venerdì 20 dicembre 2013

STEFANIA GALEGATI SHINES: TUTTIFRUTTI - FRANCESCO PANTALEONE ARTE CONTEMPORANEA, PALERMO



STEFANIA GALEGATI SHINES
TUTTIFRUTTI
a cura di Agata Polizzi
Francesco Pantaleone Arte Contemporanea
via Vittorio Emanuele 303 - Palermo
dal 21/12/2013 al 15/2/2014

Nel 1996 una Stefania Galegati (al tempo non ancora Shines) è a Londra, appena ventenne in una città, che allora come ora, ha sempre qualcosa da raccontare. Il viaggio di questa memoria lontana, ci porta all’interno della casa di un signore molto strano, eccentrico e geniale, un architetto e collezionista: si chiamava John Soane. Figura molto interessante, ecclettica, la sua casa, divenuta Museo, è tra i luoghi di maggiore interesse per la storia del collezionismo, perché ha avuto una genesi paradigmatica che nasce dall’intuito e dalla sensibilità di un intellettuale appassionato e poco formale che segue il suo istinto e il suo diletto.
Stefania Galegati Shines appare attratta da questo personaggio, certamente lo è dallo spazio, dalla sua regia disordinata, dalla natura non organizzata che crea una collezione intensa di oggetti, di opere, statue, dipinti e disegni, molti di artisti italiani così familiari, che parlano una lingua nota. Sono così tante le cose che Soane vuole mostrare ed è così forte la sua ansia di condividere con gli altri ciò che ama, tanto che, addirittura, fa realizzare artifici illuministici e plastici per rendere ancora più spettacolare il suo museo; progetta delle grandi pareti “da sfogliare”, come un libro. Pareti mobili che possano duplicare lo spazio e lo stupore.
Questa esperienza giovanile resta nascosta per anni come tante altre, nell’ombra della mente, silenziosa. Insieme ad essa la Galegati nel tempo impara a collezionarne altre, le custodisce e ogni tanto va fargli visita. Le memorie sono là, ci sono, a volte la turbano altre la rassicurano. Una collezione di ricordi, sensazioni, attimi che rapidi lasciano una traccia. Un archivio che l’artista sa di avere ben saldo, come una certezza.
Tuttifrutti è una mostra sintesi della “maturità” di contenuti, è la conseguenza di un’esplosione interiore, la deflagrazione di tante memorie che emergono da un passato mai passato, fluttuano, e improvvisamente si scoprono parte di un lavoro finito, pronto per essere raccontato. È una ricerca dinamica, senza gerarchie, intenzionalmente spiazzante.
Galegati Shines ripensa anche allo spazio, recupera la modalità “londinese” delle pareti mobili, creando un’alternanza che non è solo visiva ma anche concettuale, pensata per spostare costantemente l’attenzione e riposizionare lo sguardo. Funzionale alla sua idea di collezione.
Per raccontare la sua ricerca l’artista non utilizza criteri rigidamente selettivi, ma al contrario aperti e orizzontali, in modo semplice e netto. Mette insieme le cose, propone la sua personale visione: disincanto e ironia e un punto di vista lucido, agro-dolce e onesto della società contemporanea, alle prese con una quotidianità a volte distratta e superficiale in cui occorre necessariamente sempre “riposizionarsi”.

You are not my sweet skater raccoglie una serie scatti a partire dal 2006, una lunga carrellata di scritte su T-Shirt e vari indumenti, che hanno la comune caratteristica di essere partecipi di un’indefinita consapevolezza, a volte presente a se stessa altre no. Non sappiamo quanto sia intenzionale la scelta di portare addosso delle parole, quanta contezza ci sia dell’essere forieri del messaggio contenuto in esse. C’è invece un’osservazione, una riflessione sul linguaggio. Proprio come accade per molte parole scritte senza alcun senso, come gli inutili “post” dei social network a caccia di consensi oppure i proclami dei media destinati al nulla . Parole a volte inconsapevoli e vuote come bolle di sapone, che di esse non hanno nemmeno la magia, ma solo l’inconsistenza. L’artista s’interroga su tutte le parole sprecate, sull’abuso della parola, di cui si è persa la forza, violentata e storpiata, imbastardita e contratta.
Galegati Shines rivendica l’importanza della lingua, il suo senso fortissimo che fonda la cultura, la gioia della sua affermazione. Quella “lingua salvata” che per Elias Canetti significava “consapevolezza”, resistenza alla perdita della coscienza, resistenza contro l’ignoranza e le insidie che talvolta demoliscono l’identità di un popolo.
Questo lavoro esprime la bellezza di padroneggiare una lingua, di condividerla, di impararla, di insegnarla nella sua pienezza, nel disvelamento dei suoi segreti, conoscenza che è libertà e vera indipendenza.

La serie fotografica Bar sport, recupera tre scatti di una spoglia sala da bar di serie C; spazio anonimo e marginale, abbandonato.
Immagini che Stefania Galegati Shines ritocca con il suo sguardo tagliente, introducendo al loro interno, figure di uomini dormienti. Dipinge dei fantasmi addormentati figure sperdute in preda al sonno dell’indifferenza.
Che ci fanno lì? Forse sono sentinelle che ricorrono al sonno come antidoto, annullando così l'equazione "anonimo = brutto"; diventano in questo modo avventori della scoperta, provando a trovare bellezza anche laddove sembra non esserci. Come potrebbe accadere persino in uno spoglio bar di serie C.

Gli illuminati è una serie di quattro pitture, olio su cartone, di uomini dormienti.
Stefania Galegati Shines riprende la tecnica della pittura, la più tradizionale delle arti figurative, per riprodurre gli appunti tratti dal suo repertorio iconografico, fatto di storie e di persone. Introduce il colore caldo e netto, vivace, una forma irregolare come talvolta sono i ricordi, e un elemento tridimensionale che fa la differenza: un cristallo luminoso conficcato al centro della testa, uno squarcio che nella purezza del cristallo materializza una necessità, preserva dal torpore, celebra il bene dell’intelletto, quello aristotelico e attivo, mai esattamente definibile, ma che è lo strumento più perfetto per comprendere il mondo.

Al centro del percorso espositivo Galegati Shines pone Inside Outside Upside Down (Landscape for my brother), installazione con una piccola opera nascosta e preziosa. Un tavolo rotondo essenziale, sotto di esso c’è un morbido tappeto chiaro, che induce al riposo. Per vedere bene occorre fermarsi e piegarsi. Occorre cercare e scoprire, andare oltre intenzionalmente. Nella sua parte non visibile sta tutto un mondo, un microcosmo che aspetta di essere scoperto. C’è un paesaggio dipinto, circolare, un po’ nebuloso come quello romagnolo, quello dell’infanzia della Galegati, un po' leopardiano. Un paesaggio che forse non c’è mai stato, che esiste solo nella mente di tutte le persone che portano in cuore una visione intima e rassicurante, che appartiene ad un tempo indefinito, che evoca memorie passate in cui ci si sente a casa.

In questa mostra generosa trovano posto due outsider, l’elemento spiazzante, opere indipendenti ma molto centrate in un contesto espositivo così fluido: Tremate tremate le streghe son tornate e Infinito.
La prima è una stampa seriale che raffigura una donna con un sorriso vagamente ammiccante, sfuggente. Alle sue spalle Galegati Shines ha sottolineato con un pennarello, ripentendola all’infinito, la frase che dà titolo all’opera; un testo breve che coglie e amplifica quel sorriso incerto, che sembra prendersi gioco di chi la osserva. Sembra voglia mettere in guardia dalla falsità di certi comportamenti, dal buonismo peloso e poco permeabile al cambiamento, che non lesina a nessuno la sua benevolenza, e che però non ti ammette nel suo “salotto buono”. Una pratica tipica di una cultura ristretta, non abituata a respirare l’aria del mondo, che invece ha lo stesso sapore per tutti, aria che rinfresca e tonifica.
Infinito è un doppio ritratto ovale di due sconosciuti che rimanda all’interesse misterioso della Galegati Shines per i cimiteri. L’artista recupera l’antico ricordo di una visita al Verano, il cimitero monumentale di Roma, lavora su un’immagine che riproduce con fedeltà quella vista in questo luogo molti anni prima. L’opera ritrae due coniugi, accanto in vita e in morte, portatori di un legame infinito e un po’ anacronistico. In un momento in cui nulla sembra essere stabile e duraturo, men che mai i rapporti interpersonali, la riflessione dell'artista urla invece la sua natura controcorrente, ricorda il valore dei rapporti, ponendoli al centro dell’attenzione. Galegati indaga la fragilità e l’importanza di determinare il sentimento. Con la sua geniale dissacrante sagacia afferma il senso del profondo del suo ragionamento, e lo fa con un linguaggio schietto e non edulcorato.

Il percorso è chiuso da Tuttifrutti: il video è un immersione completa all’interno di un “altro elemento” e esattamente come avviene per tutte le immersioni, servono degli strumenti per il passaggio. Questo strumento è (come per tutta la mostra) ancora una volta il disincanto, senza il quale non è possibile accedere all’enorme fenomenologia di sentimenti che si alternano nella ricerca della Galegati Shines.
Tuttifrutti è lo spaccato di una realtà così vicina al “reality” tanto da spostare in avanti uno spaesamento che stenta a riconoscere i limiti, gli eccessi, le possibilità, le necessità.
È un racconto d’immagini, animato da un sottofondo sonoro "azzeccato" e potente, che seleziona alcune scene di matrimoni popolari, evidenziando una marcata contraddizione sociale tra essere e apparire.
Le esistenze mostrate nel video sono alla ricerca di un “abitus” che evidentemente non è loro naturale, rappresentazioni in cui tutto è surreale: l’atmosfera, i comportamenti, le movenze, le espressioni, gli oggetti e il cibo. Ogni cosa appare alterata dall’inconsapevolezza con cui giovani sposi si affacciano alla vita insieme, passando per una camera d’aria che renderà loro inverosimile il ritorno alla realtà di provenienza. Banchetti degni di Trimalcione, danze scalmanate, gusto kitsch, atteggiamenti che imitano modelli di comportamento e un’etichetta fuori portata.
Tuttifrutti nel suo paradosso celebra un’ingenua e gioiosa noncuranza delle proprie reali possibilità, celebra il disincanto con cui anche solo per poche ore tutto è possibile e finanche vero. Il desiderio di apparire più belli, più ricchi, più eleganti, più felici passa attraverso la favola per eccellenza, quella del matrimonio, quella che sancisce il passaggio alla vita adulta, che sintetizza i sogni e la speranza nel futuro.
Nel rispetto di queste aspirazioni, che sono autentiche e pure, la narrazione di Galegati Shines, con il suo occhio pulito, libera il racconto da ogni giudizio, ne sublima l’assurdità, lo rende al contempo ironico e commovente.
Ci pone dinanzi da un lato alla speranza di una vita migliore, celebrata attraverso la festa dall’altro alla consapevolezza che nulla cambierà e che tutto sarà “reality”, anche se solo per un giorno.

Agata Polizzi