sabato 31 marzo 2012

SOUND ART: SOUND AS MEDIUM OF FINE ART - ZKM, KARLSRUHE



SOUND ART: SOUND AS MEDIUM OF FINE ART
Curator: Peter Weibel
Project coordinator and co-curator: Julia Gerlach
ZKM - Zentrum für Kunst und Medientechnologie
Lorenzstrasse 21 - Karlsruhe
17 March 2012 - 06 January 2013

The exhibition "Sound Art. Sound as a Medium of Art" presents for the first time the development of sound art in the 21th century at the ZKM | Media Museum and in a public space. From Futurism to Fluxus, through to Twitter sonifications, the ZKM charts the history of Sound Art during the 20th century. However, focus is placed on contemporary practices: with works from 70 artists from which approximately 30 new productions from recent years will be represented, the visitor gains insights into the unique sound cosmos of contemporary art. The sound world visualizes its own exhibition architecture, and the exhibition visitor himself becomes the generator of sounds.
Visual experience dominates in numerous exhibitions. "Sound Art. Sound as a Medium of Art" emphasizes auditory experience and transforms the visual experience. The visitor is thus provided with the opportunity to become acquainted with an entirely new sound cosmos, which neither radio, film nor the music industry has been able to establish to such an extent.
The Futurist painter and composer Luigi Russolo published the musical manifesto "L'arte dei rumori" in 1913 elevating urban noises to the level of an art. In the 1950s and 1960s representatives of musique concrète and the artists of the Happening and Fluxus movement (from Yoko Ono through to La Monte Young) extended the performative aspect of music; hence, in place of composition there could be randomness, in place of music, silence, in place of an orchestra, the sea and in place of the musician, a horse. In the 1970s and 1980s Industrial Noise influenced even pop music, as well as punk music.
At the same time, loudspeakers became the building blocks of monumental sculptures, light and sound were compressed into mobile immaterial environments, inaudible realities were rendered audible in a synthesis of arts and hearing was gauged again by means of psychoanalytical experiments. Sonifications of information and medial communication, sound environments as well as telematic or medial constellations exert an influence on the present-day multiplicity of creative output. In this connection, those political questions in sound art that lead to critical examination of sound and listening, occupy a central place.
The exhibition "Sound Art. Sound as a Medium of Art" makes new sound perceptions not only experienceable in the museum: passers-by may encounter sounds in the three installations located in the forecourt of the ZKM and five installations in public areas around the city of Karlsruhe. In addition, a selected concert program with outstanding performative projects enriches the exhibition: LaMonte Young, Xenakis, Cage and Ryoji Ikeda are representative of the program’s broad spectrum. The exhibition’s wealth of sounds has also been facilitated by the richness of the archives made accessible to the Karlsruhe public for the first time to this extent. Included are the "unheard avant-garde" from Scandinavia, the Broken Music Archiv from Berlin and curated audiopoints from european archive inventories.

CANALETTO: IL QUADERNO VENEZIANO - PALAZZO GRIMANI, VENEZIA



CANALETTO
IL QUADERNO VENEZIANO
Palazzo Grimani
calle Grimani (Castello 4858 - Santa Maria Formosa) - Venezia
dall'1/4/2012 all'1/7/2012

Apre a Venezia il 1 aprile, nella cornice straordinaria delle sale di Palazzo Grimani, la mostra “Canaletto. Il Quaderno veneziano” dedicata al celebre Quaderno di schizzi di Canaletto, un unicum nella storia dell’arte del Settecento, codice mai visibile al pubblico, ora presentato assieme a ventiquattro? disegni di antica provenienza veneziana, appartenenti a collezioni pubbliche e private, per la prima volta insieme.
Il progetto espositivo è a cura del Direttore del Gabinetto dei Disegni delle Gallerie dell’Accademia, Annalisa Perissa Torrini, programmato nell’ambito della valorizzazione del fondo grafico, promosso dalla Soprintendenza Speciale per il Patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Venezia e dei comuni della Gronda lagunare e prodotto da Venezia Accademia con il contributo di Save Venice Inc.
La mostra indaga il modus operandi dell’artista, definendone la concreta operatività nella fase di costruzione grafica e stabilisce il ruolo svolto dalla camera ottica nell’ideazione e realizzazione delle vedute di Venezia.
Il Quaderno di Canaletto è un prezioso piccolo volume (mm 175×235) formato da 7 fascicoli, rilegati nell’Ottocento, ma in origine sciolti, ricolmo di schizzi realizzati probabilmente in un breve arco di tempo, poi riutilizzato dal pittore veneziano negli anni. Ogni fascicolo racconta il processo creativo del suo lavoro: le tipiche annotazioni sui colori, sui materiali e sui luoghi ritratti, le correzioni e abrasioni, i cambi di inchiostro e di penna, lo sporadico uso del righello e l’impiego della punta metallica, la cui presenza è stata osservata nel corso degli studi e delle analisi delle tecniche e della carta.
Insieme al Quaderno, vengono esposti otto fogli, tra cui il cosiddetto “scarabotto” con il Canal Grande di fronte alla Salute e il Traghetto di San Moisé, della raccolta delle Gallerie, sette fogli della Galleria Nazionale d’Arte Antica di Trieste, sette fogli poco noti di collezione privata italiana di provenienza Corniani-Algarotti, il foglio della Fondazione Cini e quello del Museo Correr di Venezia. Importanti dipinti di collezioni pubbliche e private mostreranno poi la realizzazione pittorica di alcuni disegni esposti in mostra: capolavori delle Gallerie dell’Accademia, di Ca’ Rezzonico, degli Uffizi, di Castello Sforzesco e di importanti collezioni private italiane, mentre alcune incisioni, di Visentini e Smith, documentano l’importanza delle stampe sia nell’iter creativo dell’artista, che nella diffusione della sua opera.
In occasione della mostra verrà pubblicato un fac-simile del Quaderno di Canaletto, edito da Marsilio Editori, accompagnato da un saggio storico interpretativo di Annalisa Perissa Torrini e seguito da uno studio sulla fascicolazione e rilegatura condotto da Barbara Biciocchi, da un testo sulla camera ottica a cura di Dario Maran, e documenti sulla vita di Canaletto trovati da Alessandra Schiavon all’Archivio di Stato di Venezia.
Il progetto di allestimento, curato da Annunziata Genchi, comprende supporti audiovisivi e multimediali didattici, fra i quali una riproduzione digitale del Quaderno, realizzata da Mauro Tarantino, che permetterà al visitatore di sfogliare virtualmente tutte le pagine del prezioso codice, mentre diversi filmati illustreranno l’utilizzo e le finalità della camera ottica, i modi di fascicolazione del volume e le tecniche grafiche di esecuzione, un filmato in 3D con il confronto tra i disegni e i dipinti ed un altro sul funzionamento della camera ottica. Un modello funzionante di camera ottica, inoltre, è stato realizzato in collaborazione con il Musée Maillol di Parigi, dove il visitatore potrà guardare le “vedute” come faceva lo stesso Canaletto.
L’attività didattica prevede, oltre alle visite guidate per pubblico e per le scuole, schede operative per i visitatori più piccoli e un ciclo di conferenze sulle tematiche storico artistiche affrontate nella mostra.
Al celebre Quaderno di disegni di Canaletto del Gabinetto dei Disegni delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, non pi? esposto dal 1999, sono affiancati ventiquattro fogli di uguale provenienza antica dalla collezione Corniani Algarotti ed ora suddivisi in varie raccolte e mai esposti insieme prima d’ora, dipinti di collezioni pubbliche e private italiane, tutti raffiguranti vedute veneziane, ed incisioni, importanti testimonianze della diffusione della diffusione dell’opera del vedutista veneziano, che fu egli stesso incisore. Esempi che sottolineano le tappe dell’iter creativo di Canaletto, dal diario segreto degli schizzi sul Quaderno fino alla trasposizione in pittura di quei luoghi della sua cittá ritratti in loco con la camera ottica e spesso dalla barca, vedute tanto richieste da quella committenza inglese che il Console Smith gli procurava, incassandone i guadagni: “Mr. Smith lo ingaggió a lavorare per sè per molti anni a un prezzo molto basso e vendeva le sue opere agli inglesi con tariffe assai pi? alte”. Giovan Antonio, infatti, descritto dalle fonti “avido e ingordo”, fino a cinquant’anni quando parte per Londra, non ha nessun risparmio né capitale, a parte la casa che divide con le due sorelle nubili e il cugino e le sue sorelle, come documentano due decime del 1739 qui esposte, rintracciate da A. Schiavon all’Archivio di Stato di Venezia, casa posta in Corte Perina, dove muore il 20 aprile 1768.

JACQUES COPEAU: ANTHOLOGIE INACHEVÉE À L'USAGE DES JEUNES GÉNÉRATIONS - GALLIMARD 2012


JACQUES COPEAU
ANTHOLOGIE INACHEVÉE À L'USAGE DES JEUNES GÉNÉRATIONS
Édition de Christophe Allwright
Gallimard, 19/1/2012
collection "Blanche"

Au moment du centenaire des Éditions Gallimard, il convient de ne pas oublier Jacques Copeau, qui en fut un des fondateurs, et un des animateurs, le premier directeur en titre de La NRF, jusqu'au jour où, en 1913, il fonda le Vieux-Colombier. Le volume que voici offre principalement une anthologie de ses célèbres Registres qui résument sa doctrine théâtrale.
Une importante introduction, écrite par Christophe Allwright, l'arrière-petit-fils de Copeau, livre un portrait et une biographie qui aident à mieux comprendre cet homme passionné qui a tout sacrifié à l'exigence de l'art dramatique.

HOMMAGE A JORGEM SEMPRUN - GALLIMARD 2012


HOMMAGE À JORGE SEMPRUN
11 juin 2011. Lycée Henri-IV, Paris
Gallimard, 9/2/2012
collection "Blanche"

Jorge Semprun est mort le 7 juin 2011 à l'âge de quatre-vingt-sept ans.
Ce livre réunit les textes lus à l'occasion de l'hommage qui lui a été rendu au lycée Henri-IV à Paris, lieu symbolique où, en février 1939, jeune exilé fuyant la guerre d'Espagne, il fut accueilli avec son frère aîné. Des hommes et des femmes – amis, proches, famille – ont voulu honorer la mémoire de l'écrivain, du scénariste, de l'homme politique, de celui qui s'est toujours battu pour défendre ses valeurs. Claude Landman, Patrice Corre, Edmonde Charles-Roux, Charles Melman, Costa-Gavras, Alain Minc, Christelle Prot, Michel Piccoli, Cécilia Landman, Anne Hidalgo, Felipe González, Ángeles González-Sinde, Frédéric Mitterrand offrent ici un témoignage vibrant sur un homme qui a marqué l'histoire et la littérature.

GOFFREDO FOFI, ULIANO LUCAS: NON SI AFFITTA A MERIDIONALI - PALAZZO DUCALE, GENOVA 1/4/2012



La storia in piazza
NON SI AFFITTA AI MERIDIONALI
Quando il Sud viene al Nord
incontro con :
GOFFREDO FOFI
ULIANO LUCAS
Palazzo Ducale - Archivio storico del Comune di Genova
piazza Matteotti 9 - Genova
domenica 1 aprile 2012, h. 16,00

Le grandi migrazioni interne del secondo dopoguerra: dal Sud al Nord , dalle aree povere del paese alle città industriali. Un gigantesco mescolamento della popolazione italiana. Una storia di faticosa integrazione e troppo spesso dimenticata.

Goffredo FOFI
Saggista, critico letterario e cinematografico. Lavorò con Danilo Dolci nelle borgate di Palermo. Ha contribuito alla nascita di riviste cruciali quali i Quaderni Piacentini, Ombre rosse, Linea d'ombra. È direttore della rivista Lo Straniero.
Tra le sue ultime pubblicazioni: Da pochi a pochi (Eleuthera 2006); La vocazione minoritaria: intervista sulle minoranze, a cura di Daniele Pivetta (Laterza 2009)

Uliano LUCAS
Tra i più grandi fotogiornalisti italiani. Con le sue immagini ha documentato oltre quarant’anni di mutamenti sociali, politici, culturali del nostro paese. Ha lavorato a lungo in Africa raccontando le drammatiche vicende e le speranze della decolonizzazione, in Europa e in Cina.
Tra i suoi libri: emigranti in Europa, Einaudi, 1977, Uliano Lucas, reporter , Mazzotta 1983,Fotogiornalismo in italia, Fif, 2005

venerdì 30 marzo 2012

PINOT GALLIZIO - CHIESA DI SAN DOMENICO, ALBA




PINOT GALLIZIO
- Chiesa di San Domenico
Via Calissano - Alba
- Teatro Sociale Giorgio Busca
Piazza Vittorio Veneto 3 - Alba
- Centro Studi Beppe Fenoglio
piazza Rosseti 2 - Alba
dal 31/3/2012 al 10/6/2012

Alcune tra le opere più significative di Pinot Gallizio, una serie di allestimenti inediti, un dialogo con opere di Cesare Pietroiusti e di Anna Scalfi, artisti tra i più significativi della scena italiana contemporanea e ancora moda, musica e appuntamenti teatrali rendono omaggio grande artista albese ripercorrendo le molteplici sfaccettature della sua ricerca artistica. Una mostra “diffusa” che da aprile a giugno invade la città di Alba grazie al sostegno del Gruppo Miroglio, leader italiano nel settore tessile e abbigliamento i cui tessuti Gallizio utilizzò più di cinquanta anni fa per alcuni suoi importanti lavori.
Il primo appuntamento è per sabato 31 marzo (con apertura continuativa al pubblico a partire dal 1° aprile e fino al 10 giugno) con l’inaugurazione della mostra dedicata alla pittura industriale curata da Liliana Dematteis e dall’Archivio Gallizio nella splendida chiesa medievale di San Domenico, nel centro storico di Alba. Un’occasione unica per vedere esposto per la prima volta nella sua interezza il rotolo di pittura industriale lungo 74 metri realizzato nel 1958. La pittura industriale di Gallizio è strettamente legata alla sua esperienza all’interno dell’Internazionale Situazionista, l’organizzazione radicale di cui è stato fondatore nel 1957 con Guy Debord e, tra gli altri, con gli artisti Asger Jorn, Constant, Ralph Rumney e l’amico Piero Simondo. Nell’ottica situazionista di sperimentare nuovi strumenti di critica della cultura e della società, la pittura industriale di Gallizio era un’invenzione perfetta: l’estensione della pittura in lunghi rotoli destinati a essere venduti a metro aveva infatti l’effetto di inflazionare il valore artistico e al tempo stesso mettere in crisi la macchina, “regina del tutto uguale”, come scriveva l’artista nel suo manifesto, obbligandola al “gesto unico, inutile e antieconomico”. Venduta a metro nel mercato di Alba così come nelle gallerie d’arte, esposta a Torino, Milano, Monaco di Baviera, Parigi, la pittura industriale era concepita per essere “applicabile”: al vestiario e alla moda - avvolta sul corpo delle mannequin -, alla costruzione di ambienti, fino a rivestire idealmente le autostrade. L’opera, realizzata su tela con inchiostri tipografici, resine e solventi, è stata esposta nei principali musei del mondo: dal Centre Georges Pompidou di Parigi all’ICA di Londra, dal Museo Reina Sofia di Madrid al MOCA di Los Angeles, al Museum of Contemporary Art di Sidney.
Sempre sabato 31 marzo il Teatro Sociale accoglierà invece gli esiti di un fruttuoso incontro tra l’arte di Pinot Gallizio e la moda che ha dato vita a dodici abiti inediti e originali che traggono ispirazione da una delle quattro tele che compongono il ciclo pittorico Le notti di cristallo. Ed è stata proprio La Notte Barbara, con la sua dimensione ancestrale, mitica, nell’immaginario legato ad antiche civiltà così come all’origine della vita, dove le notti sono “di cristallo” perché ancora incontaminate, a ispirare il lavoro di dodici stilisti che, nel corso del workshop “Elena Mirò Art & Fashion”, curato e diretto dal Gruppo Miroglio, recentemente svoltosi presso la Reggia di Venaria, hanno realizzato le dodici creazioni che verranno esposte all’ingresso del Teatro. Nei locali del Teatro Sociale si potranno inoltre ammirare i due dipinti intitolati Le fabbriche del vento che furono esposti nella sala personale dedicata a Gallizio alla XXXII Biennale di Venezia nel 1964, pochi mesi dopo la sua improvvisa morte. In questa ultima fase del lavoro di Gallizio il segno si fa continuo, curvilineo, vibrante e al tempo stesso materico. Utilizza resine plastiche e oli che formano uno spesso strato sulle tela, dove le forme si posano e si attorcigliano quasi per uscire dalle proprie rigidezze e lasciarsi andare, come scriveva al pittore Carla Lonzi, la critica d’arte e amica con la quale Gallizio stabilì un intenso e profondo dialogo. Queste due opere resteranno esposte per un luogo periodo, oltre alle date di chiusura della mostra, grazie a un comodato sottoscritto tra l’Archivio Gallizio ed il Comune di Alba.
A partire dal 12 maggio, nei locali al secondo piano del Centro Studi Beppe Fenoglio, sarà aperto lo Spazio Gallizio, nel quale viene presentata l’installazione L’Anticamera della morte, donata dall’Archivio Gallizio alla città di Alba, insieme a immagini e materiali di documentazione che raccontano la vita e il lavoro dell’artista nella cornice di quella che fu la biblioteca di casa Gallizio. L’Anticamera della morte è un’opera ambientale realizzata dall’artista pochi mesi prima della sua morte, avvenuta nel febbraio del 1964, ricoprendo con una stesura monocroma di nero fumo un mobile a scaffale del suo studio. Una libreria in cui Gallizio - che era stato partigiano, farmacista, chimico, archeologo, pittore - aveva disposto una serie eterogenea di oggetti accumulati nel corso di una vita. Una sorta di wunderkammer al rovescio, con cui la ricerca artistica di Gallizio si affacciava ai nuovi linguaggi delle neoavanguardie europee e internazionali.
E ancora, sabato 12 maggio, in occasione della Notte Bianca delle Librerie, nella chiesa di San Domenico sarà la volta della lettura del “Manifesto della pittura industriale” di Gallizio, con accompagnamento musicale. “Di solito, quando si parla della Notte Bianca, si pensa immediatamente alla musica e ai concerti – spiega l’Assessore alla Cultura e al Turismo Paola Farinetti – noi abbiamo invece provato a immaginare una Notte Bianca di segno diverso, ma ugualmente speciale e fuori dall’ordinario”.
Infine, sabato 19 maggio, nella chiesa di San Domenico, si affiancheranno al grande rotolo di pittura industriale di Gallizio opere di Anna Scalfi e di Cesare Pietroiusti che, secondo nuove e differenti prospettive riflettono sui concetti di valore, produzione, unicità e serialità che furono anche alla base della pittura industriale. L’evento, nel quale saranno allestiti il Grande disegno di Anna Scalfi, una pezza di pashmina di 30 metri, e centinaia di disegni su carta realizzati per l’occasione da Cesare Pietroiusti, è a cura di Francesca Comisso e dell’Archivio Gallizio di Torino. Un’occasione irripetibile non solo per avvicinarsi alla produzione di un grande ed eclettico protagonista della ricerca artistica europea tra gli anni cinquanta e sessanta, ma anche per conoscere l’altra anima di Alba, la capitale delle Langhe spesso associata all’enogastronomia, che fu la culla ai tempi di Gallizio di un’intensa attività culturale internazionale.

Senza titolo o Rotolo di pittura industriale
a cura di Liliana Dematteis e l’Archivio Gallizio
Inaugurazione 31 marzo con presentazione critica di Maria Teresa Roberto
Chiesa di San Domenico, Via Calissano - ALBA (Cn)

Le fabbriche del vento, Pinot Gallizio e la moda
Inaugurazione 31 marzo 2012
Teatro Sociale "Giorgio Busca", Piazza Vittorio Veneto, 3 - ALBA (Cn)

Spazio Gallizio, L’anticamera della morte
Inaugurazione 12 maggio 2011 , ore 18, con presentazione critica di Maria Teresa Roberto
Centro Studi Beppe Fenoglio, Piazza Rossetti 2 (terzo piano) - ALBA (Cn)

La notte bianca delle librerie, Il manifesto della pittura industriale
12 maggio 2011
Chiesa di San Domenico, Via Calissano - ALBA (Cn)

Cesare Pietroiusti e Anna Scalfi: in dialogo con Pinot Gallizio
a cura di Francesca Comisso e l’Archivio Gallizio
inaugurazione: 19 maggio 2012, ore 18,00
Chiesa di San Domenico, Via Calissano - ALBA (Cn)

BRITISH DESIGN 1948-2012 - VICTORIA & ALBERT MUSEUM, LONDON



BRITISH DESIGN 1948-2012
Victoria & Albert Museum
Cromwell Road - London
31/3/2012 al 12/8/2012

In 1948 London hosted the first Olympic Games after the Second World War. The ‘Austerity Games’ (as they became known) took place at a time of economic crisis in a city devastated by bombing, but they provided a platform for reconciliation and reconstruction. In 2012 Britain welcomes the Olympics once more, and while the spirit remains, the context in which they are taking place has entirely changed. British Design 1948–2012 traces those changes by exploring buildings, objects, images and ideas produced by designers and artists born, trained or based in Britain.
The displays examine the shifting nature of British design over 60 years: three galleries respectively explore the tension between tradition and modernity; the subversive impulse in British culture; and Britain’s leadership in design innovation and creativity. The exhibition reveals how British designers have responded to economic, political and cultural forces that have fundamentally shaped how we live today. They have created some of the most inventive and striking objects, technologies and buildings of the modern world.

Tradition & Modernity
The impact of the Second World War on the social, economic and physical fabric of Britain was immense. The task of reconstruction dominated the post-war years. In 1945 a Labour government swept to power, and its radical plan for a comprehensive Welfare State would be broadly supported by all governments for the next 30 years. The drive for modernity in the rebuilding of Britain changed the nation forever. Events such as the Festival of Britain in 1951 presented a progressive view of the future and in the decades after the war Britain’s cities and homes were transformed.
However, a preoccupation with British traditions was often just below the surface and the grand spectacle of the coronation in 1953 reaffirmed traditional values for a world-wide audience. For many, the heart of British tradition was seen to reside in the land and many artists and designers explored themes that celebrated rural life and the countryside

Subversion
From the 1950s a new generation of Britons challenged the values of their parents. The focus of design moved from reconstruction to revolution. In the 1960s and 1970s, fashion, music, shopping, interiors and film enjoyed a fresh prominence as expressions of identity or radical intent. To adapt a common phrase of the time, the personal became political – and visible.
In Britain’s cities the shift was particularly powerful. From ‘Swinging London’ in the 1960s, through the nihilism of Punk in the 1970s, to the sharp presentation of ‘Cool Britannia’ in the 1990s, artists and designers pioneered an irreverent approach that marked the cultural landscape forever. In the studio and on the street, this subversive spirit has come to define British creativity for the past 50 years. Its sources are wide-ranging, from art students demanding reforms in the 1960s to Britain’s unique urban culture and social mix.

Innovation & Creativity
Britain has long been a pioneer of new ideas, particularly in the areas of industrial design and technology. Innovation has characterised British design from the introduction of spinning machines in the 1780s and the engineering of ships and bridges in the 1840s to the development of computer codes after the Second World War and the invention of the worldwide web in the 1980s.
Over the last half century, design culture has moved firmly away from traditional manufacturing towards innovative financial, retail and creative services. This radical shift has been accompanied by new attitudes towards commodities and global communication, which have fundamentally altered the way design is produced, consumed and understood. British designers have stood at the forefront of change. In so doing, they have created some of the most iconic objects, technologies and buildings of the last 60 years.

IVAN ILLICH: PERVERTIMENTO DEL CRISTIANESIMO - QUODLIBET 2012


IVAN ILLICH
PERVERTIMENTO DEL CRISTIANESIMO
Conversazioni con David Cayley su Vangelo, chiesa, modernità
Quodlibet, 28/3/2012

Ivan Illich (1926-2002), prete cattolico che rinunciò all'esercizio pubblico del sacerdozio nel 1969, dopo le censure ecclesiastiche alla sua attività di oppositore dello "sviluppo", a suo avviso esportato nei paesi "terzi" come forma più raffinata e distruttiva di colonialismo, fu negli anni Settanta uno dei maestri della contestazione mondiale contro le società industriali, i loro stili di vita, le forme del consumo, gli apparati di servizi. Divenne nel seguito un acuto studioso degli sconvolgimenti prodotti dallo sviluppo tecnologico nell'esperienza e coscienza umane in età moderna e contemporanea. In questo testo, che è parte della sua estrema autotestimonianza, Illich compie la parabola del proprio pensiero indicando nel cristianesimo, ossia in una interpretazione riduttrice e corruttrice della libertà annunciata dal Vangelo come amministrata dalla Chiesa nella sua millenaria evoluzione, l'origine di una alienazione dell'esistenza umana individuale e collettiva, giunta oggi alle soglie di un necessario, apocalittico ribaltamento.

GIORGIO AGAMBEN, GILLES DELEUZE: BARTLEBY - QUODLIBET 2012


GIORGIO AGAMBEN, GILLES DELEUZE
BARTLEBY
La formula della creazione
Quodlibet, 28/3/2012

Fin dalla sua pubblicazione nel 1853, Bartleby lo scrivano di Melville, "uno dei più bei racconti dell'epoca moderna", sta iscritto come un enigma sulla soglia della letteratura americana. La figura scialba e "incurabilmente perduta" dello scrivano che ha smesso di scrivere, ha letteralmente paralizzato i critici e tenacemente eluso ogni spiegazione. Qual è il messaggio che, senza mai proferirlo, egli sembra volerci significare con ogni suo gesto? E qual è il senso della formula che egli non si stanca di ripetere a ogni richiesta: "preferirei di no"? In questo libro, due filosofi, Gilles Deleuze e Giorgio Agamben, provano a misurarsi con l'enigma di Bartleby e a decifrare il senso della formula. In pagine straordinariamente dense l'autore dell'Anti Edipo scopre in Bartleby il paradigma della "natura prima" e, insieme, il rappresentante del "popolo a venire"; Giorgio Agamben legge nel "preferirei di no" dello scrivano la formula della potenza pura, l'algoritmo di un esperimento in cui il Possibile si emancipa da ogni ragione.

GIUSEPPE ZUCCARINO: NOTE AL PALINSESTO - JOKER 2012


GIUSEPPE ZUCCARINO
NOTE AL PALINSESTO
Joker, 2012
collana "I libri dell'Arca"

Un critico scrive di norma dei saggi lunghi, ma può accadere che, nel corso degli anni, produca anche dei testi brevi, su argomenti generali oppure su singole opere. Accomunati dalla brevità sono appunto gli scritti raccolti in questo libro, che si presenta suddiviso in tre sezioni. La prima comprende saggi e articoli di natura teorica, o comunque non privi di implicazioni metodologiche. La seconda rende omaggio ad alcuni scrittori e artisti italiani (Manganelli, Sinisgalli, Villa e Novelli). L'ultima e più ampia sezione comprende recensioni di volumi francesi, quasi tutti ancora non disponibili in traduzione italiana (si tratta di opere, o cataloghi, di Artaud, Char, Caillois, Klossowski, Giacometti, Alechinsky, Barthes, Foucault e Derrida). Nonostante la distanza cronologica che separa fra loro i singoli testi, e a dispetto della varietà di temi ed autori da essi chiamati in causa, un fìlo rosso attraversa le pagine del libro. Esso è ravvisabile nell 'idea che occorra riflettere sulle possibilità e aporie intrinseche alla letteratura, ma tenendo presente che quest'ultima è un ambito non chiuso su di sé, bensì comunicante con altri, quali la fìlosofìa e le arti visive. Se uno spazio così immenso, simile a un palinsesto che reca traccia delle più diverse grafìe, risulta ovviamente impossibile da esaminare per intero, al critico è però concesso di apporvi qualche nota in margine, affìdandosi a un discorso, nel contempo, indiretto e personale. Per lui infatti, come ricorda Roland Barthes, «la scrittura può raccogliere l'estrema soggettività, perché nella scrittura c 'è accordo tra l'indiretto dell' espressione e la verità del soggetto».

giovedì 29 marzo 2012

PIERO GILARDI 1963-1983 - CASTELLO DI RIVOLI



PIERO GILARDI 1963-1983
a cura di Andrea Bellini
Castelo di Rivoli
piazza Mafalda di Savoia - Rivoli
dal 30/3/2012 al 13/5/2012

La mostra che il Castello di Rivoli dedica a Piero Gilardi si concentra sui primi 22 anni di attività dell’artista torinese, dai primi “tappeti - natura”, opere che gli procurarono un notevole successo internazionale negli anni Sessanta, fino ad un’ampia serie di documenti che illustrano la sua decisione di uscire dal sistema dell’arte per dedicarsi prima ad un’attività di volontariato “creativo” all’interno di un ospedale psichiatrico e poi alla militanza politica e sociale.
Come scrive Andrea Bellini, curatore della mostra, “Piero Gilardi, attraverso la sue azioni collettive e la sua produzione saggistica incentrata sulla questione delle relazioni umane e sul rapporto tra arte e società, può essere considerato il vero precursore della cosiddetta arte relazionale, cioè di quella tendenza artistica -sviluppatasi negli anni Novanta- che ha cercato di trasformare le opere d’arte in occasione di coinvolgimento umano”.
Figura irregolare del panorama artistico italiano, Gilardi sfiora prima le tematiche Pop con i tappeti natura, poi partecipa attivamente alla nascita del movimento dell’Arte Povera, senza mai identificarsi in un gruppo artistico preciso. Il rifiuto radicale di considerare l’opera d’arte come un bene di consumo lo porta - a cavallo degli anni Settanta - ad abbandonare qualsiasi produzione oggettuale, per un coinvolgimento diretto nel sociale. Come pochi altri artisti, Piero Gilardi è mosso dalla convinzione assoluta che l’arte possa cambiare la vita delle persone e che debba partecipare alla trasformazione della società, migliorando così l’ambiente in cui viviamo.
Il progetto espositivo comprende una rassegna filologica delle prime opere dell’artista torinese, dalla Macchina per discorrere (1963), al Vestito stato d’animo (1964), per passare alle opere in poliuretano come Igloo e Trilite spezzato (1964), fino ad alcuni celebri tappeti-natura, tra cui ricordiamo Mais e Torrente secco (1967). Accanto a queste opere i visitatori potranno scoprire per la prima volta una straordinaria serie di documenti, disegni originali, scritti autografi, progetti per manifesti, filmati di manifestazioni politiche e di azioni collettive. Questa complessa documentazione non ricostruisce semplicemente la storia dell’artista, ma finisce per delineare un pezzo importante della storia recente del nostro Paese.
La mostra si chiude con il progetto “le scatole viventi”: le opere, parte delle quali appartenenti alla collezione del Museo, dialogano con la mostra in corso suggerendo legami inediti e connessioni tra personalità spesso molto diverse tra loro. In questo caso è stato lo stesso Gilardi a scegliere le opere da esporre, tutte realizzate da artisti con i quali ha avuto stretti rapporti di collaborazione nel corso degli ultimi cinquant’anni: Michelangelo Pistoletto, Gilberto Zorio, Claes Oldenburg, Richard Long, Jun Tacita, Michel Blazy ed Eduardo Kac.
Il giorno dell'inaugurazione, alle ore 18, nel teatro del Museo partecipano al simposio dedicato a Piero Gilardi: Andrea Bellini, curatore della mostra, Tommaso Trini, scrittore e critico d'arte, Angela Vettese, docente universitario e curatore, Diana Franssen, curatrice del Van Abbemuseum di Eindhoven e l'artista stesso.
Nel settembre 2012 la mostra sarà presentata al Van Abbemuseum di Eindhoven e successivamente, nel gennaio 2013, al Nottingham Contemporary, Nottingham.

Piero Gilardi nasce a Torino nel 1942. Nel 1963 realizza la sua prima mostra personale Macchine per il futuro. Due anni più tardi realizza le prime opere in poliuretano espanso ed espone a Parigi, Bruxelles, Colonia, Amburgo, Amsterdam e New York. A Partire dal 1968 interrompe la produzione di opere per contribuire con la sua riflessione originale all’elaborazione teorica delle nuove tendenze artistiche degli anni Sessanta: arte povera, land art, antiform art. Intellettuale curioso e instancabile Gilardi viaggia alla fine degli anni Sessanta negli Stati Uniti ed in Europa, raccogliendo informazioni su molti giovani artisti divenuti in seguito celebri. Questo suo network e questo sistema di relazioni costituiranno nel 1969 un materiale molto prezioso per l’organizzazione di due mostre leggendarie, When attitudes become form, presso la Kunsthalle di Berna, a firma di Harald Szeemann e Op Losse Schroeven a cura di Wim Beeren, tenutasi presso lo Stedelijk Museum di Amsterdam. Nel 1969 Gilardi esce dal sistema dell’arte e comincia una lunga esperienza di animatore sociale e di militante politico, facendosi portavoce di una creatività allargata e collettiva e di una ineludibile commistione tra arte e vita. Nel 1981 riprende l’attività nel mondo dell’arte, tornando ad esporre in gallerie d’arte installazioni accompagnate da workshop creativi con il pubblico. Attorno alla metà degli anni Ottanta inizia una ricerca artistica con le nuove tecnologie attraverso l’elaborazione del progetto Ixiana che, presentato al Parc de la Villette di Parigi, prefigura un parco tecnologico nel quale il grande pubblico poteva sperimentare in senso artistico le tecnologie digitali. Nel corso degli ultimi anni ha sviluppato una serie di installazioni interattive multimediali con un’intensa attività internazionale. Insieme a Claude Faure e Piotr Kowalski, ha costituito l'associazione internazionale "Ars Technica". In qualità di responsabile della sezione italiana di Ars Technica promuove a Torino le mostre internazionali Arslab. Metodi ed Emozioni (1992), Arslab. I Sensi del Virtuale (1995), Arslab. I labirinti del corpo in gioco (1999) e numerosi convegni di studio sull'arte dei nuovi media. Piero Gilarsi ha pubblicato diversi importanti libri di riflessione teorica tra i quali ricordiamo: Dall’arte alla vita, dalla vita all’arte (La Salamandra, Milano, 1981) e Not for Sale (Mazzotta, Milano, 2000, e Les Presses du réel, Dijon-Quetigny, 2002). Nel 2008 inaugura a Torino il suo PAV - Centro sperimentale d’arte contemporanea. Si tratta di un progetto molto complesso, che è molte cose insieme: uno spazio pubblico in una città in trasformazione, un sito espositivo all’aria aperta, un museo interattivo, luogo d’incontro e di esperienze in laboratorio, centro di ricerca attento al dialogo tra arte e natura, biotecnologie ed ecologia, tra pubblico e artisti.

BOJAN SARCEVIC: A CURIOUS CONTORTION IN THE METHOD OF PROGRESS - KUNSTMUSEUM LIECHTENSTEIN



BOJAN SARCEVIC
A CURIOUS CONTORTION IN THE METHOD OF PROGRESS
Kunstmuseum Liechtenstein
Städtle 32 - Vaduz
10 February–6 May 2012

A Curious Contortion in the Method of Progress is the first major museum exhibition by Bojan Šarčević (* 1974). Created in close collaboration with the artist, it gives an insight into his multifaceted work of recent years, with the focus on sculpture and its representation in another medium.
The exhibition has been planned as an interactively structured sequence. The works have been selected specially with the architectural situation of the Kunstmuseum in mind, creating spaces of mutually enhancing and contrasting atmospheric density, the effect of which progressively evolves and intensifies: the monumental stands alongside the ephemeral, organic materiality encounters structural forms, silence meets movement, the insignificant becomes significant, reflections emerge in expanses of space, precision combines with lyricism, beauty combines with reality, and the introspective with the extrovert. What can art do today? This is the question that Bojan Šarčević addresses—a question that is as much about the meaning of human existence as it is about the current situation of western society.
Šarčević uses minimal gestures to generate a substantive clarity that reveals fundamental questions of structure—be they social, individual or artistic. The exhibition title A Curious Contortion in the Method of Progress is at the same time a serious and light-hearted invitation to take a slight detour from accepted ideas of progress. As the artist himself puts it: “It could be a metaphor of the dichotomy between what we want and what we have.”
Embedded within the exhibition there is a presentation of works from the collection of the Kunstmuseum, curated by Bojan Šarčević, including Absalon, Arnold Böcklin, Gustave Courbet, Giorgio de Chirico, Ferdinand Kriwet, Robert Mangold, Fred Sandback, Keith Sonnier, Rosemarie Trockel and Herbert Zangs, giving a personal insight into his interest in art.
A production of the Kunstmuseum Liechtenstein, curated by Christiane Meyer-Stoll.

EDWARD KIENHOLZ: SIGNS OF TIME - WALTHER KONIG 2012



EDWARD KIENHOLZ
SIGNS OF TIME
edited by Max Hollein, Martina Weinhart
foreword by Max Hollein
text by Dietmar Dath, Martina Weinhart, Cécile Whiting
interview with Nancy Reddin Kienholz by Martina Weinhart
Walther König, 2012

Edward Kienholz (1927–1994) was born in Fairfield, Washington, and grew up on a farm, where he acquired the mechanical and carpentry skills that he was later apply to his art. He moved to Los Angeles in 1955, and opened the NOW gallery in 1956. That year he met Walter Hopps, with whom he opened the legendary Ferus gallery, and began to construct assemblages from detritus found on the streets, which soon developed into large tableaux. Throughout the 1960s, Kienholz’s art was frequently a subject of controversy for its brutal depiction of racism and misogyny in America. In 1981, Kienholz officially declared that all his work from 1972 on should be retrospectively understood to be coauthored by his wife and collaborator, Nancy Reddin Kienholz. Kienholz died suddenly in Idaho on June 10, 1994, from a heart attack. He was buried inside one of his works, a 1940 Packard coupe containing a deck of cards, a bottle of wine and the ashes of his dog Smash.

DAVID SHRIGLEY: BRAIN ACTIVITY - HAYWARD PUBLISHING 2012


DAVID SHRIGLEY
BRAIN ACTIVITY
text by Cliff Lauson, Martin Herbert, Jonathan Monk
interview by Dave Eggers
Hayward Publishing, 2012

David Shrigley was born in Macclesfield, England, in 1968, and studied Environmental Art at the Glasgow School of Art from 1988–1991. As well as authoring numerous books, he directed the video for Blur’s “Good Song” and for Bonnie “Prince” Billy’s “Agnes, Queen of Sorrow.” Between 2005 and 2009, he contributed a cartoon for the U.K. Guardian

KOO JEONG-A: 20 - PINKSUMMER, GENOVA



KOO JEONG-A
20
Pinksummer
Palazzo Ducale, Cortile Maggiore
piazza Matteotti 9 - Genova
dal 30 marzo al 30 aprile 2012

Come opera ex-novo per la mostra del 2008 da pinksummer, Koo Jeong- a realizzò l’edizione da 100 chilogrammi di “Dreams & Thoughts”, una sorta di paesaggio orizzontale con picchi ascensionali, fatto di lastrine di gomme da masticare di tre colori/gusti/odori diversi. Ordinammo alla Perfetti Van Melle i 100 chili di Brooklyn, “le gomme del ponte” e, in attesa della consegna, fantasticammo arbitrariamente una pinksummer piena zeppa di chewingg-gum. Le gomme, di fatto, hanno un peso specifico incredibilmente elevato, pertanto rimanemmo profondamente deluse vedendoci consegnare una dozzina di scatolotti composti, che accatastammo in un angolo dell'ufficio, in attesa dell’arrivo di Koo. Tre giorni prima dell’apertura della mostra, durante il viaggio da Pisa, dove Koo Jeong-a era atterrata, a Genova, fummo prese dal panico, ma dissimulammo, quando l’artista, chiaccherando del più e del meno nel modo rilassato che le è proprio, ci disse che aveva realizzato, poco tempo innanzi in Giappone, una edizione da 500 kg. di “Dreams & Thoughts”, il cui processo preparatorio di spacchettamento aveva richiesto il lavoro di 10 giapponesi (che peraltro rispetto a noi italiani, danno un’idea di efficienza diversa), per ben 10 giorni. Le gomme a lastrina hanno una confezione molto accurata: arrivano, come si diceva, in una scatola di cartone pesante e non voluminosa, dentro alla quale sono contenuti una miriade di pacchetti con 5 chewing-gum per ognuno, le singole gomme hanno una cartina esterna, il cui colore dipende dal gusto e, infine, ogni lastrina è fasciata nell’alluminio foderato di velina. Con un’urgenza e una disperazione che nel “mondo vero” ci fecero senz’altro apparire un po' lunatiche, chiamammo amici, parenti e alcuni ragazzi dell’accademia volenterosi, a dare una mano a sfasciare. Reclutammo anche dei giovani che, in quel momento, davano l’impressione di bighellonare fuori dalla galleria, offrendo in malafede 50 euro a scatolotto: circa 5 ore di lavoro in tre. Smontammo la nostra scrivania in ufficio, composta da 4 piccoli tavoli quadrati, allestendoli separati con quattro sedie per ognuno, nella stanza grande. Per tre giorni si turnarono in galleria 16 persone, senza pausa pranzo, dalla mattina alle 9 alla sera alle 9; l'ultimo giorno, quello della vigilia dell'inaugurazione, per terminare, facemmo tardi e ordinammo le pizze in galleria per tutti. Osservammo che con le diverse modalità proprie di ciascun individuo, le persone appena arrivate manifestavano le loro attitudini relazionali, alcuni prendendoci amabilmente in giro con battute ironiche rispetto alla incongruità dell’occupazione, altri semplicemente parlando. Poi, piano, piano, tutti scivolavano nel bozzolo del loro silenzio, nei sogni & pensieri, accompagnati dal mantra gestuale che quel lavoro richiedeva. Avevamo anche la sensazione che il modo in cui le gomme sfasciate venivano impilate da ognuno, raccontasse intimamente le persone. Koo arrivava nel tardo pomeriggio, si metteva in ginocchio, seduta su se stessa e procedeva fino a tarda notte, sola, in quello strano lavoro demiurgico. Ci accorgemmo tempo dopo che nessun allestitore, per quanto preciso e di fiducia, era in grado di creare la perfezione ascensionale di Koo. Rispetto alle istruzioni di montaggio di “Dreams & Thoughts”, un’opera piuttosto vulnerabile al tempo, riportate con la fotografia sul certificato di autenticità, è suggerito di seguire l’immagine come una traccia, ma viene precisato anche che ogni modifica è consentita. Capimmo che il titolo del lavoro “Dreams & Thoughts” muoveva dal processo piuttosto che dal prodotto e se vogliamo dirla tutta, non ci sembrava affatto che l'effetto (il prodotto), coincidesse con la finalità. L’odore vanigliato di "Sogni & Pensieri" aleggiò in galleria per parecchio tempo dopo la rimozione del lavoro. Viene da ragionare che il succo della questione soffia sull’immaginario dinamico dell’opera, rimandando definitivamente altrove. L’altrove in cui ci spinge Koo Jeong-a, sia in ter mini spaziali che temporali, è qualcosa che ognuno è libero di riempire con ciò che gli pare. A posteriori ci venne perfino in m ente che Koo avesse guidato, al di là di quella che in un primo momento ci era apparsa casualità, un pratica onirizzante da recepire come condizione dell'esistenza di quell'opera. Cedric Price in un testo su Koo Jeong-a per il catalogo della mostra alla Secession scrisse:

“Trasferire i sogni agli altri, in un tempo diverso è la chiave per il tesoro.′

Il lavoro di Koo è sempre fresco – perché essendo senza tempo no n conosce il passato.′

La percezione è attiva – mentalmente: l’osservazione passiva. (…)

Il tempo è la dimensione della delizia dell’essere di nuovo.

Raggiungere il piacere mentre si sta ancora scoprendo è un processo artistico raro che separa il processo dal prodotto, è attraverso il tempo che si attua questa separazione appagante, giacché in nessun modo va intaccare l’impeccabilità del prodotto, che di per sé oltre a essere identificabile richiede consenso. (…)

Koo presenta sia il pacco che lo spacchettato, richiedendo per essi la stessa attenzione dallo spettatore. La poesia in movimento ha bisogno sia dell’occhio che della memoria. Bisogna proiettare il lavoro di Koo nella quarta dimensione e allora l’artista gioca il suo joker – e apre l’ulteriore dimensione del meraviglioso”.

La nuova personale di Koo Jeong-a da pinksummer si intitola “Venti”, inteso come numero 20 (da precisare che in Italia venti è anche winds), e considerando che nel comunicato stampa della mostra “The Joyful Mysteries of Junior” di Georgina Starr, ci siamo trovate a raccontare di chewing-gum e di tarocchi, qui, nel comunicato della seconda personale di Koo Jeong-a da pinksummer, non volendo essere da meno, siamo corse a controllare a quale arcano corrispondesse il numero venti. Abbiamo scoperto che si tratta dell'angelo che indica trasmutazione, medianità, protezione, miracolosa guarigione, sottende un viaggio nel deserto o un pellegrinaggio in solitudine. Non ancora soddisfatte, abbiamo verificato che il ventesimo sentiero dell’albero della vita della Quabballah, è un’arcata di colore verde giallo con al centro il colore bianco brillante, ha il profumo del narciso e la severità dell’eremita, viene definito il sentiero dell’intelligenza della volontà, poiché è lo schema di tutto quello che è dotato di forma e attraverso questo stato di coscienza si può conoscere la saggezza primordiale. Del ventesimo sentiero Alisteir Crowley scrisse: “C’era un paesaggio davvero bello simile a un bosco profondo in primavera”.′ La nuova personale di Koo Jeong-a ha un’immagine di cane sull’invito, come la scorsa del 2008 d'altra parte, ma questa volta il cane sta uscendo dal foglio A4, trotterellando via furbetto con qualcosa di nascosto in bocca. Raccontiamo un aneddoto. Durante l'ultima edizione di Artissima, la fiera di Torino, esponemmo un lavoro di Koo Jeong-a dal titolo "State", un piccolo cane che si era trovato, insieme ai suoi distratti padroni, a visitare il nostro stand, tentò, con un movimento rapido e inatteso, di portarsi via in bocca la parte culminante dell'opera. Dovemmo aprirgli la bocca a forza per riappropriarcene, seppure cela ritornò irrimediabilmente danneggiata. Si trattava di una banconota da 10 rupie arrotolata con la medesima perfezione delle gomme impilate dall'artista in "Dreams &Thoughts", arrivata protetta come un tesoro da uno scatolino di velluto. La sera quando comunicammo la notizia del cane a Koo Jeong-a, dapprima rispose che avrebbe voluto conoscere quel cane, ma in un secondo messaggio si sentiva che era preoccupata e dispiaciuta. Non doveva essere stato uno scherzo costruire quel piccolo perfetto cilindro di banconota. Il cilindro delle 10 rupie, in "State", era posto in verticale, non centrale, su una superficie quadrata di colore bianco brillante, sotto alla quale, nascoste ai sensi, occultate come in un mondo sotterraneo, a reggere tutto stanno 4 mattoncini di una pietra translucida, che potrebbe essere onice. Il lavoro sembra richiamare la complementarità tra il simbolo della montagna (axis mundi?) e della caverna, di cui dice René Guénon ne " Il Re del Mondo", o anche l'idea di trasmutazione (mistica?) che il viaggio di rovesciamento delle tenebre alla luce di cristallo della vetta comporta. L'oggetto della trasmutazione in "State", non è certo accidentale, è il denaro. Koo Jeong-a ci disse al tempo che "State" era una sorta di suggestione rispetto a alcune regioni dell'Asia Centrale e in particolare, della montagna Kanchejunga, terza vetta più alta della terra, la più orientale degli 8000 dell'Himalaya. Una montagna sacra per 5 religioni, i suoi cinque picchi sono chiamati i tesori della neve. Proprio Alisteir Crowley nel 1905 tentò per primo la scalata di questa montagna difficile, una valanga uccise quattro membri della spedizione, inducendo Crowley a abbandonare lì, sia l'idea di scalare il Kanchejunga che, definitivamente, la sua carriera di alpinista mistico. Della mostra "Venti" Koo Jeong-a ci ha raccontato che esplora 20 folletti dell'umanità di transizione, ispirata dal Maestro Im Hak che ha praticato il Doon Gab/Chooz Zi fin dall'inizio del XX secolo, partendo dalla montagna Khanchezunga in Sikkim in India, attraverso Hong Chean Stones, alla montagna Bekdu in Korea. Il Doon Gab Sol è una tecnica praticata fin dall'antichità dall'uomo che cambia le figure attuali (current) in un'altra forma di essere. Il Chook Zi Breab è un'antica tecnica praticata dall'uomo che ritma il passo. Abbiamo scoperto che il monte Baekdu è la montagna sacra dei coreani, si trova in Corea del nord e qui avvenne il parto ancestrale della loro origine. Koo Jeong-a è coreana. Circa Im Hak Master, Koo ci ha avvisato che non si trova nulla su Google o Wikipedia perché, come David Deutsch o Brian Green, non vuole apparirvi. Rispetto al doon gab sool/cheook zi beab di cui Im Hak era maestro, si tratta di qualcosa simile al controllo del respiro, ma Koo ha aggiunto che capiremo meglio guardando le sue foto all'inaugurazione della mostra. Il progetto di koo Jeong-a da pinksummer consisterà in 20 immagini doppie (10+10 =20) e una o due sculture.

mercoledì 28 marzo 2012

LA SAINTE ANNE, L'ULTIME CHEF D'OEUVRE DE LEONARD DE VINCI - LOUVRE, PARIS



LA SAINTE ANNE
L'ULTIME CHEF D'OEUVRE DE LEONARD DE VINCI
commissaire Vincent Delieuvin
Musée du Louvre
Quai du Louvre - Paris
du 29 Mars 2012 au 25 Juin 2012

Chef-d’œuvre de Léonard de Vinci restauré avec le concours du Centre de recherche et de restauration des musées de France, la Vierge à l’Enfant avec sainte Anne est au cœur d’une exposition exceptionnelle rassemblant pour la première fois l’ensemble des documents liés à ce panneau.
Le début de la lente et complexe genèse du tableau remonterait à 1501, date de sa première mention dans la correspondance d’Isabelle d’Este. Léonard de Vinci ne cessa ensuite de perfectionner cette composition ambitieuse, qu’il laissa inachevée à sa mort en 1519.
Esquisses de composition, dessins préparatoires, études de paysage et le magnifique carton de la National Gallery de Londres – jamais présenté à côté du tableau depuis la mort de Léonard – illustrent, entre autres, cette longue méditation et rendent compte des différentes solutions successivement envisagées par le maître.
La présentation d’autres œuvres peintes de Léonard de Vinci permet par ailleurs de montrer en quoi la Sainte Anne est le véritable aboutissement des multiples et diverses recherches de l’artiste sur la nature et l’art.
Afin de donner toute sa dimension au caractère novateur de cette œuvre, l’exposition s’attache également à la replacer dans la tradition iconographique liée à son sujet (la Vierge à l’Enfant avec sainte Anne) et s’intéresse à l’influence considérable qu’elle exerça sur l’art italien du début du XVIe siècle.
Les hommages plus récents que lui ont rendus Delacroix, Degas ou Max Ernst témoignent enfin de l’influence durable de ce chef-d’œuvre.

IL DISEGNO DELLA SCRITTURA: I LIBRI DI GASTONE NOVELLI - MUSEO DEL NOVECENTO, MILANO



IL DISEGNO DELLA SCRITTURA
I LIBRI DI GASTONE NOVELLI
a cura di Marco Rinaldi
Archivi del Novecento Ettore e Claudia Gian Ferrari
Museo del Novecento
via Marconi 1 - Milano
dal 29 marzo al 17 giugno 2012

I libri di Gastone Novelli, presentati per la prima volta nella loro interezza, costituiscono una testimonianza, ricca e preziosa, dello stretto e complesso rapporto tra immagine e scrittura, che caratterizza la poetica dell’artista dalla fine degli anni Cinquanta in poi: l’intimo legame della sua pittura con la letteratura e la poesia, ma anche con la cultura di massa e l’impegno politico. Novelli ha sempre scritto e letto molto: la frenesia della scrittura e la voracità della lettura animano il suo mondo poetico, che tende a deflagrare in tanti universi linguistici.
Questi libri segnano un percorso decennale che conduce l’artista dall’esplorazione delle valenze segniche e fonetiche delle lettere dell’alfabeto, all’incontro con la cultura di massa, con la Grecia e il suo deposito di miti, scritture e simboli, fino all’uso politico del linguaggio in chiave semplificata di slogan e di manifesto.
In occasione della mostra sarà organizzata una giornata di studio su Gastone Novelli con la presentazione del catalogo generale in presenza dei curatori del catalogo e di Gabriella Belli e Zeno Birolli.

ALFABETA 1979-1988 - BOMPIANI 2012


ALFABETA 1979-1988
Bompiani, 7/3/2012
collana "Tascabili"

Un gruppo di intellettuali degli anni Ottanta, che avevano preso coscienza del crogiolo di fatti sociali e culturali caratteristico di quel periodo e avevano deciso di renderne partecipi altri, diede vita alla rivista “Alfabeta”. Nanni Balestrini, Maria Corti, Gino di Maggio, Umberto Eco, Francesco Leonetti, Antonio Porta, Pier Aldo Rovatti, Gianni Sassi, Mario Spinella e Paolo Volponi costituirono il primo comitato di redazione. Questo volume, che ripropone una scelta antologica degli articoli più significativi apparsi sulla rivista, offre al lettore di oggi l’opportunità unica di riaccostarsi con mente serena, a distanza di alcuni decenni, a quel vivace dibattito culturale, ripercorrendone in buona parte la straordinaria avventura.

RICHARD SHUSTERMAN: ESTETICA PRAGMATISTA - AESTHETICA 2010


RICHARD SHUSTERMAN
ESTETICA PRAGMATISTA
Aesthetica, 8/11/2010

Libro estremamente fortunato (tradotto in 12 lingue, fra cui il giapponese) "Estetica pragmatista" di Richard Shusterman segna un punto di snodo importante nel dibattito sull'estetica degli ultimi deenni. Attraverso una lettura non scolastica di Dewey, esso infatti individua strumenti concettuali utili a comprendere fenomeni estetici e artistici della contemporaneità solitamente trascurati dalle principali filosofie dell'arte del Novecento. Il che consente, fra l'altro, il superamento della divisione schematica tra "arti basse" e "arti elevate" e l'analisi originale di forme artistiche popolari come l'hip hop e il rap, che condividono l'esigenza di una nuova elaborazione dell'"arte di vivere". La presente edizione italiana è corredata da una prefazione appositamente scritta dall'autore.

LA STORIA IN PIAZZA: POPOLI IN MOVIMENTO - PALAZZO DUCALE, GENOVA 29/3-1/4/2012



LA STORIA IN PIAZZA
POPOLI IN MOVIMENTO
Palazzo Ducale
piazza matteotti 9 - Genova
dal 29 marzo all'1 aprile 2012

Nella storia dell'uomo i movimenti di popoli non sono l'eccezione ma la regola. Dalla rivoluzione neolitica alle invasioni barbariche, dal Mediterraneo medioevale alle grandi migrazioni dei secoli dal XIX al XX: sono 60.000 anni che gli esseri umani viaggiano per il mondo malgrado le avversita', le difficolta' e gli ostacoli, il desiderio di rimanere fermi da qualche altra parte e l'impossibilita' di farlo. Movimenti volontari, forzati, deportazioni: la diaspora e' la condizione umana. Di tutto questo si occupa la terza edizione de La Storia in Piazza. Lo fa, come sempre, mobilitando esperti di storia, antropologia, sociologia, scienze biologiche e giuridiche di tutto il mondo. Ma anche fotografi, registi, scrittori capaci di comunicare con linguaggi diversi il senso e le emozioni di un passato indissolubilmente legato al nostro presente. E poi giochi, spazi didattici e per le famiglie, libri, cinema, spettacoli, mostre. A cura di Donald Sassoon con Luca Borzani e Antonio Gibelli.

Programma dettagliato sul web.

martedì 27 marzo 2012

RABINDRANATH TAGORE - GNAM, ROMA




RABINDRANATH TAGORE
a cura di Siva Kumar
GNAM Galleria nazionale d’arte moderna
Viale delle Belle Arti 131 - Roma
dal 28/3/2012 al 27/5/2012

La Galleria nazionale d’arte moderna di Roma espone per la prima volta un vasto numero di opere di Rabindranath Tagore. La mostra che si aprirà al pubblico il 29 marzo e si chiuderà il 27 maggio, è stata organizzata dall’Archivio Tagore di Rabindra Bhavana e dal Kala Bhavan Museum di Visva-Bharati in collaborazione con la National Gallery of Modern Art di New Delhi.

Rabindranath Tagore, (1861-1941) è una delle figure più carismatiche della cultura indiana. Oggi, a 150 anni dalla nascita, la sua vasta produzione di opere, in ambito musicale, letterario, artistico ed educativo continua a svolgere un ruolo rilevante e attuale.
Il mondo intero lo ricorda come il primo poeta asiatico che vinse il Premio Nobel per la letteratura nel 1913, a seguito della pubblicazione della traduzione inglese della raccolta di poesie Gitanjali: Song Offerings nel 1912. Tagore però non fu solo poeta ma anche romanziere, scrittore di racconti e opere teatrali, saggista, compositore e pittore. Con i suoi scritti veicolò idee e riflessioni che contribuirono a plasmare la letteratura e la lingua moderna del Bengala, influenzando anche scrittori indiani provenienti da altre parti del paese. Le sue opere possono considerarsi sperimentali e moderne anche per l’approccio anticonvenzionale del loro autore.
Tagore ha lasciato un segno indelebile nella letteratura indiana riuscendo sapientemente a fondere forme e immagini comprensibili sia all’Occidente che all’Oriente, attraverso una mirabile sintesi di idee e concetti che fanno capo a diversi campi del sapere. In tal modo Tagore contribuì anche allo sviluppo socio- politico ed economico dell’India, svolgendo un ruolo attivo nelle prime fasi del Movimento di Liberazione del paese.
Nei suoi dipinti, così come nella poesia, Tagore ha sempre ricercato un tema unificante, o “verità” universale, sorta di filo conduttore che caratterizza tutte le sue creazioni.

Nonostante il tardo approdo alla pittura e al disegno, le sue opere figurative rivelano una spontaneità e una sicurezza nell’uso del medium pittorico davvero sorprendenti; così egli sembra far confluire in modo originale e personale le suggestioni del variegato mondo della sua poesia nell’opera pittorica, creando un contrappunto di elegante e raffinata sinestesia.
Quando le sue opere figurative furono esposte per la prima volta in India suscitarono grande scalpore e furono fortemente criticate dai contemporanei. Nonostante l’apprezzamento negativo dei suoi connazionali Tagore fu comunque il primo artista indiano a esporre i suoi lavori, nel 1930, in Europa, Russia e Stati Uniti, dove queste ultime ottennero grande successo e consenso.

Le opere e i materiali d’archivio esposti in mostra provengono principalmente dall’archivio Rabindra Bhavana e dal Kala Bhavan Museum a Visva-Bharati, Santiniketan, e vengono presentati per la prima volta in Italia, dando così al pubblico l’opportunità di apprezzare la ricca raccolta di opere e di scoprire Tagore come “pittore” .
La mostra è stata curata del Prof. R. Siva Kumar della Visva Bharati University ed è stata realizzata sotto l’egida del Ministero della Cultura del Governo dell’India. La National Gallery of Modern Art di New Delhi ha coordinato gli eventi espositivi a Roma e nelle altre capitali europee sedi della mostra. Maria Giuseppina Di Monte (Commissario interno per la Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea di Roma)

Catalogo: The Last Harvest. Bipin Publisher, New Delhi, 2011

ELECTRIC CURRENTS - MOMA, NEW YORK



ELECTRIC CURRENTS
MoMA The Museum of Modern Art
Projects Gallery, second floor
11 West 53 Street - New York
28/3/2012 - 30/9/2012

Electricity — a source of clean, efficient power and brilliant, reliable light—epitomized the very spirit of modernism in the early 20th century. After decades of research and competitive experimentation following the development of the first arc lamps and incandescent filament bulbs in the mid-19th century, electricity began to transform every aspect of modern life.
Electric light—first in city streets and then in homes—brought a revolutionary innovation to daily existence, literally redefining day and night. This installation features a dozen posters from MoMA’s collection used in this period to promote electricity, which offered staggering possibilities for progress but was not universally welcomed. In creating graphics for industry leaders like AEG and Bosch, modern designers were inspired by the beauty of the bulb itself and the splendor of electric light, which are both rendered with exquisite power in Jacques Nathan-Garamond’s poster of c. 1938, which pulsates in 2-D. The installation highlights a selection of Lester Beall’s equally vibrant posters for the Rural Electrification Administration, which used bold, patriotic graphics to foster public awareness of the benefits of electricity in America’s homes and farms during the Great Depression.

MATTA, UN SURREALISTA A ROMA - GIUNTI 2012

ROBERTO SEBASTIAN MATTA
MATTA, UN SURREALISTA A ROMA
Giunti, 21/3/2012

Catalogo mostra: Roma, Auditorium Parco della Musica, 16 marzo-20 maggio 2012.

Dieci anni fa l'Auditorium di Roma, in occasione dell'apertura, ospitava una grande mostra di Roberto Sebastian Matta. Nato a Santiago del Cile l'11 novembre 1911, l'artista moriva a Civitavecchia il 23 novembre 2002, alcuni giorni prima dell'inaugurazione. Nel centenario della nascita, Matta torna all'Auditorium con un'esposizione di importanti opere storiche a cura di Claudia Salaris, il cui fulcro è rappresentato da quelle realizzate a Roma tra il 1949 e il 1954. Quando, nel 1949, arriva in Italia l'artista è alla ricerca di una rigenerazione. Roma nel dopoguerra è una città viva, che lancia segnali di risveglio anche a chi, come lui, ha seguito le principali rotte dell'arte. Lo attira la Roma povera ma originale degli artisti orbitanti tra le osterie del centro, via Margutta e piazza del Popolo. Ma lo attira anche la Hollywood sul Tevere che con il neorealismo, si è imposta nel mondo. E proprio a Roma egli da un lato accentua la sua politicizzazione, dall'altro si fa coinvolgere dalla dolcezza del vivere e del paesaggio, con esiti che contribuiscono a rinnovare la sua pittura. Matta ha avuto una vita lunga, segnata dal successo e all'insegna del nomadismo in senso lato. Nel corso del tempo ha avuto quattro mogli e altrettante famiglie, sei figli. Egli stesso si sentì ''Odisseano'' per la febbre che lo portava a varcare sempre nuovi confini, non solo geografici ma anche esperienziali e culturali. Parlava molte lingue, spagnolo, francese, inglese, italiano, e spesso le mescolava, dando luogo a una lingua mista che era tutta sua. Di lui molto si sa, ma poco si conosce della stagione romana. Questa mostra vorrebbe fornire un contributo per far luce su quel periodo breve e intenso.

ELEONORA BAGAROTTI: TOMMY. THE WHO - NOREPLY 2012

ELEONORA BAGAROTTI
TOMMY. THE WHO
Noreply, 21/3/2012
collana "Tracks"

Tra i migliori 100 album per Rolling Stone, un film che ha fatto la storia del cinema, Tommy è molto di più della prima opera rock. Tommy ha cambiato il costume di una società. Il libro passa in rassegna tutte le canzoni del disco, facendo emergere molti retroscena sulla storia del ragazzino "cieco, muto e sordo", grazie a testimonianze e aneddoti di "addetti ai lavori" che mirano a svelare il mistero del fascino senza tempo di Tommy. Il libro si arricchisce di materiali inediti degli Who, delle osservazioni di George Martin, il produttore dei Beatles che curò la registrazione del musical a Broadway nel 1992, di Ken Russell, che diresse il film e di Matt Kent, fotografo, biografo e storico collaboratore degli Who. Un libro ricco di interviste ai protagonisti, fatti mai raccontati e materiali inediti a firma Pete Towsend e Roger Daltrey.

VERONICA PESCE: I NOVARO E BOINE - BIBLIOTECA UNIVERSITARIA, GENOVA 28/3/2012



‘primo 900: ceccardo e i simbolisti’
conferenza a cura di stefano verdino

"i novaro e boine"
conferenza a cura di veronica pesce

biblioteca universitaria
Via Balbi 3 - genova
mercoledì 28 marzo 2012, h. 17,00

Figure di poeti del Novecento per il ciclo di incontri "La linea ligure (a proposito di una tesi di Caproni)" in occasione del Centenario della nascita di Giorgio Caproni.

HERMANN HESSE - KUNSTMUSEUM BERN



HERMANN HESSE
Kunstmuseum Bern
Hodlerstrasse 8-12 - Bern
27/3/2012 - 12/8/2012

Hesse did not see himself as an author or painter and instead considered himself an artist. His comprehensive notions of art kept the dividing line between the various arts fluid. As a poet Hesse was long seen to be a controversial figure despite the fact that he was given the Nobel Prize for Literature in 1947. Also as a painter Hesse had to wait a long time before art criticism no longer ignored him.

The formative influence of his years in Bern
Hermann Hesse settled in Bern in 1912, exactly 100 years ago. There he felt strong ties to the many locations where he sought inspiration and stimulation, places like “Ougspurgergut” in Schosshalde, “Lohn” in Kehrsatz, and Bremgarten. Hesse’s years in Bern from 1912 to 1919 were not only decisive for his literary work. During this period in which he wrote his artist novel Rosshalde, he simultaneously began his little-known career as a painter that culminated in the 1920s and 1930s while living in Montagnola.

Between a harmonious existence and obsessive anxiety attacks
Painting played a pivotal role in Hesse’s life and work. Hesse despised everything mediocre, normal, and average. He suffered between feeling drawn to both a middle-class existence and self-realization as an artist his lifelong. Hesse's painting embodies the state of a harmonious existence that was not only unattainable for the artist in reality but also for the characters in his writings. As a painter he saw beauty, and found it everywhere. His watercolors show views of spacious landscapes with lakes, villages, hills and valleys. And for the very first time, this exhibition will be presenting his series of dream images to the general public. It comprises a series of very personal and intimate representations. He was encouraged to execute them while undergoing psychoanalysis in an attempt to try and come to terms with his disturbing visions in dreams. In contrast to his idyllic landscape representations, these pictures are deeply marked by obsessive anxiety and rampant eroticism.

A comprehensive retrospective
Many of the some 150 works will be shown to a larger audience for the first time. One of the focal points of the show is Hesse’s artistic activities in Bern. Additionally our visitors will be able to see many of Hesse’s illustrated poems, letters, and manuscripts. The key focus in the exhibition is, however, on Hesse’s visual language, which was inspired by Louis Moilliet, Cuno Amiet, and Albert Welti. This language is characterized by alienated subject matter; the use of invented, imaginary forms and unrealistic colors; a diversity of sometimes even very disparate styles; and repetition of compositional patterns. Starting with his very first attempts at painting, the exhibition allows us to see all the phases in the artist's creative development, his diverse subject matter, the genres he explored, and the styles of art he experimented with. His early studies are on show as well as large-format landscapes, paintings, detailed wash drawings, and illustrations for writings.

KASIA FUDAKOSWI: IN THE EVENT OF SCULPTURE - GAM, TORINO



KASIA FUDAKOSWI
IN THE EVENT OF SCULPTURE
GAM Galleria d'Arte Moderna
Via Magenta 31 - Torino
dal 27/3/2012 al 5/5/2012

Viene presenrtato al pubblico il video del 2009, acquisito dalla Fondazione CRT per l'Arte Moderna e Contemporanea ad Artissima 18. Kasia Fudakoswi crea sculture che possiedono un aspetto giocoso, per lo squillare di colori timbrici, di ori, smalti e resine, ma anche organico, per le forme morbide e flessuose, dall'apparenza viva e sensibile. In the event of sculpture si svolge ad inquadratura fissa, frontale come il palcoscenico di un teatro. La scena e' occupata da una scultura ad angolo, di nero lucido e dall'aspetto minimalista che sembra mettere insieme l'essenzialita' dei cubi di Sol Lewitt con l'aspetto delle strutture ginniche delle palestre o dei giardini per l'infanzia. Sui gradini del suo profilo si muovono morbide forme colorate, modificandosi continuamente, misurando la propria duttilita' corporea rispetto alla scultura. Il ritmo di questi movimenti rimanda alla dimensione del tempo comico, ma a questo si unisce l'improvviso scoppio di applausi che sottolinea i momenti in cui i piccoli organismi colorati sembrano trovare una disposizione d'insieme soddisfacente. E' come se Fudakowsky evocando la ricerca formale dell'artista astratto, che crea bilanciando i colori e i volumi nella propria opera, nello scoppiare dell'entusiasmo del pubblico, ne alleggerisse i portati spirituali ed estetici in una liberatoria comicita' da cartoon.

ANNE SIMONIN: LE DROIT DE DÉSOBÉISSANCE - EDITIONS DE MINUIT 2012


ANNE SIMONIN
LE DROIT DE DÉSOBÉISSANCE
Les Éditions de Minuit en guerre d’Algérie
Éditions de Minuit, février 2012

Fondées dans la clandestinité en 1942 par Pierre de Lescure et Vercors, sous l'Occupation, Les Éditions de Minuit vont mener un autre combat pendant la guerre d'Algérie.
De 1957 à 1962, la maison publiera vingt-trois ouvrages principalement centrés sur la dénonciation de la torture, établissant la désertion comme un état de nécessité.
Brève histoire d’une action risquée (douze saisies et un procès) en faveur de la désobéissance en temps démocratiques.

CLAUDE SIMON: QUATRE CONFERENCES - EDITIONS DE MINUIT 2012


CLAUDE SIMON
QUATRE CONFERENCES
Textes établis et annotés par Patrick Longuet
Éditions de Minuit, février 2012

Les romans de Claude Simon éclairaient souvent sa réflexion d'écrivain, tout autant que ses lectures longuement méditées. À l'occasion de plusieurs conférences il a exprimé ce travail particulier, aussi distinct d'une théorie littéraire que d'une pensée philosophique dont il se défiait sans cesse. Chacune de ses « causeries » (disait-il) devenait la matière première de la suivante comme si l’écrivain affinait sans cesse un propos toujours inachevé à ses yeux.
Les quatre conférences réunies dans ce livre, prononcées entre 1980 et 1993, sont ainsi des réécritures ultimes et marquent le point le plus abouti de considérations toujours très réfléchies à partir de quatre objets : La Recherche du temps perdu, la mémoire, la poétique et l’écriture. Entre elles, de nombreux échos ou des références récurrentes font choeur, assez pour faire entendre que leur auteur ne séparait pas des préoccupations que l’exercice de la conférence oblige à dissocier.
Chacune est établie à partir de dactylogrammes annotés et numérotés, complétés parfois d’une feuille manuscrite où les sources, soigneusement recopiées, demeuraient ainsi à part. Les mentions orales indiquant une citation ont été supprimées : l’usage des guillemets renseigne assez le lecteur. Par souci de fidélité au dactylogramme, les notes font référence aux éditions citées par Claude Simon et nous avons indiqué, entre parenthèses, la correspondance avec une édition plus récente et plus accessible. Enfin, la bibliothèque de l’écrivain a parfois permis de préciser l’origine d’une citation choisie en dehors de son contexte original.
Réa Simon a ouvert autant que nécessaire l’accès aux archives comme à la bibliothèque : je la remercie et plus encore d’avoir toujours soutenu et facilité le principe de cette édition.

lunedì 26 marzo 2012

GIULIA SPINELLI: FOTOGRAFARE LA SCENA - SALA SIVORI, GENOVA



GIULIA SPINELLI
FOTOGRAFARE LA SCENA
Cinema Sivori
Salita Santa Caterina 12 - Genova
dal 27 marzo al 12 maggio 2012

Giulia Spinelli, dodici anni, ha esordito come fotografa nel dicembre scorso, presentando da Fat Jack a Sestri Levante la mostra “Musica in uno scatto”.
Le immagini selezionate per questa nuova mostra, in parte dell’anno scorso e in parte scattate ai più importanti concerti passati per la Liguria nel 2012, sono tutte diverse: tra le più recenti, quelle che immortalano Roger Daltrey, Elio e le storie tese e Mario Biondi
La mostra Fotografare la scena, curata da Alberto Terrile, sarà aperta con ingresso gratuito dal 27 marzo al 12 maggio nella sala Sivori di via Santa Caterina 12 r, negli orari di apertura del cinema.

Scrive nel suo blog Alberto Terrile:
“La creatività non si insegna è un talento che abbiamo tutti, qualcuno però lo scopre presto come in questo caso e lo capitalizza. Giulia ha un occhio molto attento, sensibilità, gusto. e mette a frutto il fatto di appartenere ad un tempo in cui i fanciulli vivono bombardati dalle immagini. Questo oggi accade più di un tempo.
Avere quel tipo di talento senza interrogarsi se è “ un dono”, sentirlo scalciare in sé preoccupandosi di custodirlo e nutrirlo come il proprio cucciolo prediletto è ciò che con tanta semplicità sta facendo questa prodigiosa ragazzina”.

domenica 25 marzo 2012

WALTER DE MARIA - GAGOSIAN GALLERY, ROMA



WALTER DE MARIA
Gagosian Gallery
via Francesco Crispi 16 - Roma
22/3/2012 - 29/5/2012

Gagosian Gallery è lieta di annunciare una mostra di sculture di Walter De Maria.
Le tre opere esposte, The 5-7-9 Series (1992), Large Rod Series: Circle/Rectangle 11 (1986), The 13-Sided Open Polygon (1984), rappresentano ognuna una importante serie nell’opera di De Maria degli ultimi cinquanta anni. Pur presentando progressioni geometriche e numeriche, tali lavori combinano austere progressioni matematiche alle più intangibili qualità del sublime.
The 5-7-9 Series (1992), esposta a Roma, fa parte di una serie di tre imponenti installazioni composte da 27 elementi. Come The 4-6-8 Series (1966) e Time/Timeless/No Time (2004, facente parte della 3-4-5 Series ed in esposizione permanente presso Chichu Art Museum di Naoshima Island in Giappone), questa presenta 27 variazioni di sculture uniche, ognuna composta da tre barre verticali inserite su una base orizzontale. L’altra edizione di The 5-7-9 Series è in esposizione permanente presso la Gemäldegalerie di Berlino. Ognuna delle barre di acciaio massiccio che compongono The 5-7-9 Series presenta cinque, sette o nove lati e l’ordine di ciascun gruppo di tre viene ripetuto in 27 modi diversi. Tutte le combinazioni possibili sono così realizzate. L’allestimento delle sculture è determinato dallo spazio che le ospita; possono venir infatti presentate in file singole o triple, con modalità quasi illimitate. A Roma l’installazione dialoga con la sala espositiva ovale presentandosi in tre file di nove elementi. La barra verticale è un motivo ricorrente nell’arte di De Maria, come esemplificato già in una delle prime opere—Bed of Spikes (1968–69) e confermato dalla iconica installazione permanente di Arte Ambientale The Lightning Field (1977) in New Mexico, di cui la mostra romana presenta una riproduzione fotografica di grande formato.
In contrapposizione alla verticalità di The 5-7-9 Series, due sculture in acciaio, Large Rod Series: Circle/Rectangle 11 e13-Sided Open Polygon, sono allestite in due spazi espositivi separati. Circle/Rectangle 11 è composta da undici barre di undici lati ciascuna. L’opera è esposta con una configurazione rettangolare, sebbene la presentazione degli undici elementi in maniera circolare possa costituire una possibile alternativa. Le undici barre evocano i cinquecento elementi di un’altra installazione permanente: il Broken Kilometer (1979) visibile a New York. The 13-Sided Open Polygon si inserisce invece nella serie di sculture poligonali da terra le cui forme variano da cinque a diciassette lati, realizzate tra il 1973 e il 1984: all’interno della scultura poligonale è posizionata una sfera di acciaio i cui molteplici movimenti sono confinati nei limiti del prestabilito percorso interno, enfatizzando così l’astuta combinazione di ordine e casualità, elementi distintivi dell’opera di De Maria.
La mostra è accompagnata dalla riedizione—con ampliamenti e traduzione in italiano del saggio di Lars Nittve—del catalogo pubblicato da Gagosian Gallery nel 1992 in occasione della presentazione al pubblico di The 5-7-9 Series.

Walter De Maria è nato nel 1935 in California e dal 1960 vive e lavora a New York. E’ stato una figura fondamentale all’interno di quattro importanti movimenti artistici: Minimalismo, Arte Concettuale, Arte Ambientale, Installation Art. I lavori di De Maria sono presenti in tutto il mondo; le sue otto personali museali includono Menil Museum, Houston (2011–12); Chichu Art Museum, Naoshima, Giappome (2000, 2004); Fondazione Prada, Milano (1999); the Kunsthaus Zurigo (1992, 1999). Tra le undici opere permanenti eseguite dall’artista su commissione si annoverano The New York Earth Room (1977), New York; The Broken Kilometer (1979), New York; The Lightning Field (1977), New Mexico; The Vertical Earth Kilometer (1977), Kassel, Germania; Monument to the Bicentennial of the French Revolution 1789-1989 (1989–90), Assemblée Nationale, Parigi e Large Red Sphere (2010), nel Türkentor a Monaco.

NAKED BEFORE THE CAMERA - METROPOLITAN MUSEUM OF ART, NEW YORK



NAKED BEFORE THE CAMERA
MET Metropolitan Museum of Art
1000 Fifth Avenue at 82nd Street - New York
26/3/2012 - 9/9/2012

Since the beginning of art and in every medium, depicting the human body has been among the artist's greatest challenges and supreme achievements, as can so easily be seen by Museum visitors walking through the galleries of Greek and Roman statuary, African and Oceanic art, Old Master paintings, or Indian sculpture. Tapping veins of mythology, carnal desire, hero worship, and aesthetic pleasure, depictions of the nude have also triggered impassioned discussions of sin and sexuality, cultural identity, and canons of beauty. Controversies are often aroused even more intensely when the artist's chosen medium is photography, with its accuracy and specificity —when a real person stood naked before the camera— rather than traditional media where more generalized and idealized forms prevail.
In the medium's early days—particularly in France, where Victorian notions of propriety held less sway than in England and America, and where life drawing was a central part of artistic training—photographs proved to be a cheap and easy substitute for the live model. While serving painters and sculptors, many nineteenth-century photographic nudes were also intended as works of art in their own right. Still others bore the title "artist's study" merely to evade government censors and legitimize images that were, in fact, more likely intended to stir a gentleman's loins than to enhance his aesthetic endeavors. Outside the realms of art and erotica, photographic nudes were made to aid the study of anatomy, movement, forensics, and ethnography.
In twentieth-century art, the body became a vehicle for surreal and modernist manipulation and for intimate odes to beauty or poems to a muse. Beginning with the sexual revolution of the 1960s, nudity and its representation took on new meanings—as declarations of freedom from societal strictures, as assertions of individual identity, as explorations of sexuality and gender roles, and as responses to AIDS.
Naked before the Camera surveys the history of this subject and examines some of the motivations and meanings that underlie its expression.

TARIQ RAMADAN: ON SUPER-DIVERSITY - STERNBERG PRESS 2011


TARIQ RAMADAN
ON SUPER-DIVERSITY
Sternberg Press
december 2011

One of the greatest challenges for art and culture, sounded by intellectuals and also by funding bodies, is to represent diversity. But what precisely does this term mean and why does it so often placate rather than produce what it names? Professor Steven Vertovec, Director of the Max-Planck-Institute for the Study of Religious and Ethnic Diversity (Göttingen, Germany) puts forward the notion of “super-diversity,” noting “the need to re-evaluate conceptions and policy measures surrounding diversity by way of moving beyond an ethno-focal understanding and adopting a multidimensional approach.”
Developing this idea further, while aiming to question and complicate the focus on immigration in the current debate, the prolific and provocative scholar and activist Tariq Ramadan weighs in on the subject. In the resulting essay, translated into Dutch and Arabic, Professor Ramadan sets out an argument that foregrounds universalism as a necessary, if devalued, horizon and offers a critique of the uses and limits of dialogue and discourse within the day-to-day practice of super-diversity.
On Super-Diversity constitutes the second book of the Reflections series, co-published with Witte de With. Each edition, consisting of a specially commissioned essay, engages a leading thinker in reconsidering one key question that defines contemporary culture.

HASSAN KHAN: THE AGREEMENT - STERNBERG PRESS 2011


HASSAN KHAN
THE AGREEMENT
Sternberg Press
december 2011

Artist, writer, and musician Hassan Khan explores the margins at which a vernacular, be it linguistic or formal, attains its stature. Through a series of narrative portraits and accompanying images of his recent sculptures, Khan’s seemingly ubiquitous tales are in fact an attempt to let a story tell itself.
The bilingual (English/Arabic) book includes five short stories based on observation that engage the reader with very particular yet uncannily recognizable characters and occurrences. This sense of recognition emanates from a certain quality the stories embody rather than in any specific details they convey. The specific cultural, aesthetic, and personal sensibility through which the stories are filtered is further revealed when considered in relation to the accompanying images of sculptural objects explicitly produced for this purpose and based on the demotic style of popular kitsch ornaments.
This book is published on the occasion of “The Twist,” a solo exhibition of Hassan Khan’s work at Objectif Exhibitions (September 3–October 22, 2011), curated by Mai Abu ElDahab.

Published by Sternberg Press, Objectif Exhibitions, and Galerie Chantal Crousel

ANDREA MARICONTI: ALEIFAR - GALLERIA ROTTA FARINELLI, GENOVA




ANDREA MARICONTI
ALEIFAR
a cura di Stefano Castelli
Galleria Rotta-Farinelli
via XX Settembre 181R - Genova
dal 28/2/2012 al 28/3/2012

La Galleria Rotta Farinelli ospita nelle sue sale storiche una personale dell’artista Andrea Mariconti con una selezione di più di 50 opere. La mostra, curata da Stefano Castelli, propone una selezione di opere dal 2009 al 2011 evidenziando l’evoluzione stilistica di Mariconti, dalla serie di dipinti di cenere alla recente serie di opere dipinte con olio di motore esausto.

"Apprezzo la pittura di Andrea Mariconti per quello che non e': espressionista, figurativa, realista, esistenzialista (tutte opzioni invalidate dalla storia, parzialmente o completamente). Con una misura esatta e allo stesso tempo eccentrica, anzichè superare dichiaratamente le opzioni citate, l'artista finge di convocarle, con un cenno subito smentito. Questo falso movimento di corteggiamento e poi di negazione non è però un contenitore vuoto. La peculiarita' delle sue opere risiede proprio nella concretezza tangibile che assume tale gesto di negazione" (estratto dal catalogo a cura di Stefano Castelli).

sabato 24 marzo 2012

MAX ERNST: CLAM TREE, WOODEN BIRD AND BIG EYED FISH - KUNSTMUSEUM BONN



MAX ERNST
CLAM TREE, WOODEN BIRD AND BIG EYED FISH
curator Sabina Leßmann
Kunstmuseum Bonn
Museumsmeile Friedrich-Ebert-Allee 2 - Bonn
25/3/2012 - 26/8/2012

In 1925, Max Ernst for the first time laid paper on the boards of a wooden floor and rubbed their surface structure onto it with the help of a pencil. The patterns and forms that thus became visible turned into independent and unique landscapes, objects and creatures that had to be found and, if necessary, highlighted with a pencil. This is how Max Ernst developed a technique called “frottage”, which he would often make use of later on and also adapt to oil painting.
The exhibition’s focus lies on the graphic series “Histoire Naturelle“ (“Natural History“), which Max Ernst reproduced photomechanically and published in 1926. The series consists of 34 frottages and shows the history of the origin of our earth by introducing us to a mysterious world of water, light, earth and air inhabited by unusual plants, fantastic animals as well as human beings.
In the museum’s exhibition space the animals in Max Ernst’s “Natural History“ meet stuffed birds and fish from the collection of the Museum Alexander Koenig, complemented by five bronze reliefs in the shape of different animals and human beings from the Max Ernst Museum Brühl des LVR. The exhibition space is hence transformed into a room full of nature, a laboratory for the eyes, and, above all, a workshop in which children and adolescents cannot only learn about the technique of the frottage, but also try it out themselves.

The exhibition will be accompanied by a Werkbuch with images and essays on Max Ernst as well as tips for experimenting at home.

In cooperation with the Max Ernst Museum Brühl des LVR.

DIANGO HERNANDEZ: DRAWING THE HUMAN FIGURE - FONDAZIONE BRODBECK, CATANIA



DIANGO HERNANDEZ
DRAWING THE HUMAN FIGURE
progetto di residenze Cretto, a cura di Nuno Faria
Fondazione Brodbeck
Via Gramignani 93 - Catania
dal 25/3/2012 al 26/5/2012

Il cranio, struttura ossea dura e rigida, è la forma che rende tutte le teste relativamente uguali. Chiaramente esistono varie forme di cranio: ci sono uomini con una scatola cranica lunga e uomini con un cranio largo e, inoltre, il cranio varia nella forma in base alla sua provenienza geografica. Ma, nella sua essenza, il cranio può essere ridotto, genericamente, alla forma piatta di un ovale e, nel suo volume, alla forma di un uovo. Questa generalizzazione, variabile all'estremo, è ancora la più usata nel disegnare la prima caratteristica strutturale di una testa. Questo è ciò che Arthur Zaidenberg ha scritto nel capitolo “The Head”, nel suo libro intitolato “Drawing the Human Figure”.

“Come stai oggi? Spero bene, io sono il Dr. Christopher Harrison di Harlesden, Nord Ovest di Londra, qui in Inghilterra. Lavoro per la Credit Suisse Bank di Londra. Ti scrivo dal mio ufficio, cosa che sarà di immenso beneficio per entrambi. Nel mio dipartimento, ricoprendo io la carica di assistant manager (nella regione della Greater London), ho scoperto una somma abbandonata pari a 16.5 milioni di pound (sedici milioni e cinquecento mila sterline) in un conto che appartiene ad uno dei nostri clienti stranieri, il defunto Mr. Moses Saba, un ebreo messicano, vittima di un incidente in elicottero, avvenuto all’inizio di quest’anno, che ha ucciso lui e i membri della sua famiglia. Saba aveva 46 anni. Al momento dell’incidente, nell’elicottero si trovavano anche sua moglie, suo figlio Avraham (Albert) e sua nuora. Anche il pilota è deceduto.”
Questo è l’inizio di una lettera che il Dr. Christopher Harrison scrisse non solo a me, ma probabilmente anche a te/voi.
Anni fa avrei pensato che la vita è piena di buffe sorprese. Per esempio, se avessi ricevuto la stessa lettera dal Dr. Christopher Harrison di Harlesdem vent’anni fa, avrei subito creduto che fosse vera e, senza alcun dubbio, gli avrei risposto con una lettera gentile e piena di entusiasmo. Oggi, la mia e la vostra posta elettronica sono intasate da false sorprese e da terribili notizie infondate che arrivano direttamente tra gli spam; sì, arrivano in questi piccoli contenitori pieni di infiniti premi della lotteria che devono essere subito ritirati, transazioni milionarie o del fantastico sesso gratuito; un posto straordinario pieno di allettanti promesse per una vita migliore. Tutto ciò che dobbiamo fare sta in un CLICK, più semplice di così, e con un movimento elementare del tuo dito indice tutto ciò si avvererà, probabilmente riuscirai addirittura ad incontrare il Dr. Christopher Harrison, il quale ti aspetterà alla Victoria Station con una gigantesca borsa di pelle piena di 16.5 milioni di pound.
A partire dagli spam che ricevo, ho creato 'Drawing the Human Figure', una mostra che unisce sotto lo stesso tetto – Speranza, Spreco e Linee.
Forse, l'equazione che segue rappresenta il modo più ragionevole per parlare di questa mostra:
S+ L/S = Ca-p** S= SPERANZA L= LINEE S=SPRECO Ca-p= Credi ancora, per favore

Il progetto Cretto, che giunge con Diango Hernández alla sua seconda mostra, è stato concepito concettualmente a partire da per il luogo in cui viene presentato: la Fondazione Brodbeck a Catania, in Sicilia.
Il progetto ha avuto un lungo tempo di maturazione che ha incluso viaggi di preparazione, varie sessioni di lavoro con i responsabili artistici della Fondazione e ore di discussione con gli artisti che saranno presentati durante i prossimi tre anni. L’obiettivo iniziale al quale abbiamo tenuto fede, era quello di proporre un progetto che in qualche modo fosse complementare al progetto Fortino1 curato da Helmut Friedel e Giovanni Iovane e che presentasse artisti provenienti dal sud Europa o dall’America Latina (Portogallo, Cuba, Brasile) i cui interventi devono essere preceduti da un periodo di residenza a Catania.
Se il titolo del progetto evoca inevitabilmente lo spirito e l’energia mitologica del luogo ricordando un doppio momento/monumento contemporaneo, fondatore del concetto di memoria quale incaricata a preservare e trasmettere l’energia nel tempo, esso si riferisce, allo stesso tempo, al significato letterale della parola: crepa, intervallo, taglio.

Diango Hernández è un artista visivo, nato nel 1970 a Sancti Spíritus, Cuba.
Ha conseguito la laurea in Industrial Design presso l'Havana Superior Institute of Design (ISDI, 1994).
Successivamente, inizia un’esperienza di collaborazione con il nome ‘Ordo Amoris Cabinet’, dal termine latino che sta per ‘ordine’ e ‘amore’ (1994-2003).
Attualmente Hernández vive e lavora a Düsseldorf, Germania.
Esposti in tutto il mondo, i lavori di Hernández sono stati inclusi alla 51esima Biennale di Venezia (Arsenale, 2005), alla Biennale di Sao Paolo (2006), alla Biennale di Sydney (2006), alla Kunsthalle di Basel (2006), alla Haus der Kunst di Monaco (2010), alla Hayward Gallery di Londra (2010) e, più recentemente, con una retrospettiva, al Mart di Rovereto (2011).

Nuno Faria, 1971, curatore indipendente, vive e lavora tra Lisbona e Loulé, Algarve, Portogallo.
Curatore di MOBILEHOME, scuola d'arte nomade, sperimentale e indipendente a Loulé.
Professore del corso di Arti Visive all'Università dell'Algarve e al Master in fotografia all'Istituto Politecnico di Tomar.
Direttore artistico dell'International Center for the Arts José de Guimarães che aprirà prossimamente, Guimarães, capitale europea della cultura 2012.