giovedì 17 ottobre 2013

UN LIBRO, UN QUADRO: JUNGER / FAUTRIER - L'ATTICO, ROMA


UN LIBRO, UN QUADRO
L’Attico - Fabio Sargentini
via del Paradiso 41 - Roma
dal 18/10/2013 al 15/11/2013

Ernst Jünger
“Sulla questione degli ostaggi”
Parigi, 1941-1942
(Ed. Guanda)

Jean Fautrier
“Le torse nu d’otage”
Parigi 1943

mostra e tavola rotonda

interventi di
Alberto Boatto
Antonio Gnoli
Fabio Sargentini
Marco Vallora

Abbinare un libro a un quadro e farne l'oggetto di una mostra con tavola rotonda nella mia carriera di gallerista non l'avevo mai fatto. L'abbinamento è venuto così, per caso, ma ora capisco come fosse ineluttabile. Era nelle cose, doveva accadere. Forse per questo ho custodito gelosamente per quarant'anni il quadro di Jean Fautrier “Le torse nu” dipinto nel 1943 a Parigi sotto l'occupazione nazista. Questo quadro, facente parte della famosa serie degli Otages, era molto caro al pittore, ed io lo acquistai dalla vedova dopo la sua morte.
La molla di questa iniziativa mi è scattata una sera a cena l'inverno scorso. Conversando amabilmente allo stesso tavolo ho appreso da Antonio Gnoli che era appena stato pubblicato da Guanda il libro di Ernst Jünger “Sulla questione degli ostaggi, Parigi 1941-42”. Diamine, pensai all'istante, il luogo è Parigi, l'epoca è la stessa, non può non esserci uno stretto nesso tra gli ostaggi di Jünger e gli ostaggi di Fautrier. Subito mi procurai il libro, definito da Gnoli con un unico aggettivo: potente. Altroché se era potente! Sono stato talmente preso dalla lettura, addirittura turbato, che ho dovuto far decantare il mio stato d'animo per alcuni mesi prima di prendere la situazione in mano. La scrittura di Jünger è qui volutamente fredda, impersonale. Egli, ufficiale dell'esercito tedesco di occupazione, è stato incaricato dal suo superiore di redigere un resoconto delle vicende relative agli attentati dei partigiani francesi ai danni dei tedeschi, e la messa a morte degli ostaggi per rappresaglia. Sono le SS che da Berlino ordinano spietatamente le esecuzioni e il comandante della Wehrmacht, pur recalcitrante, deve obbedire, però non vuole passare alla storia come un macellaio. Ed è perciò che incarica il suo ufficiale Jünger di redigere un resoconto di come si svolgono i fatti. Egli assolve il compito senza che traspaia nel testo alcun spirito di parte. Però, segno eloquente, vi aggiunge in appendice le lettere di addio dei condannati a morte ai loro cari.
In quei medesimi anni a Parigi Jean Fautrier, che ha alle calcagna i nazisti, si fa internare finto pazzo in un ospedale psichiatrico di Châtenay Malabry, nei dintorni della capitale, di cui è direttore un primario suo amico. Al di là del muro di cinta dell'ospedale avvengono delle esecuzioni di ostaggi. E Fautrier ascolta tutto, spari, grida, con l'orecchio incollato al muro. Più che ascoltare, ausculta. E' un'esperienza sconvolgente che lo tocca nel profondo. Cos'è se non carne straziata, infatti, sublimata, la materia pittorica dell'otage, il suo roseo corpo amputato?
É qui che la poetica informale raggiunge il suo punto più alto.
Mi propongo di esporre “Le torse nu” dietro un muro con due porte a vetri. È da lì che vi invito ad assistere, schermati, come foste spie, a un' insolita rappresentazione: la fucilazione di un quadro.
-- Fabio Sargentini