sabato 30 novembre 2013

NAM JUNE PAIK: THE FUTURE IS NOW - FONDAZIONE REMOTTI, CAMOGLI



NAM JUNE PAIK
THE FUTURE IS NOW
a cura di Francesca Pasini, Caterina Gualco
Fondazione Remotti
via Castagneto 52 - Camogli
dal 30/11/2013 al 2/3/2014

La Fondazione Pier Luigi e Natalina Remotti è lieta di presentare la mostra The future is now , di Nam June Paik, dal 30 Novembre 2013 al 2 Marzo 2014, a Camogli, via Castagneto 53.
La mostra nasce dal programma di dialogo con altre collezioni italiane, iniziato lo scorso anno con "Omaggio Fischli e Weiss" ed è in collaborazione con ArteValori. Nam June Paik è nato a Seoul nel 1932 ed è morto a Miami nel 2006. Dalla Corea si trasferisce a Tokyo dove si laurea in Storia dell'Arte e della Musica con una tesi su Arnold Schönberg, e poi in Germania dove prosegue gli studi lavorando dal 1958 al 1963 con Karl Heinz Stockhausen. Fondamentali saranno gli incontri con John Cage nel 1958 e con George Maciunas nel 1961, la partecipazione nel 1962 al Fluxus Internationale Festpiele Neuster Musik di Wiesbaden. Nel 1964 arriva a New York dove nasce il sodalizio con la violoncellista Charlotte Moorman, un'esperienza centrale nella galassia di Fluxus, che durerà fino alla morte di Moorman nel 1991. Nam June Paik è il travolgente innovatore del linguaggio video: l'inizio risale al 1963 con la sua prima personale alla Galleria Parnass di Wuppertal, dove presenta l'installazione 13 TV: 13 distorted TV sets . Sono passati 50 anni da quella invenzione.

Nell'opera di Paik musica, immagine, suono stravolgono radicalmente l'oggetto video e la narrazione. In una alleanza performativa i monitor delle TV diventano soggetti di un'opera d'arte totale e suggeriscono uno sconfinato bacino d'interazione tra immagine, musica, performance, registrazione degli eventi, colori, oggetti. Paik aveva visto la forza della televisione e nello stesso tempo, rompendone gli schemi e usandola come materia pittorica - teatrale - sonora, mette in primo piano il rischio dell'omologazione, che lui vira in un grandioso zibaldone di immagini pop, di riferimenti personali, collettivi, culturali e di invenzione. L'energia dirompente di Paik era in sintonia con lo spirito del tempo che, tra gli a sessanta e settanta, aveva intravisto nella rottura delle regole la spinta a una nuova libertà. Il flusso continuo di percezioni e invenzioni coinvolge immagini, oggetti, disegni, sculture, suoni. Così Paik inaugura la parentela con la musica contemporanea. Come Pier Paolo Pasolini, anche lui aveva intuito che il sistema televisivo avrebbe influenzato il comportamento individuale, politico, collettivo trasformando la società in aggregati mediatici, e le sue opere sono anche l'annuncio critico di questa trasformazione. Nella sua vita ci sono tappe fondamentali che sottolineano l'irruzione della novità tecnologica, come la prima telecamera portatile "Porta-pak", creata dalla Sony nel 1965. Nel '70 Paik costruisce con l'ingegnere coreano Shuya Abe, "Abe-Paik Synthetizer", un dispositivo per il trattamento di immagini e suoni.
Clamorosa sarà la sua trasmissione in diretta con Joseph Beuys alla Documenta 6, a Kassel nel 1977, che inaugura i suoi successivi esperimenti con i satelliti ad alta tecnologia. Oltre alle partecipazioni a Fluxus, le sue mostre si sono avvicendate in tutti i musei del mondo. La personale al Whitney, New York, 1982; la trasmissione in diretta Pompidou/Parigi – Moma/New York 1984, Good Morning Mr. Orwell ,, con Laurie Anderson, Peter Gabriel, John Cage, Merce Cunningham, Salvador Dalì, Joseph Beuys; la doppia personale Kunsthalle di Basilea - Kunsthalle di Zurigo nel 1991 . Nel 1993, insieme ad Hans Haacke, rappresenta la Germania alla Biennale di Venezia e vincono il Leone d'Oro. Un padiglione indimenticabile. Monitor ovunque. I "flussi" dell'energia del mondo si amalgamavano alle pareti mentre transitavano dentro e fuori il padiglione. Paik dall'elettronica captava la creazione di figure e suoni. La monumentalità di questa installazione era anche una previsione di cambiamento, in questi ultimi decenni abbiamo, infatti, assistito alla monumentale svolta del potere mediatico televisivo e degli strumenti elettronici di comunicazione. La qualità di Paik è stata di saper tenere insieme la pluralità delle culture a cui lui stesso apparteneva, creando un'armonia che intonava rumori, suoni, colori, oggetti. Paik ne coglie l'anima e la mette in dialogo con la sua immaginaria orchestra dove i televisori diventano un violoncello (con Moorman nel Concerto For TV Cello and Videotapes , 1971) o sono i compagni di dialogo di Buddha o di un gruppo di rane, come appare in due opere in mostra alla Fondazione Remotti: TV Frog , 1979 – 1995 e TV Buddha , (senza data). Paik ha conosciuto bene l'Italia: il primo amore è stato l'Opera Lirica e Beniamino Gigli: come lui stesso ha dichiarato, "l'opera lirica rappresenta quello che ricerco nell'arte elettronica, nel senso di riuscire a ottenere quel grado di successo performativo: in un'opera c'è tutto, musica, movimento, spazio. Se un'operazione elettronica riesce, come TV Garden e TV Buddha , deve essere considerata un Opera Elettronica ."
Dalla Biennale di Venezia del '66 la sua presenza in Italia è stata costante: la mostra alla galleria L'Attico di Fabio Sargentini, nel 1975, le video-scenografie per il programma "Publimania" di Rai 3, Robot Cicero per "La Mostra del Cinema" di Venezia nel 1978. Nel 1989 la galleria Unimedia di Genova ospita la personale Pitture , e lo Studio Morradue di Napoli, quella intitolata Opere . Il 1990 è l'anno della consacrazione italiana, con le personali alla Fondazione Mudima di Milano, ai Chiostri di S. Domenico di Reggio Emilia (curata da Rosanna Chiessi e Antonina Zaru), la grande collettiva a Venezia "Ubi Fluxus Ibi Motus", a cura di Achille Bonito Oliva e promossa da Gino Di Maggio e dalla Fondazione Mudima, e poi la Biennale del '93. "Sciamano del video" è la grande personale del 1994 a Palazzo Reale di Milano, a cura di Gino di Maggio e Dominique Stella, con scritti in catalogo di Bonito Oliva, Di Maggio, Fagone. E tante altre presenze in Italia e in tutto il mondo anche dopo la morte nel gennaio del 2006: proprio nello stesso anno il Moma gli dedica una grande antologica. Nel 2011 una retrospettiva passa dal Museum Kunst Palast di Düsseldorf alla Tate di Liverpool. E poi lo Smithsonian American Art Museum – Washington nel 2012 gli dedica una grande antologica come fa la Galleria Civica di Modena nel 2013 con una rassegna "Nam June Paik e l'Italia", a cura di Silvia Ferrari, Serena Goldoni, Marco Pierin Alla Fondazione Pier Luigi e Natalina Remotti di Camogli emerge un emozionante profilo di questo straordinario maestro, che nella sua vita aveva sempre tenuto insieme l'energia dell'arte e quella dei rapporti con altri artisti.