lunedì 31 marzo 2014

LA BIBLIOTECA DEL GRECO - MUSEO DEL PRADO, MADRID





LA BIBLIOTECA DEL GRECO
Museo del Prado
Calle Ruiz de Alarcon 23 - Madrid
1 de abril - 29 de junio de 2014

La exposición La biblioteca del Greco, organizada por el Museo Nacional del Prado, la Biblioteca Nacional de España y la Fundación El Greco 2014, pretende reconstruir las raíces teóricas y literarias del arte del Greco a partir de los libros que estuvieron en su poder, y que se conocen gracias a los dos inventarios realizados por su hijo Jorge Manuel en 1614 y 1621.
Al morir en 1614, el Greco tenía 130 libros en su biblioteca. La exposición mostrará unos 40 procedentes de la Biblioteca del Museo del Prado, la Biblioteca Nacional de España y otras instituciones madrileñas. Entre ellos habrá cuatro que pertenecieron, sin duda, al Greco, de los que destacan una edición del tratado de Vitruvio y otra de las Vidas de Vasari porque fueron abundantemente anotadas por él con apostillas que revelan sus ideas sobre la arquitectura y la pintura.
La exposición se completará con una carta del pintor, procedente del Archivo de Parma, nueve estampas que
probablemente inspiraron algunas de sus obras y cinco pinturas que mostrarán la relación entre su labor pictórica y su biblioteca. 

Detalle: Rodrigo de la Fuente (?), El Greco. Óleo sobre lienzo, 96 x 82,3 cm, h. 1582-1585. Madrid, Museo Nacional del Prado

HARIS EPAMINONDA: VOL. XIV - MASSIMO MININI, BRESCIA





HARIS EPAMINONDA
VOL. XIV
Galleria Massimo Minini
via Apollonio 68 – Brescia
dal 25/3/2014 al 30/4/2014

Come si fa a scrivere un comunicato stampa di un'artista giovane, già nota ma non ancora famosa, il cui lavoro è delicato, poetico, in via di formazione, qualcuno che ha una sua poesia che nasce di giorno in giorno, attorno ad idee sicure e profonde, ma ancora aperte in attesa di definizione?
Come si può descrivere una mostra composta da lavori che verranno in gran parte ideati in situ, fatti sul posto (Galleria Massimo Minini) con inaugurazione il 25 marzo 2014, martedì, alle ore 18 in punto, con l'artista che, ne sono sicuro, avrà appena finito di spostare di qualche millimetro la piccola scultura là in fondo a destra perché quell'impercettibile movimento avrà permesso al visitatore un punto di vista più consono?
Parliamo con Haris Epaminonda di questa mostra tanto attesa da due anni e da un anno in particolare ci scriviamo e ragioniamo sovente e lei mi tiene informato sugli avanzamenti dell'intero progetto.
Ma è un po’ come leggere una frase di Robert Barry: "Something that is unlike anything else and not completely understood or ever completely realized and can seem absurd, and yet with a ring of truth and beauty that is deeply personal...".
In questo senso le opere di Epaminonda sono concettuali, proprio per quell'alea di indefinito che lasciano, per quell'aura di bellezza minima che porgono, per quella fragilità di corpi fatti di niente eppure così presenti nello spazio dato.
Corpi semplici, parallelepipedi di minimo spessore, con foglia oro, cera, colori tenui, con un tributo ai modi di Carlo Scarpa per la bellezza dei dettagli, la geometria della costruzione, la poetica del risultato.
Un omaggio mediterraneo, di un'artista nata a Cipro, come Venere, vissuta a Berlino come tanti artisti d'oggi, con la sua prima mostra in Italia, grande paese dell'arte da sempre. Il 14 marzo mostra alla Fondazione Querini Stampalia a Venezia, grande città dell'arte, città mediterranea, dai profondi legami con Cipro, e poi la sua seconda mostra, appunto, a Brescia con inaugurazione martedì 25 marzo.

In occasione delle due mostre sarà presentato il nuovo libro Chapters I-XXX, pubblicato da Humboldt Books, Milano.

TERESA MACRÌ: POLITICS/POETICS - POSTMEDIA 2014

TERESA MACRÌ
POLITICS/POETICS
Postmedia, 10/3/2014

Può qualcosa di poetico diventare politico e viceversa, qualche volta? Dalla riflessione posta da Francis Alÿs nell'opera Sometimes Doing Something Poetical Can Become Political, And Sometimes Doing Something Political Can Become Poetic nasce Politics/Poetics. Qual è il significato di politico e di poetico e l'arte può fonderli? Nel libro, l'autrice costruisce una ellisse concettuale in cui Francis Alÿs e Jeremy Deller vengono analizzati come due paradigmi a cui si interpolano Phil Collins, Mike Kelley, Allan Kaprow, André Cadere, Hélio Oiticica, Akram Zaatari, Santiago Sierra, Bas Jan Ader, Lawrence Weiner, Elia Suleiman, Harmony Korine, Group Material, Vito Acconci, Alejandro González Iñárritu e nondimeno a Stuart Hall e Antonio Gramsci, Hannah Arendt e Guy Debord e il cinéma vérité in un'affinità anticonvenzionale di comportamento e decostruzione semantica. Politics/Poetics discerne di concetti e situazioni che indagano i rapporti egemonici tra campo del potere e campo intellettuale e discerne dell'utopico e del paradossale, dell'assurdo e del metaforico, del logico e dell'illogico, del folk e del rock, dell'ironico e del rapsodico, di Marx e dei Depeche Mode. 

JAMES HALL: L'AUTORITRATTO - EINAUDI 2014

JAMES HALL
L'AUTORITRATTO
Una storia culturale
Einaudi, 1/4/2014
collana "Saggi"

L’autoritratto è il genere artistico che meglio di altri contraddistingue la nostra epoca; ma gli artisti moderni sono ben lontani dall’averne esaurito forza e potenzialità. Questo libro offre un’ampia panoramica storico-culturale dell’autoritratto a partire dall’antico mito di Narciso e dai cosiddetti «autoritratti di Cristo» fino al proliferare di autoritratti di artisti contemporanei. In questo brillante e vivido racconto James Hall dimostra come l’atto di ritrarsi faccia parte di una tradizione lunga secoli, e molti sono gli aspetti che l’autore prende in considerazione: l’importanza dell’«ossessione per gli specchi» in epoca medievale; il diffondersi del genere durante il Rinascimento; l’intensità degli autoritratti- confessione di Tiziano e Michelangelo; gli autoritratti comico-caricaturali e quelli «inventati» o immaginari; la mistica dello studio d’artista da Vermeer a Velázquez; il ruolo svolto dalla biografia e dalla geografia nei ritratti seriali di Courbet e van Gogh; la tematica sessuale e la figura del genio nelle opere di Munch, Bonnard e Modersohn-Becker; le identità multiple di artisti quali Ensor e Cahun; fino a toccare gli ultimi sviluppi del genere nell’era della globalizzazione. Lungo tutto il libro, Hall non smette mai di interrogarsi sui motivi che inducono gli artisti alla pratica dell’autoritratto, e trova risposte scavando nel loro mondo e nella loro mentalità. Un volume magnificamente illustrato, che riunisce le opere di numerosi artisti, tra i quali Caravaggio, Alberti, Courbet, Dürer, Emin, Gauguin, Giotto, Goya, Kahlo, Koons, Magritte, Mantegna, Picasso, Raffaello, Rembrandt e Warhol. 

CARTONS DE LA TAPISSERIE D'AUBUSSON - GALLERIA SAN GIORGIO, PORTOFINO





CARTONS DE LA TAPISSERIE D'AUBUSSON
Galleria San Giorgio
piazza della Magnolia 2 - Portofino
dall'1/4/2014 al 30/9/2014

Una selezione dalla piu' grande collezione italiana di 'Cartons de tapisserie d'Aubusson' in esposizione a Portofino. Si tratta dei dipinti a olio o tempera che servivano da modelli ai tessitori d'arazzi delle manifatture francesi di Aubusson, che oggi tornano a nuova vita come vere e proprie opere d'arte grazie alla passione dei collezionisti. A realizzare i dipinti erano artigiani specializzati, i 'peintres cartonniers', un mestiere ormai scomparso con la progressiva chiusura delle manifatture e con l'adozione di nuove tecnologie. Dalle scene pastorali e mitologiche alle composizioni floreali, dagli animali alle scene galanti: erano questi i temi piu' rappresentati dagli artigiani, che preparavano i dipinti per passare dal linguaggio pittorico a quello tessile, dal quale nascevano arazzi, cuscini e tappeti. Aubusson infatti e' conosciuta in tutto il mondo fin dalla seconda meta' del 1600, per la produzione degli arazzi che da qualche anno e' stata riconosciuta dall'Unesco come Patrimonio Culturale Immateriale dell'Umanita'. Il collezionista AlVy da molti anni raccoglie questi 'gioielli' e si adopera per riproporli come originali elementi di arredo dopo un attento restauro conservativo che nulla vuole togliere al fascino del loro vissuto. Cartons de tapisserie: opere d'arte come strumenti di lavoro.

ERIC FISCHL: FRIENDS, LOVERS AND OTHER CONSTELLATIONS - ALBERTINA, VIENNA





ERIC FISCHL
FRIENDS, LOVERS AND OTHER CONSTELLATIONS
curated by Elsy Lahner
Albertina
Albertinaplatz 1 - Vienna
12/2/2014 - 18/5/2014

The American painter, graphic artist and sculptor Eric Fischl (* 1948 in New York) is one of the most important representatives of contemporary figuration. His work is characterised by a style linked with American realism. The compositions, which capture scenes like snapshots, convey the impression of a film clip. The just completed or immediately imminent action is thus often only implied.
Eric Fischl's motifs are often derived from domestic contexts. They describe the everyday and the ordinary, show people in constellations as couples or in interaction, usually scantily clad to nude in an atmosphere dominated by sexuality. The viewer is incorporated into this pictorial world created by Fischl in the role of the voyeur.
The exhibit in the Albertina concentrates on Eric Fischl's graphic works and encompasses a cross-section of his work. In addition to print graphics, works on glassine and chrome coat paper, including Eric Fischl's well-known bathing and beach scenes, several bronze sculptures of the artist are on display and complement the posing figures of the watercolours.

Eric Fischl was born in 1948 in New York and grew up on Long Island. He commenced with his artistic training at the Junior College in Phoenix, Arizona, where he had moved with his family in 1967. He continued his studies at Arizona State University and finally moved to the California Institute of the Arts (CalArts), where he graduated in 1972. Fischl then moved to Chicago, where he worked as an attendant at the Museum of Contemporary Art and came into contact with the artistic avant-garde. In 1974 Eric Fischl accepted a position as an art instructor at the Nova Scotia College of Art and Design in Halifax. In 1978 he moved to New York, where he lives and works today, in addition to at his residence at Sag Harbor.

Image: Swimming Lovers, 1984

SANDY SKOGLUND: UNUSUALLY FAMILIAR - OOOH! GALLERY, VERONA





SANDY SKOGLUND
UNUSUALLY FAMILIAR
OOOH! Gallery
Via Dogana angolo Via S. Fermo - Verona
dall'8/3/2014 all'8/5/2014

Il rapporto dell'umanità con il proprio ambiente e con se stessa ha subito diverse modifiche nel corso dell'età contemporanea.
La fotografia allestita dell'americana Sandy Skoglund rilegge i mutamenti della società attraverso la realizzazione di scene di True Fiction, prodotte nei minimi particolari e in ogni singolo e ripetuto dettaglio. Il lavoro della Skoglund riproduce spazi di vita quotidiana (camere da letto, salotti, cucine o cinema all'aperto), ridipinti con colori saturi e irreali, nei quali uomini, donne e bambini mettono in scena un incubo ispirato dalle paure collettive. Gli esseri umani protagonisti delle opere di Sandy Skoglund si rapportano con la moltiplicità degli animali e degli oggetti, che ricoprono, con horror vacui, ogni spazio della scena.
Sandy Skoglund osserva con critico umorismo le conseguenze delle azioni umane sull'ambiente. Gioca, utilizzando il linguaggio della pubblicità privo di ombre e dai toni saturi e marcati, con gli oggetti dell'industria, che siano utensili (cucchiaini, Spoons, o attaccapanni, Hangers) o alimenti (l'uvetta passa americana che riveste Atomic Love). Avverte le ansie umane e ne rappresenta simbolicamente gli incubi sociali: la paura del nucleare (Radioactive Cats), della guerra (Cold War), dell'infanzia violata (Revenge of the goldfish). Attraverso un tempo dilatato e cristallizzato, Sandy Skoglund identifica e rappresenta i sogni e gli incubi, non ponendo reinterpretazioni.
Le sue opere divengono simbolo iconico: Revenge of the goldfish è la copertina dell'album del gruppo indie-rock degli Inspiral Carpets, e viene scelto a copertina del libro di Margaret Mazzantini, «Venuto al mondo».
L'ultimo scatto è il risultato di un meticoloso lavoro artigianale. Come un regista attento a riprodurre la realtà, la Skoglund realizza singolarmente ogni animale di resina, recupera gli oggetti, mette in scena. Due giovani donne che camminano in un bagno dal pavimento ricoperto di uova, sono a corredo umano di una scena che racconta didatticamente, nelle piastrelle murarie, l'origine simbolica del coniglio e del serpente nelle culture egiziana, ebraica, greco-romana e dei nativi d'America (Walking on Eggshells).
I paesaggi equivoci, da reality maker, stupiscono e incantano. L'equivocità del reale, metabolizzato nei sogni individuali, si evidenzia e si rende tangibile specchio degli incubi della società.

Sandy Skoglund nasce a Weymouth, Massachusetts, nel 1946. Studia arte allo Smith College di Northampton dal 1964 al 1968. Nel 1969 si iscrive alla University of Iowa dove studia cinema, intaglio incisione e arte multimediale, conseguendo il Master nel 1971 e l’MFA, il Master of Fine Arts, in pittura nel 1972. Si trasferisce a New York nel 1972, dove inizia a lavorare come artista concettuale: orienta la sua produzione artistica al processo di riproduzione ripetitivo utilizzando le tecniche di mark-making e di photocopying. Alla fine degli anni Settanta inizia a interessarsi di fotografia, cultura pop e immagine commerciale, lavorando alla realizzazione dei tableaux vivants, soggetto dei suoi scatti, e divenendo una delle fondatrici della Stage Photography. Risiede attualmente a Jersey City, nel New Jersey.

RICCARDO CACCIA / MARIO GEROSA: MAESTRI IN SERIE - FALSOPIANO 2013





RICCARDO CACCIA / MARIO GEROSA
MAESTRI IN SERIE
l'ABC de l telefilm d'autore
Falsopiano, 9/12/2013

Forse non tutti sanno che…Margarethe von Trotta ha diretto un episodio della serie di polizieschi Tatort, che Rob Zombie ha girato un episodio di CSI: Miami, che John Ford si è cimentato con la serie tv Wagon Train, che Abel Ferrara ha diretto un telefilm di Miami Vice, che Jacques Tourneur ha lavorato sul set di Ai confini della realtà, e che anche James Cameron, John Cassavetes, Wes Craven, David Cronenberg, Michael Mann, John Milius – per citarne solo qualche nome- hanno firmato almeno una regia per il piccolo schermo.
Maestri in serie, appena pubblicato da Falsopiano, prende in esame i telefilm diretti da registi famosi e cerca di soddisfare tali curiosità con una serie di saggi e con 140 schede critiche dedicate a altrettanti episodi.
Abbiamo deciso di soffermarci sugli episodi che portano la firma di autori molto conosciuti al di fuori dell’ambito televisivo. Così qui troverete i telefilm diretti da Francis Ford Coppola o da Ridley Scott, mentre non vedrete i nomi di eccellenti professionisti prettamente televisivi, come Oscar Rudolph, regista di 37 episodi della mitica serie di Batman degli anni ’60, o come Zbyněk Brynych, autore di 37 episodi dell’Ispettore Derrick e di 45 episodi del Commissario Köster.
Sempre a proposito di scelte, avremmo voluto inserire alcuni episodi decisamente di culto, che avrebbero trovato la loro ragion d’essere soprattutto nella curiosità suscitata nei patiti del piccolo schermo. Qualche esempio? Gli episodi dell’Ispettore Derrick diretti da Horst Tappert, il telefilm Rin Tin Tin meets Shakespeare, o quello di Bonanza in cui incontriamo Mark Twain, senza dimenticare i due episodi di Miami Vice con Helena Bonham-Carter. Ma questa è decisamente un’altra puntata di questa storia.
  

PIETRO GAGLIANÒ: ARCHITETTURE DI LUCE - TITIVILLUS 2014





PIETRO GAGLIANÒ
ARCHITETTURE DI LUCE
Il Teatro Architettura di Giancarlo Cauteruccio/Krypton
Titivillus, 02/2014
collana "Le Mostre"

“Architetture di Luce” racconta una parte del percorso di Giancarlo Cauteruccio, e di Krypton, escluso dalla precedente pubblicazione “Teatri di Luce”. Condizioni fisiche, ma soprattutto temporali, fanno del Teatro Architettura un’esperienza diversa dal lavoro in palcoscenico, più vicina a quella delle arti visive, un vero e proprio incrocio di discipline e arti. “Il teatro di Krypton è sempre architettura, intesa come proiezione di uno spazio, di quell’alchimia che trasforma l’idea in disegno bidimensionale, e il disegno in spazio abitabile, percorribile. Al tempo stesso le opere di Teatro Architettura contengono, irriducibile, il meccanismo propulsore del teatro e ne condividono processi e strumenti, essendo, negli esiti formali, spettacolo teatrale allo stato puro”. In questo volume l’autore percorre gli oltre trent’anni di ricerca sullo spazio urbano e sull’architettura, scegliendo un punto di vista decentrato che contempli tutte le espansioni creative dell’artista, dell’uomo di teatro, dell’architetto. Ne risulta una narrazione che media il percorso cronologico con l’approfondimento di aree tematiche ricorrenti nella storia di Krypton, e con il confronto con le tensioni culturali e sociali in cui questa si sviluppa. Un’ampia selezione di immagini propone un percorso necessario e complementare, mentre il volume si chiude con una conversazione tra Giancarlo Cauteruccio e Gianni Pettena, maestro e osservatore critico delle evoluzioni del fondatore di Krypton.

MAURIZIO FANTONI MINNELLA: GENOVA - ODOYA 2013





MAURIZIO FANTONI MINNELLA
GENOVA
Ritratto di una città
Odoya, 03/2013
collana "OL - Ritratti di città"

Il fascino di Genova raccontatoci da un autore che questa città la abita, ama, studia e interroga ogni giorno, da decenni. Un libro che ci permette di scoprire Genova attraverso un armonioso sguardo sul suo sviluppo storico e architettonico, artistico e letterario.
Partendo dal nucleo storico, Fantoni Minnella ci accompagna dalla città borghese alla città littoria, riflettendo sulla metamorfosi del porto e sui piani di riqualifica edilizia che lo rendono oggi un’area nuovamente viva e pulsante per cittadini e visitatori. Un secondo percorso ci porta dai “proletari” quartieri di Ponente agli “aristocratici” quartieri di Levante, per accorgerci di come il tessuto metropolitano di una città così varia ed eclettica abbia assorbito in sé, pur senza omologarle, realtà tanto contrastanti.
La “Genova dei viaggiatori” è dapprima una tappa fondamentale del Grand Tour fra XVII e XVIII secolo, poi la “città romantica” tanto celebrata da Byron, capace di richiamare a sé personalità come Charles Dickens, Friedrich Nietzsche e Paul Valéry, ispirati nella creazione artistica dalla sua atmosfera unica. E poi c’è la “Genova dei poeti”: scapigliati, simbolisti, futuristi… La Genova di Dino Campana, Eugenio Montale, Camillo Sbarbaro ed Edoardo Sanguineti. Voci alle quali si aggiunge quella del cantore per eccellenza dei vicoli della città vecchia: Fabrizio De André.
Ma il ritratto di Genova emerge anche attraverso l’esperienza “di strada” di don Andrea Gallo e attraverso una carrellata dedicata alla città nell’immaginario cinematografico. Laddove spesso lo spleen è quello di illustri “forestieri” stregati da una città che è al tempo stesso spazio urbano e luogo dell’anima.

sabato 29 marzo 2014

SARAH JONES - MAUREEN PALEY, LONDON





SARAH JONES
Maureen Paley
21 Herald Street - London
17 March – 19 April 2014

Maureen Paley is pleased to present Sarah Jones’ sixth solo exhibition at the gallery. Following on from the recent publication of her monograph by Violette Editions, Jones’ new photographs continue to explore how subjects are measured and transcribed through the large format view camera and flattened in pictorial space. Predicated on the disarming and the vernacular she uses a vocabulary that simultaneously describes as well as documents. In her expanded Cabinet series, (2013-14) arrangements of found objects are contained, mirrored and presented as if held in a vitrine.
Over the years themes such as the analyst’s couch, the municipal rose garden as still life in-situ, the drawing studio and the singular female subject have been central to her concerns. Her photographs are often made on location and illuminated with carefully controlled lighting that allows the subject to both emerge from and recede into a darkened space. Through the use of analogue techniques Jones studies the correspondence between the skein of the film, the surface of the photographic print and the surface of her subjects. For Jones this attention to materiality brings to mind the act of mark making in drawing.
She has previously used the diptych as a formal device and direct reference to early stereographic photographs in order to present two perspectives of a single form. More recent diptychs consider the act of doubling and the alchemic nature of the photographic process by literally flipping an image. One becomes an imprint or reflection of the other recalling the Rorschach inkblot. In such an act of mirroring, Cabinet (II) (After Man Ray) (I) and (II) picture a curved glass object that recalls Man Ray's Le Violon d’Ingres, (1924). Other works in the exhibition reflect on the photographic language of Florence Henri, Karl Blossfeldt and Eugene Atget.

Born in London, in 1959, Sarah Jones lives and works in London. Previous solo exhibitions include New Pictures 8, Minneapolis Institute of Arts, USA, 2013; Sarah Jones: Photographs, National Media Museum, Bradford, 2007; Huis Marseille Foundation for Photography, Amsterdam, 2000; Museum Folkwang Essen, Essen, 1999; Centre for Photography, Universidad de Salamanca, Spain, 1999; Museum Reina Sofia, Madrid, 1999; Le Consortium, Dijon, France, 1997.
Recent group exhibitions include Seduced by Art: Photography Past and Present, National Gallery, London, UK and CaixaForum Barcelona, and CaixaForum Madrid, 2013; Der Mensch und Seine Objekte, Museum Folkwang, Essen, 2012; Observers: Photographers of the British scene from 1930s to now, Galeria de Arte do Sesi, Avenida Paulista, Sao Paulo, 2012; Nothing In the World But Youth, Turner Contemporary, Margate, UK, 2011; Signs of a struggle: Photography in the Wake of Postmodernism, Victoria and Albert Museum, London, UK, 2011; A Sense of Perspective, Tate Liverpool, Liverpool, UK, 2011; Portraits, Bloomberg Space, London, UK, 2008; Street & Studio: An Urban History of Photography, Tate Modern, London and Museum Folkwang, Essen, Germany, 2008.

Jones’ most recent monograph is published by Violette Editions with essays by Brian Dillon, David Campany and a conversation with A.M. Homes. Sarah Jones is currently a Reader in Photography at the Royal College of Art.

Anton Kern Gallery, New York will also open a solo-exhibition with Sarah Jones in March 2014.

PATRICK TUTTOFUOCO: AMBARADAN - STUDIO GUENZANI, MILANO




PATRICK TUTTOFUOCO
AMBARADAN
a cura di Nicola Ricciardi
Studio Guenzani
via Eustachi 10 - Milano
dal 28/3/2014 al 19/5/2014

Guardò per un'ultima fugace volta il vassoio semi-vuoto che giaceva di fronte a lui – la carta stropicciata, residui di salsa e resti di patatine, una cannuccia ancora avvolta nella sua confezione bianca – poi con un movimento lento ma deciso si alzò. Le mani a fare pressione sul tavolo, i polpacci che con una leggera spinta allontanano la sedia, la schiena che assume una posizione eretta. Solo una vibrazione nella tasca destra dei pantaloni interruppe il movimento. Estrasse il telefono e passò delicatamente il pollice sullo schermo, lasciando una traccia sulla superficie altrimenti immacolata. Un altro cliente, non distante da lui e seduto anch’egli da solo davanti ad un vassoio semi-vuoto, osservò l'abbagliante luce del display riflettersi negli occhi di lui mentre leggeva il contenuto del messaggio: via degli Omenoni numero 3. 
Ricacciò in tasca il telefono, prese con entrambe le mani il vassoio e lo ripose sul cestino alle sue spalle, quello con sopra inciso un doppio arco dorato. Dopo essersi infilato la giacca, una manica per volta, scese un piano di scale e usci nella piazza. L’aria era quella di inizio autunno. Davanti a lui si ergeva la cattedrale illuminata, alla sua sinistra i portici con i negozi anche loro illuminati. Se avesse spostato lo sguardo verso destra e verso l'alto avrebbe notato la grossa scritta in neon rosso che sembrava fluttuare nell’aria al buio della sera. Decise di prendere lo scooter. Era parcheggiato accanto ad un piccolo taxi bianco, e da lontano sembrava grande esattamente la metà di quest'ultimo. Due minuti di pavé e di una brezza fredda sul collo scoperto e sulle mani senza guanti e fu a destinazione. Parcheggiò sul marciapiede. Lei gli si fece incontro con passo veloce e, prima ancora che avesse il tempo di togliersi il casco, gli disse tutto d'un fiato e con una certa apprensione: “E adesso, senza barbari, cosa sarà di noi?” Lui non rispose, ma mentre scendeva dallo scooter, inseriva il bloccasterzo e apriva il sottosella, si limitò a pensare, con rammarico e frustrazione: “Era una soluzione, quella gente.” 

Dopo 5 anni, Patrick Tuttofuoco torna a Milano con una mostra personale a cura di Nicola Ricciardi. Proprio alla città che l'ha cresciuto sia personalmente che artisticamente è a suo modo dedicata questa nuova serie di lavori, che nasce dall'esigenza di confrontarsi con le trasformazioni del contesto urbano, le mutazioni dei consumi, e la permeabilità del sistema dell'arte cittadino. Cinque sculture, liberamente ispirate alla facciata della Casa degli Omenoni, che continuano la ricerca da parte dell'artista intorno all'immagine dell'uomo e le sue possibili trasformazioni. 
Le opere invadono sia la galleria sia alcuni spazi esterni - pubblici e privati - che esulano dal contesto dell'arte, ma che si sono tuttavia lasciati coinvolgere in un processo di negoziazione e scambio, cedendo all'artista alcuni loro oggetti-simbolo, esposti in galleria per la durata della mostra. Non readymades o semplici appropriazioni, ma segni tangibili di un pensiero: ovvero che sia solo nella predisposizione a lasciarsi contaminare che ogni realtà reca inscritta l'idea che ha di se stessa. A far da sfondo, un tappeto musicale, frutto della collaborazione con Novo Line, progetto musicale di un compositore Americano residente a Berlino. 
Il progetto nasce dalla volontà di concretizzare una conversazione tra artista e curatore iniziata nell’estate del 2013 a Milano e continuata nel corso dei mesi tra Berlino e New York, e di approfondire un interesse condiviso nei confronti dei processi di mutazione culturale. A questo dialogo hanno preso parte nel tempo, con contributi di diversa natura e sostanza, anche Claudio Guenzani, Novo Line, Ermanno Previdi, McDonald’s e – inconsapevolmente – Alessandro Baricco. A loro vanno i più sentiti ringraziamenti da parte dell’artista e del curatore. 

Patrick Tuttofuoco (1974) vive e lavora a Berlino. Le sue opere sono state esposte all'interno di contesti museali e in spazi pubblici sia in Italia (Biennale di Venezia, Galleria d'Arte Moderna di Milano, Piazza del Popolo a Roma, MART di Rovereto) che all'estero (Museum of Contemporary Art di Tokyo, De Appel di Amsterdam, Biennale di Shanghai, Biennale de l'Avana, Triennale di Folkstone). Nel 2013, Tuttofuoco è stato protagonista di una doppia personale assieme a Diego Perrone presso l’Antinori Familiae Museum a San Casciano e di una mostra personale, organizzata in collaborazione con la Fondazione Re Rebaudengo, presso l’Istituto Italiano di Cultura di Madrid.

GEORGES DIDI-HUBERMAN: SENTIR LE GRISOU - ÉDITIONS DE MINUIT 2014





GEORGES DIDI-HUBERMAN
SENTIR LE GRISOU
Editions de Minuit, 6/3/2014
collection "Fables du temps"

L’artiste est inventeur de temps. Il façonne, il donne chair à des durées jusqu’alors impossibles ou impensables : apories, fables chroniques.
En ce sens pourrait-on dire qu’il « sent le grisou » de l’histoire. Mais comment sentir le grisou, ce gaz incolore et inodore ? Comment voir venir le temps ? Les mineurs, autrefois, utilisaient des oisillons en cage comme « devins » pour les coups de grisou : mauvais augure quand le plumage frémissait. Le frémissement des images ne pourrait-il pas, lui aussi, remplir cet office mystérieux ? C’est ce qu’on tente ici de suggérer à travers un libre commentaire de quelques images « remontées du fond de la mine » mais, surtout, de La rabbia, l’admirable film d’archives politico-poétique de Pier Paolo Pasolini.

JEAN-LOUIS CHRÉTIEN: L'ESPACE INTÉRIEUR - ÉDITIONS DE MINUIT 2014





JEAN-LOUIS CHRÉTIEN
L'ESPACE INTÉRIEUR
Éditions de Minuit, 6/2/2014
collection "Paradoxe"

S'approprier un lieu pour l'habiter est un acte fondamental de l'homme. Mais ce que nous sommes, il nous faut aussi apprendre à le faire nôtre, en découvrant, exerçant et habitant nos possibilités. Cet espace intérieur est-il essentiellement celui de ma solitude, où nul autre ne peut pénétrer, ou peut-il être celui d'une hospitalité, un vide central où Dieu vient demeurer ? Dans la continuité d'une tradition qui remonte à la Bible, nos diverses demeures (chambre, appartement, maison, temple, château...) ont permis de figurer et de décrire l'intériorité humaine. Il s'agit de schèmes variés, tantôt pour explorer, tantôt pour construire notre personnalité, et par là pour penser le jeu de nos forces et de nos désirs, le déploiement de nos pensées et de nos actes, et en dégager des lois, selon une topique, du mot qui signifie la disposition des lieux. Une rupture et un renversement marquent cette histoire. La topique chrétienne, largement méconnue, forme un modèle diversifié et approfondi au long des siècles, lequel pose l'identité humaine comme habitable par une autre présence que la nôtre. A partir de la Renaissance, et depuis Montaigne jusqu'à Rousseau et Kant, tout comme dans la poésie et le roman, elle tend à s'effacer, avec son horizon mystique, au profit d'un face-à-face avec moi-même, tout en usant des mêmes schèmes. Ainsi se fondent l'identité moderne et la subjectivité. A travers la pensée de nombreux auteurs, de saint Augustin à sainte Thérèse d'Avila, d'Origène à Dante, de Baudelaire à Freud, ce livre décrit et médite, selon une généalogie, un axe oublié de la pensée de l'identité, lourd de questions toujours aiguës.

TEMPLARI - COMMENDA DI PRE', GENOVA





TEMPLARI
Storia e leggenda dei cavalieri del Tempio
a cura di Cosimo Damiano Fonseca e Giancarlo Andenna
Museoteatro della Commenda di Prè
piazza della Commenda - Genova
dal 28/3/2014 al 2/6/2014

Il percorso storico dei Templari, tra il XII e il XIV secolo, favorito da tutte le componenti della società medievale, ha fortemente inciso sulla concezione stessa dell'identità europea con la forza di una nuova regola di tipo monastico-militare basata su valori universali: la protezione dei deboli, l'abnegazione al dovere, la subordinazione degli interessi particolari al bene generale.
Sulla base di queste premesse, la Fondazione DNArt ha promosso la realizzazione di un percorso espositivo sull'Ordine del Tempio e sul complesso contesto storico ad esso collegato, curato da Cosimo Damiano Fonseca, Giancarlo Andenna e Hubert Houben.
Il progetto, grazie all'apporto dei migliori specialisti internazionali, si presenta come un viaggio di scoperta e approfondimento storico artistico, in grado di recuperare la ricchezza e la complessità di un caso paradigmatico, quale la nascita e la tragica fine dell'Ordine del Tempio.

La mostra, attraverso l'esposizione di importanti e significativi reperti storico-artistici, si prefigge di illustrare la questione templare innanzitutto come eredità storica, partendo direttamente dal contesto di questa epoca chiaroscurale sulla quale il visitatore potrà muoversi in un personale percorso di approfondimento e di scoperta.
La mostra introdurrà il tema del cammino sviluppandosi in nove sezioni contrassegnate da un simbolo. Il visitatore potrà così confrontarsi con il più ampio tema del pellegrinaggio medioevale. Il “cammino” espositivo si comporrà dunque di nove sezioni tematiche contrassegnate ciascuna da una specifica simbologia:
1. La Regola
2. Gerusalemme
3. Le Crociate e l'Europa
4. I Guardiani del Tempio
5. Prescelti nel segno del sangue
6. I Templari e l'Italia
7.Protezione dei confini occidentali
8. I nemici del Tempio
9. La Caduta del Tempio

venerdì 28 marzo 2014

JOSEPHINE MACKSEPER - NAK NEUE AACHENER KUNSTVEREIN





JOSEPHINE MACKSEPER
NAK Neuer Aachener Kunstverein
Passstraße 29 - Aachen
29/3/2014 - 25/5/2014

Josephine Meckseper’s works meld the aesthetic language of modernism with the formal language of commercial display, combining mass-produced objects with images and artifacts of historical and political events. In her shop window installations, large-scale display sculptures, paintings, photographs, and films, she draws a direct correlation to the way our consumer culture has historically shaped cultural production as well as how early Modernism and the avant-garde developed into a form of political and aesthetic resistance to classism and capitalism.
In this exhibition, the sculptural installations and wall works refer to the political dimension of early modernist display architecture and design between World War I and II in Weimar Germany while simultaneously creating a window into our contemporary consumer society. The exhibition will feature a new stainless steel vitrine that pays homage to the modernist architecture of Ludwig Mies van der Rohe who was born in Aachen in 1886. Additionally, Meckseper’s wall works, made out of store display slatwall panels and printed canvases, highlight appropriated advertisings such as the packaging of male underwear labels 2(X)ist.
The installation Sabotage on Auto Assembly Line to Slow it Down, is a mirrored platform featuring three car tires on a chrome conveyor belt alongside two videos shown on stacked television monitors. One of the videos is a continuous image of a shattered screen, while the other, is a montage of hawkish car advertisements that flooded the US airwaves in early 2008. This work points out the instability of capitalism and Post-Fordian society. The title refers to the term Slowdown, an industrial action in which workers reduce productivity and efficiency- a measure that is seen as less risky and costly for workers and unions than a real strike.
Meckseper’s work Natural History is part of her ongoing slatwall series in which she employs industrial retail systems commonly used to display merchandise. Stacked into 2.5 m square ‘paintings’ with fluorescent lights, they confront contemporary consumer display forms with references to Minimalism and Abstract Expressionism.
The works in the exhibition create a sense of an archeology of the present and the early 20th century. A sense of instability haunts the mirrored surfaces and the seemingly benign objects reflected in them, as if the reason for their existence is the anticipation of their own destruction.

Josephine Meckseper was born in Lilienthal, Germany, and studied at Hochschule der Künste in Berlin and CalArts, Los Angeles, where she received her MFA. In 2013, her work was exhibited throughout the permanent collection and public spaces of Parrish Art Museum. Meckseper’s first public project in New York, Manhattan Oil Project, was commissioned by Art Production Fund and installed in a lot adjacent to Times Square in 2012. The migros museum, Zurich dedicated a solo exhibition to her work in 2009, which traveled to Ausstellungshalle zeitgenössische Kunst, Münster and the Blaffer Gallery/Art Museum of the University of Houston. A major retrospective was organized by the Kunstmuseum Stuttgart, Germany, in 2007. Meckseper’s work has been exhibited in numerous international biennials and museum exhibitions worldwide, and is in the permanent collections of numerous institutions, including the Solomon R. Guggenheim Museum, The Museum of Modern Art, the Whitney Museum of American Art, the Perez Art Museum Miami, and the Hammer Museum, UCLA. The artist lives and works in New York.

METAMKINE: CELLULE D'INTERVENTION - O', MILANO 29/3/2014





METAMKINE
CELLULE D'INTERVENTION
O'
via Pastrengo, 12 - Milano
sabato 29 marzo 2014, ORE 19,45

O' è felice di avere ospite dinuovo e dopo tanti anni Cellule d'Intervention Metamkine (Fr). Per via delle recenti restrizioni condominiali, Metamkine lavorerà per la performance da O' su di un suono differente, più controllato, regalandoci un'esperienza davvero irripetibile.
Gruppo aperto di musicisti e registi alla ricerca del rapporto tra immagine e suono, Metamkine sviluppa sin dal 1987, progetti, ricerche, formati che presentano in festival, gallerie, cinema e spazi di arte contemporanea in Europa, Canada e Stati Uniti.
Attraverso l'illusione degli specchi, diversi proiettori ed un ingegnoso sistema di montaggio dal vivo, Metamkine produce e costruisce un film completamente inedito in ciascuna delle sue esibizioni. Lavorando attorno ad un nucleo narrativo, crea impressionanti vortici visivi da cui appaiono vignette estemporanee, accompagnate da una colonna sonora scritta in tempo reale con frammenti di nastro e arcaici suoni sintetizzati.

Jerome Noetinger (strumentazione elettroacustica), Christophe Auger e Xavier Querel (specchi, pellicole e proiettori 16mm), trascinano i confini del 'cinema' e della sonorizzazione nel territorio di una performance live - assolutamente unica.
  

GIANLUCA GROSSI: GUIDA ALLA MUSICA FRANCESE - ODOYA 2014





GIANLUCA GROSSI
GUIDA ALLA MUSICA FRANCESE
Odoya, 27/2/2014 
collana "OL - Odoya Library"

Con la fine della Seconda guerra mondiale, la vittoria degli anglo-americani determina una rivoluzione nei gusti musicali europei: dagli anni Cinquanta in poi, infatti, l’avvento del rock’n’roll soppianta i generi originari dei vari paesi del Vecchio continente, suggerendo al contempo mode, costumi e filosofie di pensiero. Solo un Paese riesce a contenere lo strapotere mediatico anglo-statunitense, mantenendo salde le proprie tradizioni musicali e arrivando addirittura a imporsi oltre oceano: è la Francia, con figure divenute leggendarie a livello internazionale come Edith Piaf, Yves Montand e Charles Aznavour. Questa guida indaga i principali rappresentanti di questa “resistenza” francese, offrendo un campionario di talenti, più o meno noti, che da sessant’anni a questa parte segnano le sorti della cultura musicale d’oltralpe. Venti fanno parte della prima generazione, quella comparsa sulla scena internazionale dagli anni Cinquanta alla fine degli anni Settanta (Gilbert Becaud, George Brassens, Serge Reggiani); l’altra metà rappresenta la seconda, che ancora oggi produce materiale originale destinato agli scaffali musicali di mezzo pianeta (Camille, AIR, Daft Punk). 

MARIO MAFFI: LA GIUNGLA E IL GRATTACIELO - ODOYA 2013





MARIO MAFFI
LA GIUNGLA E IL GRATTACIELO
Scrittori, lotte di classe, “sogno americano”, 1865-1920
Odoya, 31/10/2013
collana "OL - Odoya Library"

I decenni convulsi che vanno dalla guerra civile americana, con la politica d'imperialismo inaugurata da Roosevelt, alla fine della Prima guerra mondiale. Le tensioni economiche, sociali e culturali di una soeietà in rapida trasformazione. La nascita delle grandi metropoli e il richiamo della Frontiera e di un ormai mitico passato contadino. Le ondate di immigrati. Il movimento socialista. L'esplodere delle lotte operaie. E come tutto ciò venne narrato da autori come Theodore Dreiser, Upton Sinclair, Jack London, John Reed, Sherwood Anderson e molti altri. Mario Maffi prende in esame quegli scrittori americani che, partendo da premesse ideologiche diverse e a volte contrastanti, posero al centro di romanzi e racconti le vicende di una lotta di classe serpeggiante negli Stati Uniti in forme acutissime. Quali sono le origini di questa letteratura spesso dimenticata a favore della più "chiassosa" "proletarian literature" degli anni Trenta? Come matura nella seconda metà dell'Ottocento? Come si manifesta e si sviluppa? Quali sono i suoi caratteri distintivi? Nati dentro il "sogno americano", alcuni di questi scrittori cercarono di rivoltarglisi contro, mettendone sotto accusa la retorica e la demagogia. Altri ne furono vittime inconsapevoli anche quando s'illudevano di negarlo. Altri, infine, lo difesero con accanimento dalle minacce oscure d'un proletariato la cui stessa esistenza costituiva una negazione dei contenuti di quel "sogno".
  

GIULIA VASTA - UNIMEDIAMODERN, GENOVA





GIULIA VASTA
UnimediaModern Contemporary Art
piazza Invrea, 5(b) Genova
dal 29/3/2014 al 30/4/2014

“…Calati in una routine quotidiana in cui tutto sfugge, tutto scorre, tutto prende sorprendente velocità, guardare un frame o la ripresa integrale dall’alto di un torrente rende il lavoro di Giulia Vasta straordinariamente contemporaneo, perfettamente in linea con il disagio squisitamente metropolitano del “non avere tempo”: minaccioso e inesorabile, il fiume ci appare come una trafficatissima via, intasata da smog, cellulari e luci abbaglianti in cui l’uomo diventa automa impazzito, che cammina, corre e riempie l’agenda di impegni improrogabili.
E dopo la frenesia, gli echi e i rumori parlano quanto il solco lasciato da una testa su un guanciale dopo un lungo riposo e l’assenza parla più della presenza, perché evoca nostalgia e passaggio di un momento che non si ripeterà. L’assenza spaventa se la si associa al silenzio più assoluto ma la presenza fagocita perchè compromette la libertà individuale, condannando ogni giorno l’uomo a mille piccole battaglie per aggiudicarsi il diritto di “vivere come individuo…”.
(Grazia Previati)

Sarà presentata la serie di lavori tratti da video-performance dal titolo “Dissipazione”. “Le forme dell’assenza” è il titolo di un’installazione: su di un grande tavolo trovano collocazione fotografie, oggetti e piccoli manufatti dell’artista, che rappresentano una raccolta di sensazioni e di memorie.

La mostra è accompagnata da un catalogo con testi di Viana Conti, Caterina Gualco e Grazia Previati.

Dal 20 giugno al 6 luglio 2014 sarà presentato alla Sala Dogana di Palazzo Ducale, Genova il secondo “movimento” di questo viaggio ne ”Le forme dell’assenza”.

WASSILY KANDINSKY - ARCA, VERCELLI





WASSILY KANDINSKY
a cura di Eugenia Petrova
Arca ex Chiesa di San Marco
piazza San Marco 1 - Vercelli
dal 28/3/2014 al 6/7/2014

Dal 29 marzo al 6 luglio 2014, Arca di Vercelli, il sofisticato spazio espositivo realizzato dentro la trecentesca chiesa di S. Marco la cui programmazione da anni si concentra sui protagonisti dell’arte del XX secolo, ospiterà una nuova grande e raffinata esposizione, realizzata con un nucleo straordinario di opere, per svelare il percorso che diede vita alla nascita dell’astrazione.
Dopo il ciclo, durato cinque anni e realizzato in collaborazione con la Fondazione Guggenheim, che ha visto approdare a Vercelli i maestri delle avanguardie europee e americane collezionati da Peggy Guggenheim, Arca apre le sue porte all’altra parte della storia artistica del Novecento, in collaborazione con il Museo Nazionale di San Pietroburgo, la più vasta raccolta al mondo dedicata all’arte russa.
La prima mostra, ideata e curata da Eugenia Petrova, direttrice aggiunta del Museo di Stato Russo di San Pietroburgo, è dedicata a Wassily Kandinsky, l’artista che più di ogni altro fu la cerniera fra occidente e oriente.
La rassegna, dal titolo L’artista come sciamano, si sviluppa intorno a ventidue capolavori del padre dell’astrattismo, provenienti da otto musei russi, accompagnati da selezionatissimi dipinti di maestri dell’avanguardia russa e da uno straordinario nucleo di oggetti rituali delle tradizioni polari e sciamaniche praticate nelle lontane e sterminate regioni siberiane, da cui Kandinsky trasse profonde ispirazioni durante i suoi anni giovanili di studi etnoantropologici, e che contribuirono, insieme alle tradizioni contadine russe allo sviluppo del suo percorso intellettuale verso l’astrazione come forma della spiritualità.
I lavori presentati a Vercelli appartengono prevalentemente agli anni che Kandinsky trascorse fra Monaco e la Russia, tra il 1901 e il 1922, anno in cui fu costretto ad abbandonare per sempre la Russia sovietica, che pure aveva sostenuto nei primi anni della rivoluzione, per accettare l’incarico offertogli da Walter Gropius di dividere con Paul Klee l’insegnamento al Bauhaus.
È il momento in cui l’artista giunse alla convinzione che per trasporre sulla tela sentimenti e pensieri non fosse necessario raffigurare oggetti, paesaggi, i volti della vita quotidiana ma che, tramite il colore, la forma, la loro combinazione e il ritmo della composizione fosse possibile esprimere gli stati d’animo e le emozioni provocati sia dal mondo esterno che dai moti profondi dello spirito umano.
Il lungo e profondo viaggio che condusse Kandinsky all’astrazione, era cominciato negli anni della sua formazione universitaria, quando i suoi studi di legge lo avevano portato ad analizzare i fondamenti del diritto nelle tradizioni delle sterminate campagne della Russia, fra le lontane popolazioni della Vologda, in Siberia, dove da etnologo approfondì la vita, gli usi e l’economia dei sirieni, una piccola etnia cui dedicò alcuni articoli scientifici, incontrando anche le pratiche popolari derivanti dalle antiche ritualità sciamaniche, dalla cui profonda spiritualità fu fortemente colpito.
Molti elementi che si ritrovano nella sua opera richiamano quella esperienza, dalla figura del cavallo e del cavaliere, al tamburo rituale, alle figure simboliche di animali.
La formazione del giovane Kandinsky crebbe all’interno di una impetuosa corrente culturale sviluppatasi in Russia per tutto l’800, seguita all’invasione napoleonica e alla conseguente distruzione di Mosca, volta a ricercare nella cultura primitiva e folclorica del mondo contadino, le radici di un’originaria e intatta civiltà russa. Di questo universo favoloso ed esoterico, contrapposto al razionalismo dell’occidente europeo, facevano parte le favole e le canzoni popolari trasmesse oralmente fin dal Medioevo e riprese poi in letteratura da Pushkin e Dostoevskji e in musica da Rimsky Korsakov, prima, e poi dagli altri compositori russi di inizio ‘900, da Mussorsgky a Skriabin a Stravinsky.
Nella fusione delle sue esperienze di studio e del clima culturale russo nasce lo Spirituale nell’arte e il pensiero che farà di lui il massimo teorico dell’arte del ‘900, l’inventore dell’astrazione, e uno dei più grandi maestri di tutta l’arte del ‘900.
Il percorso espositivo all’Arca di Vercelli conduce lungo questo percorso con molti dei suoi capolavori sommi, accompagnati da rari oggetti appartenenti alla tradizione dello sciamanesimo, prestito generoso di un’importante collezione italiana, dai suoi primi dipinti nati in atmosfera simbolista, alle opere del periodo di Murnau, fino alle grandi tele dei pochi anni in cui Kandinsky divenne il punto di unione fra le avanguardie occidentali, raccolte intorno a Der Blaue Reiter, e i maggiori protagonisti dell’avanguardia russa per arrivare alle opere del periodo finale della sua permanenza in Russia, che lo vide impegnato, come commissario per le arti del governo post rivoluzionario prima che il dissenso con le forme del potere sovietico non lo conducesse ad accettare un esilio definitivo.
La mostra è curata da Eugenia Petrova e promossa dalla Città di Vercelli, organizzata da Giunti Arte mostre musei col patrocinio della Regione Piemonte, il contributo di diverse istituzioni e aziende, fra le quali la Provincia di Vercelli, Biverbanca e con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Vercelli.

Il Catalogo è pubblicato GAmm Giunti, e contiene insieme ai saggi di Eugenia Petrova e Francesco Paolo Campione, la prima traduzione italiana dello studio pubblicato da Kandinsky sui popoli siberiani.

NO COUNTRY FOR YOUNG MEN - BOZAR, BRUXELLES





NO COUNTRY FOR YOUNG MEN
Contemporary Greek Art in Times of Crisis
curated by Katerina Gregos
BOZAR
Rue Ravenstein 23 - Brussels
26 March–3 August 2014

A great deal has been written about the financial crisis in Greece. Reports have often focussed on statistics related to the economy, or sensationalist stories about riots, increasing nationalism and xenophobia. However, there has been little in-depth reporting of the humanitarian consequences of the austerity plan. The exhibition No Country for Young Men seeks to transcend stereotypical media representations of the crisis. It explores the state of affairs in Greece today, complicating the question of the crisis and shedding light on how it has affected the Greek people, the social body, institutions, landscape and environment, as well as artistic production. The exhibition reflects the social and economic reality of Greece today and pays special attention to the dramatic transformations that have occurred in light of the crisis, and its humanitarian dimension.
The exhibition’s title, which plays on Joel and Ethan Cohen’s film No Country for Old Men (and the book by Cormac McCarthy of the same name), evokes the unfavourable situation for young people in Greece today. The exhibition, however, also looks at the possibilities the crisis offers for re-inventing and re-imagining the country. No Country for Young Men therefore also highlights the enormous creativity that has sprung up in Greece in recent years. How has the crisis affected art production in Greece? How do artists react and respond to the current situation? What images of Greece are they making at this precarious turning point for the country? The critical nature of the Greek crisis is not something that concerns only the Greeks. It is symptomatic of a European as well as wider malaise, and can be considered a pars pro toto for the global picture.
This exhibition is the first of its kind since the outbreak of the crisis and is the largest presentation of contemporary Greek art to take place outside Greece for a decade. Brussels is the hub of many of the decisions that affect suffering European countries, making the location of this exhibition all the more relevant. No Country for Young Men includes recent or newly produced work by 33 artists and collectives and aims to reflect on Greece’s turbulent times and generate a sense of urgency, vitality, affective and emotive power.

Participating artists: Loukia Alavanou / Manolis Anastasakos & Alexandros Vasmoulakis / Bill Balaskas / Depression Era / Eirene Efstathiou / Stelios Faitakis / Marina Gioti / Alexandros Georgiou / Philippe Grammaticopoulos / Guerrilla Optimists / Michalis G. Kallimopoulos / Dionisis Kavallieratos / Panos Kokkinias / Alkis Konstantinidis / Zissis Kotionis / Marinos Koutsomichalis, Afroditi Psarra & Maria Varela / Nicolas Kozakis & Raoul Vaneigem / Nikos Navridis / Angelos Papadimitriou / Maria Papadimitriou / Antonis Pittas / Poka-Yio / Stefania Strouza / Lina Theodorou / Panos Tsagaris / Kostas Tsolis / Dimitris Tsoumplekas / Chrisa Valsamaki / Kostis Velonis / Eirini Vourloumis / Zafos Xagoraris / Yorgos Zois

Image: issis Kotionis, A.D.A.P.T. (Apparatus for Defence Against Police Terror), 2013. Wood, polypropylene, sound installation, 300 x 200 x 360 cm. Courtesy of the artist. Photo: Vasia Lyri.

DAVID GRUBBS: RECORD RUINS THE LANDSCAPE - DUKE UNIVERSITY PRESS 2014






DAVID GRUBBS
RECORD RUINS THE LANDSCAPE
John Cage, the Sixties, and Sound Recording
Duke University Press Books
(March 28, 2014)

John Cage's disdain for records was legendary. He repeatedly spoke of the ways in which recorded music was antithetical to his work. In Records Ruin the Landscape, David Grubbs argues that, following Cage, new genres in experimental and avant-garde music in the 1960s were particularly ill suited to be represented in the form of a recording. These activities include indeterminate music, long-duration minimalism, text scores, happenings, live electronic music, free jazz, and free improvisation. How could these proudly evanescent performance practices have been adequately represented on an LP?
In their day, few of these works circulated in recorded form. By contrast, contemporary listeners can encounter this music not only through a flood of LP and CD releases of archival recordings but also in even greater volume through Internet file sharing and online resources. Present-day listeners are coming to know that era's experimental music through the recorded artifacts of composers and musicians who largely disavowed recordings. In Records Ruin the Landscape, Grubbs surveys a musical landscape marked by altered listening practices. 

BERYL GRAHAM: NEW COLLECTING - ASGATE 2014





BERYL GRAHAM
NEW COLLECTING
Exhibiting and Audiences After New Media Art
Ashgate Pub Co; New edition edition
(March 28, 2014)

The collections of museums, galleries and online art organisations are increasingly broadening to include more new media art. Because new media is used as a means of documenting, archiving and distributing art, and because new media art might be interactive with its audiences, this highlights the new kinds of relationships that might occur between audiences as viewers, participants, selectors, taggers or taxonomisers.New media art presents many challenges to the curator and collector, but there is very little published analytical material available to help meet those challenges. This book fills that gap. Drawing from the editor's extensive research and the authors' expertise in the field, the book provides clear navigation through a disparate arena. The authors offer examples from a wide geographical reach, including the UK, North America and Asia and integrate the consideration of audience response into all aspects of their work. The book will be essential reading for those studying or practicing in new media, curating or museums and galleries. 

GIONATA XERRA: TRAVELLERS - MUSEO DEI BENI CULTURALI CAPPUCCINI, GENOVA





GIONATA XERRA
TRAVELLERS
Museo dei Beni Culturali Cappuccini
viale IV novembre 5 - Genova
dal 16 marzo al 22 giugno 2014

Il Museo dei Beni Culturali Cappuccini di Genova "Travellers", la nuova mostra dell’artista e fotografo Gionata Xerra sui migranti. Un progetto multimediale e interattivo, fatto di immagini fotografiche ed istallazioni multimediali, per accompagnare i visitatori lungo un percorso di intima riflessione sul tema del viaggio, come metafora per raccontare le "contraddizioni del mondo". I protagonisti degli scatti fotografici – i cui volti sono "tracciati dalla perspicacia, dalla perizia tecnica e dall’acuta sensibilità umana di Gionata Xerra", come ha avuto modo di sottolineare il filosofo Remo Bodei – sono viaggiatori che, raggiunta una condizione di benessere e stabilità nella società occidentale, raccontano il proprio cammino uscendo da valigie aperte. Dodici testimoni di diverse etnie – donne, uomini e bambini – che ripercorrono con lo spettatore viaggi in alcuni casi ancora dolorosamente presenti, compiuti in prima persona o "ereditati" dalle narrazioni della famiglia e dal popolo di appartenenza.
Lo spazio espositivo accoglie, oltre a quella principale con i ritratti fotografici inseriti in box retroilluminati, altre due installazioni interattive: una prima costituita da una fila di valigie appese a una parete, che attendono di svelare al visitatore curioso le storie nascoste al loro interno, e una seconda attraverso la quale lo spettatore si proietterà in prima persona, grazie a una sorta di "Scatola Magica", in un viaggio introspettivo individuale. La valigia – simbolo per antonomasia del viaggiare e "metafora di uno spazio intermedio tra il domestico e l’estraneo", come osservato dalla critica d’arte Lucia Miodini – è in alcuni casi nuova e in altri consunta o addirittura lacerata, allo scopo di rievocare il dolore della migrazione. La mostra si configura, infatti, come un’occasione importante per approfondire alcune tematiche sociali fondamentali del nostro tempo: dal disagio, che accompagna il distacco e la separazione di quei "viaggiatori per obbligo" che sono i migranti, alla difficoltà dell’integrazione.
La volontà di guardare e riflettere, allo scopo di apprendere e restituire, caratterizza ormai da anni l’operato del Museo dei Beni Culturali Cappuccini di Genova. Da questo punto di vista, la mostra di Gionata Xerra rappresenta per i Cappuccini – errantes e travellers per scelta e vocazione – un’occasione unica per realizzare questo proposito attraverso l’arte, la tecnologia e la creatività contemporanea.

Contestualmente alla mostra è stato realizzato un libro-catalogo – edito da Silvana Editoriale – contenente contributi filosofici di Remo Bodei, critici di Lucia Miodini, psicologici di Fulvio Scaparro e testi narrativi di Giuseppe Aloe, Carla Cerati, Daniele Manca e Gabriele Tarelli.

mercoledì 26 marzo 2014

DESAFÍO A LA ESTABILIDAD - MUAC, CIUDAD DE MEXICO





DESAFÍO A LA ESTABILIDAD
Procesos artísticos en México 1952-1967
MUAC - Museo Universitario de Arte Contemporaneo
Insurgentes Sur 3000 - Centro Cultural Universitario - Ciudad de México
27.03.2014 / 03.08.2014

Desafío a la estabilidad. Procesos artísticos en México 1952-1967 ofrece una visión amplia de este complejo e intenso momento creativo de apertura en las artes mexicanas que aporta una revisión amplia, crítica y académica que se aparta de una visión unívoca sobre los campos artísticos y el peso que la figura artística individual significa.
En un contexto de modernización y replanteamiento de las relaciones entre identidad nacional e influencias internacionales, aparece una generación de creadores que revolucionaron las artes visuales, la arquitectura, la literatura, el cine y el teatro mexicano a partir de nuevas estrategias interdisciplinarias y propuestas audaces, críticas y lúdicas producto de abrazar otro sistema de valores que afectó y transformó perspectivas sobre el cuerpo, la política, la religión y la sexualidad. Aparecieron obras de los géneros más diversos, y el surgimiento al unísono de una nueva forma de utilizar los medios de comunicación como la publicidad en medios impresos, la televisión o la radio. Fue un tiempo de expansión urbana y transformación de la Ciudad de México que dio lugar al descentramiento de las actividades culturales y el surgimiento de nuevos espacios culturales que atrajeron a los emergentes públicos universitarios.
La exposición se organiza a partir de seis núcleos curatoriales y en una secuencia cronológica flexible:

Borramientos traza los caminos de una actividad creativa fundada en el desvanecimiento de los límites entre las disciplinas artísticas. Puede hablarse de una emergencia de las vanguardias contemporáneas internacionales de los años cincuenta y sesenta en un ambiente sin un fuerte antecedente de afiliación a los movimientos modernos.

Corporalidades. Durante esta etapa el cuerpo asume una importancia visible en las propuestas pictóricas de otras figuraciones que llevan al encuentro de lo corporal como aquello que se distorsiona, se interviene y se convierte en el vehículo del trabajo artístico. También se hace visible en las experiencias teatrales y en la trasposición del cuerpo que recurre al movimiento y a la distorsión desde la óptica del cine experimental.

Imaginarios explora el imaginario internacional de los años cincuenta y sesenta y los grupos e individuos que llegan de otros lados a establecerse en México. Del aislamiento de los primeros surrealistas hasta la incorporación gradual del movimiento beatnik visible en la publicación de diversas revistas. Hacia los años sesenta aparecen expresiones relacionadas con otra vertiente del surrealismo más radical frente a la concepción de lo corporal que transforma la literatura y las artes visuales.

Modernizaciones esboza la existencia de un proyecto de modernización compartido por ciertos sectores del Estado y algunos artistas. En este proceso intervienen la expansión urbana y el desarrollismo, las formas de relacionarse con la ciudad y la emergencia de nuevos espacios culturales.

Yuxtaposiciones se caracteriza por la innovación y al mismo tiempo por la tendencia a preservar la tradición artística. Revalora la impronta de los valores estéticos prehispánicos fuera del uso narrativo y anecdótico que le precede y a la vez plantea la búsqueda hacia nuevas espiritualidades.

Nuevos Circuitos considera la pluralidad y multiplicación de los espacios de gestión cultural tanto privados como del Estado. Plantea el desvanecimiento de una hegemonía en las políticas culturales y el consecuente impacto en la diversificación y surgimiento de experiencias artísticas innovadoras.

URI ARAN - PEEP-HOLE, MILANO





URI ARAN
Peep-Hole
via Stilicone 10 – Milano
dal 25/3/2014 al 3/5/2014

Martedì 25 marzo Peep-Hole presenta Puddles, la prima mostra personale in un’istituzione italiana dell’artista Uri Aran.
Uri Aran realizza opere articolate in cui le varie componenti - siano esse scultoree, filmiche, musicali o grafiche - creano paesaggi visivi apparentemente caotici, che svelano al contrario l’interesse dell’artista nei confronti delle strutture organizzative insite in ogni forma di rappresentazione, di costruzione sociale e di codice etico.
Aran sviluppa una ricerca il cui fulcro risiede nel linguaggio, sia esso inteso come articolazione verbale o scritta, come elemento grafico o formale, con una particolare attenzione al rapporto tra significato e significante.
Realizzate con oggetti raccolti, immagini trovate o generate da computer, disegni, fotografie, video e materiali organici, le sue installazioni sono concepite come dei ‘sistemi di apprendimento’ aperti, in cui lo spettatore segue un proprio percorso di lettura (percettivo) e di senso (interpretativo). Le opere di Aran sono story board aperte che coinvolgono l’osservatore su un piano psicologico-emotivo. Esemplari in questo senso sono le installazioni con i tavoli, dispostivi complessi, che dischiudono una relazione stratificata tra realtà e artificio, tra dato esistenziale e citazione.

Per Peep-Hole Aran ha ideato un progetto site-specific che occupa tutto lo spazio del centro d’arte e che vede un’interazione diretta dei visitatori attraverso l’espediente del gioco.

Uri Aran (Gerusalemme, 1977) si è stabilito negli Stati Uniti, dopo gli studi effettuati tra la Cooper Union a New York, la Bezalel Academy in Israele e la Columbia University, sempre a New York. Il suo lavoro è stato recentemente esposto alla 55.a Biennale di Venezia, Il Palazzo Enciclopedico, e attualmente alla Whitney Biennial 2014, Whitney Museum, New York. Sue personali si sono tenute lo scorso anno presso Kunsthalle Zürich, Zurigo e South London Gallery, Londra.

ANDREA BRANZI: UNA GENERAZIONE ESAGERATA - BALDINI & CASTOLDI 2014

ANDREA BRANZI
UNA GENERAZIONE ESAGERATA
Dai radical italiani alla crisi della globalizzazione
Baldini & Castoldi, 26/3/2014
collana "Saggi"

“L’Italia è l’unico Paese europeo che non ha mai fatto una Rivoluzione: per questo motivo ha maturato una grande abilità nell’arte di gestire le proprie contraddizioni, senza risolverle mai completamente: così la categoria dell’esagerazione è diventata una strategia utile a dilatare, senza arrivare mai al punto di rottura, la convivenza conflittuale tra le parti sociali, tra la propria storia e il proprio presente”: inizia così il nuovo lavoro di Andrea Branzi, il racconto di un’intera generazione di esagerati formatasi durante gli anni Sessanta, con un mondo schiacciato tra la Guerra Fredda e il Miracolo Economico. Una piccola minoranza prese il nome di radical, iniziando a usare il conflitto non in chiave ideologica ma come tema figurativo: descrivendone gli effetti sulla cultura del progetto, Branzi giunge infine a una nuova definizione di progetto contemporaneo, spazio attivo e complesso che ci connette al mondo esterno.  

CRISTINA MOROZZI: TERRIFIC DESIGN - 24 ORE CULTURA 2014

CRISTINA MOROZZI
TERRIFIC DESIGN
24 Ore Cultura, 20/3/2014

C’è una deriva nel design contemporaneo, sfumata come un arcobaleno estivo, difficile da etichettare. Non appartiene al kitsch da sempre trasversale all’estetica, perché non ha una connotazione popolare. Anzi, si propone come manifestazione alta e virtuosistica della creatività applicata ad oggetti d’uso. Varie sono le sue espressioni, paradossalmente, tante quanti i creativi che la praticano, dedicandosi alla realizzazione di pezzi di bravura, con applicazione e perizia quasi ossessive. Si nutre di varie abilità: ebanisteria, scultura, intaglio, assemblaggio, collage, riciclaggio, trasformazione, ricamo, tricot… Attraversa varie tendenze, dal surrealismo al dadaismo, dallo zoomorfismo all’antropomorfismo. Utilizza le materie più disparate, con un occhio di riguardo al recupero, resuscitando in forme mirabolanti vasetti di yogurt, catarifrangenti d’auto, lenti di occhiali, peluche ecc. I creativi della nuova generazione paiono interessati a ritrovare l’unità tra ideazione e realizzazione, tra mente e mano, e gli studi diventano “botteghe” in cui si sperimenta e si lavora con le mani. Per contrappunto, quanto più la tecnologia informatica consente di creare virtualmente forme fantasmagoriche, tanto più i giovani designer s’impegnano a realizzare manufatti in legno, in resina, in carta, inventando nuovi compositi e cercando di adattare tecnologie sofisticate a effetti tradizionali. La funzionalità diventa un optional, l’obiettivo è la meraviglia e, magari, il disgusto: quel salutare sussulto che tocca lo stomaco prima ancora della ragione. 

SANDRA CHIESA: L'ANIMA DEI LUOGHI - GALATA MUSEO EL MARE, GENOVA





SANDRA CHIESA
L'ANIMA DEI LUOGHI
Galata Museo del Mare
Calata De Mari, Porto Aantico - Genova
dal 22 marzo al 17 aprile 2014

Un percorso visivo ed espositivo nelle esperienze di viaggio dell'artista nata a Camogli, ma da anni residente e operativa a Genova, dove ha "scoperto" l'arte contemporanea studiando e laureandosi presso l'Accademia Ligustica di Belle Arti.
Ogni luogo, per Sandra Chiesa, ha un'anima nascosta e profonda. Trovarla significa partire per un viaggio attraverso percorsi non segnati sulle carte, non descritti nelle guide, non rintracciabili dai satelliti.
Oltre ogni immaginazione: è la che conduce il viaggio di Sandra Chiesa. Una catena di passi che non seguono una direzione prestabilita, ma tracciano semplicemente una via d'accesso a un mondo di emozioni personali.
Sinestesia di colori, sensazioni tattili e profumi. Sandra Chiesa li racchiude nello spazio di un sogno, dove nulla è ciò che appare. Un inganno? No. Un invito, piuttosto, a partire con lei verso un altrove che si manifesta oltre il velo dell'ordinario.
L'anima dei luoghi diventa così installazione emozionale, nel senso originario del termine: moto del sangue, circolazione, vita. Senso profondo dell'esistenza.
L'anima dei luoghi non è un concetto. E' un equilibrio di forze che si attraggono e si separano. Sono le due fasi intermedie tra lo stato di perfetta quiete e quello di totale disgregazione degli elementi.
L'anima dei luoghi è un flusso di memorie sotterranee che tornano in superficie. Note di colore che richiamano la musicalità di un paesaggio; fogli di carta della consistenza di un velo, particolari di oggetti inanimati o naturali che l'artista trasforma in un portale dello spazio e del tempo.

Così, ogni viaggio di Sandra Chiesa non finisce con il ritorno a casa, riparte subito. L'installazione diventa l'inizio di un nuovo viaggio verso l'anima di un luogo che non può avere coordinate geografiche, perché è un luogo dell'anima, assolutamente unico.
L'installazione "L'anima dei luoghi" è allestita nella Saletta dell'Arte al primo piano del Galata Museo del Mare. Può essere visitata tutti i giorni dalle 10.00 alle 19.30. La presenza dell'artista è prevista dalle 15 alle 19.30 o su appuntamento, negli altri orari.

HANS RICHTER - MARTIN GROPIUS BAU, BERLIN



HANS RICHTER
curated by Timothy Bensan
Martin-Gropius-Bau
Niederkirchnerstr. 7 - Berlin
26/3/2014 - 3/6/2014

The ceuvre of Hans Richter (1888-1976) spanned nearly seven decades. Born in Berlin, he was one of the most significant champions of modernism. Berlin, Paris, Munich, Zurich, Moscow and New York were the major stations of his life. He was a painter and draughtsman, a Dadaist and a Constructivist, a film maker and a theoretician, as weil as a great teacher. His great scroll collages remain icons of art history to this day. His work is characterised by a virtually unparalleled interpenetration of different artistic disciplines. The link between film and artwas his major theme. Many of the most famous artists of the first half of the twentieth century were among his friends.
"Hans Richter: Encounters from Dada to Today" is the title of one of his books, which appeared in the 1970s. ln post-war West Germany it was preceded by a rediscovery of this significant artist, who was hounded by the Nazis and whose work was shown as part of the infamaus "Degenerate Art" exhibition of 1937. Now, for the first time since the 1980s, an exhibition is being dedicated to this great Berlin ortist in his native city. lt includes over 140 works, including his major films and some fifty works by artists whom he influenced. Hans Richter worked with multimedia in an era when this term hadn't even been invented. He regarded film as part of modern art. "The absolute film opens your eyes to what the camera is, what it can do, and what it wants."
The Los Angeles County Museum of Art developed the exhibition in cooperation with the Martin-Gropius-Bau and the Centre Pompidou Metz. Timothy Bensan is the curator. lt demonstrates how Richter comprehended his working style, which bridged many disciplines, and what impact his work had on the art of the twentieth century.
Over the course of ten chapters, the exhibition describes the artist's extensive body of work: Early Portraits I War and Revolution I Dada I Richterand Eggeling I Magazine "G" I Malevieh and Richter I Film und Foto (FiFa) I Painting I Series I Confronting the Object. Significant avant-garde works along with films, photos and extensive documentary materialstransform this exhibition into an important art event.

Hans Richter was active in the broad field of the Europeon avant- garde beginning in the 1910s. Not only art, but also the new medium of film interested him from the very start of his artistic career. ln 1908 Hans Richter began his studies at the School of Fine Arts in Berlin. He switched to Weimar the following year. ln 1910 he studied at the "Academie Julian" in Paris. Storting in 1913 he was associated with Herwarth Walden's gallery "Der Sturm" and became acquainted with the artists of the "Brücke" and the "Blauer Reiter". He distributed Marinetti's "Futurist Manifeste" to hackney drivers in Berlin. ln 1914 he also drew for Franz Pfemfert's magazine "Die Aktion" and was called up to military service in the summer of that year. ln 1916, having suffered severe wounds, he travelled to Zurich ("an island in a sea of fire, steel and blood") where, tagether with Tristan Tzara, Hugo Ball and others, he founded the Dada movement, about which he would one day write: " ... it was a storm that broke over the artofthat time just as the war broke over the peoples."
ln 1918 he met Viking Eggeling, with whom he conducted his first film experiments as precursors of "abstract film". Both dreamt of discovering a universallanguage within film which could promote peace among human beings. ln 1919 Richter served aschairman of the "Action Committee for Revolutionary Artists" in the Munich Soviet Republic. He was arrested shortly after the entry of Reichswehr troops. His mother lda secured his release.
Richter's first film, "Rythmus 21" in 1921, was a scandal - the audience attempted to beat up the pianist. Moholy-Nagy regarded it as "an approach to the visual realisation of a light-space-continuum in the movement thesis". The film, which is now recognised as a classic, also attracted the attention of Theo von Doesburg, who invited Richter to work on his magazine "De Stijl". ln 1922 Richter attended two famous congresses where many of the most significant avant-gardists of the era assembled: The "Congress of International Progressive Artists" in Düsseldorf and the "International Congress of Constructivists and Dadaists" - the Dada movement was dismissed on this occasion. ln 1923 Richterand other artists founded the short-lived but celebrated Magazine "G" (for "Gestaltung", i.e. design), which sought to build a bridge between Dadaism and Constructivism. Prominent participants included Arp, Malevich, EI Lissitzky, Mies van der Rohe, Schwitters and van Doesburg.
ln 1927 Richter worked with Malevich, who was then visiting Berlin for his first large exhibition, on a - naturally, "suprematist" - film, which, however, was never completed due to the political situation. ln 1929 Richter curated the film section of the famous FiFa exhibition (Film und Foto), a milestone in the history of the cinematic and photographic arts. More than 1,000 photos were presented - curated by, among others, Edward Weston and Edward Steichen for the USA and EI Lissitzky for the USSR. More than sixty silent films were shown, including works by Duchamp, Egeling, Leger, Man Ray and Chaplin. This important exhibition, initiated by the German Werkbund (which was founded in 1907), was also shown in the Martin-Gropius-Bau, which in those days was called "the former Museum of Applied Arts" - a fact that is rarely mentioned in current photographic histories. On this occasion, Richter published his first film book: "Film Enemies of Today, Film Friends of Tomorrow."
That same year, the first "Congress of Independent Film" was held in the remote Swiss castle of "La Sarraz": Hans Richter was invited along with Sergei Eisenstein, Bela Balazs, Walter Ruttmann and others. He made a film with Eisenstein, which has since been lost. The Congress is still regarded as the first festival dedicated solely to film. Back then, the still young art of film-making had to struggle for recognition.
Also that year, the Nazi storm trooper organisation denounced Richteras a "cultural Bolshevik" for the first time. ln 1930 he travelled to Moscow to make the film "Meta I". But objections by the Soviet government prevented its completion. ln 1933, when the Nazis seized power and Richter was living in Moscow, storm troopers sacked his Berlin flat and made off with his art collection. Feering for his life, he was soon forced to flee Moscow without a penny to his name. ln the Netherlands he made advertising films for Philips. He also worked for a number of chemical companies that were eager to invest in film as an advertising medium. He sought permanent residency in France and Switzerland. ln Switzerland, he and Anno Seghers cooperated on a script, and in 1939 Jean Renair arranged for him to create a majorfilm project in Paris. But the outbreak of war prevented this film as weil.
When the Swiss immigration police ordered Richter to leave the country, he succeeded in emigrating to the USA in 1941. Hilla von Rebay, an ortist and, like Richter, a former member of the farnaus Berlin "November Group", was then an adviser to the New York arts patron Solomon Guggenheim. With Guggenheim's help, von Rebay managed to implement the idea of a "Temple of Non-Objectivity" - the Museum of Non-Objective Painting (1939), which would become the later Guggenheim Museum. The museum provided Richter with the necessary invitation and a Jewish support fund for refugees sponsored his long journey. ln 1942 Richter became a teacher for film - and later director - at the Institute of Film Techniques at the College of the City of New York. Until 1956 he trained students who were later counted among the great figures of American independent film, including Stan Brackhage, Shirley Clarke, Maya Deren and Jonas Mekas.
ln 1940s America, after a fifteen-year pause, Richter began painting again. ln 1943144 he created his great scroll paintings and collages about the war: "Stalingrad", "Invasion" and "Liberation of Paris". After the war he made the episodic film "Dreams That Money Can Buy", working alongside five of the most famous artists of the twentieth century: Leger, Ernst, Calder, Ray and Duchamp. ln 1946 he presented his first great American art exhibition in Peggy Guggenheim' s ArtofThis Century gallery.
ln the 1950s, Richter returned to Europe for the first time following his emigration to deliver lectures. Portions of his art collection, which he had left behind in Germany following his move to Moscow, were returned to him. Numerous exhibitions led to the rediscovery of Hans Richter's works in Western Europe as weil. He worked in Connecticut during the summers and spent his winters in Ascona near his ortist friends. Richter experienced an extraordinarily prolific creative phase during which- after he set aside his painting utensils in the lote 1960s - many works appeared using special collage techniques. ln 1971 he became a member of the Berlin Academy of the Arts. By the time of his death in Switzerland in 1976, his work was shown and appreciated in many exhibitions in Western Europe. Now, for the firsttime in over thirty years, Hans Richter can be rediscovered in an exhibition from Los Angeles.

The following films by Hans Richter will be shown at the exhibition:
Rhythmus 21 (1921); Rhythmus 23 (1923); Die Malerei und die Probleme der Architektur I Painting and the Problems of Architecture (192711970); Animation Film with parts Storyboard 1-11 and VII-IX (192711970); Making of Malevich's Die Malerei und die Probleme der Architektur (1927170); Inflation (1928); Filmstudie I Filmstudy I Etude filmique (1928); Vormittagsspuk I Ghosts before Breakfast (1928); Rennsymphonie I Race Symphony (1928); Alles Dreht Sich, Alles Bewegt Sich I Everything Turns, Everything Revolves (1929); Zweigroschenzauber (1929); Every Day (1929169); Die neue Wohnung I The new Dwelling I New Living Place (1930); Hello Everybody (1933); Van Bliksemschicht tot Televisis I Vom Blitz zum Fernsehbild I From Lightning tot Television (1935136); Hans im Glück I Hans in Luck (1937138); Wir leben in einerneuen Zeit I We live in a New World (1938); Die Eroberung des Himmels I Conquest of the Sky (1938); Die Geburt der Farbe I The Birth of Color (1939); Die Börse I The Stock Exchange (1939); Dreams That Money Can Buy (1944-1947); 6 Modern Artists Make a Film (1948); 8 X 8. A Chess Sonata in 8 Movements (1952-1957); Dadascape (1956-61); Chesscetera (Chess: Passienote Pastime: The Story of Chess over 5,000 years, 1956157).

Excerpts from films by the following artists will also be shown:
Vertov, lvens, Moholy-Nagy, Man Ray, Duchamp, Strand, Sheeler, Clair, Eisenstein, Eggeling and Ruttmann. A recent documentary film by David Davidson about Hans Richter complements the exhibition: "Hans Richter. Everything Turns, Everything Revolves". The extensive catalogue contains not only numerous illustrations but also contributions by Timothy Benson, Philipe-Aiain Michaud, Edward Dimendberg, Yvonne Zimmermann, Doris Bergerand Michael White