domenica 30 giugno 2013

LES RENCONTRES D'ARLES 2013


LES RENCONTRES D'ARLES 2013
Photographie
1/7/2013 - 22/9/2013

ARLES IN BLACK

Cela peut paraître un paradoxe : c’est dans un esprit de découverte que les Rencontres d’Arles proposent en 2013 un parcours radicalement noir et blanc.
Jusque dans les années 1980 la couleur est regardée avec mépris, tandis que le noir et blanc est la photographie d’art par essence.
Le lent déclin du noir et blanc débute dans les années 1990 lorsque la couleur s’installe avec son lot de progrès techniques (films et tirages argentiques) et que le marché de l’art porte un intérêt soudain à la photographie, numérotant les tirages et starifiant de jeunes photographes.
Le noir disparaît presque totalement après 2000, la couleur installant sa suprématie dans toutes les pratiques de la photographie avec l’essor du numérique.
L’effacement du noir et blanc a entraîné avec lui l’abandon de l’album de famille et de la photo peinte. Avec la couleur sont apparus des tirages plus grands, des installations, des diffusions numériques.
Le statut du photographe, qu’il soit artiste, amateur ou professionnel, sa relation au sujet, au modèle ou tout simplement à la création, sont transformés par la disparition du mystère du révélateur et de l’artisanat de la chambre noire.
Quelle place le noir et blanc occupe-t-il aujourd’hui ? Réalisme ou fiction, poésie, abstraction ou pure nostalgie ?
En décidant de consacrer radicalement l’édition à cette forme esthétique, de vraies perles se sont alors offertes à nous, des découvertes bien sûr, des créations inédites d’artistes consacrés, et des trésors du passé. Beaucoup de ces expositions sont de véritables événements, sous la forme d’installations conceptuelles, d’albums, de tirages classiques et bien sûr des exceptions en couleur.
Ceux qui ont connu l’époque de la suprématie des gris verront peut-être que la libération des genres, souvent prônée à Arles, permet un programme noir et blanc différent de ce qu’il aurait été il y a vingt ans. La réaction des jeunes générations qui n’ont pas connu ce prisme est intéressante.
La nuit de l’année 2013 permet de mieux appréhender le territoire d’Arles, la commune la plus étendue de France, en se déplaçant dans le village de Salin-de-Giraud au milieu de la Camargue. C’est un territoire au croisement de beaucoup d’enjeux sociaux, productifs, écologiques, infrastructurels, politiques et touristiques.
De territoire, il est question aussi avec l’exceptionnelle commande, passée par les Rencontres et le Market Photo Workshop (créé par David Goldblatt), à douze photographes pour photographier les traces sociales dans le paysage d’Afrique du Sud, à la demande des Saisons France-Afrique du Sud 2012 & 2013.
L’édition et le succès du jeu des Rencontres Pause Photo Prose prolonge l’extraordinaire travail réalisé par le service éducatif depuis depuis quarante-quatre ans avec les stages, depuis dix ans à travers la Rentrée en images et de nombreux autres programmes.
Les trois colloques et les nombreux débats sont l’occasion d’approfondir les différents thèmes qui traversent cette édition particulière, qui sera complétée par les initiatives de l’association du Méjan, de l’abbaye de Montmajour avec Christian Lacroix, et de la fondation Luma.
L’expérience de cette édition radicalement noire et blanche, le talent et la générosité des artistes et des commissaires, le dynamisme de l’équipe des Rencontres et le soutien des partenaires publics et privés, rendent Arles incontournable en cette année où la Provence est capitale européenne de la culture.

François Hébel, directeur des Rencontres d’Arles.

www.recontres-arles.com

JOEL PETER WITKIN - PAN, NAPOLI


JOEL PETER WITKIN
a cura di Baudoin Lebon
PAN | Palazzo delle Arti Napoli via dei Mille 60 - Napoli
dal 27/6/2013 al 20/10/2013

La Fratelli Alinari Fondazione per la Storia della Fotografia, in collaborazione con la Galleria Baudoin Lebon di Parigi, presenta al PAN | Palazzo delle Arti di Napoli giovedì 27 giugno alle ore 19.00 l’opera fotografica unica e provocatoria di Joel-Peter Witkin (New York, 1939).

In mostra una selezione dei lavori del fotografo americano, noto per le sue immagini enigmatiche in cui la gloria del corpo umano si confonde con la miseria e la ricerca spirituale con l’inquietudine religiosa. Nel suo lavoro Witkin applica la metodologia compositiva tipica del pittore, rivisitando i temi della mitologia occidentale, i capolavori della tradizione artistica europea e la rappresentazione canonica del corpo umano. Le sue opere sono dense di citazioni formali in cui mescola insieme i grandi nomi della storia della fotografia, come Muybridge, Rejlander e HollandDay, con la scultura greca e romana, l’arte barocca, neoclassica e moderna. Il lavoro di Witkin è dominato dal tema della rappresentazione della nudità, i suoi legami con l’erotismo, la sofferenza e il piacere, ma anche con il deterioramento e la morte.
Il percorso espositivo composto da 55 opere, offre l’occasione di apprezzare l’aspetto creativo e interpretativo di Witkin. Nella sua sperimentazione fotografica, ogni opera è il risultato di una lunga e complessa elaborazione formale che riguarda sia i soggetti ritratti che il processo di stampa. Le fotografie sono frutto di una serie di passaggi manuali in cui Witkin sperimenta le tecniche più diverse dal graffio allo strappo dei negativi, dall’utilizzo di filtri a varie tipologie di ostacoli posti tra il supporto e l'ingranditore. Le sue composizioni sono ampiamente studiate e create con la massima cura per i dettagli. Le scene sono ricche di rimandi, più o meno espliciti, ai grandi maestri dell’arte da Velasquez a Manet. Witkin affronta le stesse problematiche plastiche e gli stessi ambiti iconografici di questi capolavori, ritraendo e celebrando in atmosfere sublimi i corpi di soggetti ritenuti storicamente non rappresentabili come nani e storpi, androgini ed ermafroditi. 

DANIEL ARASSE: NON SI VEDE NIENTE - EINAUDI 2013

DANIEL ARASSE
NON SI VEDE NIENTE
Descrizioni
Einaudi, 25/6/2013
collana "Piccola biblioteca Einaudi. Mappe"

La pittura rivela la sua potenza abbagliandoci e così, quando ci troviamo di fronte a un quadro sforzandoci di osservare ogni minimo dettaglio, paradossalmente può succederci di non vedere niente dell'opera che abbiamo davanti. Questo "niente" non significa però "nulla". Perché tutto ciò che si può cercare per descrivere e interpretare un'opera d'arte, in realtà, è già sotto i nostri occhi: si tratta solo di attivare la nostra capacità di guardare per cogliere ciò che il quadro ci mostra e ciò che il pittore voleva esprimere. In sei brevi finzioni narrative che si presentano come altrettante ricerche sull'evidenza del visibile, da Tiziano a Velazquez, da Bruegel a Tintoretto, Daniel Arasse, attraverso una scrittura brillante, che si trasforma spesso in racconto e dialogo, ci guida in un'avventura dello sguardo, cercando di rispondere a uno dei problemi centrali della critica d'arte - "cosa dobbiamo guardare?" - e avvicinandoci al sapere infinito che la pittura offre da secoli.  

GIORGIO KIENERK E IL SIMBOLISMO IN TOSCANA - PACINI 2013

GIORGIO KIENERK E IL SIMBOLISMO IN TOSCANA
Pacini, 12/6/2013
collana "I quaderni dell'O.A.S.S.S." 

Prendendo le mosse da un convegno tenutosi al Museo Giorgio Kienerk di Fauglia nel 2009, "Giorgio Kienerk e il Simbolismo in Toscana" mette a fuoco per la prima volta con organicità e con un taglio interdisciplinare (attraverso le arti, la filosofia, la letteratura, il cinema) il contributo della Toscana al complesso dibattito sul Simbolismo nazionale e internazionale, attraverso fondamentali luoghi di confronto come la Biennale di Venezia. Partendo dalla figura di Giorgio Kienerk il volume segue le tante strade imboccate da artisti di nascita toscana, o che con Firenze e la Toscana hanno intrecciato rapporti di vicinanza, per superare i principi veristi: dal paesaggio "stato d'animo" degli anni Ottanta dell'Ottocento, attraverso il Divisionismo, fino al Simbolismo idealista che attorno al 1900 dà forma alle tensioni irrazionalistiche della società umbertina, attratta dallo spiritualismo e dalla teosofia. 

LE LATITUDINI DELL'ARTE - PALAZZO DUCALE, GENOVA


LE LATITUDINI DELL'ARTE
a cura di Alberto Ferretti e Virginia Monteverde
Palazzo ducale - Munizioniere
piazza Matteotti 9 - Genova
dal 28 giugno al 28 luglio 2013

Dal 28 giugno al 28 luglio 2013 Palazzo Ducale ospita nelle Sale del Munizioniere la mostra d'arte contemporanea "Le Latitudini dell'Arte - Finlandia e Italia"
La mostra, organizzata dall'associazione di promozione sociale della cultura ART Commission, in collaborazione con Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura nasce con l'obiettivo di favorire lo scambio artistico-culturale tra l'Italia e gli altri Paesi.

In un periodo storico come questo, segnato dalla crisi dei rapporti culturali tra i popoli, l 'arte contemporanea, per la sua capacita di condividere linguaggi comuni, diventa fondamentale veicolo di scambio e di integrazione tra culture diverse.
Genova, porto di mare al centro del Mediterraneo ha nel proprio DNA la mescolanza di idee,culture, arti e comunicazione tra le genti del mondo ed e' quindi la sede "naturale" per ospitare una mostra in cui Le Latitudini dell'Arte si incontrano e si fondono.
La mostra che rimarrà aperta fino al 28 luglio e' curata da Alberto Ferretti (artisti finlandesi) e Virginia Monteverde (artisti italiani). Presentazione a cura del critico d'arte Annamaria Orsini.

Artisti finlandesi
Aino-Kaarina Pajari, Alberto Ferretti, Anna-Liisa Hakkarainen, Hannu Ahonen, Harald Karsten, Ilkka Juhani Takalo-Eskola, Jaakko Valo, Jaana Kautto, Jan Neva, Janne Kaitala, Jouko Hackzell, Jussi Jäppinen, Jyrki Markkanen, Kaj Stenvall, Kapa, Kimmo Peltola, Kirsi Tapper, Markku Laakso, Mauri Kuitula, Mia Hamari, Minja Revonkorpi, Päivi Meriläinen, Pasi Tammi, Pekka Airaksinen, Pekka Ojakangas, Pekka Parviainen, Pekka Suomäki, Pertti Kalin, Raimo Törhönen, Sampsa Sarparanta, Sanna Karlsson-Sutisna, Seppo Uuranmäki, Teemu Korpela, Timo Hannunen, Timo Sälekivi, Tiina Osara, Vaula Valpola.
Artisti Italiani
Rosario Abbate, Marco Agostinelli, Francesco Arena, Olimpia Biasi, Gabriele Buratti, Luisella Carretta, Gianni Caruso, Elena Chiesa, Daniel Cossavella, Adriana Desana, Lino Di Vinci, Adriano Engelbrecht, Giuliano Galletta, Lory Ginedumont, Giovanni Giulianelli, Pina Inferrera, Daniela Kalepyros, Vilma Landro, Dante Maffei, Luisa Mazza, Virginia Monteverde, Silvio Monti, Maurizio Nazzaretto, Mimmo Padovano, Mauro Panichella, Max Parazzini, Roberto Perotti, Angelo Pretolani, Davide Ragazzi, Margherita Levo Rosenberg, Marco Nereo Rotelli, Nicoletta Testi, Giulia Vasta, Marilena Vita, Guido Ziveri

Immagine: Francesco Arena, Extra Ordinary People - Alice, 2013 © Francesco Arena 

sabato 29 giugno 2013

UGO RONDINONE: SOUL - EVA PRESENHUBER GALLERY, ZURICH


UGO RONDINONE
SOUL
Gallery Eva Presenhuber
Maag-Areal, Zahnradstrasse 21 - Zurich
June 09 to July 20, 2013

Gallery Eva Presenhuber is pleased to announce “soul,” an exhibition of new sculptures by Ugo Rondinone. Rondinone has long embraced a fluidity of forms and media. Taken as a whole, his work represents a complex network of responses to social and physical structures. By allowing himself the freedom to work within a wide variety of disciplines and media, Rondinone creates the conditions necessary to explore a broad emotional range. His work has become widely recognized for its ability to channel both psychological expressiveness and profound insight into the human condition.
For the series of sculptures included in “soul,” bluestone – the material out of which the works are made – has been rough-cut into blocks, which are stacked atop one another to form the human figure. The methods by which the stone has been worked are apparent to the viewer, and have not been obscured by subsequent handling. Visible traces, including drill-holes and split structures, evidence the work done at the quarry, where the blocks were removed from the ground. The work evinces the true nature of the stone: heavy and coarse material, marked by wind, weather, and corrosion. The simple presence and natural surface of the sculpture contrasts with the artificial surface of the poured concrete pedestals. The exhibition itself functions as a sort of hall-of-mirrors turned inwards. The stone figure is repeated and reflected in several scales, and installed in an immersive raw concrete environment.
The exhibition will be complemented by “Human Nature,” a large-scale installation presented by the Public Art Fund. Nine 16 to 20-foot tall stone sculptures will be on view April 23 through June 7 in the plaza at Rockefeller Center.

Born in 1964 in Brunnen, Switzerland, Rondinone has recently been the subject of solo exhibitions at: the Museum of Cycladic Art, Athens, Greece; Kunst Historisches Museum Wien, Wien, Vienna; Museum Dhondt Dhaenens, Deurle, Belgium; and Museo de Arte Contemporáneo de Castilla y León, France. This year, Rondinone will have solo exhibitions at Museum Leuven, Brussels, Belgium, and at the Art Institute of Chicago. In 2007, Rondinone represented Switzerland at the 52nd Venic
e Biennial and curated “The Third Mind” at Palais de Tokyo in Paris. He currently lives and works in New York. 

COME SE TUTTI AVESSERO SMESSO DI RESPIRARE NELLO STESSO ISTANTE - CASABIANCA, ZOLA PREDOSA


COME SE TUTTI AVESSERO SMESSO DI RESPIRARE NELLO STESSO ISTANTE
a cura di Lelio Aiello
Casabianca
via Pepoli 12, Zola Predosa
dal 30/6/2013 al 20/7/2013

Domenica 30 giugno, dalle ore 19, si inaugura Come se tutti avessero smesso di respirare nello stesso istante, l'ultima mostra della stagione di Casabianca, a cura di Lelio Aiello, con interventi di Giovanni Copelli, Cuoghi Corsello, Giuseppe Locatelli, Ornaghi & Prestinari, Reynold Reynolds, Pantani-Surace.
Ciò che rimane nella nostra memoria di un progetto espositivo è l'atmosfera diffusa dagli interventi artistici. La sensazione di una temporalità sospesa e la presenza di un gesto, pervadono in un modo o nell'altro, le opere esposte in questa mostra. Difatti il titolo “Come se tutti avessero smesso di respirare nello stesso istante” presuppone l'attuazione di un gesto (smettere di respirare) e suggerisce lo spunto della dimensione che da origine alla mostra, l'unicità dell'attimo in cui qualcosa (il respiro) si ferma.

Per l'artista americano Reynold Reynolds, di adozione berlinese, il tempo gioca un ruolo fondamentale nella sua produzione di film, il video “Letzter Tag der Republik”, in un atmosfera surreale e realizzato in stop-motion, ci consegna le sorti del Palast der Republik di Berlino, la demolizione fisica e la conseguente sparizione della sua storia.
Il duo toscano Pantani-Surace, da sempre attenti a cogliere l'unicità di un attimo, con questo recente lavoro modificano il senso comune di un gesto minimo e casuale, conservano, con l'alchimia dell'argentatura, delle impronte digitali su degli specchi.
Cuoghi Corsello compiono un atto ironico e collocano un loro quadro ad olio di piccole dimensione, “Sui Simu” ritratta nell'attimo e nell'atto di bere, nello stesso punto in cui l'artista Giancarlo Norese, con altrettanta ironia, ne aveva posto un altro in una mostra precedente a Casabianca: il ritratto anonimo e kitsch di un bevitore di vino.
Giovanni Copelli, Giuseppe Locatelli e Ornaghi & Prestinari appartengono ad una generazione più giovane. Il primo si misura con una dimensione temporale ritmata da un video, dalle tonalità rosso cadmio, dove un gesto ossessivo diventa dissacrante e ironico. Locatelli tenta un collasso temporale e delega a delle lumache vive il trasporto delle sue mini-sculture di carta stagnola e colloca a terra risme di carta A4 rivestite di carta lucida.
Ornaghi e Prestinari trasformano lo spazio in un sorta di laboratorio e mettono in funzione un meccanismo che congela un frammento della loro quotidianità: l'acqua con due spazzolini da denti che un bicchiere conteneva.

Lungi dal voler esaurire entro le dinamiche espositive la complessità del tema, i lavori di questa mostra tentano di esplorare, con ironia e leggerezza, alcune logiche costruttive della dimensione della temporalità e dell'agire proprio là dove esse sembrano più instabili e incerte. 

ANDRO WEKUA: DREAMING DREAMING - JRP RINGIER 2013


VALENTIN CARRON
JRP | Ringier
May 2013

In this new artist’s book, Valentin Carron (*1975, lives and works in Martigny, Switzerland), presents a series of collages mixing recent sculptures, details of backgrounds, and PhotoShop effects, all specially realized to be printed in this volume.
If Carron's sculptures mark a renewal of appropriation through the re-employment of vernacular forms that are not part of the dominant culture, the artist develops a project confusing genres: neither authentic nor kitsch, neither readymade nor really craft, his objects play with ambiguity (fake wood, fake concrete, fake bronze, etc.) and with an iconography of power and authority (public sculptures or commemorative monuments, traditional forms, etc.).
This book reflects his sculptural practice in the two-dimensionality of the page and the space of printed matter. Designed by Gavillet & Rust, this book includes a contribution by the writer Julien Maret and is published on the occasion of Valentin Carron’s Swiss Pavilion at the Venice Biennale.

Published in collaboration with Pro Helvetia on the occasion of the Swiss participation at the 55th Venice Biennale 2013.  

VALENTIN CARRON - JRP RINGIER 2013


VALENTIN CARRON
JRP | Ringier
May 2013

In this new artist’s book, Valentin Carron (*1975, lives and works in Martigny, Switzerland), presents a series of collages mixing recent sculptures, details of backgrounds, and PhotoShop effects, all specially realized to be printed in this volume.
If Carron's sculptures mark a renewal of appropriation through the re-employment of vernacular forms that are not part of the dominant culture, the artist develops a project confusing genres: neither authentic nor kitsch, neither readymade nor really craft, his objects play with ambiguity (fake wood, fake concrete, fake bronze, etc.) and with an iconography of power and authority (public sculptures or commemorative monuments, traditional forms, etc.).
This book reflects his sculptural practice in the two-dimensionality of the page and the space of printed matter. Designed by Gavillet & Rust, this book includes a contribution by the writer Julien Maret and is published on the occasion of Valentin Carron’s Swiss Pavilion at the Venice Biennale.

Published in collaboration with Pro Helvetia on the occasion of the Swiss participation at the 55th Venice Biennale 2013.  

GIAN LUCA GROPPI: B(E)SIDES - VISIONQUEST GALLERY, GENOVA


GIAN LUCA GROPPI
B(E)SIDES
a cura di Clelia Belgrado
Visionquest gallery
Piazza Invrea 4R - Genova
dal 28/6/2013 al 14/9/2013

Lorella Klun, nel testo critico che accompagna la mostra “Mutazioni” di Gian Luca Groppi, lo racconta come “moderno cantastorie, che mischia i generi e le carte, infondendo alle sue opere un lirismo caustico che volutamente non offre panacee o soluzioni, ma piccoli strali, per scuoterci dalla diffusa inerzia sociale ed emotiva”.
Ed eccolo di nuovo il “cantastorie”, che raggruppa in questa mostra anni di lavori che lui stesso definisce “i suoi figli unici”.
“B(e)sides” è un insieme di lavori diversi fra loro, per le dimensioni, i contenuti e le forme, ma che, come sempre, attraverso la linea visiva stilistica surreale e ironica, la sempre attenta e raffinata atmosfera teatrale di colui che inventa, studia e costruisce scenografie, raccontano l'instabilità, l'ambiguità e la continua ricerca esistenziale dell'umanità dei giorni nostri.
Nelle immagini che costituiscono “B(e)sides”, la messa in scena di ogni opera sembra voler rendere ai suoi personaggi la coscienza di aver trovato finalmente un autore pronto a raccontare la loro storia. La fotografia a colori della ragazza che si taglia una ciocca di capelli con un coltello, segna non solo il passaggio del fotografo al colore, ma anche il passaggio ineluttabile dall'adolescenza alla maturità, inteso anche come dono. “Flora” racconta la perdita dell'innocenza, che non sempre è negativa, ma che può far “fiorire” altre esperienze. Nei “Cercatori” il lavatoio con l'uomo che tenta di trovare qualcosa sul fondo diventa metafora dell'umanità e del suo sempre incessante bisogno di trovare un significato alla vita. Il risultato è solo un pugno di argilla e la consapevolezza che anche gli altri sono in continua ricerca, senza trovare risposte, tranne quel poco fango che scivola tra le dita e che, in fondo, è la materia da dove proveniamo e dove finiremo. In “Denied”, attraverso un rito quasi sommesso di preparazione di una superficie neutra, ci si prepara ad assorbire tutte le crudeltà ed i rifiuti di una società pronta ad annullarci. In “Apatia”, mediante l'utilizzo di un' acrostico come forma di linguaggio, Groppi ha voluto rappresentare attraverso un atto performativo, una condizione emotiva (APATIA), tanto cara a noi occidentali, che non appartiene, invece, a un paese come la Cambogia, nonostante tutte le tragedie del recente passato.
Queste immagini, che Groppi definisce “i miei figli unici, ossia le mie valvole di sfogo: ogni opera è governata da visioni, flash senza troppa meditazione”, sono caratterizzate da una notevole capacità di sintesi compositiva, che è formale, ma anche originale ed inconsueta, e da una colta e raffinata vena noir, generando messaggi o riflessioni sulla nostra contemporaneità, la nostra esistenza e convivenza.  

venerdì 28 giugno 2013

GORAN TRBULJAK: PERSONAL AND OTHER OBSTACLES - GALERIJA GREGOR PODNAR, LJUBLJANA


GORAN TRBULJAK
PERSONAL AND OTHER OBSTACLES
Galerija Gregor Podnar | Project Space Ljubljana
Kolodvorska 6 - Ljubljana
28/6/2013 - 27/7/2013

Galerija Gregor Podnar is pleased to announce Personal and other Obstacles, Goran Trbuljak’s first solo exhibition at its Project space in Ljubljana. The show presents a selection of photographic works, artist’s books, and print-collages, created between 1970 and 2013.
The exhibition is comprised of two photographic works documenting street actions from the early '70s, a series of collages with a poster advertising a group exhibition with one of Trbuljak's early street actions, and a series of black/white, "white" and full-color monographs. Trbuljak's anonymous street actions show the relation of an art work inside and outside art institutions such as galleries and museums, stressing the question of his own position as a young, unknown artist within the art system as well. His recent "Monographs" express the wish to represent an artist's career, in this case his own, by producing hundreds of pocket format monographs made with various kinds of paper while transforming the monographs themselves into works of art. The hand-made production of these monographs not only short-cuts normal, art-historical procedures, by taking the act of historicizing into one's own hands, but also questions the position of the artist vis-à-vis his own oeuvre.

As pioneer of conceptual art in the former Yugoslavia, Goran Trbuljak began his career in Zagreb in the late 1960s with works that critiqued the institutions of art and questioned the nature of the artwork. Consequently, his art took particular forms: calling cards left for gallery staff, opinion polls that demanded a response, and even a “referendum” of passers-by in Zagreb in 1972 on the question, “Is Goran Trbuljak an artist or not? 1. Yes 2. No.” In the mid-1970s, Trbuljak entered into a dialogue with painting: The Sunday Painting (1974), for instance, is in fact a photographic documentation of one of the artist’s street actions: on several different Sundays, Trbuljak went to an art-supply store and painted on the display window in correlation with the blank canvas and easel behind the glass. And each Monday, the store’s staff would remove the paint from the window. The Zagreb-based art critic and curator Branka Stipančić writes of Trbuljak: “He was the first artist in Croatia to question the meaning of exhibiting work within the gallery system, and the status of an artist as part of this, integrating such questions into his art. Every new step in art was always an ethical issue for Trbuljak. His influence on the generation of post-conceptual artists in the mid 1970s was decisive.”
Goran Trbuljak’s work has been shown at the Venice Biennial in 1995, as well as, amongst others, in the following exhibitions: "Kurze Karrieren", at the Museum Moderner Kunst in Vienna (2004); "...Und so hat Konzept noch nie Pferd bedeutet", at the Generali Foundation in Vienna (2006); "Making of Art", at Schirn Kunsthalle in Frankfurt am Main (2009), "The Death of the Audience", at the Secession, Vienna; and "The Promises of the Past: A Discontinuous History of Art in Eastern Europe", at the Centre George Pompidou in Paris (2010). 

RENATO SPAGNOLI: UN PERCORSO - GALLERIA PECCOLO, LIVORNO


RENATO SPAGNOLI: UN PERCORSO
6 opere storiche + 6 sculture attuali
Galleria Peccolo
piazza Repubblica 12 - Livorno
dal 29/6/2013 al 27/7/2013

In contemporanea con Start Livorno e con il Premio Combat, che si svolge in questi giorni a Livorno, specialmente dedicato a giovani artisti internazionali, la Galleria Peccolo rende omaggio agli 85 anni di questo appartato artista livornese e alla sua più che cinquantennale attività artistica con una mostra dove sono esposti due aspetti significativi del suo lavoro: la presenza di 6 opere storiche (essenziali a ricapitolare le serie di quadri da lui realizzati a partire dal 1960 ad oggi) è confrontata con 6 sculture in legno dipinto realizzate in questi recenti anni 2010-2013.

Renato Spagnoli è nato a Livorno nel 1928 dove vive e lavora. Dopo un breve periodo da autodidatta supera l'esperienza pittorica iniziale e scopre le potenzialità della pittura moderna nella sala di Franz Kline alla Biennale di Venezia del 1960. Iniziano così le sue "composizioni" astratte. Fonda il Gruppo Atoma con Bartoli, Graziani e Lacquaniti per una ricerca su linguaggio, scrittura e astrazione che desterà enorme successo di critica e di pubblico. Le loro opere saranno presenti nelle mostre d'avanguardia più prestigiose di quegli anni. Nel 1965, il Gruppo si scioglie e ognuno proseguirà per la propria strada. Spagnoli scopre nella forma grafica della lettera A tutte le potenzialità di forma e contenuto che svilupperà nei venti anni successivi in quadri e opere installative usando materiali quali metacrilato colorato o opalino, con cui analizzerà tutte le possibilità di variazione.
Terminate, alla fine degli anni '80, le sperimentazioni sulle variazioni della forma inizierà un percorso, attraverso rilievi e installazioni in legno colorato, che lo porteranno alla scultura. Dal 2000 ha sviluppato in sculture di legno dipinto monocromo o bicromo dalla tipica forma di obelisco, quasi dei Menhir colorati o delle "colonne infinite" che rimandano, per la loro essenzialità tematica con variazioni, alla famosa opera di Brancusi. Un tema che era rimasto sottinteso ma sempre centrale in tutta la sua cinquantennale ricerca artistica. Nel catalogo, edito a cura della Galleria, il testo critico introduttivo di Francesca Pepi accompagna le riproduzioni delle opere esposte.
 

NATHALIE HERSCHDORFER, LADA UNSTÄTTER: LE CORBUSIER AND THE POWER OF PHOTOGRAPHY - THAMES & HUDSON 2012


NATHALIE HERSCHDORFER, LADA UNSTÄTTER
LE CORBUSIER AND THE POWER OF PHOTOGRAPHY
Thames & Hudson
(8 October 2012)

Le Corbusier's development was inextricably connected to the rise of the centurys most popular visual medium: photography. Marking the 125th anniversary of the architects birth in La Chaux-de-Fonds, Switzerland, this remarkable book traces the many ways in which he used photography to define and disseminate his work and ideas around the world. This unique portrait presents the architect and his work in six chapters, each by an expert in a particular facet of Le Corbusiers work: a photographic biography; his secret travel photographs; the ways in which the architect used photography for promotion; an examination of his approach to the printed page; an overview of his use of large-scale imagery in his buildings and exhibitions; and contemporary photographic interpretations of his work. Because Le Corbusiers buildings are usually shown in a documentary manner, the candid, personal, artistic and often unexpected images that appear in this volume offer new insights and ways to appreciate the facets of the man behind his works.  

SARAH LOMBARDI, LUCIENNE PEIRY: COLLECTION DE L'ART BRUT - SKIRA-FLAMMARION 2012


SARAH LOMBARDI, LUCIENNE PEIRY
COLLECTION DE L'ART BRUT
Skira-Flammarion
Septembre 2012

Sous la direction de Lucienne Peiry, la publication Collection de l’Art Brut permet une approche complète et synthétique de l’institution, héritière d’une collection unique. Sarah Lombardi, directrice de la Collection de l’Art Brut, signe la préface et les 50 notices consacrées à des créateurs d’Art Brut, tant les «classiques» que les nouvelles découvertes, incluant des informations sur leur parcours biographique et leurs productions.
Lucienne Peiry, directrice de la recherche et des relations internationales, retrace l’historique de la collection et fait le point sur l’actualité de l’Art Brut, son devenir et sa place au sein de la scène artistique. Une riche bibliographie complète l’ouvrage.
La Collection de l’Art Brut est une institution historique, de notoriété internationale. En effet, en 1971, le peintre Jean Dubuffet, inventeur du concept d’Art Brut, fait don de sa collection, de près de 5’000 œuvres, à la Ville de Lausanne, en Suisse, pays dans lequel il a initié ses recherches sur l’Art Brut.
La Collection de l’Art Brut ouvre au public en 1976, dans le château de Beaulieu, et compte à ce jour plus de 60.000 pièces, dont 700 sont exposées dans la collection permanente dont, notamment, les figures majeures, telles que Aloïse, Gaston Duf, Madge Gill, Augustin Lesage, Heinrich Anton Müller, Laure Pigeon (image de couverture), Marguerite Sir, August Walla ou encore Adolf Wölfli. 

MAURO GHIGLIONE: BACI SPEZZATI - UNIMEDIA MODERN, GENOVA


MAURO GHIGLIONE
BACI SPEZZATI
Unimedia Modern
piazza Invrea 5B - Genova
dal 28/6/2013 al 28/9/2013

"L'immagine si spezza in due con un secco rumore metallico, un'altra immagine ne nasce, e non e' piu' la stessa: le due parti si attirano e si respingono a vicenda, vibrano, pulsano, dando vita a una vena liquida che scorre tra loro, le lambisce, le rende ancora piu' indefinite. Lui le raccoglie con cura e le posa nella custodia/dimora/sacrario, che ha costruito a difesa della loro fragilita', il piccolo tempio nel quale continueranno a vivere difese dagli sguardi che le consumano..."
(Caterina Gualco) 

giovedì 27 giugno 2013

EDWARD STEICHEN: IN HIGH FASHION - FOAM, AMSTERDAM


EDWARD STEICHEN
IN HIGH FASHION
The Condé Nast Years, 1923-1937
curated by William A. Ewing, Todd Brandow and Nathalie Herschdorfer
foam
Keizersgracht 609 - Amsterdam
28/6/2013 - 6/9/2013

Foam is extremely proud to present Edward Steichen: In High Fashion, the Condé Nast Years, 1923 - 1937 this summer. This exhibition, with more than 200 unique vintage photos, represents a high point in Steichen's long photographic career. The works that he made throughout this period for the influential Vogue and Vanity Fair magazines are some of the most impressive creations of the twentieth century. They have been brought together especially for this exhibition and are being shown for the first time in the Netherlands.

Edward Steichen (1879-1973) was already a celebrated painter and photographer on both sides of the Atlantic Ocean when in early 1923 he was offered one of the most prestigious and surely one of the most lucrative positions in commercial photography - chief photographer at Condé Nast (publisher of influential and renowned magazines such as Vogue and Vanity Fair). Throughout those fifteen years Steichen made the most of his exceptional talent, portraying the culture of the era and the most prominent representatives of literature, journalism, dance, sports, politics, theatre and film. His greatest fame, however, came from his haute couture photos.
Far more than his predecessors, Steichen propelled fashion photography to new heights, analogous in significance to the transition in films from silent to sound. He abandoned artistic efforts in the movements of photographic Impressionism, Art Nouveau and Symbolism and developed into the foremost Art Deco photographer and founder of modern glamour photography.
In addition to extraordinary photos for fashion houses such as Worth and Poiret, as well as for more well-known houses such as Chanel and Schiaparelli, the Steichen archive of Condé Nast, New York, contains impressive portraits including Greta Garbo, Cecil B. DeMille, Winston Churchill, Marlene Dietrich, George Gershwin, Frank Lloyd Wright, Amelia Earhart, Walt Disney and hundreds of other celebrities.
Steichen's genius, however, was not limited to 1930s fashion and glamour photography. Steichen was a major pioneer in the medium of photography from the late nineteenth century until far into the twentieth. He was a photographer (first and foremost an independent art photographer, but he also worked as a military photographer during WWI and WWII). He was a founding partner of the trail-blazing magazine Camera Work (1903-1917), together with Alfred Stieglitz, with whom he also introduced artists like Rodin, Matisse and Brancusi for the first time in the US. He was also curator of the famous international travelling exhibition The Family of Man, started in 1955, and became director of the photography department at MOMA.

Edward Steichen: In High Fashion has been produced by the Foundation for the Exhibition of Photography, Minneapolis in collaboration with Foam.

Image: Actress Mary Heberden, 1935 © Edward Steichen / Courtesy Condé Nast Publications 

CAROL RAMA: OLTRE L'OPERA GRAFICA - MUSEO COMUNALE D'ARTE MODERNA, ASCONA


CAROL RAMA
OLTRE L'OPERA GRAFICA
a cura di Mara Folini e Alexandra Wetzel
Museo Comunale d’Arte Moderna
via Borgo 34 - Ascona
dal 28/6/2013 al 15/9/2013

La rassegna presenterà 100 lavori dell’artista torinese, alcuni mai esposti prima, che appartengono alla sua produzione grafica più recente, provenienti dalla Collezione Masoero di Torino.
Dal 29 giugno al 15 settembre 2013, il Museo Comunale di Ascona ospiterà una mostra dedicata a Carol Rama (Torino, 1918).
La rassegna, curata da Mara Folini, direttrice del Museo di Ascona, e Alexandra Wetzel, profonda conoscitrice del lavoro dell’artista, presenterà 100 opere, alcune mai esposte prima, che appartengono alla sua produzione grafica più recente, realizzate nella stamperia di Franco Masoero, che per Carol Rama è stata atelier, luogo di creazione, di scambio e d’incontri.
L’iniziativa offrirà un compendio dei soggetti e delle ossessioni che l’artista ha inseguito per tutta la vita, ma concedono anche uno sguardo sul suo modo di procedere, di vivere l’arte, di prendersi gioco dei propri tormenti; sarà l’occasione per immergersi nel mondo fantastico, di bizzarrie, di racconti accennati e allusioni mitiche e leggendarie, della quasi centenaria guerriera dell’arte, insignita del Leone d’oro alla carriera in occasione della 50.ma Biennale di Venezia.
Il rapporto tra Carol Rama e l’incisione è abbastanza recente. L’artista ha approfondito questa tecnica a partire dal 1993, dopo un primo contatto avvenuto cinquant’anni prima.
In pochi anni, fino al 2005, ha realizzato più di 150 incisioni originali, ricreando il suo personale universo affollato di figure e di oggetti. Carol Rama ha esplorato fin nei suoi minimi aspetti il mezzo espressivo, sia che si trattasse di acquaforte, acquatinta, vernice molle e qualche rarissimo intervento a puntasecca, accompagnata dall’amico Franco Masoero, stampatore e pure complice delle sue sperimentazioni che trasgrediscono i confini della calcografia ortodossa. Infatti, una volta stampata, l’opera poteva diventare oggetto d’interventi successivi eseguiti a mano. Spesso queste ingerenze finali – soprattutto ad acquerello e smalto da unghie – sono diventate parte integrante della tiratura; in altri casi sono rimaste prove d’artista, arricchite o addirittura rivoluzionate da successive elaborazioni. Molte di queste incisioni diventate “uniche” escono ora per la prima volta dai cassetti del laboratorio di Franco Masoero, dove sono nate e gelosamente custodite.
Carol Rama amava lavorare su fogli prestampati o progetti d’architettura disegnati dagli amici “affinché - afferma - mi aiutino a inventare un’immagine erotica, sentimentale, un’immagine privata insomma, ma che non sia poi così legata a me”.
Diversi lavori hanno infatti una base progettuale, realizzata con la tecnica della fotoincisione, sulla quale l’artista agiva in un secondo tempo, mettendo in evidenza il soggetto inciso.
Questo gioco tra sfondo e soggetto, tra immagine prestampata e intervento, caratterizza anche due cicli di opere uniche, esposte ad Ascona, su tela e su carta al tino. Su questi supporti sono state riportate le matrici di alcune incisioni che sono servite a Carol Rama per intervenire con pittura e collage. È il caso di La mucca pazza (2001), la serie in cui mammelle e dentature di mucca si muovono e si ripetono con ritmo musicale; o delle tele del 2002, dove l’elemento prestampato provvede a infrangere il rigore della struttura geometrica, realizzata con camere d’aria di bicicletta, con carta vetro o con qualche vecchio objet trouvé.
Accompagna la mostra un catalogo con testi di Mara Folini e Alexandra Wetzel.

Immagine: Carol Rama, Naïr, 2005, Acquaforte su zinco, 161x144 mm, Carta Lys Duchene, 39,5x29 cm, Tiratura 15+V , Intervento dell’artista, successivo alla stampa, ad acquerello su ogni esemplare 

LANFRANCO BINNI: LA PROTESTA DI WALTER BINNI - IL PONTE 2013

LANFRANCO BINNI
LA PROTESTA DI WALTER BINNI
Una biografia
Il ponte, 13/6/2013

Quasi una biografia, nei limiti della nostra possibilità e capacità di entrare nelle vite degli altri, oltre la vita apparente, nella loro interna complessità. Sono stato testimone a volte distratto e a volte attento della vita di mio padre, condividendone le passioni e le sofferenze, provando un’immensa solidarietà umana e politica nell’ultima fase della sua esistenza e dopo la sua morte, imparando da lui la compresenza dei tanti piani di realtà che quotidianamente attraversiamo, la compresenza del passato e del presente, dei morti e dei viventi, del fare e dell’essere, della ribellione all’esistente e della creazione di valori. Con tenace coerenza, Binni è stato biografo di se stesso, estremamente attento al proprio percorso umano e intellettuale, consapevole che di tutto (anche della grande poesia) resta essenzialmente l’esperienza di un limitato contributo (forse, di cui comunque assumere la piena responsabilità) alla leopardiana «social catena», nella costruzione di una «realtà liberata e fraterna». Questo libro è composto di due parti: nella prima ho ricostruito (sulla base della mia introduzione, La poetica di un “pessimista rivoluzionario”, al volume di W. Binni, La disperata tensione. Scritti politici (1934-1997) , Firenze, Il Ponte editore, 2011) un profilo biografico di Binni con la scelta di restituirne i punti di vista, i giudizi, le esperienze, anche attraverso scritti autobiografici; la seconda parte, Tracce per una biografia. Lettere a Walter Binni (1931-1997), con la collaborazione di Chiara Scionti, è un montaggio cronologico di lettere dei corrispondenti di Binni (amici, maestri e compagni): ne risulta un quadro del suo sistema di relazioni, ma anche una narrazione a piú voci e a piú dimensioni dai punti vista degli “altri”, che documenta, per tracce e indizi, percorsi significativi della cultura, della politica, della storia italiana del Novecento. 

TRA LE LE PAROLE DELLA "VIRTÙ SENZA NOME": LA RICERCA DI LUIGI MENEGHELLO - INTERLINEA 2013

TRA LE LE PAROLE DELLA "VIRTÙ SENZA NOME"
La ricerca di Luigi Meneghello
Atti del Convegno internazionale di studi (Malo, 26-28 giugno 2008)
Imterlinea, 30/5/2013
collana "La biblioteca di Autografo"

A cinquantanni dalla pubblicazione del suo primo libro "Libera nos a malo" Luigi Meneghello si rivela figura capace di parlare a noi oggi: per la forza del suo "stile", con cui ha saputo fondere orizzonti culturali e linguistici diversi, facendo scaturire oggetti letterari che ci schiudono una visione penetrante e anticonvenzionale delle cose. L'elaborazione della sua esperienza personale attraverso la scrittura ci consegna un'immagine veritiera e critica dei tempi che ha vissuto, ma insieme mette in luce dinamiche relazionali, modi di sentire e di essere, una sorta di dna sociale ed esistenziale per capire anche i tempi in cui viviamo. Il volume raccoglie gli atti di un convegno internazionale pensato e voluto a un anno dalla scomparsa di Meneghello, per sondare la sua così specifica vocazione di scrittore. 

NOI ESODATI DELLA TERRA PER UN DIVERSO MONDO - GENOVA 28/6/2013


NOI ESODATI DELLA TERRA PER UN DIVERSO MONDO
Genova, da Piazza della Commenda a piazza De Ferrari
venerdì 28 giugno 2013, ore 18,00

Con l’aggravarsi degli effetti della crisi economica e politica, si fa urgente l’esigenza di esprimere con un’azione collettiva, insieme artistica e sociale, un diretto impegno per un diverso mondo.
Un mondo dove ad ogni persona possa essere riconosciuto il diritto all’esistenza in base a valori altri rispetto allo strapotere dell’economico sulla nostra vita.
Vorremmo sopravvivesse l’utopia di un diverso modo di vivere.
Massoero 2000 Un tè nel deserto intende farsi interprete della diffusa esigenza di un nuovo protagonismo politico e sociale degli Esodati della terra, di coloro che non ce la fanno a reggere, a tenere il passo, a sopravvivere in un contesto ostile e inospitale, che dia loro consapevolezza dell’inalienabilità dei loro diritti e delle loro identità al di là delle appartenenze geografiche, di genere e di età.
Percorreremo insieme le vie del centro realizzando poi una barricata in Piazza De Ferrari a simbolo della resistenza contro la mostruosità delle derive del neoliberismo imperante.
Barricata che si porrà come ostacolo ed inciampo al sopore del quieto vivere.
Spazio e luogo dell’utopia di un diverso mondo.
Barricata che si trasformerà in una festa di cui saranno attori gli artisti di strada della nostra città. Ad essere oggi sotto attacco è il diritto all’esistere in sé attraverso la riduzione degli investimenti sul sociale, la sanità e l’istruzione mentre la disoccupazione dilaga e la stessa precarietà ieri vituperata oggi diventa addirittura un miraggio.
Di fronte ad una così forte aggressione alla dignità umana non pos s i amo cedere alla tentazione di chiuderci in una rassegnazione che ci porta ad essere divisi e contrapposti, mentre in realtà siamo tutti dalla stessa parte della barricata.
Per tutti questi motivi la Marcia degli esodati per un diverso mondo (Genova, 28 giugno 2013) vuole promuovere il diritto al reddito minimo di sopravvivenza e la revisione della legge sulla cittadinanza.
Vuole inoltre attirare l’attenzione dei cittadini sulla necessità di scongiurare la riduzione dei già esigui fondi destinati al sociale.
Un nuovo mondo forse non è possibile, ma certamente è necessario!  

mercoledì 26 giugno 2013

FRANZ WEST: WHERE IS MY EIGHT? - MMK, GRAZ


FRANZ WEST
WHERE IS MY EIGHT?
MMK Museum für Moderne Kunst
Domstraße 10 - 60311 Frankfurt am Main
27/6/2013 - 13/10/2013

The MMK Museum für Moderne Kunst will soon be opening a major survey exhibition entitled “Franz West: Where Is My Eight?” – the first to feature a substantial number of sculptures, collages and large-scale room installations by Franz West (1947–2012) since his death. The presentation is being realized in cooperation with the mumok Museum Moderner Kunst Stiftung Ludwig in Vienna. Franz West, who is considered Austria's internationally most successful contemporary artist, initiated the exhibition himself before he died and was strongly and enthusiastically involved in its development.
The artist had a very close connection to Frankfurt am Main for many years; it was here – in the “forme” Gallery run by the artist Jürgen Wegner – that he had his first exhibition outside Austria back in 1979. An important show at the Portikus followed in the late eighties. From 1992 to 1994, the artist held a professorship at the Frankfurt Städelschule. The MMK has in its collection a number of outstanding works by West. Examples dating from this period, in some cases executed in cooperation with artists of Frankfurt, will be among the exhibition's highlights. By presenting installations such as the Wegener Rooms – the title makes reference to both the Frankfurt gallery owner and the geoscientist Alfred Wegener – the MMK show will introduce unique accents.
From the point of view of content, the comprehensive MMK presentation will centre around West's Combi Works, in which he united several very different individual pieces to create a whole. By combining and recombining various groups of works such as the so-called Adaptives, furniture, sculptures, videos and works on paper from all phases of the artist's career, the exhibition will provide a survey of the spectrum covered by his comprehensive oeuvre. These installations will also encompass works by artist-friends of West's, for example Heimo Zobernig, Herbert Brandl, Martin Kippenberger, Michelangelo Pistoletto or Andreas Reiter Raabe.
Franz West's working method was fundamentally based on participation. By actively involving the viewer as a “user” of his works, West changed traditional conceptions of artist and artwork. It is only when the viewer becomes part of the work – for example by handling it or occupying it as sitting or lying surface – that it is complete in the Westian sense. The perception of the work thus becomes a physical experience.
“Everything we see could also be otherwise”, Franz West remarked in 1988, quoting the philosopher Ludwig Wittgenstein – whom he held in high esteem – and thus addressing essential aspects of his own artistic approach. The principle of combination and recombination correspondsto the artist's conviction that the meaning of an utterance or a pictorial-linguistic element can never be permanently and unambiguously defined, but changes in keeping with its respective context and use.
In the early stages of his career, West was influenced by the material and body actions of Viennese Actionism, a movement he continued to explore all his life. He received his artistic training as a pupil of Bruno Gironcoli at the Viennese Akademie der bildenden Künste. His fame began to spread beyond the borders of Austria in the late eighties and the nineties; by the end of his life he was one of the most prominent sculptors in the European art scene. West's highly independent and enormously influential oeuvre defies assignment to any particular art current. At the 2011 Venice Biennale he was awarded the Golden Lion for Lifetime Achievement, the highest distinction attainable for a living artist.
The exhibition title – chosen by the artist himself – is a further example of his practice of combination and recombination. The point of departure was a gouache of 2004 depicting a woman putting on a pair of trousers which, following a successful diet, is much too big for her. By omitting the “W”, the artist transformed the title Lost Weight into Lost Eight, finally arriving at "Where is my eight?” West leaves the question unanswered, thus preparing the ground for various new associations.
The exhibition is being carried out in cooperation with the mumok museum moderner kunst stiftung ludwig wien, where “Franz West: Where Is My Eight?” is presently on view (until 26 May 2013).

Image: Franz West, Epiphanie an Stühlen, 2011
Foto/Photo: Michaela Obermair, Courtesy Galerie Eva Presenhuber, Zürich © Franz West Privatstiftung 

L'ASCOLTO SOVVERSIVO - O', MILANO 27/6/2013


L'ASCOLTO SOVVERSIVO
O'
via Pastrengo 12 - Milano
giovedì 27/6/2013, ore 19.15-21

Tra la fine degli anni Cinquanta e la meta' degli anni Sessanta, Roma era una citta' artisticamente molto vitale. La rivoluzione culturale che aveva preso piede non si limitava a rinnovare le espressioni artistiche, ma rimetteva in discussione le stesse forme di fruizione delle opere. Nel laboratorio di ascolto che si terra' il 27 giugno alle 19.15 ripercorreremo questa critica ai modi di ascolto tradizionali prendendo ad esempio le musiche proposte al Festival Nuova Consonanza ed i quadri esposti alla Rome-New York Art Foundation. I Laboratori d'Ascolto sono un progetto di O', Sincronie e Die Schachtel; hanno cadenza mensile alle 19.15 da O'. Nel corso della serata si ascolteranno improvvisazioni e brani di Gruppo di Improvvisazione Nuova Consonanza, Giacinto Scelsi, Morton Feldman. L'incontro e' tenuto da Valentina Bertolani. Ingresso libero.  

LAURENCE CAMPA: GUILLAUME APOLLINAIRE - GALLIMARD 2013


LAURENCE CAMPA
GUILLAUME APOLLINAIRE
Gallimard, 13/6/2013
Collection NRF Biographies

Ce livre raconte l'histoire de Guillaume Apollinaire, ou comment Wilhelm de Kostrowitzky, apatride aux origines incertaines, est devenu l'un des plus grands poètes français du XXe. Doué d'un talent protéiforme, conteur, journaliste, critique d'art, critique littéraire, éditeur, directeur de revue, il jouit d'une intuition et d'une réceptivité prodigieuses. Ami des peintres, défenseur de l'art moderne, il impose ses idées et ouvre des voies nouvelles à la poésie de son époque, tout en restant attaché au passé, aux vieux livres et aux souvenirs. De «La Chanson du mal-aimé» aux Poèmes à Lou, des fantaisies visionnaires du Poète assassiné à l'invention des calligrammes, son œuvre, pleine de contrastes et de surprises, manifeste le don le plus merveilleux, celui d'enchanter la réalité.
Aucune biographie d'envergure n'avait paru sur Apollinaire depuis plus de quarante ans. Fondée sur une somme exceptionnelle de documents originaux, souvent inédits, cette biographie littéraire et historique unit la saveur du réel au plaisir de la recherche et de la recréation. Peuplée d'écrivains et d'artistes européens, qui éclairent la personnalité du poète et le cours de la modernité, elle trace le portrait d'un passeur au caractère étonnamment mobile et parfaitement plastique. Des couloirs du Vatican aux rives du Rhin, des bords de la Seine aux tranchées de Champagne, elle explore un monde machiné par les échanges et les communications, épris de vitesse et de nouveauté, mais aussi fondé sur des valeurs héritées d'un autre temps. Un monde en équilibre instable que la Grande Guerre bouleverse à jamais. Le monde d'Apollinaire. 

PIERRE CAMPION: L'OMBRE DE MERLEAU-PONTY - PRESSES UNIVERSITAIRES DE RENNES 2013


PIERRE CAMPION
L'OMBRE DE MERLEAU-PONTY
Entre philosophie, politique et littérature
Presses Universitaires de Rennes, 2013

Merleau-Ponty nous touche parce qu'il a vécu les fortunes et les infortunes de l’esprit. En butte aux adversités du réel et notamment à celle d’une mort prématurée, son destin laisse voir que la pensée peut se formuler à elle-même des exigences peut-être impossibles à remplir. Il nous soumet encore, à sa manière, allusive ou détournée, passionnée, une certaine question, celle qui renaît sans cesse, au long du temps et des circonstances, et qui se pose depuis l’origine de la philosophie occidentale : comment la pensée naît-elle dans un homme, comment se développe-t-elle par sa propre puissance et contre d’autres pensées, comment poursuit-elle son chemin et son action dans l’Histoire, longtemps après que cet homme est mort ? Comme celle de Husserl, comme celle de Sartre son alter ego et rival, mais plus discrète, plus légère, et presque oubliée, l’ombre active de Merleau-Ponty se porte encore sur nos chemins. 

RENZO PIANO BUILDINGS WORKSHOP - GAGOSIAN GALLERY, NEW YORK


RENZO PIANO BUILDINGS WORKSHOP
Gagosian Gallery
555 West 24th Street - New York
27/6/2013 - 2/8/2013

Knowing how to do things not just with the head, but with the hands as well: this might seem a programmatic and ideological goal. It is not. It is a way of safeguarding creative freedom.
—Renzo Piano

In collaboration with Fondazione Renzo Piano, Gagosian Gallery is pleased to present “Fragments,” an exhibition of more than thirty years of architectural projects by the Renzo Piano Building Workshop. The exhibition has been generously supported by the Stavros Niarchos Foundation.
Equal parts library reading room, school classroom, and natural history gallery, the exhibition consists of twenty-four tabletop displays of scale models, drawings, photographs, and video. Each tells the involved, inspiring story of the design process of a single building, from museums, libraries, and airports to private residences. Among these projects are Centre Georges Pompidou, Paris; The Menil Collection, Houston; Kansai International Airport, Osaka; Fondation Beyeler, Basel; Jean-Marie Tjibaou Cultural Center, Nouméa, New Caledonia; The New York Times Building, New York; Stavros Niarchos Foundation Cultural Center, Athens; and the Whitney Museum’s new building in downtown Manhattan. A complete list and description of all exhibited projects will be available at the exhibition.
Born into a family of builders, Piano connects his coastal upbringing in Genoa to the evolution of certain constants in his architecture: an obsession with light and its effect on the dynamic potential of built space. He formed the Piano & Rogers Atelier with Richard Rogers in 1971. The same year, the London-based studio won the commission for the Centre Georges Pompidou in Paris—an audacious challenge that transformed the academic idea of the museum into a highly flexible toolbox building, with all technical functions fully exposed. Since then, Piano has become the most sought-after museum architect in the world for his ability to harmonize buildings with their surroundings and the artworks exhibited within them. Innovative technologies enhance these highly functional spaces, but succumb visually to the serene formal neutrality, guided by natural light, for which the Building Workshop is known—which Piano refers to as “the immaterial elements of space.” The exhibition is a window onto the daily studio practice at the core of Piano’s ongoing legacy, demonstrating the passion for innovative thinking and construction that fuels the Workshop’s ongoing success.
Renzo Piano was born in Genoa, Italy in 1937. He founded the Renzo Piano Building Workshop in 1981. Today, a team of approximately 150 people work with the Italian architect at his Paris, Genoa, and New York offices. The firm has become renowned for some of the most innovative architectural projects of the past three decades.
The Fondazione Renzo Piano, a non-profit organization, was established in Genoa in 2004. It has two main areas of focus: the conservation of materials related to Piano’s work, and education in the form of the sponsoring of an apprenticeship program for select students at Renzo Piano Building Workshop.
Five gallery talks will be given by architects from the Renzo Piano Building Workshop in June and July. Priority will be given to architecture and design students on a first-come, first-served basis; space is limited and RSVP is required. 

martedì 25 giugno 2013

ROBERT IRWIN: SCRIM VEIL - BLACK RECTANGLE - NATURAL LIGHT - WHITNEY MUSEUM, NEW YORK


ROBERT IRWIN
SCRIM VEIL - BLACK RECTANGLE - NATURAL LIGHT
curated by Richard Marshall
The Whitney Museum
945 Madison Avenue at 75th Street - New York City
26/6/2013 - 1/9/2013

Scrim veil—Black rectangle—Natural light, Whitney Museum of American Art, New York (1977), by California Light and Space artist Robert Irwin, is a large-scale installation that uniquely engages the Whitney’s iconic Breuer building and the natural light that emanates from the large window in the fourth floor gallery space. Part of the Whitney’s collection, the work was made specifically for the Museum’s fourth floor. It has not been exhibited since its 1977 debut, a pivotal moment that would set the course for Irwin’s subsequent artistic practice.
The presentation will be accompanied by a digitized version of the original Robert Irwin catalogue, published by the Whitney at the time of his 1977 exhibition, which includes an ambitious combination of images, project plans, and theoretical texts written by Irwin himself as well as biographical and exhibition information compiled by the exhibition’s curator, Richard Marshall. The catalogue will be updated with a new introduction by Whitney Chief Curator Donna De Salvo and will be available for viewing exclusively at whitney.org.
Robert Irwin: Scrim veil—Black rectangle—Natural light, Whitney Museum of American Art, New York (1977) is organized by Donna De Salvo, Chief Curator and Deputy Director for Programs. 

PIETRO FORTUNA - VILLA CARPEGNA, ROMA


PIETRO FORTUNA
a cura di Guglielmo Gigliotti
La Quadriennale di Roma
piazza di Villa Carpegna - Roma
dal 26/6/2013 al 31/7/2013

La mostra si svolge in occasione della donazione alla Quadriennale dell’opera Corona, 2013
Un gruppo di opere e video realizzati appositamente per l’occasione fanno da contorno all’opera che l’artista Pietro Fortuna ha donato alla Quadriennale di Roma. Il termine greco Ágalma preso a titolo, etimologicamente dono e ornamento, offre la chiave sia per indicare la motivazione dell’evento espositivo (un dono) che per introdurre il visitatore nel complesso universo formale dell’artista.
Con questa esemplare raccolta di opere Fortuna offre la traccia di un singolare percorso tematico ben testimoniato nel catalogo della mostra, edito da Rubbettino, che si avvale, oltre che di una lunga intervista tra il curatore e l’artista, anche di testi di Adriana Polveroni e Maurizio Marrone. Scrive Guglielmo Gigliotti, curatore della mostra: «Da bambino Fortuna temeva che a una minima sollecitazione i suoi occhi potessero cadere all’interno. Da adulto non si è tradito: le sue sono rivelazioni rovesciate, vertigini oggettive, collassi di voli, per un’indagine attorno a ciò che rimane della realtà quando la liberiamo dai vincoli dell’interpretazione. E’ un’arte portata al limite e al contempo rifondativa (l’essenza ultima delle cose è anche la prima)… Un gesto d’amore estremo per questa cosa tra le cose, l’arte, due sillabe che emozionano e che interroghiamo da millenni».
Negli ambienti di Villa Carpegna, sede della Quadriennale di Roma, saranno allestite anche bacheche con documentazione antologica di libri, testi e fotografie concernenti l’attività artistica di Pietro Fortuna e la storia di Opera/Paese, spazio multidisciplinare da lui fondato nel 1996 a Roma.

La mostra si svolge con il contributo della galleria Giacomo Guidi Arte Contemporanea. 

MARIO GALZIGNA: RIVOLTE DEL PENSIERO - BOLLATI BORINGHIERI 2013

MARIO GALZIGNA
RIVOLTE DEL PENSIERO
Bollati Boringhieri, 13/6/2013
collana "Saggi"

Tra le insegne del nostro tempo c'è la "disperanza". Neologismo che capta, meglio del lessico convenzionale dell'afflizione, un'atmosfera collettiva della mente: non tanto il tetro scoramento che impiomba il cielo sopra di noi, quanto l'idea ormai assuefatta della sottrazione di futuro. Contro questa mansuetudine arresa allo stato di cose, il pensiero può e deve tornare alla sua vocazione insorgente, spaesante e sovvertitrice. In un saggio che riparte dalla tessitura di saperi e pratiche cara a Foucault, Mario Galzigna rianima un esercizio riflessivo che sembrava ormai consegnato agli archivi, anche a quelli della rivolta. La sua prosa di passione si innerva con le invenzioni concettuali, i regimi discorsivi, le forme estetiche e le oltranze di insorti illustri. Con i "nodi" polisemici a cui ricorre poeticamente lo psichiatra Laing per condensare le ambivalenze dell'identità, innovando l'orientamento terapeutico. Con le trasgressioni libertine alla Diderot, giochi dell'intelletto poi umiliati in malattie dell'anima o ridotti a perversioni da curare. Con le disgiunzioni creative di Magritte, che fa convivere sulla stessa tela "la chiarezza dell'ombra e l'ombra della chiarezza". Con il teatro della crudeltà di Artaud, dove la parola si dilata nel gesto e rompe l'involucro che la separa dalla vita. Tutte figure affratellate dall'attitudine a destabilizzare scenari chiusi, consolidati. 

ANTONIO PRETE: COMPASSIONE - BOLLATI BORINGHIERI 2013

ANTONIO PRETE
COMPASSIONE
Storia di un sentimento
Bollati Boringhieri, 13/06/2013
collana "Saggi"

Anche dei sentimenti morali si può scrivere la storia. Nel caso della compassione - il "patire con", il moto dell'animo che ci spinge a condividere l'altrui sofferenza - è una storia disputata, cangiante, piena di sfumature, di obliquità e di colpi di scena. È la virtù dei deboli o dei forti? Soccorre o ferisce, lacerando il velo di pudore con cui qualcuno nasconde la propria pena? Esprime rispetto o fa trapelare il disprezzo per l'incapacità dell'altro di soffrire da solo? In ambito sociale è una risorsa, come vorrebbero i teorici del capitalismo compassionevole, oppure soltanto un surrogato ipocrita della giustizia? Si esercita su tutto il vivente? Ed esiste un tempo in cui muore la pietà? Secondo un tracciato mai ovvio, il comparatista Antonio Prete lascia la parola a teologi, mistici, filosofi, scrittori, segue la geografia culturale della misericordia e interpella le grandi immagini del compianto nell'arte. Racconta, in tutte le sue modulazioni, il sentire della compassione. 

TYLER COBURN: I'M THE ANGEL - MUSEO DI VILLA CROCE, GENOVA 26/6/2013


TYLER COBURN
I'M THE ANGEL
Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce
Via Jacopo Ruffini 3 - Genova
mercoledì 26 giugno 2013, ore 18.00

La pubblicazione, nelle sue molteplici declinazioni - dal catalogo al libro d'artista alla rivista, etc. - è uno spazio all'interno del quale non solo si trasmettono ma si sviluppano e creano contenuti. Il progetto The Book Society consiste nella creazione all'interno del Museo d'Arte Contemporanea di Villa Croce di una reading room dove vengono presentate durante il 2013-2014 alcune delle realtà editoriali più interessanti in Europa, insieme a eventi che indagano le pratiche artistiche che hanno nella scrittura un medium integrale.

Mercoledì 26 giugno alle ore 18.00 Tyler Coburn presenta I'm that angel, reading performance che analizza le condizioni di lavoro con e contro il computer, narrate dalla prospettiva di un “coltivatore di contenuti”: figura emergente di giornalista web con il compito di produrre articoli basati sulle parole maggiormente ricorrenti in Google Trends.
Come testo, I'm that angel assume la forma di una pietra dura, un’interruzione del flusso—un libro. Il suo formato si rifà a precedenti para-letterari, alle confessioni e agli epistolari per fare da puntello ai nostri dialetti virtuali. Progettate da Eric Nylund, le pagine concretizzano citazioni trovate, linguaggi di tendenza, aneddoti, appunti e invettive, con il metodo che possiamo definire della disattenzione.
Se il libro accoglie un limite materiale che rafforza la forma diffusa del cloud, i reading tentano di attivare delle concrezioni similari, con un lettore e un pubblico che occupano i luoghi che rimandano alla struttura di Internet. In alcune occasioni, i reading sono accoppiati a riprese documentarie di locali adibiti a server, creando così un centro dati temporaneo all'interno dell'istituzione artistica. Ogni scena dischiude spazi “securizzati”, in cui il lettore e il pubblico già risiedono, creando così l'incontro con un doppio materiale o delle soggettività virtuali, come fossero dati immagazzinati in un server. Piuttosto che cedere all’apparente intrattabilità del capitalismo cognitivo, questi reading potenziano il racconto, le operazioni critiche attraverso un accesso condiviso, l'ascolto e la discussione. Lungo le sue parti I'm that angel offre argomentazioni per una rinnovata considerazione degli orizzonti immanenti della soggettività, della socializzazione e della creatività.
L'evento di Coburn nell’ambito di The Book Society al Museo di Villa Croce conclude il mese di tour europeo, che ha visto sue performance negli spazi di Objectif Exhibition (Anversa), CAC Vilnius, Grazer Kunstverein, Pionen Data Center (Stoccolma), EvoSwitch Amsterdam (in collaborazione con San Serriffe), e-shelter Berlino (in collaborazione con Archive Kabinett), Volta Londra (in collaborazione con South London Gallery). Il libro I'm that angel è distribuito internazionalmente nelle librerie specializzate e nelle istituzioni d’arte.

Tyler Coburn (nato a New York nel 1983, dove vive e lavora) è laureato in Letteratura Comparata alla Yale University e ha ottenuto un master dell’University of Southern California. Il suo lavoro è stato presentato presso: Institute of Contemporary Arts, Londra (2012); LA><ART, Los Angeles (2011); Whitney Museum of American Art, New York (2010); FormContent, Londra (2010); SculptureCenter, New York (2009).
 

lunedì 24 giugno 2013

L'IMMAGINE MUTANTE - MACRO, ROMA


L'IMMAGINE MUTANTE
a cura di Benedetta Carpi De Resmini
MACRO - Museo d'Arte Contemporanea
via Reggio Emilia 54 - Roma
dal 25/6/2013 al 16/7/2013

Nell’ambito della mostra Ritratto di una città. Arte a Roma 1960 – 2001, il MACRO presenta L’immagine mutante, una rassegna di film sperimentali e cortometraggi d’artista, a cura di Benedetta Carpi De Resmini, in programma dal 25 giugno al 16 luglio presso la Sala Cinema del Museo.
La rassegna, suddivisa in tre cicli di appuntamenti tematici, è pensata per approfondire la sperimentazione legata al cinema d'artista, uno degli aspetti più interessanti ad aver caratterizzato le vicende culturali della città. Dagli anni Sessanta infatti Roma, dopo essere diventata capitale del cinema d’autore con la grande fabbrica di Cinecittà, ha visto nascere anche in ambito artistico un fermento di proposte sperimentali legate al mezzo cinematografico.

PROGRAMMA

25, 26, 27 giugno 2013 | Immagini e Visioni. Filmografia di Luca Maria Patella e Mario Schifano
Il primo ciclo in programma, realizzato in collaborazione con il Centro Sperimentale di Cinematografia-Cineteca Nazionale – che ha svolto un ruolo fondamentale nel recupero e nel restauro dei film in programma –, è dedicato a due figure fondamentali del panorama artistico degli anni Sessanta, Luca Maria Patella e Mario Schifano. Luca Maria Patella analizza la natura stessa della macchina da presa, annullando la dimensione spazio-temporale e giocando sul cortocircuito della visione; Mario Schifano azzera il linguaggio per comporre un diario emotivo che esula dalla narrazione e arriva ad una composizione libera del reale.

martedì 25 giugno 2013, dalle ore 18.30 alle ore 21.00
Intervengono: Stefano Chiodi, Andrea Cortellessa e Bruno Di Marino.
Sarà presente: Luca Maria Patella
Proiezione di:
Luca Maria Patella, Vedo vado!, 1969 (20’)
Mario Schifano, Souvenir, 1967 (11’)
Mario Schifano, Vietnam, 1967 (muto, 3’)

mercoledì 26 giugno 2013, dalle ore 18.30 alle ore 20.30
Proiezione di:
Luca Maria Patella, SKMP2, 1968 (30’)
Luca Maria Patella, Intorno-fuori - Materiale per camminare, 1967 (muto, 20’)
Mario Schifano, Ferreri, 1966-1969 (16’)
Mario Schifano, Reflex, 1964 (8’)
Mario Schifano, Fotografo, 1967 (muto, 3’)
Mario Schifano, Schifano, 1967 (muto, 1’)

giovedì 27 giugno 2013, dalle ore 18.30 alle ore 20.30
Proiezione di:
Luca Maria Patella, Tre e basta, 1965 (muto, 10’)
Luca Maria Patella, Terra animata, 1967 (muto, 7’)
Mario Schifano, Umano non umano, 1969 (85’)

4, 5 luglio 2013 | Movimenti animati
Il secondo ciclo propone una selezione di film e video d’animazione. La pellicola diventa un collage con figure stilizzate e forme geometrico spaziali, creando un incastro di elementi visivi come nei film di Claudio Cintoli e negli intermezzi televisivi di Pino Pascali. Si trasforma in poesia visiva nei cortometraggi di Rosa Foschi o in un’animazione visionaria in quelli di Magdalo Mussio. Questi film acquistano uno status di opere d’arte e il lavoro di alcuni viene promosso dalla società di produzione Corona Cinematografica che comincia a finanziare, grazie ai premi di qualità indetti dal Ministero del Turismo e dello Spettacolo, brevi documentari animati. Le sperimentazioni sono poi riprese negli anni Novanta da artisti che continuano a ritoccare, tagliare e manipolare la pellicola come Gianluigi Toccafondo o Paolo Canevari, che comincia con film girati in analogico per arrivare ad utilizzare il digitale. La ricchezza espressiva delle animazioni analogiche trova un ideale rilancio nelle esperienze degli artisti che utilizzano il digitale come Paola Gandolfi, Marina Paris, nell’esperienza isolata nel campo della video animazione di Elisabetta Benassi e, negli anni più recenti, nei lavori di Marco Raparelli.

giovedì 4 luglio 2013, dalle ore 18.30 alle ore 21.00
Intervengono: Alberto D’Amico, Bruno Di Marino, Cristiana Perrella e Maria Rosa Sossai
Saranno presenti: Paolo Canevari, Rosa Foschi, Paola Gandolfi, Marina Paris e Marco Raparelli.
Proiezione di:
Pino Pascali, sigle e pubblicità, fra cui Insetticida getto, 1962; Tic Tac, 1964; Tv7, 1968
Rosa Foschi, L’amore di Don Perlimplino con Belisa nel giardino, 1971 (12’)
Claudio Cintoli, Mezzo sogno e mezzo, 1965 (10’)
Paolo Canevari, Disegno Animato, 1993 (3’), in collaborazione con Alberto D’Amico
Paola Gandolfi, Francesca Ravello, Recherche de ma mère, 2003 (3’ 45’’)
Marina Paris - Alberto D’Amico, Less Than Five Minutes, 2007 (4’)
Marco Raparelli, Ristorante Italia, 2007 (4’ 30’’)

venerdì 5 luglio, dalle ore 18.30 alle ore 20.30
Proiezione di:
Pino Pascali, sigle e pubblicità, fra cui Insetticida getto, 1962; Tic Tac, 1964; Tv7, 1968
Magdalo Mussio, Il potere del drago, 1971 (10’)
Magdalo Mussio, Il reale dissoluto, 1972 (10’)
Magdalo Mussio, Umanomeno, 1973 (11’ 30’’)
Rosa Foschi, L’amore di Don Perlimplino con Belisa nel giardino, 1971 (12’)
Rosa Foschi, L’amour du cinema, 1969 (12’)
Claudio Cintoli, Mezzo sogno e mezzo, 1965 (10’)
Claudio Cintoli, Primavera nascosta, 1969 (10’)
Gianluigi Toccafondo, Essere morti o essere vivi è la stessa cosa, 2000 (3’ 30’’)
Paolo Canevari - Alberto D’Amico, Disegno Animato, 1993 (3’)
Paolo Canevari - Alberto D’Amico, SuperRoma, 1994 (2’)
Paolo Canevari - Alberto D’Amico Filmino, 1995 (40")
Marco Colazzo - Alberto D’Amico, Movimento, 1993 (2')
Avish Khebrehzadeh - Alberto D’Amico, Alef, 1996 (47’’)
Elisabetta Benassi - Alberto D’Amico, Senz'acqua, 1998 (1’)
Valentina Coccetti - Alberto D’Amico, Maracanà, 1997 (2’10”)
Paola Gandolfi, Francesca Ravello, Recherche de ma mère, 2003 (3’ 45’’)
Paola Gandolfi, Macchina madre, 2007 (3' 47'’)
Marina Paris - Alberto D’Amico, Less Than Five Minutes, 2007 (4’)
Alberto D’Amico, SP, 2002 (1' 40’’)
Marco Raparelli, Ristorante Italia, 2007 (4’ 30’’)
Marco Raparelli, Everything Changes, 2010 (3’ 40’’)

11, 12, 16 luglio 2013 | Sguardo/immagine: viaggio nella filmografia di Gianfranco Baruchello
La rassegna si chiude con l’appuntamento dedicato alla filmografia di Gianfranco Baruchello. L’artista dai primi anni Sessanta ha cominciato a lavorare con l’immagine in movimento, girando prima in Super8 Il grado zero del paesaggio nel 1963, per affrontare successivamente il montaggio dell’ormai storica Verifica incerta (1964-1965), realizzato con Alberto Grifi utilizzando spezzoni di film in 35mm.
Il montaggio diventa per Baruchello un modo di pensare l’immagine a partire da un pensiero precedente, con una scrittura che è capace di tutto, ribaltamenti, abbinamenti, proposte di logiche al limite del senso come in Tre lettere a Raymond Roussel (1969), in cui materiali visivi sono assemblati in maniera sperimentale a formare in successione tre nuclei narrativi. In Il brodo del cammello (1994), partendo da alcune scene del film di Dino Risi La stanza del vescovo, si sovrappongono frammenti, creando un collage ironico sulla scena politica e sociale del paese.

giovedì 11 luglio 2013, dalle ore 18.30 alle ore 21.00
Intervengono: Enrico Ghezzi e Carla Subrizi
Sarà presente: Gianfranco Baruchello
Proiezione di:
Gianfranco Baruchello, spezzoni di Verifica incerta, 1963 (15’ circa)
Gianfranco Baruchello, Norme per gli olocausti, 1968 (15’)
Gianfranco Baruchello, Retard, 1996 (3’ 40’’)

venerdi 12 luglio 2013, ore 18.30 – 20.30
Proiezione di:
Gianfranco Baruchello, Verifica incerta, 1963 (35’)
Gianfranco Baruchello, Costretto a scomparire, 1968 (15’)
Gianfranco Baruchello, Tre lettere a Raymond Roussel, 1969 (28’)
Gianfranco Baruchello, Il Grano, 1974-75 (25’)
Gianfranco Baruchello, Nodi, 1999 (3’)
Gianfranco Baruchello, In su, 2001 (4’ 45’’)
Gianfranco Baruchello, Tu dici: il punto e la piega, 2002 (12’)

martedì 16 luglio, ore 18.30 – 20.30
Proiezione di:
Gianfranco Baruchello, Per una giornata di malumore nazionale, 1968 (24’)
Gianfranco Baruchello, Film operaio, 1970 (45’)
Gianfranco Baruchello, Anni Sessanta, 1976 (12’ 8’’)
Gianfranco Baruchello, Ponte Casilino, Lucio, 1995 (19’ 19’’)
Gianfranco Baruchello, Il brodo di cammello, 1994 (4’ 48’)
Gianfranco Baruchello, Ballade, 1996 (7’ 13’’)
Gianfranco Baruchello, Fuoco, 2002 (1’ 02’’)
Gianfranco Baruchello, Sette minuti = due euro, 2007 (13’ 54’’)

Il progetto è realizzato in collaborazione con il Centro Sperimentale di Cinematografia-Cineteca Nazionale e la Cineteca di Bologna. 

SOUNDING THE BODY ELECTRIC - CALVERT 22 FOUNDATION, LONDON


SOUNDING THE BODY ELECTRIC
Experiments in Art and Music in Eastern Europe 1957–1984
Curated by David Crowley and Daniel Muzyczuk
Calvert 22 Foundation
22 Calvert Avenue - London 25/6/2013 - 25/8/2013

Artists: Walerian Borowczyk, Collective Actions, Andrzej Dłużniewski, Szábolcs Esztényi, Bulat Galeyev, Milan Grygar, Zofia & Oskar Hansen, Zoltán Jeney, Milan Knížák, Grzegorz Kowalski, Zygmunt Krauze, Komar & Melamid, Katalin Ladik, Jan Lenica, Dóra Maurer, Henryk Morel, Vladan Radovanović, Józef Robakowski, Eugeniusz Rudnik, Bogusław Schaeffer,Cezary Szubartowski, László Vidovszky, Krzysztof Wodiczko

Sounding The Body Electric: Experiments in Art and Music in Eastern Europe 1957–1984 is an exhibition on the first experimental approaches to sound and image in Eastern Europe during the 60s and the decades that followed, featuring artworks and recordings by Fluxus artist Milan Knižák, plus works by Sots-Artists Komar & Melamid, Hungarian artist Dóra Maurer and composer Zoltán Jeney.
In the aftermath of Stalinism, composers and artists in Eastern Europe were given new opportunities to experiment. New recording studios equipped with magnetic tape recorders and, later, synthesisers were established, first inWarsaw in 1957 and then throughout Eastern Europe. New and often challenging forms of music were produced in these laboratories of sound.
The connections between the visual arts and experimental music were closer in the 1960s than perhaps any time before or since. Sound and image combined in artists’ films, ‘happenings’ and sounding installations. Experimental forms of notation were also created to stimulate uninhibited musical expression.
The early happenings and actions of the 1960s were associated with intellectual freedom and reform. The exhilaration of experimentation declined during the decade and in the 1970s new critical forms of art emerged which associated sound with surveillance and censorship.
This exhibition explores both the optimism and the anxiety that was to be found in the experimental zone of art and music.

A double-CD of recordings of works in the show will be issued by Bólt Records.

In cooperation with Muzeum Sztuki - Lodz. 

DIZIONARIO BIOGRAFICO DEI GIURISTI ITALIANI - IL MULINO 2013

DIZIONARIO BIOGRAFICO DEI GIURISTI ITALIANI
XII - XX secolo
Il Mulino, 06/06/2013
Fuori collana

Il Dizionario biografico dei giuristi italiani comprende le biografie di oltre 2000 giuristi, per un arco di tempo che va dal Medioevo al Ventesimo secolo. Le singole voci, redatte da specialisti del settore, riguardano figure che da prospettive diverse - nell'Università o in magistratura, nella professione forense o nel notariato, nelle istituzioni o nella vita intellettuale - hanno contribuito allo sviluppo del sapere giuridico. Obiettivo dell'opera è tracciare, attraverso le biografie dei personaggi, una mappa di nove secoli di cultura giuridica italiana, da cui sia possibile cogliere i principali atteggiamenti della dottrina, i generi letterari utilizzati, le fonti normative di volta in volta vigenti, il processo di formazione e articolazione delle diverse discipline, le scuole e, non da ultimo, il ruolo dei giuristi nei vari contesti sociali e politici in cui furono impegnati. Suddiviso in due volumi, il Dizionario è corredato di rinvii e indici, per facilitare il riscontro dei personaggi citati e dei principali argomenti trattati. Ogni singola voce è arricchita da una sintetica ma aggiornata bibliografia. Strumento utile sia per operatori pratici - quali magistrati e avvocati - sia per studiosi che vogliano avviare ricerche specialistiche.