, Federico Gelli, Sara Valmaggi, Raffaella Paita e Alessandro Devenuto. E prima ancora, il 6 settembre, con l’incontro Regioni e Comuni a confronto, a cui interverranno Giovanni Toti, Stefano Bonaccini, e Matteo Ricci.
All’interno della Festa sarà grande l’attenzione al Comune di Genova e al suo territorio, partendo dai nove Municipi: a ognuno di essi verrà dedicato un incontro, per arrivare alle più importanti trasformazioni della città, con il suo Puc e il blue print di Renzo Piano.

Ü MUNDANTIGÜ - VALBREVENNA 30/8/2015




Ü MUNDANTIGÜ
Valbrevenna
domenica 30 agosto 2015

Ritorna in Valbrevenna "U Mundantigu", la Festa che rinnova le tradizioni storiche e culturali dell'antica vita in Valle, riscoprendo sapori e mestieri di una volta, domenica 30 agosto nell'area piscina-impianti sportivi comunali in località Baio, giunta quest'anno alla quattordicesima edizione.
U Mundantigu è il tradizionale appuntamento con allevatori, produttori ed artigiani locali: i visitatori troveranno la mostra degli animali e dei carri d'epoca e potranno assistere e partecipare ai laboratori artigianali in programma.
Il mercatino dei produttori locali permetterà di acquistare le specialità tipiche delle nostre Valli: miele, sciroppo di rosa, dolci tipici, ortaggi e soprattutto le buonissime patate di montagna, il cui raccolto è appena terminato.
Curiosando tra i banchi di piccolo brocante, artigianato locale e cose di una volta si troveranno curiosi oggetti del passato, mentre gli stand gastronomici offriranno l'opportunità di pranzare all'aperto con asado e menu tipico; per la cena sarà cucinato il minestrone e si farà sera accompagnati ai tavoli da suonatori con musica tradizionale.
Inoltre, come sempre, per i bambini il battesimo della sella, con il giro in calessino al mattino e al pomeriggio, arricchito dalla presenza degli asini dell'Antola, accompagnati dall'Associazione Cascinette Little Ranch.
Sempre per i più piccoli, ma anche per la curiosità dei genitori, e la preparazione del "formaggio", del "burro all'antica" e le dimostrazioni artigiane, come la trebbiatura del grano e la produzione della carta con il metodo antico presentato dal gruppo del Museo della Carta di Mele, che ritorna a Mundantigu anche quest'anno.
Alle 11.30 verrà presentato il libro di Alessio Schiavi

La manifestazione è organizzata dal Comune di Valbrevenna, in collaborazione con la Proloco ed il Gruppo Sportivo Centro Valbrevenna, con il contributo di Regione Liguria, COOP Liguria e sponsor privati ed il patrocinio del Parco Antola. 



sabato 29 agosto 2015

WHEN WE SHARE MORE THAN EVER - MUSEUM FÜR KUNST UND GEWERBE, HAMBURG




WHEN WE SHARE MORE THAN EVER
Curators: Esther Ruelfs and Teresa Gruber
Museum für Kunst und Gewerbe Hamburg
Steintorplatz - Hamburg
June 6–September 20, 2015

An exhibition within the 6th triennial of photography Hamburg.

More pictures are being taken and digitized than ever before—innumerable snapshots pile up on hard disks and in clouds, are shared via the Internet and commented on. But professional image databases and portals such as Facebook and Flickr only supersede older forms of archiving and transferring images and the associated interaction. In fact, photography has been a means of capturing, storing, and communicating visual impressions ever since its early days in the 19th century. The exhibition When We Share More Than Ever reflects on how images are shared and shows how today’s rampant exchange of digital photos links in with the history of the analogue medium.
In ten chapters, selected contexts are examined in which collecting and sharing images has played—and still plays—a role. More than 200 historical works from the MKG’s collection are set in counterpoint against twelve contemporary artistic projects. The present-day artists reflect in their works on the ways digital photography is used as well as on the mechanisms and implications of new media. They focus on the Internet as a new picture archive, with collections of images such as Apple Maps or photos on eBay, and on images such as those exchanged via mobile phones. Important aspects are the digital image collection as a research resource and inspiration for contemporary art, and the relevance of the classic analogue collection in relation to today’s often-invoked image overkill.
Conceived in archive format, the exhibition explores the archive’s possible forms and uses. The historical works were selected from the MKG’s holdings of some 75,000 photographs to show how different photographic practices have been assimilated over the years. Rather than being a collection of only art photography, the MKG archive reflects the everyday uses of the medium. It gathers together various photographic applications, whether the scientific photos taken at an institute for impulse physics, a fashion spread created by Terry Richardson for Sisley, or Max Scheler’s report on Liverpool’s club scene for Stern magazine.
The juxtaposition of historical and contemporary works illuminates how the use and function of photographic images have changed, and which aspects have remained the same despite the digital revolution. Furthermore the exhibition is dedicated to the broader question of how the function of a museum collection of photography is affected in the digital era, when vast digital image archives are only a mouse click away thanks to Google Image Search.

Invited artists: Laia Abril, Ai Weiwei, Regula Bochsler, Natalie Bookchin, Heman Chong, Aurélien Froment, David Horvitz, Trevor Paglen, Doug Rickard, Taryn Simon, Jens Sundheim, Penelope Umbrico

From the Photography and New Media Collection of the MKG: Fratelli Alinari, Hanns-Jörg Anders, Nobuyoshi Araki, Francis Bedford, Félix Bonfils, Adolphe Braun, Natascha A. Brunswick, Atelier d’Ora – Benda, Minya Diez-Dührkoop, Rudolf Dührkoop, Harold E. Edgerton, Tsuneo Enari, Andreas Feininger, Johann Hamann, Theodor und Oscar Hofmeister, Thomas Hoepker, Lotte Jacobi, Gertrude Käsebier, Kaku Kurita, Atelier Manassé, Hansi Müller-Schorp, Eadweard Muybridge, Arnold Newman, Terry Richardson, Max Scheler, Hildi Schmidt-Heins, Hiromi Tsuchida, Carl Strüwe, Léon Vidal, and more

Image: Doug Rickard, 95zLs, from the series “N.A.,” 2011–14. Courtesy Yossi Milo Gallery, New York. © Doug Rickard.

DROMOSPHERE - GALLERIA COLLICALIGREGGI, CATANIA




DROMOSPHERE
Galleria Collicaligreggi
via Indaco (via Raffineria) 23 - Catania
5/6/2015 al 25/9/2015

Galleria Collicaliggregi is pleased to announce Dromosphere, with works by Melanie Bonajo, Hugo Canoilas, Vasco Costa, Filipe Feijão and Viola Yesiltaç.
You will be walking on top of a new ground, 60 cm above the gallery floor. You will stay between animal and human perspective (looking towards the newly constructed floor – straight to keep balance) You slow down, you perform the act of relearning to walk.
Costa’s Dromosphere, that borrowed its name from Paul Virilio, is both the physical and conceptual ground for the exhibition. It evokes a certain pollution of time and space, the disappearance of the distances between places and the annihilation of space for the sake of time, the loss of touch with Earth.
With a similar idea of being disconnected to the natural, the work of Melanie Bonajo’s Night soil-fake paradise, attempts to recreate a new system of values or ethics in a symbiosis between the spiritual, the artistic and the political, critical to the socio-political environment we live in. The use of ayahuasca an Amazon natural medicine with psychedelic effects can be related to the use of LSD in the 60’s and the idea of an ultra sensitive body capable of remaking a new form of understanding the world free from its rational and socially built constraints.
Made in a very different time and space, Filipe Feijão has been for the last 10 years, building a staircase outside his house, where he displays found and made objects that change with the weather as time passes by. In a complex mixture between the erudite and the popular, the natural and organic evolution and the alchemic, Feijão’s works have remained invisible, like a secret service1 shared only with friends and visitors of his home. The great challenge of presenting this complex oeuvre has routes on the ideas of the space between studio and exhibition and in situ production and its reproduction.
In a similar act of restaging, a vernacular vest from a performance is displayed quasi like a religious artifact. The work was used as prop for Jeffrey, alter ego of Hugo Canoilas, for Sinhô Elias – a performance that tackled the “current situation”2. In a mixture between the poetic and the faux prophetic speeches, the brain and the stomach, and paying homage to Norbert Elias, the vest remains as an empowered object, the only remain of a performance. As object, the vest is composed with images and text over batik like abstract painting that continue the artists interest in the relation between language and images and its mutual interference.
In perfect harmony between form and meaning, the works of Viola Yesiltaç give a place for the viewer to dive into a meditative stage. The viewer, with it’s voracity for meaning, read the poetic and yet affirmative texts painted, releasing their bodies to another time and form of communication, that of a body with another. Dromosphere aims to be a receptacle for the projections of the visitors. Its real matter is the interconnection that it evokes towards the whole – the artistic, social and the political, at the contemporary moment.


HEINRICH WÖLFFLIN: CAPIRE L'OPERA D'ARTE - CASTELVECCHI 2015




HEINRICH WÖLFFLIN
CAPIRE L'OPERA D'ARTE
Castelvecchi (27 agosto 2015)
Collana: Etcetera

Se mai le opere d'arte devono essere spiegate, come possono esserlo a parole? Heinrich Wölfflin, uno dei più grandi studiosi d'arte moderni, prova a rispondere a questo interrogativo muovendo dall'assunto che così come si impara una lingua straniera, con i suoi vocaboli e la sua grammatica, occorre imparare a vedere e giudicare ogni stile secondo le sue strutture di senso e non secondo un canone particolare. Lo spettatore deve quindi avere l'opportuno "atteggiamento", per non rischiare di sovrimporre alle opere concetti e categorie estranee ed estrinseche. Uscito in origine nel 1921 per la collana "Biblioteca di Storia dell'Arte", questo testo ebbe grande risonanza e l'autore decise di ripubblicarlo nel 1940 con l'aggiunta di un poscritto, incluso nella presente edizione. Introdotto da Andrea Pinotti, "Capire l'opera d'arte" è un libro stimolante e formativo, che rappresenta un'efficace epitome del pensiero wölffliniano nei suoi lineamenti basilari.

OLTRE IL DIVISIONISMO - PACINI 2015




OLTRE IL DIVISIONISMO
Tecniche e materiali nell'atelier Benvenuti Grubicy
a cura di Mattia Patti
Pacini Editore (27 agosto 2015)
Collana: Arte moderna e contemporanea. Strumenti e ricerche

Il volume Oltre il Divisionismo. Tecniche e materiali nell’atelier Benvenuti-Grubicy, a cura di Mattia Patti, edito da Pacini, presenta i risultati del lavoro di studio sui materiali d’atelier e sui dipinti del Fondo Grubicy-Benvenuti alla Fondazione Livorno.
Il volume è articolato in tre sezioni dedicate a testi di carattere saggistico inerenti alla trattatistica usata dagli artisti, ai materiali d’atelier, alla conservazione, a case produttrici quali Lefranc e Calcaterra; alle tecniche di indagine utilizzate; all’analisi del metodo operativo di Grubicy e dei più interessanti casi studio attraverso quanto emerso dalle indagini archivistiche e scientifiche.

DI GAVI IN GAVI - 28-30/8/2015




DI GAVI IN GAVI
28-30 agosto 2015

Concerti, cabaret e appuntamenti gastronomici.
Il Premio La Buona Italia e i disegni di Emanuele Luzzati.

LA PERCEZIONE DEL FUTURO: LA COLLEZIONE PANZA A PERUGIA - GALLERIA NAZIONALE DELL'UMBRIA E PALAZZO DELLA PENNA, PERUGIA




LA PERCEZIONE DEL FUTURO
La collezione Panza a Perugia
Museo Civico di Palazzo della Penna
via Podiani 11 - Perugia
Galleria Nazionale dell'Umbria
corso Vannucci 19 - Perugia
19/6/2015 - 8/11/2015

L'esposizione é realizzata su progetto allestitivo dei curatori Giuseppina Panza, figlia del collezionista e direttrice dell'Archivio Panza di Biumo, e Fabio De Chirico, già Soprintendente per i beni storici, artistici ed etnoantropologici dell'Umbria. La mostra, allestita presso la Galleria Nazionale dell'Umbria e il Museo Civico di Palazzo della Penna, riunisce una novantina di opere e propone un percorso che riflette lo "spirito" della prestigiosa collezione.
In particolare in Galleria vi sarà esposta una selezione ragionata di 12 opere, esemplificative del collezionismo di Giuseppe Panza e di sua moglie Rosa Giovanna Magnifico che, tra il 1956 e il 2010, hanno raccolto oltre duemilacinquecento lavori firmati dai maggiori autori della scena americana ed europea del secondo Novecento. Tra questi nomi illustri, come Dan Flavin, Richard Long, Robert, Ryman, Ettore Spalletti, Stuart Arends, Lawrence Weiner, Richard Nonas, Joseph Kosuth, Phil Sims, Jan Dibbets.
La Collezione Panza é riconosciuta come una delle più importanti raccolte d'arte della nostra epoca e le sue opere vengono ammirate nei luoghi di maggior prestigio del mondo (Guggenheim, di New York, MOCA di Los Angeles, Albright Knox di Buffalo, SFMOMA di San Francisco, Hirshhorn di Washington, Cantonale di Lugano, Sassuolo e Varese).
Artisti in mostra:

Galleria Nazionale dell'Umbria
ALFONSO FRATTEGGIANI BIANCHI (Perugia, Umbria, Italia). Le sue opere sono uniche: pigmento puro e non tutti i pigmenti, ma solo alcuni, stesi su pietra serena con le dita. Fragilissime. Tutto è natura, tutto è naturale, non vi è alcuna contaminazione, nessuna gestualità che riveli la sua personalità. La porosità della pietra assorbe il colore del pigmento e lo trattiene. Col tempo, una parte del pigmento tende a cadere, e quello che resta è come un velo di colore.
RICHARD LONG (Bristol, UK). Scultore, pittore e fotografo inglese. Da sempre profondamente interessato al rapporto tra arte e natura, si è affermato tra i protagonisti della land art, realizzando opere incentrate sui concetti di spazio e tempo, in una costante relazione armonica con la natura e il paesaggio: segni lasciati dal suo camminare su un terreno; semplici sculture geometriche di materiali naturali, realizzate in situ o riproposte in ambienti espositivi. Le sue opere interagiscono con il paesaggio riorganizzandone lo spazio e i materiali (pietre, legno, zolle erbose, foglie, fango, ecc.) in nuove forme essenziali (cerchi, linee, brevi percorsi a zig-zag), a cominciare dai suoi primi lavori. Nel suo approccio con l'arte e con la natura, strumenti importanti, e allo stesso tempo di per sé opere d'arte, sono le sue fotografie, le sue mappe o i percorsi trascritti con parole, che registrano il suo operare in luoghi lontani. Le sue opere si trovano esposte nelle più importanti collezioni di arte contemporanea e nei maggiori musei del mondo.
PATRICIA MOISAN (Washington DC, USA). Le sue opere sono colore puro, pigmento mescolato a pittura e resine, su un telaio metallico sottilissimo. La superficie è spugnosa, la luce vi penetra in modo non uniforme. Il colore è qualcosa di definitivo, oltre al quale non si può andare; siamo nell’ambito del sublime, al punto massimo del percettibile e del conoscibile. La purezza è tale che ci si rende conto che tutti gli altri colori sono contaminati, non ci danno la sensazione di aver raggiunto il limite.
PHIL SIMS (Richmond, California, USA). Il colore dei lavori esposti avvolge il visitatore facendolo entrare fisicamente e mentalmente in questi frammenti di mondo. I colori ci arrivano in modo diretto, con una materialità data dalla quantità di strati di colore e dalla fisicità delle pennellate. Più spesse e visibili nei primi quadri, sempre più impercettibili, quasi scomparse, negli ultimi. Quando l’artista si ferma, l’opera è completa: la materia si è trasformata in idea.

Museo Civico di Palazzo della Penna
STUART ARENDS (Waterloo, Iowa, USA). Un artista grande, grande che fa dei cubi piccoli, piccoli e più sono piccoli, più sono grandi. Vive in mezzo al deserto del New Mexico, lontano dalla confusione e dalla gente, immerso nella natura selvaggia dove luce e spazio sono i suoi unici vicini. Ogni opera sia che sia su legno, cartone o acciaio, ha cinque facce dipinte e, spesso, ricoperte di cera. La loro bellezza sta nella composizione e nell’uso del colore.
ROBERT BARRY (New York, USA). È considerato uno dei pionieri dell’arte concettuale. La letteratura è fatta di parole e così pure tutte le informazioni che riceviamo: Barry le smaterializza facendole diventare prive di corpo, la loro funzione finisce e diventano rappresentazione di un gran numero di cose o di nessuna allo stesso tempo.
JAN DIBBETS (Weert, Olanda). È un grande osservatore della realtà. Usa la fotografia, senza prospettiva, rendendo la natura e la registrazione del tempo uniche protagoniste dei suoi lavori. Le immagini, depersonalizzate dalla macchina fotografica, diventano piatte e rappresentano ognuna un episodio distinto.
DAN FLAVIN (New York, USA). È un artista che ha lavorato in maniera magistrale con la luce. Ogni opera è un’esperienza differente a seconda di come le lampade fluorescenti di diversi colori, vengono affiancate o installate. Devono essere guardate in silenzio: sono arte religiosa, senza simboli, senza riti in diretto contatto con il soprannaturale. La sua arte è pura energia che può essere anche definita arte del subconscio.
RUTH ANN FREDENTHAL (Detroit, Michigan, USA). Le sue opere sembrano monocrome, sono un susseguirsi di strati di differenti colori. La stessa superficie è divisa in zone, ciascuna con una quantità di colore diversa dall’altra. Questo modo di riempire la tela, produce sul visitatore una strana sensazione: da ogni quadro esce una luce differente, in base all’angolazione. I colori sono freddi, di primo acchito non attraggono, ma più li si guarda più se ne resta affascinati.
HAMISH FULTON (Londra, UK). È uno dei pochi artisti europei della Collezione Panza. Grande amico di Richard Long, anche Fulton è amante della natura e degli spazi incontaminati che ci mostra attraverso grafiche e fotografie che raccontano i suoi itinerari. L’amore per la natura è un tema molto presente tra gli artisti di questa generazione. Un amore poi svanito e rappresentato nella distruzione della natura stessa. L’uomo non è più felice e non sa più godere delle bellezze che lo circondano.
RON GRIFFIN (Pomona, California, USA). Un artista che riproduce oggetti trovati nel deserto, dalle carte di caramelle, ai pacchetti di sigarette, alle cannucce, a pezzi di lettere volate via o buttate. Tutto quello che appartiene alla nostra esistenza, o meglio all’esistenza di qualcun altro, diventa un’opera. Il tempo, lo spazio, la vita, le passioni, divengono il soggetto dei suoi lavori, riprodotti quasi fedelmente in modo un po’ astratto, nascoste qualche volta sotto uno strato di lacca, come a salvaguardarle e far sì che non volino via un’altra volta.
DAVID GOERK (New Jersey, USA). La sua arte è costituita da oggetti piccoli, alcuni quasi invisibili, altri coloratissimi, minute sculture astratte che non hanno relazione con elementi della vita quotidiana. Sono discreti, non hanno bisogno di grandi spazi, ma hanno una componente emotiva molto forte.
JOSEPH KOSUTH (Toledo, Ohio, USA). È un artista concettuale che lavora con le parole. Nelle sue opere ci mostra la differenza tra l’oggetto, la sua definizione e la sua immagine, e la visualizzazione di questa operazione è l’opera d’arte. La fotografia delle pagine del vocabolario sono le definizioni più esatte per identificare le parole scritte. Il titolo “Art as idea as Idea”, asserisce la supremazia dell’idea sull’oggetto e il ruolo centrale che il linguaggio gioca nella produzione dell’opera d’arte.
TIMOTHY LITZAMNN (Victoria, Texas, USA). La componente fondamentale dei suoi lavori è lo studio delle possibilità espressive del colore. Non dipinge la superficie dei quadri ma il retro, il colore viene filtrato da uno strato di plexiglass molto sottile e il tutto viene racchiuso nei bordi dipinti con colori in netto contrasto con quelli dei quadri. Le sue superfici sono leggere, i colori vengono diluiti, si mescolano alla luce, perdono fisicità.
EMIL LUKAS (Pittsburg, Pennsylvania, USA). La sua arte dialoga con la natura, una natura manomessa dall’uomo e dal suo pensiero. Le sue opere spesso sembrano sporche, e il contrasto con il bianco del gesso, fa risaltare questa sensazione. Ogni opera è una scoperta. Sono fragili, delicate, vanno mosse con molta cautela ed è proprio questa fragilità che simboleggia quella del nostro mondo e della nostra vita.
GREGORY MAHONEY (Los Angeles, California, USA). Le sue sculture di ferro arrugginito sono il risultato di lunghe giornate passate nella Death Valley. Una zona desertica al confine con il Nevada. Mahoney è un contemplativo. Tutto quello che raccoglie è frutto dell’erosione del tempo, della luce, del vento, del mare che non c’è più. Un altro luogo esplorato, non lontano, è il deserto di sale, perfettamente bianco. In autunno con le piogge si riempie d’acqua che poi evapora con l’estate. Il sale, il blu del cielo e dell’acqua, il colore rossastro della terra, il ferro arrugginito, sono i materiali usati da Mahoney per omaggiare la grande bellezza della natura.
RICHARD NONAS (New York, USA). È uno scultore minimalista. Le sue opere sono principalmente delle barre di ferro così come escono dalle fonderie, il termine ultimo di un processo di riduzione, oltre al quale non è possibile andare. Nonas era un antropologo prima che un artista e per molti anni ha vissuto con i nativi americani studiandone i comportamenti. Alla base di tutti i suoi lavori vi è uno studio profondo che mira alla ricerca della natura primordiale dell’essere umano.
ROBERT RYMAN (Nashville, Tennessee, USA). È un pittore minimal. Un artista che trasmette tutta la sua tensione ed emozione attraverso l’uso del pennello. Il primo gesto è quello che condizionerà tutto quello che verrà dopo. L’arte di Ryman è la più realistica, nessuno riesce a esprimere in modo più diretto la nascita delle idee e le emozioni all’interno del nostro cervello.
JONATHAN SELIGER (New York, USA). Riproduce oggetti di vita quotidiana, usando la tela e qualche volta le t-shirt bianche impregnate di colle e poi dipinte. Un altro modo per far resuscitare ciò che viene usato e spesso buttato, come le scatole delle scarpe, i biglietti della tintorie, i contenitori del latte e delle aranciate, o quando riproduce in modo scherzoso ma quasi identico buste, sacchetti, cestini.
SEAN SHANAHAN (Dublino, Irlanda). La sua pittura è densa, compatta, il colore è come qualcosa che assorbe il visitatore e la luce. Non vi è emotività nei suoi quadri, ma si è attratti dalla forza dei colori così netti e pesanti. Le sue opere sono vera sostanza.
PETER SHELTON (Troy, Ohio, USA). È un artista che esplora la qualità intrinseca dei materiali. Crea delle forme vitali, spesso antropomorfe. Sono quasi tutte in vetro resina: la trasparenza di alcune crea una certa ambiguità riuscendo a donare a soggetti moderni una connotazione quasi rinascimentale.
ETTORE SPALLETTI (Cappelle sul Tavo, Abruzzo, Italia). Un artista super raffinato, dai colori rinascimentali che vanno dall’azzurro, al rosa, al bianco, al lilla, al grigio, con contorni in oro o in argento. Quando diventa scultore, la ricerca del materiale migliore e la sua esecuzione assolutamente perfetta, rendono queste opere delle vere icone. È un’arte spirituale: le opere sono quasi sospese in un’altra dimensione e noi con loro. La loro materia sembra non essere di questo mondo.
FRANCO VIMERCATI (Milano, Lombardia, Italia). Un uomo di grande cultura e sensibilità. Le sue immagini sono la negazione dello spettacolare dove il bianco e il nero della stampa vengono usati magistralmente. Riproduce con un iperrealismo solo gli oggetti della sua casa riuscendo a dare, attraverso l’obiettivo, un’anima a ogni piccola cosa, anche alla più modesta, facendola rinascere.
LAWRENCE WEINER (New York, USA). Usa solo parole, parole scritte una dietro l’altra, spesso senza un nesso, qualche volta riferite a happenings da lui filmati. Le parole hanno vari significati che cambiano a seconda di quelle che le accompagnano, senza legami acquistano una loro libertà. Weiner usa la parola per comporre piccole frasi senza un significato preciso, senza una funzione letteraria. Non esiste il reale senza un pensiero che lo preceda.

Catalogo Fabrizio Fabbri Editore//Pagine 208//Lingua Italiano e inglese//Prezzo Euro 35,00 


INGRID BERGMAN - MOMA, NEW YORK




INGRID BERGMAN
curated by Dave Kehr and Sophie Cavoulacos
The Museum of Modern Art - MoMA
11 West 53 Street 212 - New York
August 29–September 10, 2015

August 29 marks the 100th anniversary of Ingrid Bergman’s birth, an occasion MoMA will observe with a selection of films from her 50-year career—as chosen and, where possible, introduced by her children Pia Lindstrom, Roberto Rossellini, Jr., Isabella Rossellini, and Isotta Ingrid Rossellini.
The emotional transparency of Bergman’s performing style blended with her great natural beauty to create a different kind of movie star. When she arrived in America, in 1939, to star in a remake of her 1936 Swedish film Intermezzo, the producer David O. Selznick recognized in the 24-year-old a new freshness and accessibility—a radical break with the artificially elaborate notions of “glamor” that had been synonymous with female stars in Hollywood since the late silent era. In films like Casablanca (1942), Gaslight (1944) and Notorious (1946), Bergman seemed to speak directly to her public, cutting through melodramatic conventions.
Bergman’s search for authenticity eventually led to Italy, where she made five features with the pioneering Neorealist director Roberto Rossellini, a body of work now recognized as one of the foundations of modern cinema. After her relationship with Rossellini ended, Bergman continued to work with some of the medium’s most creative filmmakers. Her last theatrical film, Ingmar Bergman’s Autumn Sonata (1978), brought her back to her native Sweden.

Image: Stromboli. 1950. Italy/USA. Directed by Roberto Rossellini. Courtesy The Museum of Modern Art Film Stills Archive.


HUW OSBORNE: THE RISE OF MODERNIST BOOKSHOP - ASHGATE 2015




HUW OSBORNE
THE RISE OF MODERNIST BOOKSHOP
Ashgate (28 Aug. 2015)
Ashgate Studies in Publishing History: Manuscript, Print, Digital

The trade in books has always been and remains an ambiguous commercial activity, associated as it is with literature and the exchange of ideas. This collection is concerned with the cultural and economic roles of independent bookstores, and it considers how eight shops founded during the modernist era provided distinctive spaces of literary production that exceeded and yet never escaped their commercial functions. As the contributors show, these booksellers were essential institutional players in literary networks. When the eight shops examined first opened their doors, their relevance to literary and commercial life was taken for granted. In our current context of box stores, online shopping, and ebooks, we no longer encounter the book as we did as recently as twenty years ago. By contributing to our understanding of bookshops as unique social spaces on the thresholds of commerce and culture, this volume helps to lay the groundwork for comprehending how our relationship to books and literature has been and will be affected by the physical changes to the reading experience taking place in the twenty-first century.

Huw Osborne is Associate Professor of English at the Royal Military College of Canada.

JOHN ROBERTS REVOLUTIONARY TIME AND THE AVANT-GARDE - VERSO BOOKS 2015




JOHN ROBERTS
REVOLUTIONARY TIME AND THE AVANT-GARDE
Verso Books (24 Aug. 2015)

Since the decidedly bleak beginning of the twenty-first century, art practice has become increasingly politicized. Yet, few sustained defenses of the avant-garde have been put forward. Revolutionary Time and the Avant-Garde is the first book of its kind to look at the legacy of the avant-garde in relation to the deepening crisis of capitalist non-reproduction. An invigorating revitalization of the Frankfurt School legacy, Roberts's book is unique in its penetrating definition and defense of the avant-garde idea, providing a refined conceptual set of tools that critically engages with the most advanced art theorists of our day, such as Hal Foster, Andrew Benjamin, Alain Badiou, Jacques Rancière, Paolo Virno, Claire Bishop, Michael Hardt, and Toni Negri.

John Roberts is Professor of Art and Aesthetics at the University of Wolverhampton. His books include The Art of Interruption: Realism, Photography and the Everyday, The Philistine Controversy (with Dave Beech), Philosophizing the Everyday, and The Necessity of Errors. He is also a contributor to Radical Philosophy, Oxford Art Journal, Historical Materialism, Third Text, and Cabinet magazine.

GLOBAL MUSIC FESTIVAL 2015 - FIERA DEL MARE, GENOVA 29-30/8/2015




GLOBAL MUSIC FESTIVAL 2015
II edizione
Fiera del Mare
piazzale Kennedy - Genova
29-30 agosto 2015

La Fiera del Mare, sabato 29 e domenica 30 agosto, ospita la seconda edizione del "Global Music Festival", la manifestazione dedicata alla migliore musica elettronica.
Due giorni, dodici ore di musica: sabato 29 dalle 16,00 alle 04,00 e domenica 30 agosto dalle 12,00 alle 24,00.
Sul palco della tendostruttura della Fiera del Mare si esibiranno oltre 20 artisti, 4 guest star dj internazionali provenienti da Olanda, Australia ed Italia.
Sabato 29 agosto è la serata di Nervo, le gemelle dell’elettronica che hanno conquistato Britney Spears, e Quintino il dj olandese da oltre 200 concerti all’anno in tutto il mondo, mentre domenica 30 agosto sarà il turno di R3HAB, guru dell’elettronica mondiale che ha lavorato con Lady Gaga, Madonna e Jennifer Lopez, e dei fratelli Vinai, italiani dal sound unico al mondo.
Ma ci sarà spazio anche per nomi emergenti di livello come Angemi, Drop, Luca Testa, Morgan J, Paki & Jaro, Allow & Kubalake.


giovedì 27 agosto 2015

ALEJANDRO JODOROWSKY - CAPC BORDEAUX




ALEJANDRO JODOROWSKY
María Inés Rodríguez, Commissaire de l'exposition
François Poisay, Commissaire associé
CAPC musée d'art contemporain de Bordeaux
7, rue Ferrère - Bordeaux
28.05.2015 -> 31.10.2015

Alejandro Jodorowsky a marqué des générations d'acteurs, d'écrivains, de cinéastes et de plasticiens par une œuvre aussi prolifique qu'éclectique. Le CAPC musée d'art contemporain de Bordeaux présente en 2015 la première rétrospective majeure de l'œuvre singulière de cet artiste chilien, internationalement reconnu.

Du mime à la bande dessinée, dont il a bouleversé la notion même de scénario, de la tarologie à la psychogénéalogie, de l'écriture à sa fréquentation des cercles Surréalistes, du cinéma underground à ses toutes premières performances au sein du groupe Panique, Jodorowsky a bousculé, interrogé et modifié notre manière de percevoir et de penser l'art. Son œuvre anticonformiste et plurielle a touché un vaste public mais aussi suscité un véritable culte par sa dimension symbolique, philosophique, et parfois ésotérique.
Dans l’espace de la Grande Nef, scénographié par l’architecte Andreas Angelidakis pour entrer en résonance avec l'univers visuel de Jodorowsky, l’exposition présente de manière originale et pour la première fois, des archives rarement exposées, des dessins, des bande-dessinées, des films, etc. Cet espace emblématique et spectaculaire, transformé en une vaste scène de théâtre expérimental, offre l’occasion unique de vivre une expérience d’« art total », mêlant entre autres théâtre, performances, cinéma, lectures, dessins et archives.
Cette exposition unique, empreinte de l’univers filmique d’Alejandro Jodorowsky, plonge le visiteur au cœur même du « mystère » de cette œuvre initiatique où se mêlent rationnel et irrationnel.

GIUSEPPE MARANIELLO: PONTI - CARDELLI E FONTANA, SARZANA




GIUSEPPE MARANIELLO
PONTI
Cardelli & Fontana
via Torrione Stella Nord 5 - Sarzana
18/7/2015 - 2/9/2015

Un lavoro esuberante, quello messo in atto da Maraniello, che non può essere circoscritto a posizioni teoriche, perché non può essere ingabbiato.
Si può rischiare di leggervi in modo sbilanciato il lato segnico-simbolico come predominante, o al contrario di valutarne i caratteri formali come determinanti, rispetto alla presenza di figure che sono volutamente lasciate in posizione marginale (ma non per questo meno importante).
Un lavoro di creazione di forme, nelle quali l’aspetto fisico, dell’occupazione concreta dello spazio, dichiara una aspirazione plastica anche nei lavori più specificamente “pittorici”. In queste opere, che esplorano tipologie, mondi e rappresentazioni differenti, molti aspetti di un’arte “radicata” sembrano venire meno.
Esse si collocano quasi sempre su un limite, rappresentando una forma di transizione tra fisicità e immaterialità, senza appartenere decisamente a un unico ambito.
Anche se nel colore, in alcune presenze di immagini, in taluni volumi e ingombri, vi è molta pienezza, nell’insieme il suo lavoro mette in scena un processo di svuotamento, di riduzione, di privazione.
Sono opere che appaiono prive di peso, sia nei personaggi che si librano ai vertici, negli spazi intermedi, negli arditi passaggi fuori asse, sia nella semplificazione di materia e colore, che riconduce i fattori connotativi all’essenziale. Sono anche prive di racconto, per quanto vi sia sempre, nei segni e nelle figure, qualche richiamo simbolico forte.
Il ricorso alla figura di un particolare centauro, al rebis androgino, a maschere, guerrieri, tuffatori, corridori che scavalcano intere montagne, non riflette la volontà di richiamare una storia, nemmeno quella che sempre si rinnova nella struttura narrativa del mito.
Questo non significa che tali presenze siano prive di senso, ma, come nei ritrovamenti di tracce di una cultura figurativa arcaica, nei recuperi archeologici, esse diventano segni di un racconto sepolto, che l’artista evoca, senza volere coscientemente attribuire una direzione di lettura a lavori che vivono del loro delicato equilibrio.
Il processo di riduzione messo in atto da Maraniello, sempre rinnovantesi nella diversa configurazione che le sue composizioni e costruzioni raggiungono, nello spazio architettonico, naturale o a parete, trova pien
ezza nella densità di colore, nella misura di superfici e aree che paiono calcolate con il principio della sezione aurea, nell’ambiente che vanno ad abitare.
(dal testo di Francesco Tedeschi in catalogo) 

ALESSANDRO FERSEN: L'INCORPOREO - IL MELANGOLO 2015



ALESSANDRO FERSEN
L'INCORPOREO
o della conoscenza
Il Melangolo (27 agosto 2015)

"L'incorporeo" rappresenta l'Opus magnum di Fersen, il frutto di una intera esistenza dedicata alla ricerca alchemica per raggiungere il fondo di un percorso di conoscenza combinando quegli elementi che la specializzazione della nostra epoca vuole rigidamente separati. Un cammino che Fersen ha condotto percorrendo i tre grandi sentieri della scena, della scrittura e delle pratiche di laboratorio. Tre sentieri tra i quali si è sempre rifiutato di compiere una scelta definitiva, continuando a cercare la formula che consentisse di comprenderli tutti, e di portare a compimento gli esiti di ognuno di essi.


ELIO FRANZINI: FILOSOFIA DELLA CRISI - GUERINI E ASSOCIATI 2015





ELIO FRANZINI
FILOSOFIA DELLA CRISI
Guerini e Associati (30 luglio 2015)
Collana: Orientarsi nel pensiero. Nuova serie

Per molti anni si è parlato di crisi della ragione e della filosofia, senza pensare che esse hanno, invece, la funzione storica di affrontare la crisi, descrivendone non gli aspetti contingenti, bensì le linee essenziali, le condizioni di possibilità. Rovesciando dunque il paradigma, si analizzano qui i vari (e contraddittori) significati che il termine crisi ha rivestito nella storia del pensiero, partendo dal presupposto che essa nasce quando un modello, prevalendo sugli altri, li prevarica e mira alla loro soppressione. È stato imposto nel mondo occidentale, e all'Europa in particolare, un "pensiero unico", una linea di sviluppo, non solo economica, che si è rivelata subdolamente autoritaria: un modello che ha ucciso la ricerca del senso come molteplicità di punti di vista possibili, che ha colto la crisi solo come incombenza da superare eliminando la varietà e le differenze. Si è con ciò implicitamente rinunciato a un'eredità simbolica che vede nella pluralità la genesi problematica della ragione, assumendo la crisi come male assoluto, per sconfiggere la quale sembra lecito distruggere stili culturali diversi, modi differenti di guardare il significato delle cose. È andato così scomparendo il suo valore dialogico, la sua capacità di essere fonte di giudizio e di consapevolezza. La filosofia oggi, di fronte alla crisi, deve dunque esplorarne il senso profondo, comprendendo che essa è lo stato stesso del pensiero: indagine sulla verità, sul nostro mondo della vita. 




OTTAVIO GARAVENTA: DALLA LANTERNA ALLA SCALA - SCUOLA ELEMENTARE SANDRO GHERARDI, SAVIGNONE




OTTAVIO GARAVENTA
DALLA LANTERNA ALLA SCALA
Scuola elementare Sandro Gherardi
via Garibaldi 4 - Savignone
22/8/2015 - 30/8/2015
Orario d’apertura: 10.00-12.00/17.00-19.00

La mostra, curata da Marina Garaventa e Giovanni Risso, raccoglie una minima parte del materiale fotografico che il tenore Ottavio Garaventa ha raccolto nella sua lunghissima carriera.
Le foto sono riunite in pannelli suddivisi per argomenti, che vanno dal privato al pubblico.

mercoledì 26 agosto 2015

CHANTAL MICHEL: HYBRIDE ZONEN - ZKM, KARLSRUHE




CHANTAL MICHEL
HYBRIDE ZONEN
ZKM Center for Arts and Media
Lorenzstrasse 19 - Karlsruhe
27/8/2015 - 29/8/2015

Swiss video, photo, and performance artist Chantal Michel is well-known for such provocative as well as poetic interventions in public space. Dressed in eye-catching apparel, lost in time, or slipping into various roles, she astonishes onlookers by appearing on church spires, monuments, or on other unusual sites. She infiltrates central building sites in Karlsruhe inner city as a foreign body, contrasting the activities of the construction workers by a moment of silence, but also provocation. Cyclists and pedestrians are invited to pause in front of the building site for a few minutes or hours in an attempt to discern Chantal Michel's form when surrounded by pipes, building blocks, heaps of sand, and diggers. Through this intervention the construction site evolves into a search game combining movement and standstill, art and everyday business in an absurd image. The performances depend on the current building site situation and will take place in the afternoon.

EMBLEMA - AB/ARTE, BRESCIA




EMBLEMA
e i protagoniosti dell'informale italiano
a cura di Andrea Barretta
Galleria ab/arte
vicolo San Nicola 6 - Brescia
20/6/2015 - 3/10/2015

Da un omaggio a Salvatore Emblema si snoda la mostra retrospettiva attraverso il gesto, il segno e la materia con i protagonisti e gli interpreti dell’informale in Italia: Carla Accardi, Enrico Baj, Giuseppe Capogrossi, Pietro Consagra, Antonio Corpora, Gianni Dova, Pompilio Mandelli, Ennio Morlotti, Giuseppe Santomaso, Emilio Scanavino, Emilio Vedova, Cesare Zavattini. L’opportunità è quella di un dialogo nel confronto tra un’esperienza artistica del secondo dopoguerra e il dibattito attuale che coinvolge la contemporaneità consapevole della crisi del “quadro” nella cultura che cerca di riannodare la continuità.
Figura artistica di grande originalità per il suo tempo, capace di coniugare l’osmosi tra spazialismo e informale, tra astratto ed espressionismo, Salvatore Emblema (1929 - 2006) già nel 1948 pensava alla tela non come superficie ma volume, quando eseguiva collage usando foglie disseccate o seguiva le ricerche materiche con l’impiego di pietre e minerali raccolti alle falde del Vesuvio. L’artista napoletano, nato a Terzigno, conosciuto per le sue opere realizzate su tela di sacco che gli decretano il successo negli anni Sessanta, con frequentazioni romane in ambienti artistici e letterari, da Carlo Levi a Ugo Moretti, tiene la prima personale proprio a Roma nel 1956, ed entra nel mondo del cinema, collaborando con Fellini, e della moda disegnando tessuti per lo stilista Schubert. Poi approda negli Stati Uniti grazie al miliardario Rockefeller per quanto gli aveva acquistato nel 1965 in una galleria d’arte, e qui entra in contatto con Mark Rothko che lo influenzerà nell’approfondire le trasparenze, e con Jackson Pollock del quale terrà conto del gesto creativo libero. Oltreoceano, altresì, incrocia i maggiori esponenti delle correnti artistiche dell’epoca, ovvero gli espressionisti astratti, e conosce il critico d’arte Giulio Carlo Argan che apprezza la sua arte e resterà per sempre al suo fianco tanto da determinarne la scelta artistica futura di “detessere”la tela di juta al fine di esaudire l’idea di “far vivere lo spazio dietro la tela”, giacché gli aveva raccontato dell’esperienza spazialista di Lucio Fontana, ma anche per il vivere in prima persona la sperimentazione di Burri e Castellani.
Tornato definitivamente in Italia, dopo altri viaggi e altre presenze in Francia e in Inghilterra, esporrà alla Biennale di Venezia, agli Uffizi di Firenze, al Palazzo Reale di Napoli, e sue opere sono alla Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma, al Boijmans Museum di Rotterdam, nella Collezione Agnelli di Torino, nei Musei Vaticani. Si terrà, però, distante e affrancato da ogni schema o gruppo o movimento del Novecento affermando uno stile che connoterà la sua identità artistica riconosciuta dal Metropolitan Museum di New York che gli allestisce una grande mostra nel 1982 e acquisirà cinque sue opere.
Coeso alle ragioni spaziali, di cui la sottrazione di fili all’ordito dei sacchi di juta - usati come tele - consentiva di avere una prospettiva di attraversamento capace di rivelare un “oltre” che determinerà la sua forte personalità artistica ed esistenziale, sicuramente ancora non del tutto sviscerata nel passaggio critico che riteniamo debba essere anche intellettuale proprio per quelle consistenze temporali introducibili nel fruire della storia di una pittura fatta di materia, di varchi dal tratto ancora difficilmente classificabile nell’indirizzo complessivo di una linea inizialmente espressionista e poi astratto informale.
Intuizioni che si sostanziano nella memoria prima che nei sensi e prendono corpo nel colore denso al centro della composizione, a ricomporre dopo aver decostruito l’idea iniziale di natura rivelatrice di una sensibilità materica condivisibile con Antoni Tapiès e Robert Rauschenberg, e anticipatrice per certi versi dell’Arte Povera. Non solo. Salvatore Emblema, dopo aver vissuto le avanguardie internazionali, interpreta l’informale italiano per poi distaccarsene in un personale infinito da approfondire, come se astratto e concreto scoprissero una forma mentis tra intrecci nell’azione che torni alla relazione di rifiuto del concetto di forma.

ANNA TRESPEUCH-BERTHELOT: L'INTERNATIONALE STUATIONNISTE - PUF 2015




ANNA TRESPEUCH-BERTHELOT
L'INTERNATIONALE STUATIONNISTE
De l'histoire au mythe (1957-2013)
PUF Presses Universitaires de France (26 août 2015)

L'Internationale situationniste a une postérité foisonnante. En tant que dernière avant-garde artistique, elle est aujourd'hui une matrice incontournable du monde des arts et de l'architecture. Depuis les années 1968, sa théorie critique nourrit la vie intellectuelle et les pratiques militantes. Quant à son leader Guy Debord, il est entré au Panthéon français des grands penseurs contemporains en 2009. Cet ouvrage d'histoire culturelle analyse sa réception. Comment ce mouvement, qui était réduit et confidentiel à sa création et qui refusa de faire école à sa disparition, parvint-il à essaimer dans le monde entier ? Du vivant de l'organisation (1957-1972), les situationnistes eurent un rôle de premier plan dans la diffusion de leurs idées et de leur esthétique : ils choisirent leurs réseaux et bâtirent leur propre mythologie. En revanche, depuis sa redécouverte à la fin de la Guerre froide, la multiplicité des acteurs et des réappropriations de son héritage crée toutes les conditions d'une seconde naissance de l'Internationale situationniste.

Anna Trespeuch-Berthelot est agrégée et docteure en histoire. Elle est chercheuse associée au Centre d'histoire sociale du vingtième siècle. Ses travaux portent sur les formes de l'engagement et la circulation internationale des idées aux XXe et XXIe siècles.
  

JERÔME JOY - PETER SINCLAIR: LOCUS SONUS - LE MOT ET LE RESTE 2015




JERÔME JOY - PETER SINCLAIR
LOCUS SONUS
Le mot et le reste (20 août 2015)
Collection : Carte blanche

Locus Sonus est un laboratoire de recherche en art audio. Composé d’artistes chercheurs internationaux, il est nomade et mutualisé à Aix-en-Provence, Bourges et l’Internet. Il observe l’évolution des espaces sonores à l’ère numérique, leurs usages et présences dans notre quotidien et développe des formes et des concepts inédits d’art sonore qui les explorent. Ses thèmes de recherche privilégiés sont le son à distance, l’audio nomade, les nouveaux auditoriums. L’expérimentation artistique est confrontée à des publics (grand public, universités, communautés internet…) et amène un regard analytique provenant des sciences humaines (esthétique, philosophie et sociologie). Depuis sa création, il a rassemblé près de cent cinquante chercheurs et artistes internationaux dans ses symposiums annuels, accueilli au sein de son laboratoire une vingtaine de jeunes artistes chercheurs, développé des outils logiciels libres d’audio en réseau et présenté des oeuvres et des dispositifs dans de nombreuses manifestations internationales. Locus Sonus produit et publie des recherches théoriques, techniques et artistiques et les met à la disposition de la communauté internationale de l’enseignement supérieur artistique.

Jérôme Joy et Peter Sinclair sont tous deux artistes musiciens. Enseignants en école d’art, versés dans l’apport de la création artistique aux dernières technologies, ils ont monté, construit et portent Locus Sonus depuis dix ans.


GENOVA MODERNA - SAGEP 2014



GENOVA MODERNA
Percorsi tra il Levante e il Centro Città
a cura di Matteo Fochessati e Gianni Franzone
Fondazione regionale per la Cultura e lo Spettacolo
Progetto strategico Accessit
SAGEP 2014

Inserito nel programma comunitario Italia Francia Marittimo, un progetto strategico come ACCESSIT, volto a favorire l’accessibilità del patrimonio artistico-culturale, non poteva non prendere in considerazione le emergenze architettoniche e monumentali della Genova moderna, cioè del periodo compreso tra la metà dell’Ottocento e i giorni nostri, in cui la città ha subito molti e significativi cambiamenti che si sono inevitabilmente riflessi sulla sua immagine urbana e i cui segni o segnali si impongono a chi la vive o la visita.
Genova moderna. Percorsi tra il levante e il centro città è stata concepita come una guida comoda e maneggevole che il cittadino e il turista possono portarsi dietro e consultare in ogni momento. Il titolo stesso chiarisce che non vuole essere una guida completa, ma limitata a certe aree urbane, alcune delle quali sovente trascurate nelle guide onnicomprensive, mentre, per ovvie ragioni di spazio, tralascia altre aree ugualmente importanti, come, ad esempio, il ponente, epicentro dei grandi episodi di industrializzazione e deindustrializzazione che hanno trasformato la città a partire dalla fine del secondo conflitto mondiale.
I curatori hanno deciso di procedere per “episodi”, concentrandosi su brani architettonici e monumentali che hanno segnato Genova non solo dal punto di vista più specificatamente architettonico e artistico, ma anche da quello più genericamente culturale, sociale, ambientale e si potrebbe dire antropologico. È il caso di Nervi, in cui, accanto ai musei, vengono presi in considerazione i parchi storici, episodi straordinari di una cultura del paesaggio oggi spesso messa in discussione.
È il caso del castello Mackenzie e dell’architettura dei Coppedè che si configura come una risposta squisitamente autoctona di un determinato ceto sociale nel momento della sua massima ascesa in un originale connubio tra modernità e persistenza della tradizione. O ancora le grandi piazze “pubbliche” otto- novecentesche – De Ferrari, della Vittoria e Dante – in una città il cui centro storico è stato connotato da sempre da piazze private e familiari, simbolo di un’organizzazione socio-economica di stampo oligarchico e consortile.
Il risultato è quindi un volume inteso a favorire un’accessibilità “globale” ad alcuni dei brani più significativi della Genova moderna.

Maria Teresa Orengo

http://www.culturainliguria.it/cultura/download/fstore/1429174286517/Genova_Moderna_ITA.pdf  


INVENTO - MUSEU DA CITADE, SÃO PAULO




INVENTO
As Revoluções que nos Inventaram
Museu da Cidade – OCA
Avenida Pedro Álvares Cabral, s/n - Portão 3
Parque Ibirapuera / São Paulo
5/8/2015 - 4/10/2015

Que os artistas são grandes inventores não é novidade para ninguém: desde sempre inventam novas formas de ver o mundo e criar o que se convencionou chamar de arte. Mas vem aí uma exposição que olhará por outro ângulo essas criações. Entre a ciência e a arte, algumas das maiores invenções dos últimos 150 anos foram transformadas em objetos de interação e contemplação por grandes nomes da arte contemporânea mundial. E são essas obras que os curadores Marcello Dantas e Agnaldo Farias trazem para a exposição “Invento | As Revoluções que nos Inventaram”, a partir de 5 de agosto na Oca do Parque Ibirapuera, em São Paulo.
Da lâmpada elétrica ao elevador, da máquina de escrever ao Raio-X, do concreto à asa-delta, das cápsulas de remédio à psicanálise, tudo pode se transoformar (e foi transformado) em arte nos últimos tempos. A seleção de aproximadamente 35 obras – quase todas inéditas no Brasil e muitas desenvolvidas especialmente para a exposição – faz refletir sobre as mudanças na história do mundo e do homem a partir de suas próprias criações.
De Andy Warhol será apresentada a guitarra elétrica que o artista personalizou para o grupo norte-americano Velvet Underground. Do belga Panamarenko, duas obras – uma inspirada na criação do avião e outra na da asa-delta (esta batizada de “Brazil”). A televisão é tema dos trabalhos do sul-coreano Nam June Paik e do norte-americano Bill Violla, o caminhão é reinterpretado pelo mexicano Damian Ortega, já o ferro de passar está representado na obra do americano Man Ray.
A canadense Janet Cardiff, que tem duas peças no acervo de Inhotim (MG), expõe pela primeira vez em São Paulo. Ela desenvolverá para “Invento” uma instalação sonora a partir de diversos tipos de caixas acústicas, que será acionada pela presença do público. Christian Boltanski também criará uma instalação site-specific. O francês utilizará lâmpadas incandescentes que queimarão uma por hora, até o final da mostra.
Entre os brasileiros, Jarbas Lopes aborda a invenção do carro, conectando dois fuscas a partir de suas rodas, o grupo O Grivo apresenta um piano automatizado e Renata Lucas participará com uma obra que discute a constante vigilância eletrônica a que estamos hoje submetidos.

Confira abaixo outros objetos e os nomes que os reinventaram sob o prisma da arte:
• Christian Marclay (Estados Unidos, 1955): telefone
• Coletivo Pharmacopoeia (criado na Inglaterra em 1998): cápsulas de remédio
• Daniel Arsham (Estados Unidos, 1980): telefone
• Guto Lacaz (Brasil, 1948): rádio
• Jim Campbell (Estados Unidos, 1956): lâmpada LED
• Julian Opie (Inglaterra, 1958): celular
• Leandro Erlich (Argentina, 1973): elevador
• Man Ray (Estados Unidos, 1890 – 1976, França): ferro elétrico de passar • Nazareth Pacheco (Brasil, 1961): aparelho de barbear
• Nelson Leirner (Brasil, 1932): geladeira
• O Grivo (grupo criado no Brasil em 1990): piano automatizado
• Olafur Eliasson (Dinamarca, 1967): energia solar
• Panamarenko (Bélgica, 1940): avião e asa-delta
• Takahiro Iwasaki (Japão, 1975): fita adesiva
• Zilvinas Kempinas (Lituânia, 1969): ventilador