mercoledì 30 luglio 2014

MAGICIENS DE LA TERRE: RETOUR SUR UNE EXPOSITION LEGENDAIRE - CENTRE POMPIDOU, PARIS




MAGICIENS DE LA TERRE
Retour sur une exposition legendaire
commissaire Didier Schulmann
Centre Pompidou - Paris
02 juil.-08 sept. 2014

«Magiciens de la terre», manifestation présentée conjointement au Centre Pompidou et à la Grande Halle de la Villette en 1989, figure parmi les expositions qui ont révolutionné la scène artistique internationale au XXe siècle. Pour marquer les 25 ans de cet événement pionnier, le Centre Pompidou présente une exposition documentaire, propose une université d'été, et édite un nouvel ouvrage de référence.
Sous le commissariat de Didier Schulmann, responsable de la Bibliothèque Kandinsky du musée national d'art moderne, cette exposition-documentaire présente les archives de «Magiciens de la terre 1989», dans une scénographie originale conçue par l'artiste Sarkis.
À travers un ensemble important de documents photographiques, carnets de voyage, dessins, catalogues, films…, ce sera l'occasion de découvrir — ou pour ceux qui ont eu la chance de visiter cette exposition en 1989, de se rappeler — les événements marquants de cette exposition qui a fait date.
Aux prémisses d'une mondialisation qui ne disait pas encore son nom, à travers l'invitation inédite lancée à des artistes contemporains de tous les continents, parfois issus de «cultures invisibles» — Afrique, Asie et Océanie — l'exposition «Magiciens de la terre» de 1989, conçue par Jean-Hubert Martin, apparaît aujourd'hui comme un des moments fondateurs du processus de globalisation de l'art contemporain.

Une université d'été, du 1er au 10 juillet, ouverte à des étudiants doctorants et post-doctorants et curateurs, permettra à une nouvelle génération de chercheurs de réinterroger les sources de cette exposition et de rencontrer leurs créateurs, artistes, conservateurs, ainsi que les archivistes, bibliothécaires et documentalistes.


RITRATTI DI CITTÀ / URBAN SCENERIES - VILLA OLMO, COMO




RITRATTI DI CITTÀ / URBAN SCENERIES
a cura di Flaminio Gualdoni
Villa Olmo
via Cantoni 1 - Como
dal 28/6/2014 al 16/11/2014

In tema di città, l’arte italiana giunge all’‘800 in una sorta di attardamento: in una storia artistica fatta principalmente di paesaggi bucolici, le vedute urbane sono teatro architettonico, oppure presepe, tra echi di visione esatta e scena pittoresca.
A tutti gli effetti in Italia un’idea di città latita nella cultura artistica nostrana sino al ‘900 pieno.
Questo accade anche perché al tempo in Italia è la città stessa a mancare. Mentre Parigi e Londra sono già “città Europee”, una Milano e una Roma sono tuttalpiù annidamenti al margine delle campagne
È prima di tutti il Futurismo a percepire questo vuoto e infatti per poter rappresentare la città sente di doverla prima ancora inventare. Lo si legge anche nel Manifesto del 1909 “la città sarà un concentrato dinamico di forze vitali, che aggrediscono il paesaggio …” . Questi sono pensieri di quello che dev’essere prima ancora che raffigurazioni di quello che è.
E così, nel tendersi delle energie ad un tempo sociali ed artistiche, la città dei pittori diventa l’invenzione di un vero e proprio genere.
Ed è da qui che prende avvio l’adozione della città come soggetto e oggetto d’arte: luogo di progettazione architettonica e sociale ma anche di rappresentazione. E luogo dell’anima. Per chi si esprime attraverso la pittura innanzitutto e poi, negli anni a venire e sempre più, attraverso la fotografia.

Ma non può essere altrimenti..
“Sia che si tratti di architettura, di monumenti classici, di edifici moderni e contemporanei, di paesaggi, di ampie vedute panoramiche o di periferie urbane, il rapporto con lo spazio è stato e continua a essere un’esperienza insostituibile dello sguardo per costruire l’immagine che lo interpreta e che lo rappresenta”, ha affermato Basilico.
Lo spazio è lì, da vedere e da vivere, e la città ne è innegabile parte.
Diventa poi una questione di sguardo, di capacità di avvertire e restituire una visione della complessità, propria e di quanto ci circonda.
Ecco allora, in un amplissimo spettro di stili e rappresentazioni, tra atteggiamenti lucidamente analitici, trasognamenti visionari e disagi esistenziali variamente rappresentati, i ritratti di città raccontare la vita per tutto il 900 fino a oggi.

Percorso:

Futurismi
Il futurismo vagheggia la città moderna proiettata in un futuro in cui la tecnologia, la funzionalità, l’accelerazione configurano un universo totalmente innaturale e meccanico; quella di Boccioni e compagni è però un’utopia, un sogno estetico cui si contrappone una realtà completamente diversa poiché lo scenario italiano è fatto di luoghi monumentali, di un’eredità storica non evitabile. I futuristi scelgono di assumere a soggetto principe due aspetti della nuova città che va nascendo: l’espandersi delle periferie, l’aggregarsi umano e l’energia sprigionata dalla vita cittadina.

Lo sguardo metafisico
La pittura metafisica agisce come una sorta di trasognamento classico non negando, come vogliono i futuristi, la monumentalità classica della città, ma accelerandola sino a un punto di straniamento definitivo per questo anche lo sguardo metafisico, è innaturale. Anzi, la sua astrazione è intellettuale più che pittorica, e comporta un grado di suggestione psicologica che coglie ancor più in profondità il senso controverso – da un lato umanissimo, dall’altro fondamentalmente ostile – della città. L’uomo è espulso dalla realtà , costretto a vivere un senso di smarrimento ben più forte di quanto possa mai produrre il turbamento di fronte alla grandezza della natura.

Altri futurismi
Tra gli artisti italiani Fortunato Depero, “astrattista futurista” per sua stessa definizione, è colui che, sin dalla fine degli anni ’20, ha esperienza diretta della metropoli vagheggiata dal futurismo. L’incontro con New York gli offre l’immagine di una nuova Babele in cui il senso della simultaneità, del movimento, della bellezza ansiogena e mai stabilmente afferrabile è cresciuta come luogo fisico. La stagione matura del futurismo è segnata dall’attività di Depero, e da quella di autori che a vario titolo immaginano la città come meccanismo immenso e incombente, cui si addicono modi di vedere e di rappresentare diversi dai codici tradizionali. Il tentativo dell’aeropittura fa sì che la città diventi una visione totale e inafferrabile, apologia perfetta del dinamismo e dell’idea ottimistica di modernità.

Paesaggi in città
Naturalmente non tutto, nell’arte italiana del ‘900, s’intende come superamento della grande tradizione.
Nel caso di un autore come Rosai si assiste addirittura a un percorso apertamente antimoderno, che all’intellettualismo dell’arte colta contrappone una pittura apertamente popolaresca nei temi e nella trattazione, orgogliosa di calarsi in un passato che gli antichi muri cittadini senza nobiltà incarnano perfettamente.
De Pisis fissa impressioni fugaci e dirette, memori della levità settecentesca, in schegge visive trepide e antiintellettualistiche; Bucci torna alla scena urbana d’umore impressionista cara al secondo ‘800 francese.
Persino Balla, nume del futurismo, nella sua tarda maturità ritrova gli accenti delle sue dolenti visioni prefuturiste. Guttuso, si orientano verso una ripresa in altri modi della visione tradizionale, che nutrono di eccitazioni espressioniste in cui si perde ogni descrittività in nome di un sentimento complesso ma teso, non esente da un preciso atteggiamento etico, nei confronti della città moderna.

Geometrie urbane e nuove metafisiche
L’astrazione geometrica si afferma in Italia negli anni ’30 grazie al pionierismo e alle aperture internazionali del gruppo comasco, in seno a Galli, e di quello milanese, che ha tra i suoi protagonisti Soldati.
L’idea di città rimane centrale, così come lo stringersi naturale di rapporti con la cultura architettonica. L’abolizione del vincolo della somiglianza ha rappresentato uno dei passaggi più ardui dell’arte novecentesca tutta, la quale proprio nel nitore delle linee e dei volumi della visione urbana ha spesso identificato, come nel caso di Davico, il trait d’union tra autonoma essenzialità dell’immagine e realtà sensibile.
Il grande trittico di Fiume, con i suoi riferimenti espliciti al ‘400 e alle città ideali, offre al dibattito artistico uno spunto di notevole spessore, che purtroppo non avrà un vero e proprio seguito.

Scultura, Architettura, Luogo
Alla conclusione della stagione informale l’immagine della città torna a farsi strada a vari livelli, in un dibattito che si sviluppa sino agli anni ’80.
Le nuove dimensioni della scultura si impegna a recuperare la sua identità originaria, forma autonoma e non più orprllo architettonico.
L’idea del luogo urbano si fa scena d’umore surreale (Cavaliere), vera e propria plastica architettante (Pomodoro), memoria distillata della proporzione antica (Uncini) o ancora simbolo eticamente engagé delle condizioni d’esistenza (Spagnulo). Somaini, dal canto suo, tenta esperienze di vera e propria integrazione delle arti, immaginando una scultura che operi come reagente estetico del contesto architettonico.
Gli artisti che si identificano con la nuova visione pop e con le esperienze dell’arte povera ne fanno il luogo naturale delle proprie esplorazioni, da Rotella a Schifano, da Adami a Tadini – il quale per altro verso recupera con finezza intellettuale le memorie del meccanicismo futurista – a Merz.

Icone e Iconografie
Un contributo fondamentale all’iconografia della città contemporanea è offerto naturalmente dalla fotografia, che da un ruolo squisitamente documentario matura sino ad assumere quello di strumento d’indagine e di creazione tout court.
La generazione più storicha ( Berengo Gardin e di Fontana) propone una sorta di reportage quasi saggistico della città. Sono gli autori più giovani come Ghirri e Basilico a fare della fotografia uno strumento di indagine critica specifica.
In seguito la ricerca fotografica entra a pieno titolo nel dibattito artistico.

Visioni urbane
In seno alle ultime generazioni si assiste all’assunzione del ritratto di città come di un vero e proprio genere artistico, affine e per altri versi alternativo al paesaggio. Rappresentare scene urbane è ormai tener conto di un immaginario nutrito di cinema, fotografia, letteratura, oltre che arte, non omogeneo e spesso ambiguo. Per parlare di città bisogna rimettere in gioco la miriade di immagini di città che hanno contribuito a costituire la nostra coscienza, non solo visiva.
Di un atteggiamento più legato alla condizione esistenziale del vivere la città, sono protagonisti autori come Velasco, Galliano, Cestari, mentre altri, come Chiesi, Petrus e Guaitamacchi si concentrano sull’effetto di straniamento visivo e poetico di una scena urbana la cui ultima eco è ancora metafisica.

Immagine: Francesco Somaini

JOHN ELDERFIELD: PAINTED ON 21ST STREET - HARRY N. ABRAMS 2013




JOHN ELDERFIELD
PAINTED ON 21ST STREET
Helen Frankenthaler from 1950 to 1959
Harry N. Abrams
(September 3, 2013)

Helen Frankenthaler (1928–2011) has long been recognized as one of the great American artists of the 20th century. This beautifully illustrated new book devoted to Frankenthaler’s paintings from the 1950s brings together nearly 30 paintings, including important works from Frankenthaler’s estate. A new essay by John Elderfield and important historical texts by the poet and art critic Frank O’Hara (1960) and former Rose Art Museum director Carl Belz (1981) shed light on the work, and a new, full chronology of Frankenthaler’s life and work in the 1950s draws upon previously inaccessible archival sources and includes a number of never-before-seen documentary images. Published to accompany an exhibition held at Gagosian Gallery, New York, in Spring 2013, this lavish volume is the first to be published since this acclaimed abstract painter’s death.
  

JANICE VAN HORNE: A COMPLICATED MARRIAGE - COUNTERPOINT 2012




JANICE VAN HORNE
A COMPLICATED MARRIAGE
My Life With Clement Greenberg
Counterpoint
(March 27, 2012)

In 1955, Jenny Van Horne was a 21-year-old, naïve Bennington College graduate on her own for the first time in New York City. She meets 46-year-old Clement Greenberg who, she is told, is “the most famous, the most important, art critic in the world!” Knowing nothing about art, she soon finds herself swept into Clem’s world and the heady company of Hans Hofmann, Willem de Kooning, Franz Kline, David Smith, Helen Frankenthaler, among others. Seven months later, as a new bride, Jenny and Clem spend the summer in East Hampton near Jackson Pollock and Lee Krasner, and she feels even more keenly like an interloper in the inner circle of the art scene. A woman disowned by her anti-Semitic family for marrying a Jew, she would develop a deep, loving bond with Clem that would remain strong through years of an open marriage and separate residences.
Jenny embodies the pivotal changes of each passing decade as she searches for worlds of her own. She moves from the tradition of wife and mother to rebellion and experimentation; diving into psychoanalysis; the theater world of OOB and the Actors’ Studio; and succeeding in business. Throughout, A Complicated Marriage is grounded in honesty and the self-deprecating humor, grace, and appealing voice of its author.

OLTRE IL BUIO: IL TEOREMA DI BAVCAR - CONTEMPORART, GENOVA





OLTRE IL BUIO
IL TEOREMA DI BAVCAR
Contemporart
Villa Piaggio
Corso Firenze 24 - Genova
dal 13/7/2014 al 26/8/2014

Un omaggio di Paola Mongelli e Petra Probst all’opera del fotografo non vedente Evgen Bavcar

Cos’è dunque uno sguardo? Quando non si può guardare in altro modo, è la somma di tutti i sogni di cui si dimentica la parte incubo. E poi le tenebre non sono che un’apparenza, perché la vita di ogni persona, per quanto cupa sia, è fatta anche di luce. Nello stesso modo con cui il giorno scintilla con il canto degli uccelli, così io imparo a distinguere la voce del mattino da quella della sera.
Evgen Bavcar

L’esposizione sarà visibile sino al 26 agosto tutti
i lunedì, martedì e sabato dalle ore 17 alle 19 

martedì 29 luglio 2014

RICHARD PRINCE: IT'S ONLY A FREE CONCERT - KUNSTHAUS BREGENZ




RICHARD PRINCE
IT'S ONLY A FREE CONCERT
Kunsthaus Bregenz
Karl-Tizian-Platz - Bregenz
July 19–October 5, 2014

There are countless texts, books, and exhibition catalogues about Richard Prince (b. 1949) as well as texts he has authored for his own publications and those of other artists. Gaining any overview of his exhibition activities is a challenge. Nevertheless, though his work has been widely shown, Richard Prince remains an enigmatic artist. Even though his artistic approaches remain opaque, his Cowboys, Nurses, and Jokes are renowned within contemporary art. Richard Prince first came to attention at the end of the 1970s for re-photographing advertisements. Fashionable lifestyles pervade the artist’s early photographic works. A decade later his Marlboro Cowboys achieved cult status and were amongst the highlights of the group exhibition That’s the Way We Do It at Kunsthaus Bregenz in 2011.
American popular culture and social milieus have provided his work’s predominant imagery, encompassing painting, photography, sculpture, and installation. These include various subcultures such as rockers and their Girlfriends.
Amongst his most popular paintings are the Jokes and Cartoons, in which jokes are screen-printed on canvas. Prince has conceived his exhibition It’s a Free Concert especially for Kunsthaus Bregenz. Many works on display will be receiving exposure to a wider public for the first time. The title is a leitmotif permeating the whole display. Associations to popular and subculture, rock and pop stars such as Bob Dylan, Jimi Hendrix, and so-called doo-wop bands from the 1950s are omnipresent. Rock’s transcending of conventions also shines through in the small-scale works, where Prince has adorned advertising photos for pornogra
phic films with labeling stickers for DVDs. 
Along with sex and pop music, the car is an additional site in the exhibition of the American dream of freedom. In his examination of his native culture, Prince succeeds in transferring its complex power to works of art. Merely by means of the titles of his car works such as Elvis or The Doors, he manages to loop music and street culture.
This first large-scale solo exhibition by Richard Prince in an Austrian institution demonstrates both the range of his approach and its conceptual strengths. An accompanying catalogue will be published on the occasion of the exhibition. Edited by Yilmaz Dziewior, with essays by Paul Black, Yilmaz Dziewior, Richard Prince, and Kerstin Stakemeier.

Image: Richard Prince, Untitled, 2008, in front of Untitled (Ulysses), 2011. Exhibition view, Richard Prince: It’s a Free Concert, 2nd floor, Kunsthaus Bregenz, 2014. Photo: Markus Tretter. © Richard Prince and Kunsthaus Bregenz. 

ALIS / FILLIOL: GENTE IN STRADA - GAM TORINO




ALIS / FILLIOL
GENTE IN STRADA (passaggio pedonale)
a cura di Anna Musini
Galleria d'Arte Moderna GAM via Magenta 31 - Torino
dal 25/6/2014 al 14/9/2014

Proseguono alla GAM gli appuntamenti di Vitrine, il progetto dedicato alla ricerca artistica contemporanea sviluppata in Piemonte. L’edizione di quest’anno, intitolata Gente in strada (passaggio pedonale) curata da Anna Musini, si propone di suggerire un racconto, una narrazione visiva sul nostro tempo e sulla contemporaneità storica e artistica.
Protagonisti del quarto appuntamento sono Alis/Filliol, (Davide Gennarino e Andrea Respino).

Il confronto con l’altro è alla base della loro ricerca: una relazione propria della scelta stessa degli artisti di lavorare in due nella realizzazione delle loro opere. Un confronto che si dispiega a livello teorico ma anche pratico e fisico nella forgiatura della materia e trova espressione privilegiata nella scultura. L’uomo è al centro della loro indagine, uno studio che affonda le radici nella tradizione artistica più antica. La classicità statuaria è tuttavia stravolta in forme in cui prevale un senso di non finito, in cui è evidenziato il processo di lavorazione, del farsi dell’opera.
Alis/Filliol sviluppano la loro ricerca utilizzando materiali disparati mescolando elementi naturali e di recupero con prodotti artificiali e industriali: cera, gesso, grasso meccanico, ferro, legno polistirolo. Si percepisce la continua sperimentazione che assume forme spesso irriconoscibili dando a vita a sculture dai connotati alieni e grotteschi che provocano in chi osserva un senso di straniamento.
L’installazione pensata per Vitrine mostra gli sviluppi più recenti del lavoro di Alis/Filliol: le grandi sculture assumono dimensioni ridotte e sono disposte a creare una narrazione all’interno di piccoli mondi che gli artisti, come artefici e demiurghi, inventano e modellano. Le figure, caratterizzate dalla plasticità della materia, sono collocate in un’ambientazione ancestrale e futuristica allo stesso tempo come personaggi leggendari intenti in azioni che simboleggiano i riti dell’umanità. Il loro aspetto mostruoso mostra analogie con le iconografiche della cultura contemporanea proprie dell’animazione, del cinema di fantascienza, del fumetto, dei manga, mescolandosi con i canoni della tradizione artistica.

Alis/Filliol sono membri fondatori di Progetto Diogene. Tra le principali mostre personali vi sono: Greater Torino, Alis/Filliol e Alessandro Sciaraffa, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino 2013; Check your totem, pinksummer, Genova 2012; Ogni cosa a suo tempo, Alis/Filliol, Naavid Nuur, Basilica di Santa Maria Maggiore, Bergamo 2012; Testa di sirena urlante, MARS, Milano, 2011. Tra le più recenti mostre collettive: Venti per una, Castiglia, Saluzzo 2012; Take The Leap, Peep-Hole, Milano 2012; Long Play_XXIV Premio Nazionale Arti Visive Città di Gallarate, MAGA, Gallarate 2012; Neve chimica, progetto della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo su idea di Lorenzo Balbi, Casa Olimpia, Sestriere 2012; Aghilysti, Artissima Lido, Gum Studio, Torino 2011; VA’ PENSIERO: passato prossimo e futuro anteriore dell’Italia, Galleria Comunale d’Arte Contemporanea, Monfalcone 2011; Pleure qui peut, rit qui veut, Premio Furla per l'Arte, VIII edizione, Palazzo Pepoli, Bologna 2011.

Prossimo appuntamento e ultimo: Felipe Aguila (8 ottobre 2014 – 6 gennaio 2015)

LEONARDO VITTORIO ARENA: BRIAN ENO - MIMESIS 2014




LEONARDO VITTORIO ARENA
BRIAN ENO
Filosofia per non musicisti
Mimesis, 23/7/2014
collana "Musica contemporanea"

Brian Eno come filosofo e pensatore il cui in flusso si estende nei campi più ampi, dalla metafisica all’estetica, dall’etica alla narrazione. De finibile “non musicista” per la sua concezione taoista della vita, aliena dal fare presuntivo e dall’interventismo, vicina anche all’estetica zen del wabi-sabi. La tecnica della registrazione come opera d’arte.

LEONARDO VITTORIO ARENA: LA FILOSOFIA DI DAVID SYLVIAN - MIMESIS 2014




LEONARDO VITTORIO ARENA
LA FILOSOFIA DI DAVID SYLVIAN
Incursioni nel rock postmoderno
Mimesis, 11/6/2014
collana "Musica contemporanea"

David Sylvian visto come filosofo in accordo con lo spirito postmoderno, che invalida l’identità e la mantiene sul piano del non suono, nel tormentato rapporto io/altri. Se ne analizzano le opere, specie dell’ultimo periodo, i testi e lo stile di vita (Tao). Ne emerge il ritratto di un personaggio che si abbevera all’Oriente e all’Occidente, facendo della musica l’obiettivo di un percorso di autorealizzazione, che lo ha portato, gradualmente, a concepire una nuova visione dell’arrangiamento, sempre più spogliato dei suoi orpelli e capace di magnificare la voce, senza che questa, peraltro, sia debordante. Sylvian mostra a tutti noi come il silenzio possa diventare parte integrante e precipua della musica in direzione del nonsense o recupero della propria nudità esistenziale.

Leonardo Vittorio Arena insegna “Storia della filosofia moderna e contemporanea” e “Pensiero orientale, cultura occidentale” presso l’università di Urbino. Orientalista e filosofo ha pubblicato molti volumi, tra saggi, romanzi e traduzioni (specie dal cinese, giapponese e sanscrito), per i principali editori italiani.

SOTTO IL SEGNO DI ANTONIO ABATE - SAGEP 2014




SOTTO IL SEGNO DI ANTONIO ABATE
Arte e devozione a Mele (secoli XVI-XX)
a cura di Ignazio Galella
SAGEP, 20/5/2014
collana "Quaderni d'arte e restauro"

L’oratorio di Sant’Antonio Abate di Mele, borgo del Genovesato sulla via del Turchino, è officiato fin dalla sua fondazione (1536) dalla Confraternita con lo stesso titolo. Oltre quattro secoli di vicende confraternali e degli abitanti si sono sedimentati in questa struttura.
La manifattura della carta, attiva già dalla metà del XV secolo, costituiva un ulteriore vincolo di appartenenza proprio perché la maggior parte dei paperai (cartai) erano confratelli. Non solo un sodalizio religioso laicale ma anche l’operare di un circuito virtuoso di assistenza e sostegno, quello che poi darà vita nel XIX secolo alle Società di Mutuo Soccorso.
Antonio Abate è l’oggetto della devozione e il continuo abbellimento dell’oratorio secondo i gusti più aggiornati era il modo per rappresentarsi come comunità. Gli apparati e le opere d’arte rimandano a nomi prestigiosi sia per committenza diretta sia per acquisto sul mercato: Andrea Ansaldo, Orazio De Ferrari, Rocco Cantone, Carlo Giuseppe Ratti, Anton Maria Maragliano, Gerolamo Costa, i Locatelli di Bergamo. Dopo la grande mostra del 1982 sulle Casacce è iniziato il lungo lavoro di recupero e valorizzazione dell’oratorio, culminato nel 2010 con il restauro della grande cassa processionale, capolavoro assoluto del Maragliano.

Il volume raccoglie saggi e ricerche di Elisabetta Badia, Stefano Bagliani, Stefania Bianchi, Giorgio Casanova, Rosalina Collu, Massimo Corradi, Anna Dagnino, Paolo Fontana, Lilli Ghio, Daniele Sanguineti, Roberto Santamaria.

lunedì 28 luglio 2014

GETA BRĂTESCU: MATRIX 254 - BERKELEY ART MUSEUM




GETA BRĂTESCU
MATRIX 254
organized by Apsara DiQuinzio and Phyllis C. Wattis
University of California
Berkeley Art Museum and Pacific Film Archive (BAM/PFA)
Woo Hon Fai Hall
2626 Bancroft Way - Berkeley
July 25–September 28, 2014

Matrix254 features a selection of works by artist Geta Brătescu (b. 1926), a critical figure in the history of postwar Romanian art. For over fifty years, the artist has continually reinvented her practice and subject matter, alternating among film, textiles, collage, performance, photography, sculpture, and installation. What remains consistent throughout her body of work, in the words of the exhibition’s curator Apsara DiQuinzio, is “a rigorous, yet playful sense of experimentation.” Due in large part to Nicolae Ceauşescu’s totalitarian regime and Romania’s subsequent political isolation in the latter half of the 20th century, Brătescu’s work was little known to international audiences until recently. For her first solo exhibition in a U.S. museum, Brătescu presents key works made between the years 1974 and 2000.
After formative studies at the Bucharest Academy of Fine Art, Brătescu worked as an illustrator and later as an artistic director for the cultural newspaper Secolul 20, in addition to developing her artistic projects. Toward the close of the seventies, she rented a studio that served as a place of work and retreat, and also increasingly functioned as a subject of her artistic practice, becoming a stage for temporary installations as well as a production site for her films.
Brătescu has equated the studio to her own state of being, explaining “the studio is myself,” a space she can explore both physically and psychically. The Studio (1978), one of her most significant works, shot with the aid of fellow artist Ion Grigorescu, is a lively parody of life in the studio. Based on an elaborate written scenario, it is divided into three sequences—The Sleep, The Awakening, and The Game. In the first, the camera pans across the studio’s contents, inspecting rolls of paper, printing machines, cabinets filled with jars, artworks, and even the artist herself sleeping on a cot. In the second sequence we see Brătescu at work, drawing on a large piece of paper. She lies down to mark the length of her own body on the paper. And in the final segment we see her pantomime various gestures: she plays patty-cake with an invisible partner; she builds a caricature out of a stool and work clothes; and she pulls her shirt above her head to become a puppet as she plays with various objects around her.
For Brătescu, the studio was a place of freedom and refuge, where her artistic identity could flourish outside of the view of the brutal totalitarian state she inhabited. Related to the performances Brătescu carried out in the studio is her frequent use of role-playing and self-portraiture, as in the photograph Mrs. Oliver in her traveling costume (1985), where she dons an alter ego. Drawing and collage have also been mainstays of her practice. In the series Memorie (Memory) (1990), Brătescu presents 40 unique, abstract collages, all black and deep indigo painted on paper. Made just after the Romanian Revolution in 1989, these works subtly conjure her deep reflection on this dark period of her personal and national history.

SCARPA-VIANI-DELUIGI: DIALOGHI TRA ARTI - DIALOGHI TRA ARTISTI - NEGOZIO OLIVETTI, VENEZIA




SCARPA-VIANI-DELUIGI
DIALOGHI TRA ARTI - DIALOGHI TRA ARTISTI
a cura di Maura Manzelle
Negozio Olivetti
piazza San Marco 101 – Procuratie Vecchie – Venezia
dal 6/6/2014 al 23/11/2014

Vetri, mosaici, bronzi, quadri, fotografie: dal 6 giugno al 23 novembre sarà possibile ammirare al Negozio Olivetti, nel cuore di Venezia, le opere di Alberto Viani, Mario Deluigi e dello stesso Carlo Scarpa che nel 1958 realizzò il Negozio su commissione di Adriano Olivetti.
Tre grandi artisti veneziani uniti nella vita e celebrati nel cuore della città. Scarpa-Viani-Deluigi. Dialogo tra arti. Dialogo tra artisti è la mostra, a ingresso libero, aperta al pubblico da venerdì 6 giugno al Negozio Olivetti, organizzata dalla Delegazione FAI di Venezia e a cura di Maura Manzelle.
Realizzato nel 1958 dal grande architetto Carlo Scarpa su commissione di Adriano Olivetti, il Negozio Olivetti è il luogo ideale per un dialogo tra arti sorelle e artisti che sono stati gli amici di una vita e che condividono con Scarpa la formazione veneziana: lo scultore Alberto Viani, che con l'opera Nudo al sole era presente nel Negozio sin dalla sua inaugurazione, e il pittore Mario Deluigi.
Un sodalizio che già si era espresso attraverso una mostra allestita nel Negozio nel 1991, a cui si ispira l'esposizione attuale con l'intento di aggiornare e completare la proposta con nuovi lavori e documenti. Vetri, mosaici, bronzi, quadri, fotografie sono le opere di De Luigi, Viani e dello stesso Scarpa che si potranno ammirare fino al 23 novembre 2014.
Dopo averne curato e sostenuto il restauro, Assicurazioni Generali, proprietaria del Negozio Olivetti, lo ha affidato in concessione al FAI – Fondo Ambiente Italiano al fine di tutelarlo e gestirlo per la collettività.

KARLHEINZ STOCKHAUSEN: SULLA MUSICA - POSTMEDIABOOKS 2014



KARLHEINZ STOCKHAUSEN
a cura di Robin Maconie
introduzione di Massimiliano Viel
SULLA MUSICA
Postmediabooks, 6/2/2014

Se consideriamo le grandi personalità del Novecento, Stockhausen si distingue come una delle forze più creative nella musica contemporanea. Figura controversa e a tratti contraddittoria Stockhausen in queste pagine mostra di essere semplicemente inafferrabile nella vastità delle sue riflessioni e allo stesso tempo di una lampante chiarezza nella sua visione della musica e del mondo. Stockhausen ha investigato a fondo tutti gli aspetti del suono nelle sue composizioni e nella sua ricerca teorica; era attratto dall'idea di un controllo totale del processo compositivo grazie, anche, al contributo dell'elettronica. In queste conferenze e interviste si delinea anche il suo tentativo, come teorico e insegnante, di considerare la musica all'interno del quadro più ampio della cultura dell'uomo.

Nel 1971 Stockhausen arrivò in Inghilterra per una serie di concerti pubblici e di conferenze. Era di umore allegro e comunicativo. Le sue conferenze furono un notevole successo poiché trattavano di fronte a un pubblico sostanzialmente di non specialisti argomenti della musica contemporanea che erano estremamente complessi e fino ad allora ritenuti esoterici, con un linguaggio da profani. Chi è interessato alla personalità di un grande compositore, troverà in questi testi un autoritratto che sarebbe difficile ottenere in altro modo. I musicisti, siano essi compositori, studenti e insegnanti che si occupano della nuova musica, vi troveranno invece un significato più profondo.
Robin Maconie

Stockhausen è stato di volta in volta additato come kitsch, elitario, intellettuale, naive, inascoltabile, troppo semplice, antiarmonico, neotonale, nazista, esterofilo, pazzo, antiespressivo. Insomma di lui e della sua musica è stato detto di tutto, ma questo è il prezzo da pagare per chi decide di smettere i panni civili per diventare non semplicemente una figura pubblica, ma un simbolo, un bersaglio in piena luce, specie se, come in questo caso, si tratta di una personalità complessa e non facilmente riducibile a un solo semplice stereotipo di massa e che è quindi perfettamente adattabile alle necessità di chiunque voglia costruire una propria identità.
Massimiliano Viel 

VALERIA BURGIO: WILLIAM KENTRIDGE - POSTMEDIABOOKS 2014




VALERIA BURGIO
WILLIAM KENTRIDGE
Postmediabooks, 6/2/2014

Più che una semplice monografia su William Kentridge, questo saggio analizza le sue opere focalizzandosi sui media e sulle tecnologie utilizzate: il risultato è una riflessione teorica sui linguaggi dell'arte che riconsidera il legame implicito tra la struttura della tecnologia e le potenzialità di senso in essa radicate. Le tecnologie pre-cinematografiche dello zootropio e del fenachistiscopio, le macchine anamorfiche, le forme di manipolazione della direzione e della velocità della pellicola cinematografica, il teatro delle ombre, la scatola nera e l'inversione della pellicola positivo<>negativo, la videoinstallazione multipla, sono tutti dispositivi che da una parte rimandano al passato della storia del cinema, dall'altra invitano a trovare un senso proprio nella loro struttura materiale. Il recupero di media arcaici funziona da agente di deviazione che esplora le virtualità insite nella tecnologia al momento della sua origine.

Valeria Burgio (Palermo, 1976) è docente di Teorie e linguaggi delle comunicazioni visive alla Libera Università di Bolzano e all'Università Iuav di Venezia. Dottore di ricerca in Storia e teorie delle arti, titolo conseguito tra la Fondazione di Studi Avanzati di Venezia e l'Università di Paris 3 - Sorbonne Nouvelle, ha ottenuto borse di ricerca post-doc a Parigi presso l'Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales, e all'Università Iuav di Venezia. Dal 2007, collabora con la Revista de Occidente, rivista culturale storica della Fondazione Ortéga y Gasset di Madrid, per cui ha scritto diversi saggi monografici su artisti contemporanei ("Nedko Solakov. Iconografia del Miedo", 2012; "Dar sentido al lugar: la function de la escultura segùn Richard Serra", 2011; "Los habitantes de la Isla: La cosmología diagrámatica de Charles Avery", 2009). Ha curato e coordinato il progetto "Migropolis Venice / Atlas of a Global Situation" (Wolfgang Scheppe ed., 2009) edito da Hatje Cantz.

TIGULLIANA 2014 - ANFITEATRO BINDI, SANTA MARGHERITA LIGURE




TIGULLIANA 2014
Anfiteatro Bindi
piazza Mazzini 46 - Santa Margherita Ligure
dal 21/7/2014 all'11/8/2014

Dal 21 luglio all'11 agosto tornano a Santa Margherita Ligure gli appuntamenti di Tigulliana - Incontri estate 2014, il caffè letterario di attualità e premi ideato e condotto da Marco Delpino. Un ciclo di serate a ingresso libero e all'aperto, tutte con inizio alle 21.15, a fare da cornice agli incontri l'Anfiteatro Bindi.
Dopo gli appuntamenti che hanno visto la presenza di Antonio Caprarica, Piero Ottone e Peter Gomez, nella serata di martedì 29 luglio è in programma l’incontro con i giornalisti e scrittori Bruno Gambarotta e Rocco Moliterni (quest’ultimo responsabile delle pagine della cultura del quotidiano La Stampa).
All’evento partecipano i giornalisti Fiorella Minervino e Raffaello Uboldi, mentre la parte musicale è curata dal cantante Graziano Nardini.
L’appuntamento di martedì 5 agosto è dedicato all’incontro con il giornalista e scrittore Mario Giordano (direttore del TG4), con la presenza del giornalista Mauro Boccaccio e del vice presidente di Tigulliana Luigi Ceffalo. La parte musicale è curata dalla cantante Elena Ventura.
Infine, lunedì 11 agosto, Tigulliana conclude, il ciclo sammargheritese con una serata, tra parole e musica, nel ricordo di Don Andrea Gallo.
Partecipano all’evento la giornalista Giovanna Benetti, autrice del libro Don Gallo e i suoi fratelli, Domenico Megu Chionetti della Comunità di San Benedetto al Porto e il gruppo musicale Ostinati e contrari.

domenica 27 luglio 2014

JEAN-JACQUES LEBEL: THE HIGHEST OF ALL THE ART IS INSURRECTION - ZKM KARLSRUHE




JEAN-JACQUES LEBEL
THE HIGHEST OF ALL THE ART IS INSURRECTION
curated by Bernhard Serexhe
ZKM Zentrum für Kunst und Medientechnologie
Lorenzstraße 19 - Karlsruhe
July 26−November 9, 2014

With his first exhibition in 1955 and his first Happening dating back to 1960, Jean-Jacques Lebel went on to establish his reputation as an international artist by contributing to a far-reaching dynamization of the most vital and refreshing counter-movement of our time—the artistic “Action.”
With his Festival de La libre Expression (from 1964 to 1968), and his Festival International Polyphonix (from 1979 on), in which thousands of artists, poets, philosophers, film-makers and musicians from all artistic directions participated, Lebel was an initiator of numerous artistic and political events. A Surrealist and personal friend of André Breton, he later translated and published the poets of the Beat Generation, such as Ginsberg, Corso, Burroughs, McClure et al., with whom he was intimately connected. As a friend of Marcel Duchamp, Félix Guattari and Gilles Deleuze, Lebel was an untiring fighter for the liberal ethics and social-subversive mission of all artists worthy of the title.
Curated by Bernhard Serexhe, the retrospective—encompassing around 2,000 square meters of exhibition space—brings together an outstanding selection of Jean-Jacques Lebel’s paintings, drawings and films alongside a complex of eight installations never before exhibited in this particular constellation.
  

L'URLO DELL'IMMAGINE - GAMC VIAREGGIO




L'URLO DELL'IMMAGINE
La grafica dell'Espressionismo italiano
a cura di Alessandra Belluomini Pucci e Marzia Ratti
Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea “Lorenzo Viani” (GAMC)
piazza Giuseppe Mazzini 22 - Viareggio
dal 26/7/2014 al 28/12/2014

A Viareggio in Versilia di scena la grande arte del Novecento con la mostra dedicata alla grafica dell’Espressionismo italiano. La prestigiosa Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea “Lorenzo Viani” (GAMC) ospita da sabato 26 luglio fino al 28 dicembre 2014 “L’urlo dell’immagine. La grafica dell’Espressionismo italiano”, un’esposizione realizzata dai Comuni di Viareggio e di La Spezia, sostenuta dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e curata da Alessandra Belluomini Pucci e Marzia Ratti. La mostra fa tappa a Viareggio dopo essere stata ospitata nella Palazzina delle Arti / Museo Lia di La Spezia. Una collaborazione che unisce due città protagoniste di spicco della vita culturale del Novecento (da una parte un assoluto protagonista come Lorenzo Viani e dall’altra la rivista “L’Eroica), con l’obiettivo comune di mettere in luce una pagina importante e fino adesso poco conosciuta dell’arte italiana.
I curatori e il comitato scientifico della mostra sono infatti convinti da tempo che anche in Italia sia esistito un Espressionismo, con anticipi a partire dalla metà del primo decennio del Novecento e piena maturazione nel secondo, non inferiore per valore a quello di altri paesi occidentali, anche se meno evidente in quanto privo di un unico luogo di aggregazione, anzi articolato in molti centri come da sempre è tipico in Italia. I musei di Viareggio e La Spezia, dove si conservano ancora molte di quelle opere che i “Giovani ribelli” di inizio secolo realizzarono scegliendo in particolare la xilografia come tecnica più congeniale per il loro linguaggio scarno ed essenziale, sono stati il punto di partenza per questa ricerca. Da incisori come Viani, presente con un importante corpus proveniente in gran parte dalla raccolta civica della GAMC, dalla collezione Fini della Banca Monte dei Paschi di Siena e Levy per Viareggio, Melli, Mantelli e il cenacolo de “L’Eroica” per la Spezia, la mostra allarga il campo ad artisti come il grandissimo Arturo Martini e altri autori che in qualche modo hanno incrociato le strade dell’avanguardia espressionista.
Il percorso espositivo presenta 120 opere realizzate a stampa come incisioni, xilografie e matrici xilografiche, con esclusione dei disegni, riunendo le voci variegate dell’Espressionismo italiano e in specie quelle della generazione anni Ottanta dell’Ottocento, concentrate su alcuni elementi chiave: la semplificazione, la deformazione, l’attenzione ai ‘Primitivi’ italiani. Presenti anche opere di autori meno conosciuti che emergono da un parziale stato d’ombra (Emilio Mantelli, Adolfo Balduini, Giuseppe Caselli,). L’attenzione è andata anche a personalità ben più note per sviluppi in pittura e scultura, come nei casi di Adolfo Wildt e Felice Casorati. Non è stato certo trascurato il fatto che quasi tutti i protagonisti del Futurismo sono transitati per una fase tipicamente espressionista benché, anche nel loro caso, saranno presenti solo opere a stampa riferite a quel preciso momento (Umberto Boccioni, Luigi Russolo, Anselmo Bucci). Questa attenta ricognizione degli apporti provenienti da varie aree regionali è stata occasione per rappresentare anche il cenacolo Baccarini di Faenza, soprattutto attraverso la figura poliedrica di Francesco Nonni.
“La scelta poi di realizzare una mostra dedicata all’incisione e in particolare alla xilografia – ha spiegato Alessandra Belluomini Pucci – è dovuta al fatto che questa produzione ha assunto un grande peso culturale nell’ambito di quel clima artistico. In particolare siamo felici di esporre per la prima volta a Viareggio un’ampia selezione di opere di Lorenzo Viani, che è il “brand” del nostro museo, provenienti dalla Collezione Fini, realizzate a cavallo tra il 1910 e 1921. Si tratta di opere che offrono uno spaccato esaustivo della sua produzione incisoria e che mettono in risalto come l’artista ben si adatta a questa tecnica. Sono la serie “Il Martirio” pubblicata nel 1916 a Viareggio, e “Dall’Ermada a Mauthausen”, diario di guerra del tenente Marino Ferretti di Montecatini Bagni”.

ENZO BARNABÀ: IL SOGNO DELL'ETERNA GIOVINEZZA - INFINITO 2014




ENZO BARNABÀ
IL SOGNO DELL'ETERNA GIOVINEZZA
Vita e misteri di Serge Voronoff
Infinito, 1/7/2014
collana "Grandangolo"

Chirurgo di fama mondiale, ebreo franco-russo, uomo tra i più popolari del pianeta negli anni '20 e '30 del Novecento, Serge Voronoff è stato uno sperimentatore e un vero e proprio Frankenstein dei nostri tempi. Tra i suoi esperimenti, il più noto è il tentativo di trapianto di un terzo testicolo su animali e uomini, con il progetto di creare una razza superiore e di realizzare il mito dell'eterna giovinezza. Questa biografia presenta la storia di un giovane ebreo russo, sbarcato a Parigi nei mesi dell'affaire Dreyfus, che cerca di scampare all'antisemitismo che minaccia di schiacciarlo e che raggiunge il massimo successo. Un successo ottenuto grazie a un'indiscutibile abilità di chirurgo ma soprattutto mediante pratiche scientifiche a dir poco "garibaldine" e a capacità seduttive e mediatiche fuori del comune. Voronoff trapiantava testicoli di scimmia sull'uomo ed era sedotto da argomenti quali quello dell'ossessione faustiana della giovinezza e dell'immortalità, dell'impotenza, della ricerca della virilità, della liceità dell'uso degli animali, del ruolo svolto dall'effetto placebo nella terapia e da quello della mente nella sessualità. Mise inoltre in pratica la bizzarra idea di trapiantare un terzo testicolo agli animali (montoni, tori, cavalli, maiali, ecc.) convincendo vari governi europei dell'interesse a farlo.

FRANCESCO ROVIDA: IN FONDO AL CUORE UN SOLO DESIDERIO - MELANGOLO 2014




FRANCESCO ROVIDA
IN FONDO AL CUORE UN SOLO DESIDERIO
Diario 1944-1945
Il Melangolo, 3/7/2014
collana "Lecturae"

"Ormai tutte le mattine mi avvio al lavoro che fa buio. È suggestivo e curioso nello stesso tempo vedere la turba di uomini che si avviano alle officine speditamente su questa lunga strada asfaltata, nella semioscurità velata di nebbia che fonde i contorni delle cose. È qualche cosa che sa di fiabesco e di sogno. Lasciando il campo, da ogni distacco delle baracche e poi da ogni strada del lager, sbucano a frotte gli individui che si riuniscono e si fondono in una lunga colonna che copre, a distanza di pochi passi fra gruppo e gruppo, quasi 2 chilometri. È l'esercito degli schiavi moderni che si avvia al quotidiano travaglio per una nazione che li sfrutta barbaramente. Sorgono nella mente antiche rimembranze di letture fatte, di conversazioni avute, di quadri veduti e si fanno accostamenti di idee e di impressioni. Qui vi sono uomini di tutte le razze e tutte le nazionalità che conversano, in fondo al cuore un - solo desiderio: quello che la guerra finisca per tornare alla propria patria, al proprio paese, alle proprie famiglie, per godere un poco di pace, di serenità, per tornare ad avere fiducia nella vita e nell'avvenire!".
Prefazione di Antonio Gibelli. 

GIOVANNA ROSSO DEL BRENNA: ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE E ARCHITETTURA CONTEMPORANEA NEL PORTO DI GENOVA - SAGEP 2014




GIOVANNA ROSSO DEL BRENNA
ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE E ARCHITETTURA CONTEMPORANEA NEL PORTO DI GENOVA
SAGEP, 3/7/2014
collana "Per mare"

Navigando dalla Fiera del Mare all’Aeroporto, Giovanna Rosso Del Brenna ci illustra i segni della storica vita del porto di Genova individuando importanti reperti di archeologia industriale – gru, magazzini, moli e bacini – che oggi convivono con gli edifici firmati da grandi “archistar” contemporanee, da Renzo Piano a Jean Nouvel, a Consuegra, segni forti del nuovo skyline della città: dal mare (nel libro grazie alle foto di Patrizia Traverso) si scoprono avveniristiche prospettive tra i nuovi quartieri che stanno sorgendo e i moli in continua trasformazione per mantenersi al passo dei più grandi porti europei.
Architetture di ieri e di domani protagoniste della storia e del futuro economico di Genova.

sabato 26 luglio 2014

HANNE DARBOVEN: EL TIEMPO Y LAS COSAS - MUSEO REINA SOFIA, MADRID





HANNE DARBOVEN
EL TIEMPO Y LAS COSAS
Comisario: João Fernandes
Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia
calle Santa Isabel 52 - Madrid
26 marzo – 1 septiembre, 2014

Conocida por sus obras de gran escala en las que combina el dibujo geométrico, las series numéricas, la imagen y la escritura, suele asociarse a Hanne Darboven (Múnich, 1941 - Hamburgo, 2009) con el arte conceptual, una vinculación que habría que matizar dado el carácter inequívocamente subjetivo del proceso de ejecución y materialización de sus trabajos, a menudo salpicados de referencias autobiográficas y menciones al lugar de producción.
Esta exposición reúne una amplia selección de objetos de muy diversa índole (juguetes, maniquíes, instrumentos musicales, artículos promocionales, souvenirs procedentes de distintos rincones del mundo...), así como obras propias, que Darboven fue acumulando en su casa familiar de Am Burgberg, el lugar en el que vivió y trabajó durante toda su vida (salvo una breve estancia de dos años en Nueva York a mediados de los años 60) y que más que un estudio al uso parece un Gabinete de Curiosidades como los que proliferaron en los siglos XVI y XVII.
La muestra, que no se ha concebido como un retrospectiva ni como una exposición antológica, propone un itinerario que recrea el complejo y fascinante universo de la casa-estudio de Darboven, permitiéndonos no sólo adentrarnos en este lugar y en cada uno de sus tiempos acumulados, sino también repensar los trabajos de escritura numérica y serial que esta artista realizó a lo largo de su carrera y en los que lo temporal, en su despliegue, llegaba a adquirir una consistencia volumétrica. Todo ello desde la premisa de que, aunque aparentemente, el desbordante discurso que proyecta su estudio parece contradecir la sobriedad cartesiana de su propuesta plástica, en el fondo ambas lógicas estaban estrechamente vinculadas, pues partían de la misma pulsión: el desesperado intento de reducir la complejidad del mundo a diagramas, estructuras reticulares y dispositivos narrativos o escenográficos que hagan aprehensible a la mirada aquello que la desborda.
La casa-estudio de Darboven constituye, por tanto, el punto de partida y de llegada de su obra, tanto material como conceptualmente. Es parte fundamental de su legado y un aspecto esencial de su trabajo. Un legado y un trabajo que, al igual que el de otros artistas que en las últimas décadas del siglo XX se han enfrentado críticamente a la herencia invisible de la modernidad (cuya materialización gráfica más palmaria fue la cuadrícula clasificatoria que, no lo olvidemos, juega un papel clave en la obra de Darboven), están atravesados por una latente e inquietante ambigüedad, la que vincula civilización y barbarie, sistematización racional e impulso instintivo. Y es justo en esa indeterminación en la que esta artista parece querer buscar su lugar en el mundo.

VIE DELLA SCULTURA - VILLA BERTELLI, FORTE DEI MARMI





VIE DELLA SCULTURA
Villa Bertelli
via Giuseppe Mazzini 200 - Forte dei Marmi
dal 26/7/2014 al 27/10/2014

Vie della scultura è una proposta espositiva che pone l’accento sull’identità di Forte dei Marmi e del suo territorio, come crogiuolo di esperienze e di ricerche internazionali nel segno della scultura e nel solco di una grande tradizione, continuamente vivificata.
In mostra sono raccolte tredici opere di altrettanti grandi scultori italiani e stranieri del Novecento e della contemporaneità, provenienti dagli Uffizi.
Una mostra ristretta ma unica per la qualità delle opere esposte, per l’eccellenza degli artisti rappresentati, e per l’accento posto sulla presenza di scultori provenienti da ogni parte del mondo, accanto a artisti originari del territorio apuo-versiliese.
Talvolta sono esposti bozzetti in gesso o maquette che rimandano alla fase progettuale, più segreta e privata, della ricerca di ciascun scultore; talvolta invece sono opere compiute, presentate nella loro autonomia.

Artisti: ARMAN, ROBERTO BARNI, ARTURO DAZZI, JAN FABRE, UGO GUIDI, MARINO MARINI, GIACOMO MANZÙ, FRANCESCO MESSINA, IGOR MITORAJ, HENRY MOORE, MIMMO PALADINO, MICHELANGELO PISTOLETTO, GIULIANO VANGI.

ALESSANDRO MONTI: IL MAXXI AI RAGGI X - JOHAN & LEVI 2014





ALESSANDRO MONTI
IL MAXXI AI RAGGI X
Indaginie sulla gestione privata di un museo pubblico
Johan & Levi, 7/7/2014
collana "Arti / Economia"

Aperto nel maggio 2010 con grande successo di pubblico e commissariato nel maggio 2012 per squilibri di bilancio, il maxxi è attualmente in fase di laborioso rilancio con un diverso consiglio di amministrazione.
Sul difficile decollo di questa nuova istituzione museale pesano ambiziosità progettuali, carenze manageriali e risorse finanziarie altalenanti.
Frutto di scelte politiche prive di una puntuale analisi di costi e benefici per la collettività, e caratterizzato dall’anomala condizione di museo statale affidato in gestione a una fondazione di diritto privato, il MAXXI è nato senza una chiara e convincente giustificazione culturale rispetto ad alternative di maggiore utilità sociale.
Il pamphlet di Alessandro Monti ricostruisce i risvolti politico-burocratici di una creazione “a tavolino” e gli aspetti controversi della gestione operativa che ha dovuto misurarsi con un contesto caratterizzato da un eccesso di offerta di spazi museali ed espositivi e dall’inadeguatezza del suo contenitore: progettato infatti dal celebre architetto iracheno Zaha Hadid e costato complessivamente all’erario oltre centottanta milioni di euro, l’imponente edificio di cemento si è rivelato più scenografico che funzionale.
Questa trattazione approfondita dei nodi cruciali e dei punti deboli si conclude con una serie di indicazioni propositive volte a superare le attuali criticità e migliorare le future performance, ripensando le priorità strategiche e programmatiche della Fondazione a livello organizzativo, operativo e relazionale.
L’obiettivo è quello di mettere in evidenza i possibili vantaggi di una maggiore trasparenza e un maggiore coinvolgimento del personale nella gestione, oltre che la necessità di selezionare di più l’offerta culturale, una selezione che valorizzi soprattutto le collezioni permanenti e finalmente faccia del MAXXI un punto di riferimento a livello nazionale.

LEWIS BALTZ: SCRITTI - JOHAN & LEVI 2014





LEWIS BALTZ
SCRITTI
a cura di Antonello Frongia
Johan & Levi, 31/7/2014
collana "Saggistica"

Lucido protagonista della “nuova topografia” americana degli anni settanta, artista costantemente impegnato a decostruire la politica dei luoghi e delle rappresentazioni, sin dai suoi esordi Lewis Baltz ha accompagnato alla ricerca visiva una meditata attività di scrittura critica e autocritica.
Le riflessioni raccolte in questo volume illuminano da prospettive differenti la sua opera ultraquarantennale e il contesto transatlantico nel quale si è sviluppata: interventi che hanno affiancato le opere topografiche del primo periodo, narrazioni incorporate nei lavori testo-immagine della fine degli anni ottanta, ma anche una corposa serie di saggi dedicati ad alcuni tra i più importanti fotografi e artisti del Novecento.
In questi ultimi l’ascolto dell’enigmatica materialità delle opere si fonde con un ragionare secco e disincantato sulla loro adeguatezza culturale e, infine, politica.
Rientrano in tale filone gli scritti dedicati a Walker Evans, Edward Weston, Robert Adams, Michael Schmidt, Allan Sekula, Thomas Ruff e Jeff Wall, che in modi diversi interrogano le possibilità e i limiti delle pratiche fotografiche di stampo modernista; in alcuni passi affiorano inoltre circostanziati apprezzamenti di artisti come Krzysztof Wodiczko, Félix González-Torres, Barry Le Va, Chris Burden, James Turrell, Robert Irwin, John McLaughlin e Alessandro Laita, con i quali Baltz ha condiviso aspetti cruciali della ricerca e, in diversi casi, della propria biografia.
ll volume, tuttavia, contiene anche considerazioni su temi di portata più generale, per esempio sul paesaggio o sulle città «nell’epoca del nulla di speciale».
Se il gelido silenzio dell’immaginario post-apocalittico di Baltz ha contribuito a depurare la fotografia degli ultimi trent’anni dalle opposte retoriche della denuncia e della rivelazione, la voce rauca e talvolta caustica di questi scritti continua a risuonare e a contaminare le presunte certezze su cui amano poggiare le istituzioni dell’arte e della fotografia.

FRANCO FONTANA: "ANTOLOGIA" - MUSEO CIVICO ANDREA TUBINO, MASONE





XVII Rassegna Internazionale di Fotografia
FRANCO FONTANA
"ANTOLOGIA"
Museo Civico Andrea Tubino
piazza Castello 2 - Masone
dal 5/7/2014 al 21/9/2014

Le sue immagini sono esposte al Museum Of Modern Art, il mitico M.O.M.A. di New York, ma anche a Parigi, nel Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris e in innumerevoli collezioni pubbliche e private fra le più importanti del mondo (come l’’International Museum of Photography di Rochester; il Museum of Fine Arts di San Francisco, il Museum Ludwig di Colonia, il Victoria and Albert Museum di Londra, lo Stedelijk Museum di Amsterdam o la Kunsthaus di Zurigo) e al modenese Franco Fontana, nato nel 1933 e grande artista internazionale della fotografia e scrittore sono stati dedicati più di 40 libri pubblicati da editori italiani, francesi, tedeschi, svizzeri, spagnoli, americani e giapponesi, ha collaborato e collabora con prestigiose riviste e quotidiani italiani e stranieri (da Time-Life a Vogue Usa e Vogue France al New York Times) e ha realizzato campagne pubblicitarie di grandi brand quali Fiat, Volkswagen, Ferrovie dello Stato, Snam, Sony, Volvo, Versace, Canon, Kodak e Robe di Kappa.
Fino al 21 settembre le sue fotografie saranno protagoniste, grazie a un prestito della Federazione Italiana Associazioni Fotografiche, anche della ‘XVII Rassegna Internazionale di Fotografia’ del museo civico Andrea Tubino di Masone, (nel centro storico del borgo della Valle Stura).

Accanto agli scatti del grande fotografo saranno esposte foto della genovese Caterina Bruzzone e del giovane Fabio Giovinazzo.

La mostra è aperta ogni sabato e domenica dalle 15,30 alle 18,30 e nella settimana di Ferragosto sarà visitabile tutti i giorni (dalle 15,30 alle 18,30) e anche la sera, dalle 20,30 alle 22,30.

venerdì 25 luglio 2014

BEFORE AND AFTER THE HORIZON - ART GALLERY OF ONTARIO, TORONTO





BEFORE AND AFTER THE HORIZON
Anishinaabe Artists of the Great Lakes
Art Gallery of Ontario
317 Dundas Street West - Toronto
26/7/2014 - 25/11/2014

For more than 12,000 years, the Great Lakes region has produced a distinct culture of Anishinaabe artists and storytellers. The Art Gallery of Ontario (AGO) celebrates those artists and stories this summer with Before and after the Horizon: Anishinaabe Artists of the Great Lakes, featuring artworks by leading modern and contemporary artists -- including Norval Morrisseau, Bonnie Devine, Robert Houle, Keesic Douglas, Michael Belmore, Daphne Odjig and others -- who sought to visually express the spiritual and social dimensions of human relations with the earth.
The traditional home of the Anishinaabe peoples -- comprised of Algonquin, Mississauga, Nippissing, Ojibwe (Chippewa), Odawa (Ottawa), Potawatomi and Saulteaux nations -- the region includes Ontario, Manitoba and Quebec in addition to eight U.S. states and has inspired generations of stories and experiences that are spiritual, political and challenge certain accepted accounts of history. These same sources of inspiration are visible in traditional Anishinaabe arts included in the exhibition, including clan pictographs on treaty documents, bags embroidered with porcupine quill, painted drums and carved pipes, spoons and bowls.
Before and after the Horizon is co-organized by the AGO and the National Museum of the American Indian. It is curated by David Penney (NMAI) and Gerald McMaster (Plains Cree/Sisika First Nation). To celebrate this important exhibition, Andrew Hunter, the AGO's Fredrik S. Eaton Curator, Canadian Art,has organized a series of complementary interventions and installations to extend the dialogue into the AGO's own collection of Canadian art.
“This is a powerful exhibition that is very much about this place and its timeless connection to a distinct world view, one that continues to resonate with Anishinaabe,” said Hunter. “The AGO is situated in the very heart of traditional Anishinaabe territory, and we are honoured to position this exhibition as a catalyst for reimaging our sense of place and community, and to feature the ground-breaking work of a significant group of artists who have lived and work in this area.”
Bonnie Devine, a noted Objibwe artist and educator, will work with Hunter to transform one of the permanent collection galleries while Robert Houle (Saulteaux) will present a new installation entitled Seven Grandfathers in the AGO's Walker Court.
“This exhibition is a welcome opportunity to reconsider, through various political and aesthetic interventions by Anishinaabe artists, how Canadian art history has been traditionally presented at the AGO,” said Devine. “The Anishinaabe have continuously occupied the territory around the Great Lakes for at least 12,000 years, so a survey exhibition of contemporary Anishinaabe art is overdue.”

Organized by the Art Gallery of Ontario and the National Museum of the American Indian, Smithsonian Institution.

CARMELO BENE E CLAUDIO ABBATE, 1963-1973 - PALAZZO TAGLIAFERRO, ANDORA





CARMELO BENE E CLAUDIO ABBATE, 1963-1973
a cura di Nicola Davide Angerame
Palazzo Tagliaferro
largo Milano - Andora
dal 26/7/2014 al 5/10/2014

La stagione estiva del Centro di Cultura Contemporanea di Palazzo Tagliaferro ad Andora si corona con una mostra d'importanza storica: la retrospettiva di due autori di primo piano come Carmelo Bene e Claudio Abate. Dal loro incontro e dall'amicizia profonda che nasce tra loro nel 1963, scaturiscono dieci anni di intensa collaborazione durante il quali Claudio Abate (Roma 1943), uno dei maggiori fotografi italiani viventi, immortala a futura memoria il volto, i gesti e le gesta sceniche del più controverso e osannato scrittore, regista e attore teatrale Carmelo Bene (Campi Salentina 1937 – Roma 2002).
La mostra propone una selezione di circa 70 fotografie, rimaste chiuse nell'archivio di Claudio Abate per 40 anni ed esposte soltanto una volta a Roma tra il dicembre 2012 e febbraio 2013.
Rappresentano un documento straordinario per conoscere il mondo e il modo nel quale Carmelo Bene ha mosso i primi passi: dalla storica e scandalosa pièce teatrale “Cristo '63” che portò Bene sulle pagine dei giornali, alla “Salomé” (1972) film invitato alla XXIII Mostra Internazionale del Cinema di Venezia. Nel corso di questi dieci anni “incandescenti”, Bene ha lavorato molto per il teatro e per il cinema. Questa mostra testimonia la sua esuberanza, la prolifica immaginazione e il lavoro serrato di quegli anni considerati tra i migliori della produzione di Bene.
La mostra testimonia anche la maturazione professionale di Claudio Abate come fotografo capace di farsi autore anche quando segue Bene come fotografo di scena. Il suo occhio è partecipe e distaccato allo stesso tempo. È dentro le scene, segue le prove e ritrae un lavorio fatto in spazi angusti, spesso casalinghi, ma con la forza creativa di uno dei massimi uomini di taetro del secondo Novecento.
Oltre al lavoro con Bene, che lo ha voluto con sé, Claudio Abate avvia in quegli anni una carriera di fotografo dell'arte contemporanea che lo vede oggi maestro riconosciuto (celebrato con una mostra personale alla Biennale di Venezia del 1993 e una retrospettiva recente al MART di Rovereto): testimone e co-autore di tante performance e installazioni effimere di artisti del calibro di Jannis Kounellis, Gino de Dominicis, Pino Pascali e molti grandi nomi dell'arte italiana e internazionale. Carmelo Bene sarà la sua parentesi teatrale, che oggi ci permette di avere immagini uniche e preziose: visioni rubate “da dentro” e da vicino a quel mondo onirico e surreale che è stato il mondo di Carmelo Bene.
La mostra rappresenta un'occasione unica per conoscere da vicino un capitolo di “storia del teatro italiano” che ha prodotto molti ammiratori e proseliti ma nessun continuatore, essendo Bene un “unicum”: riconosciuto, seguito ed apprezzato da intellettuali e scrittori come Alberto Moravia, Ennio Flaiano, Alberto Arbasino o Pier Paolo Pasolini, che lo volle attore in “Edipo Re”.
In data da definirsi (durante la mostra in corso) sarà organizzato un incontro con Lydia Mancinelli che per 20 anni, dal 1964 al 1984 circa è stata l'attrice protagonista di molti spettacoli e film di Bene, nonché manager della sua compagnia e sua compagna. Presente in tutti i suoi spettacoli e film, spesso come protagonista assoluta, Lydia Mancinelli è stata testimone del periodo più fecondo della creazione di Bene e porterà una testimonianza su alcuni elementi degli spettacoli di cui la mostra espone le fotografie scattate da Abate.
Per l'occasione sarà presentato il catalogo della mostra pubblicato dall'associazione Whitelabs.

“Carmelo Bene a Palazzo Tagliaferro - dice il curatore del progetto e direttore di Palazzo Tagliaferro, Nicola Davide Angerame – è un sogno inseguito per molto tempo che finalmente si realizza. Carmelo Bene rappresenta, come il premio Nobel Dario Fo o come Totò, l'espressione cristallina di quella lucida e geniale follia che il teatro, il cinema e la poesia italiana sanno assumere in alcuni momenti della loro storia. Visto da Claudio Abate, che è uno dei maggiori fotografi che abbiamo, nonché “testimone oculare” di Bene e di gran parte della migliore arte italiana degli ultimi 40 anni, significa “celebrare due maestri con una mostra”, colti in uno dei momenti più significativi della storia d'Italia: quel decennio, dal 1962 al 1972, in cui tante cose sono accadute e durante i quali a Roma due giovani talenti iniziavano da amici e complici i loro passi verso le glorie future. In tal senso, questa mostra è profondamente educativa, bella da vedere e da immaginare anche al di là delle immagini e grazie alle immagini”.

L'inaugurazione è prevista sabato 26 luglio 2014 dalle ore 21.00 alla presenza di Claudio Abate e con il Sindaco della Città di Andora, Mauro De Michelis.

SALVATORE TRAMONTANA: L'ISOLA DI ALLAH - EINAUDI 2014





SALVATORE TRAMONTANA
L'ISOLA DI ALLAH
Luoghi, uomini e cose di Sicilia nei secoli IX-XI
Einaudi, 8/7/2014
collana "Piccola Biblioteca Einaudi Ns"

Se le vicende politiche e militari della Sicilia durante la dominazione musulmana sono state oggetto di svariate indagini, poca attenzione si è finora prestata alle condizioni materiali e sociali del vivere quotidiano di quell'epoca. Grazie a una scrupolosa ricostruzione storica e un uso attento delle fonti, Salvatore Tramontana fornisce con questo libro un quadro complessivo dei diversi intrecci tra uomini e territorio nei secoli IX-XI. Per la Sicilia si tratta di un periodo di profonde trasformazioni, e il grande sviluppo urbanistico, strettamente collegato alle attività agricole, artigianali e del commercio, diviene in breve punto di coesione e di armonia fra religione, cultura, legislazione, economia e potere. Il lettore potrà cosí osservare da vicino la realtà antropologica e culturale della Sicilia musulmana, cogliendone ogni aspetto e percorso attraverso le profonde relazioni che legano il clima, la struttura geografica e gli eventi catastrofici alle vicende umane, economiche, sociali, religiose e politiche di una realtà e di un'epoca di grande fascino e originalità.
  

JIMI HENDRIX: ZERO - EINAUDI 2014





JIMI HENDRIX
ZERO
La mia vita
Einaudi, 8/7/2014
collana "Stile libero Extra"

Il piú grande chitarrista di tutti i tempi. Una parabola artistica folgorante durata appena quattro anni. Il cui mito continua a rifulgere. Sul genio artistico di Jimi Hendrix moltissimo è stato scritto e detto. Mancava però la sua versione. Ed eccola in questo libro. Jimi Hendrix ha lasciato una quantità di scritti: cartoline, lettere, appunti, interviste, testi di canzoni e poi diari, poesie e discorsi on stage. Zero ripropone questi materiali in forma cronologica e narrativa. Restituendoci uno struggente autoritratto, il racconto di una vita breve e sulfurea che ha cambiato la musica per sempre.

«Alla mia morte ci sarà una jam-session, puoi giurarci. Voglio che tutti diano il massimo e si sballino. E conoscendomi, finirò per cacciarmi nei guai al mio stesso funerale. Il volume sarà alto, e ci sarà la nostra musica. Non voglio canzoni dei Beatles, ma qualche pezzo di Eddie Cochran e parecchio blues. Roland Kirk verrà di certo, e farò di tutto perché non manchi Miles Davis, sempre che abbia voglia di passare. Per una cosa cosí varrebbe quasi la pena morire. Solo per il funerale. È strano il modo in cui la gente dimostra il proprio amore per chi muore. Devi morire prima che ti riconoscano qualcosa. Una volta morto, sei pronto per la vita. Quando non ci sarò piú non smettete di metter su i miei dischi».

Alan Douglas è un produttore cinematografico e musicale. Era un amico di Hendrix ed ha prodotto molti dei suoi dischi postumi.
Peter Neal è un documentarista. Nel 1967-68 ha girato un biopic su Hendrix, intitolato Experience (l'unico a lui dedicato a essere proiettato mentre Jimi era ancora in vita) e molte altre pellicole sul mondo della musica.
Insieme hanno selezionato e dato forma agli scritti di Jimi Hendrix che costituiscono questo libro.

XVI FESTIVAL ORGANISTICO INTERNAZIONALE: ARMONIE SACRE PERCORRENDO LE TERRE DI LIGURIA





XVI FESTIVAL ORGANISTICO INTERNAZIONALE
"Armonie Sacre percorrendo le Terre di Liguria"

L’Associazione Culturale “Rapallo Musica” è lieta di presentare all’attenzione del proprio pubblico il XVI Festival Organistico Internazionale; confermando il carattere itinerante delle cinque precedenti edizioni, la manifestazione toccherà anche quest’anno diverse località della nostra regione, sviluppandosi attraverso un calendario di diciannove concerti che, da Pontedassio a Levanto, ci permetteranno di ascoltare un ampio e variegato repertorio di musica sacra organistica.
Come d’abitudine, la Direzione Artistica presenta recital solistici insieme a programmi in cui l’organo è affiancato da strumenti concertanti; inoltre, per il sesto anno consecutivo, la rassegna ospita un concerto per organo e orchestra. Come di consueto, sarà protagonista dell’evento l’Ensemble “Rapallo Musica”, formazione orchestrale interamente costituita da giovani strumentisti liguri.
A tale riguardo, l’associazione è solita prestare attenzione ai musicisti emergenti: in particolare, la rassegna fornisce da sempre una preziosa opportunità per la crescita professionale dei giovani organisti, ospitandoli nell’ambito dello stesso calendario che presenta alcuni degli artisti di maggior spicco della scena concertistica internazionale, provenienti quest’anno da Belgio, Francia, Germania, Italia e Spagna.

Ecco il programma completo del festival:

25 luglio, 21.15
Lavagna, Basilica di Santo Stefano
Ludger Lohmann, organo
20.30 Concerto di Campane
a cura dell’Associazione Campanari Liguri

26 luglio, 21.15
Rapallo, Oratorio dei Bianchi
Juan de la Rubia, organo
17.45 Concerto di Campane
a cura dell’Associazione Campanari Liguri

30 luglio, 21.15
Torriglia, Chiesa Parrocchiale di Sant’Onorato di Arles
Francesco Grigolo, organo

1 agosto, 21.15
Recco, Chiesa Parrocchiale di San Martino, Polanesi
Nicolò Sari, organo

2 agosto, 21.15
Chiavari, Chiesa Parrocchiale di San Michele, Ri Alto
Luc Paganon, organo
20.30 Concerto di Campane
a cura dell’Associazione Campanari Liguri

4 agosto, 21.15 Ceranesi, Chiesa Parrocchiale di N.S. Assunta, Gaiazza Salvatore Reitano, organo

8 agosto, 21.15
Recco, Chiesa Parrocchiale di San Giovanni Battista
Pierre Pincemaille, organo
20.30 Concerto di Campane
a cura dell’Associazione Campanari Liguri

9 agosto, 21.15
Loano, Oratorio di N.S. del Rosario, Cappe Turchine
Xavier Deprez, organo

11 agosto, 21.15
Pontedassio, Chiesa Parrocchiale di N.S. Assunta, Villa Viani
Carlo Benatti, organo

12 agosto, 21.15
Valbrevenna, Chiesa Parrocchiale di N.S. Assunta, Senarega
Simone Vebber, organo

13 agosto, 21.15
Camogli, Basilica di N.S. Assunta
José Luis González Uriol, organo

16 agosto, 21.15
Rapallo, Basilica dei SS. Gervasio e Protasio
Concerto per organo e orchestra
Ensemble Rapallo Musica
Alberto Mammarella, organo
Vram Tchiftchian, direttore
20.30 Concerto di Campane
a cura dell’Associazione Campanari Liguri

17 agosto, 21.15
Levanto, Oratorio di S. Giacomo Ap.
Matteo Golizio, organo
20.30 Chiesa di S. Andrea, Concerto di Campane
a cura dell’Associazione Campanari Liguri

18 agosto, 21.15
Rapallo, Oratorio dei Bianchi
Concerto e visita guidata allo strumento
Matteo Galli, organo
20.30 Concerto di Campane
a cura dell’Associazione Campanari Liguri

20 agosto, 21.15
Deiva Marina, Chiesa Parrocchiale di S. Antonio Abate
Marco Bellone, tromba
Giuseppe Riccardi, organo

22 agosto, 21.15
Rapallo, Oratorio dei Neri
Ensemble Il Giardino Barocco
Nelita Maiolatesi, oboe
Maria Sole Mosconi, flauto
Lorenzo Antinori, organo e cembalo
20.30 Concerto di Campane
a cura dell’Associazione Campanari Liguri

23 agosto, 21.15
Zoagli, Chiesa Parrocchiale di San Pietro di Rovereto
Vincenzo Ninci, organo
20.30 Concerto di Campane
a cura dell’Associazione Campanari Liguri

29 agosto, 21.15
Genova, Santuario della Madonnetta
Guido Iotti, organo

3 settembre, 21.15
Campomorone, Chiesa Parrocchiale dell’Ascensione, Pietralavezzara
Giovanni Feltrin, organo

Tutti i concerti sono a ingresso libero e gratuito.



giovedì 24 luglio 2014

DA GIOTTO A GENTILE - PINACOTECA CIVICA BRUNO MOLAJOLI, FABRIANO




DA GIOTTO A GENTILE
a cura di Vittorio Sgarbi
Pinacoteca Civica Bruno Molajoli
via del Poio 18, Fabriano
dal 25/7/2014 al 30/11/2014

Le Marche, e Fabriano in particolare, tornano protagoniste di primo piano nel panorama italiano della cultura e delle grandi mostre con da GIOTTO a GENTILE pittura e scultura a Fabriano fra Due e Trecento a cura di Vittorio Sgarbi .
Un'iniziativa che accende i riflettori su uno smisurato patrimonio artistico in gran parte “sommerso” e inscindibile dal contesto paesaggistico e ambientale di straordinaria bellezza.
Ad ospitare la mostra è Fabriano, un deposito vasto e inestimabile di capolavori artistici medievali in gran parte poco noti, che ne accrescono il fascino riservato. Una mostra di raffinata suggestione e impatto, ulteriormente sottolineati dagli itinerari lungo il percorso urbano e nel territorio circostante tra antiche abbazie, eremi, pievi e monasteri sparsi nelle vallate appenniniche tra Marche ed Umbria, luoghi un tempo frequentati proprio da quelle maestranze che diffondevano il nuovo idioma giottesco.
Uno scenario quasi segreto nel quale si iscrive una mostra preziosa, occasione imperdibile per ammirare pale d'altare, sculture lignee dipinte e affreschi della lunga stagione gotica.

La mostra, che si aprirà al pubblico il 25 luglio e sarà ospitata presso la Pinacoteca Civica Bruno Molajoli e in tre splendide chiese del circuito urbano, espone oltre 100 opere tra cui oltre a dipinti, pale d'altare, tavole, affreschi staccati, anche sculture, oreficerie rarissime, miniature, manoscritti, codici. Opere delicate e preziose, concesse in prestito dai più prestigiosi musei italiani e stranieri. Ma vediamo più da vicino il contesto culturale nel quale si iscrive la mostra. Consolidatosi il potere longobardo su Fabriano, l'egemonia culturale dell'Umbria vide la sua affermazione nel corso del Trecento, sia dal punto di vista artistico che sotto il profilo dei valori spirituali. La vicinanza con Assisi ed i ripetuti soggiorni di San Francesco contribuirono ad animare una vivace realtà di fede che si avvalse della pittura come di un efficace strumento propagandistico ed educativo.
Sul finire del XIII secolo, quando sui ponteggi della Basilica Superiore si affermava un nuovo eloquio pittorico compiutamente occidentale, l'influsso giottesco si propaga anche attraverso i valichi appenninici fino a Fabriano. Maestri anonimi, assai esperti nella pratica dell'affresco, lasciarono tracce del loro operato nelle più importanti chiese degli Ordini Mendicanti, ma anche nelle sperdute pievi sorte sui monti vicini alla città della carta. Da Campodonico trae il suo nome un oscuro maestro, capace di coniugare la spazialità giottesca con una carica umana profonda e modernissima. I suoi affreschi strappati dalle pareti dell’antica pieve ci appaiono oggi come una testimonianza della vivacità delle relazioni artistiche che si sono intrecciate fra Marche ed Umbria grazie alla rete viaria che univa le aree appenniniche, strade percorse da pastori, mercanti, santi ed artisti, consapevoli di essere parte di una stessa civiltà.
Un’ampia sezione della mostra è dedicata anche ai raffinati dipinti su tavola realizzati da Allegretto Nuzi dopo il suo rientro dalla Toscana in occasione della peste del 1348: tavole e polittici caratterizzati da elette figure ispirate ai modelli fiorentini e senesi, rielaborati in chiave cortese, come testimoniano le varie redazioni della “Madonna dell'Umiltà”.
E’ questo un soggetto frequentemente trattato sia dal Nuzi che dal suo allievo fabrianese Francescuccio di Cecco Ghissi, la cui produzione appare improntata ad una spiccata sontuosità decorativa che soddisfa le esigenze della committenza di provincia. Alla cifra stilistica del caposcuola Allegretto si collega anche la produzione di sculture in legno intagliato e dipinto, a grandezza naturale, destinate all'allestimento di presepi scenografici, attribuite ad un anonimo Maestro dei Magi. Gli esemplari conservati a Fabriano e quelli del Museo di Palazzo di Venezia a Roma compongono un nucleo omogeneo riferibile a questo artista attivo a Fabriano e ben noto anche oltre i confini cittadini, la cui misteriosa identità si cercherà di svelare.
L'obiettivo di un'operazione culturale di tale portata, infatti, è quello di ritessere la trama di questo complesso periodo, ricco di testimonianze affascinanti, ma note solo o soprattutto agli studiosi e agli appassionati d'arte, al fine di permettere pur con un approccio di approfondimento un'ampia divulgazione rivolta ad un "pubblico" più vasto ed eterogeneo.

Mentre per gli studiosi e gli addetti ai lavori i confronti che saranno possibili in mostra fra Giotto, Pietro Lorenzetti, Bernardo Daddi e gli affreschi e le tavole dipinte dagli artisti locali, offriranno lo spunto per dare inizio ad una nuova e più articolata visione delle vicende della pittura italiane del XIV secolo. Operazione culturalmente articolata che vede la pubblicazione di uno studio, con saggi e schede sulle opere e sugli artisti presenti in mostra e che ha la duplice funzione di catalogo dell’esposizione e di approfondimento critico di interessanti questioni riguardanti la pittura e la scultura fra Marche e Umbria nel Due e Trecento, intorno alle quali la ricerca resta ancora aperta. La mostra si chiude con alcuni capolavori di Gentile, come la Crocefissione del polittico proveniente da Valleromita di Fabriano, ora nella Pinacoteca di Brera, o la raffinata Madonna dell'umiltà del Museo nazionale di San Matteo di Pisa: lo stile elegante e forbito esibito dal caposcuola del Gotico Internazionale rivela la consuetudine giovanile con i pregiati ed eleganti apparati presenti nella città di origine.