lunedì 31 dicembre 2012

RADICAL TERRAIN - RUBIN MUSEUM OF ART, NEW YORK



RADICAL TERRAIN
Modernist Art from India
Curated by Beth Citron
Rubin Museum of Art
150 West 17th Street - New York
16/11/2012 - 29/4/2013

Radical Terrain, the third exhibition in the series Modernist Art from India, highlights the exploration of landscape in Indian art for the generation after independence. The exhibition will also feature new work by international contemporary artists of diverse backgrounds currently working in and identifying with landscape. This is both a response to the modernist paintings on view and to work towards a nuanced conceptual understanding of what "landscape" in art is. 
The modernist paintings in the exhibition suggests that landscape became a recognizable form of expression in this period as a means for artists to come to terms with the vastness and diversity of India as a newly sovereign nation. Explorations of landscape – especially rural landscapes-- by painters inadvertently paralleled official initiatives of government organizations like the Films Division of India, which commissioned many films of rural and distant regions like Orissa and Himachal Pradesh for a primary audience of citizens in urban centers. These activities reflect a country creating a new identity. Radical Terrain shows the great variety of landscapes created by artists in India after independence from British rule – including figural and abstract landscapes, specific sites and conceptual landscapes painted in a wide range of styles and from many social, political, and formal perspectives. 
The contemporary interventions in the exhibition will be in various modes and media, reflecting the diversity of what landscape means to contemporary artists of various backgrounds. The artists include Lisi Raskin, Marc Handelman, Seher Shah, Janaina Tschäpe, and others. 

VOINA: SOON WE'LL BE COMPLETELY FEARLESS - MACAO, MILANO



VOINA
SOON WE'LL BE COMPLETELY FEARLESS
Macao
viale Molise 68 - Milano
dal 19/12/2012 al 3/2/2013

Mercoledi 19 dicembre 2012 apre “Soon we’ll be completely fearless”, mostra di Voina prodotta dal S.a.l.e. Docks di Venezia e ospitata ora a Macao, Nuovo centro per le arti la cultura e la ricerca di Milano. 
Il percorso espositivo raccoglie diversi video e una installazione e sarà visitabile fino al 2 febbraio 2013. Voina è un collettivo di artisti/attivisti formatosi nel 2007 a Mosca la cui opera si concretizza come un continuo atto di sovversione creativa al sistema politico russo. 
Il nome del collettivo deriva dal russo Война e significa guerra. Le azioni di Voina attaccano costantemente lʼincerta democrazia post-sovietica, attraverso perfomance contro lʼomologazione reazionaria, la corruzione politica, lʼautoritarismo putiniano, il fanatismo ortodosso e il costante tentativo da parte delle autorità di annientare qualsiasi forma di dissenso. 
La guerra del collettivo artistico non si svolge nei salotti dellʼarte contemporanea, ma pratica il conflitto nelle città, nelle strade, nei tribunali, nei supermercati, nei musei e nei ristoranti, usando il web e i social network come cassa di risonanza e archivio delle azioni. 

GHERASIM LUCA: LA FINE DEL MONDO - JOKER 2012

GHERASIM LUCA
LA FINE DEL MONDO
(Poesie 1942-1991)
a cura di Alfredo Riponi
Joker, 2012
collana "I libri dell'Arca"

Ghérasim Luca (1913 - 1994). Ghérasim Luca (Salman Locker) nasce a Bucarest nel 1913, da una famiglia ebrea askenazita. Entra presto in contatto con parecchie lingue, in particolare il francese, lingua della cultura letteraria, yiddish, rumeno e tedesco. Il suo interesse per il surrealismo risale alla fine degli anni trenta; entra in corrispondenza con André Breton. Nel breve periodo di libertà prima del comunismo Luca dà vita a un gruppo surrealista con alcuni amici. Dispone di una tipografia e di un luogo di esposizione, e adotta la lingua francese nel suo desiderio di rompere con la lingua materna. All’avvento del comunismo, nel 1947, cerca di lasciare la Romania con l’amico Dolfi Trost, ma è catturato alla frontiera. La sola possibilità di lasciare la Romania è un visto per Israele, lo ottiene solo cinque anni dopo. Resta in Israele solo pochi mesi, qui per sfuggire al servizio militare obbligatorio vivrà recluso in una grotta illuminata solo da uno specchio che riflette i raggi del sole. Raggiunge Parigi nel 1952, città che non lascerà più. Qui pubblicherà il suo primo grande libro, Héros-Limite, con la casa editrice Soleil Noir. In Francia vivrà sempre da apolide, e finirà per accettare di essere naturalizzato francese solo a seguito di una procedura di espulsione. Questa prova susciterà in lui la memoria delle vecchie vessazioni, legate a fascismo e comunismo. Il 9 febbraio 1994 a mezzanotte, dopo aver scritto il suo ultimo messaggio, dirà di voler lasciare «questo mondo dove non c’è più posto per i poeti» e si getterà nella Senna. Tra le sue opere: Le Vampire passif, Éditions de l’Oubli, Bucarest 1945; Héros-Limite, Le Soleil Noir, Paris 1953; La Fin du monde, Editions Petitthory, Paris 1969; Le Chant de la carpe, Le Soleil Noir, Paris 1973; Paralipomènes, Le Soleil Noir, Paris 1976. 

ALAIN BORNE: POETA AL SUO TAVOLO - JOKER 2012

ALAIN BORNE
POETA AL SUO TAVOLO
a cura di Lucetta Frisa
Joker, 2012
collana "I libri dell'Arca"

Alain Borne nasce a Saint-Pont, nell’Allier, il 12 gennaio 1915. Trascorre la giovinezza e la maggior parte della sua vita nella cittadina di Montélimar. Si interessa fin da giovanissimo alla poesia. Subisce l’influenza di Jammes, Claudel, Mallarmé. Scopre i poeti surrealisti, tra cui Breton, Aragon e Eluard. Legge Milosz, Rilke, Michaux. I suoi primi versi appaiono nel 1935 nell’antologia Les jeunes poètes de France e su diverse riviste tra cui La Proue, Corquibe, Toutes aures, Pyrénées. Tra il 1934 e il 1938 studia diritto. 
Nel 1938 fa il servizio militare. Viene riformato nell’ottobre del 1939 e nell’aprile del 1940 è trasferito in Dordogna. Studia diritto a Grenoble e si iscrive come avvocato all’Ordine degli avvocati di Montélimar. 
Nel 1942 a Lione crea la rivista Confluences, che diventerà anche casa editrice. Nel 1946 fonda con Pierre Seghers Poésie 40. Nello stesso anno partecipa al Comitato Nazionale degli scrittori, insieme ad Aragon e Eluard. Si rifiuta di vivere a Parigi e continua ad abitare a Montélimar, dove esercita la professione di avvocato. Perde il padre nel 1951. Nel 1954 riceve il Premio Artaud per il libro En une seule injure. Tra il 1939 e il 1960 è autore di una ventina di raccolte poetiche tra cui Cicatrices des songes, En une seule injure, Terre de l’été, Poème à Liselei, L’eau fine e Encres. Partecipa a diverse riviste con poesie e testi teorici su Baudelaire, Rimbaud, Mallarmé. 
Tra il 1955 e il 1957 compie un lungo viaggio a Roma e a Napoli. 
Nel 1958 la madre si ammala gravemente e viene ricoverata a Lione e poi ancora a Montélimar. Borne non abita più nell’appartamento dove viveva con lei, al numero 31 del boulevard Aristide-Briand, ma è spesso ospite di amici e fa abuso di alcol. La madre si spegnerà nel maggio del 1961. 
Il 21 dicembre del 1962 Borne muore in un incidente d’auto a La Palud (Vaucluse), lasciando un’ampia opera postuma, quasi completamente inedita in Italia. 
Alcune poesie di Encres sono apparse in traduzione italiana, a cura di Lucetta Frisa, sulla rivista La mosca di Milano, 16 e nel sito web http://rebstein.worldpress.com. 


CLOSER ARCHETYPE NEW YEAR'S EVE PARTY - CHIESA DI SANT'AGOSTINO, GENOVA 31/12/2012

CLOSER ARCHETYPE NEW YEAR'S EVE PARTY
Chiesa di Sant'Agostino
Piazza Renato Negri - Genova
31 dicembre 2012, dalle ore 23,30 

Para One 
Para One è il progetto solista del produttore di musica elettronica francese Jean-Baptiste de Laubier, nato nel 1979 a Orleans, il cui stile è profondamente radicata nella golden-age hip-hop: appassionato al genere dopo aver ascoltato gruppi come Public Enemy, NWA, Native Tongues durante la fine degli anni '80. 
De Laubier debutta come Para One nel 2003 sull'etichetta Institubes con il Down Beat EP, con una collaborazione con TTC in una delle tracce. Continua la sua carriera con varie release come Clubhoppn EP (2005) e l'album Epiphanie (2006) sulla Institubes, dal quale uscì la hit "Dudun-Dun", remixato da nomi del calibro di MSTRKRFT e Boys Noize. 
Oltre alle sue produzioni, Para One inizia ed essere richiesto ad un livello molto alto nell'ambiente della musica elettronica (come ad esempio i remix, Daft Punk "The Prime Time of Your Life," Ellen Allien di "Down"). 
La sua hit di maggiore successo esce nel 2008 dal remix della canzone Greatful Days della popstar giapponese Ayumi Hamasaki. 
Nell'ambito del cinema produce la colonna sonora del film Water Lilies diretto da Céline Sciamma nel 2007 ed "Always" traccia dell'ep Tacteel's Fair Enough diventa parte della colonna sonora di Tomboy nel 2011. Insieme a Bobmo e Surkin, crea l'etichetta Marble Records con la quale produce il suo ep Mother, che contiene un remix firmato Mr. Oizo. Nel 2012 Para One presenta un album ambizioso che afferma il suo talento : Passion è un incontro tra soul e dance 90 con un vibe super-contemporaneo. 

opening act: 

Gnu Quartet plays MUSE 
Muse_ic è un live davvero “tirato” in cui il noto quartetto genovese Gnu Quartet, che vanta le collaborazioni più disparate andando dai Motel Connection a Gino Paoli passando da Neri Marcorè fino agli Afterhours, omaggia una delle band del secolo, dove le sonorità originali sposano l’elettronica più ruvida o riscoprono la pulizia quasi barocca delle composizioni dei Muse. Muse_ic è uno show multimediale in cui le proiezioni oniriche di Roberto Rebaudengo, allievo e collaboratore di Emanuele Luzzati, e Raffaella Benelli fluttuano nello spazio saturato dall’elettronica che Filo Q dei Magellano ha curato insieme al quartetto. 

This Was Tomorrow 
This Was Tomorrow aka Marco Bruschi è uno dei fondatori di Closer. Personaggio polivalente e dinamico riesce ad adattare i suoi djset a più situazioni particolari che crea o con cui collabora, cresciuto insieme all’ambiente Closer è passato dalla singola club night ad ospitare artisti come Is Tropical, Crystal Fighters, Panteros666, Bobmo, Shitdisco, Of Montreal, Mumbai Science, con cui ha stretto diverse collaborazioni. Negli ultimi anni è stato ospite di serate oltre i confini italiani, come quelle londinesi, prendendo parte a progetti come Noise Praise e Bad Girls, nati nel fervore artistico del quartiere di Hoxton, che vede come protagonisti talenti emergenti della scena East London a cui è molto legato. 

Troppo Mixx 
Ugo Galelli è un artista eclettico ed autoironico from Genova/Milano. A Closer mette in scena il suo progetto da music selector Troppo Mixx, già rodato a Londra, riscuotendo un notevole successo, propone una selezione musicale d'avanguardia, da Battisti ad Herbie Hancock ti spalma sulla pista come pesto su un testaieu. Ugo entra prima a far parte della nightlife milanese incontrando organizzatori come Marcelo Burlon e We are the Gang e collaborando con realtà come Play to win e Social.Nonostante la vita Londinese da tempo ormai ha inseguito le sue radici approdando in Liguria diventando resident e organizzatore di Closer. 

∆† GARDEN STAGE †∆ 

Saint Catherine Collective 
I Saintcatherinecollective nascono in un piccolo locale Varazzino, nelle’estate del 2007, cominciando a proporre dei djset che toccavano dal rock indipendente alla nu rave/electro, che si stava imponendo come fenomeno di massa. Nell’inverno diventano resident , assieme a This Was Tomorrow ,di Closer Party ,one night Genovese che porterà in città i nuovi suoni della dance europea. Nella primavera del 2009 nasce il’” Varazze Vans Off The Wall Spring Classic” manifestazione legata allo Skate che negli anni è diventata un appuntamento in grado di richiamare migliaia di giovani in Riviera, della quale ,i Saintcatherinecollective ,diventeranno parte integrante, animando il party serale. Da una festa in spiaggia nella stessa estate 2009 , che richiama centinaia di ragazzi solo con l’ausilio del passaparola ,nasce l’idea del Riviera Summerfest , che li vede nelle veci di parte organizzativa. Sono la principale scena di musica electro legata agli ambienti skate e surf in Liguria ,il duo è composto da Gianluca Perata e Stefano Caletti, surfisti locali del celeberrimo spot Varazzino; hanno background musicali diversi, punk-hardcore il primo, house-elettronica il secondo; entrambi hanno esperienze musicali vissute in prima persona, Gianluca ha militato come batterista in una oscura band hc-straight edge Genovese dei primi anni 2000 ,”The Sinatras”, Stefano ha alle spalle alcuni anni come dj radiofonico in una trasmissione che si occupava principalmente di suoni legati alla house, deep house e al panorama elettronico mondiale. Hanno portato il nome di Varazze in club come i Magazzini Generali di Milano, resident dello Snowbomb Party e del Riviera Summerfest , hanno diviso il palco con Reset!, Pink Is Punk, Scuola Furano, 100% Presi Bene, Shit Disco, Stefano Fontana, Jack Beats, Girl Unit, One Two, Raziek, Victeam, His Majesty Andrè,Tilt, Original Fakes,Rudemates,Fare Soldi, Stereoheroes e Motel Connection. Da buoni liguri, riservati e poco inclini ad apparire troppo, hanno sempre scelto di esibirsi nelle manifestazioni più importanti del loro territorio, non producono, ma con cadenza stagionale pubblicano dei mixtape, che lasciano in condivisione on-line, riscuotendo sempre un numero altissimo di download. 

Carlot-ta 
Carlot-ta propone le sue canzoni con pianoforte, voce, loop station, chitarra, synths accompagnata per questo Acustitronic Fest da archi classici. Dal 2010 ha avuto modo di suonare in più di cento club, piazze, festival in tutta Italia e di aprire i concerti di artisti internazionali quali Melissa Auf der Maur, Cocorosie, Kaki King. Nel novembre dello scorso anno è stata ospite del Premio Tenco. Nel 2011 è uscito il suo album d’esordio “Make me a picture of the sun”. Il disco, contenente otto brani cantati in inglese, francese e italiano ed è stato insignito della “Targa Giovani M.E.I. Supersound” come miglior disco dell’anno e del “Premio Ciampi – città di Livorno” come miglior debutto discografico del 2011. È inoltre tra i cinque finalisti per la “Targa Tenco” dedicata alla miglior opera prima del 2011 e al premio “Fuori dal Mucchio”, che l’omonima rivista assegna al miglior esordio discografico dell’anno. 

Panama Chrome - ViceVersa Party Crew 
Il Panama Chrome dj set, riassume l’esperienza di questi anni di feste e concerti del ViceVersa Party Crew, spaziando dal rock all’elettronica con derive berlinesi e “edbangeriane”, con sfumature post‐punk, art punk, lo‐fi, tropicali, e seguendo quel wave surf/psichedelico che piace tanto ai "partyharders". Il progetto VICE‐VERSA, nato nel 2009 dall’idea di quattro ragazzi genovesi, si prefigge l’obiettivo di creare un’alternativa a cio’ che viene proposto dalle realta’ genovesi mainstream e commerciali, in modo da avvicinare genova al circuito alternativo gia’ molto florido in realtà metropolitane come Milano, Torino e Bologna. 

A.G.O. + Minimè Vj feat. Denize 
Agostino Catanzano, in arte A.G.O. propone "Crying Dark Blood", una techno session tra i 124 e 126bpm orientata verso i suoni del nord europa, con doverosi riferimenti al Trentmoller style, alla Bpitch Control Records, ai suoni est europei dei Noze e ad un'elettronica ritmica con aperture a melodie ipnotiche e malinconiche. Le immagini ed i video di Minimè Vj, moniker di Raffaella Benelli, tradurranno i suoni della consolle in forme e luci attorno al dancefloor. Denize, in parallelo all'uscita del suo nuovo album, incrocia i suoni di A.G.O.,dj nel sottosuolo genovese, in un abbraccio e scontro di voci, chitarre, loop e beats, tutto questo è Agonize. Just for fun, just for dance. 

domenica 30 dicembre 2012

ALFREDO BORTOLUZZI ASTRATTISTA - FONDAZIONE BANCA DEL MONTE, FOGGIA



ALFREDO BORTOLUZZI ASTRATTISTA
Fondazione Banca del Monte
via Arpi 152 - Foggia
dal 7/12/2012 al 13/1/2013

Attraverso un percorso di centotrenta opere, datate dal 1927 al 1995, la mostra esplora, dalla radice della sua formazione alla scuola di Kandinskij e Klee, all'intero e ricco arco delle sue esperienze umane ed artistiche, la dimensione astrattista di Alfredo Bortoluzzi, il suo lavoro di scandaglio, di decostruzione e ricostruzione degli oggetti-soggetti, mai considerati in opposizione, e la sua attenzione alla "risonanza interiore" del segno e del colore. 
Senza mai mettere da parte il riferimento alla Natura e al reale, Bortoluzzi ha infatti assorbito nella sua prassi artistica una visione non particolare/categoriale dell'arte, ma dialogante e sincretica in cui anche la dimensione astratta, nei suoi poli divergenti, lirico e geometrico, è stata esplorata (e coniugata) con convinta adesione e indubbia originalità. 

Alfredo Bortoluzzi (Karlsruhe, 1905 - Peschici, Foggia, 1995), pittore, ballerino e coreografo, nasce in Germania da genitori italiani. Frequentadapprima l'Accademia, di Karlsruhe e quindi, dal 1927 al 1930, il Bauhaus, a Dessau, dove ha come maestri Wassilii Kandinskij, Joseph Albers, Oskar Schlemmer e soprattutto Paul Klee, di cui diviene molto amico e che influenza particolarmente la sua concezione della pittura come "gioco con le cose ultime". Tiene la sua prima mostra a Berlino, nel 1930. Nel 1933 partecipa alla Mostra degli artisti del Bauhaus a Dusseldorf, ma la collettiva viene vietata e sequestrata dai nazisti. "Esule a Parigi", si dedica prevalentemente al balletto classico, occupandosi anche delle coreografie e delle scenografie. Apprezzato per questa sua attività dapprima in Francia e, nel dopoguerra, anche nei maggiori teatri della Germania di Bonn, Bortoluzzi ritorna comunque alla pittura. E' protagonista tra l'altro della rassegna 50 Jahre Bauhaus itinerante per il mondo. Nel 1946 espone ad Heidelberg alla Mostra degli artisti proibiti dai nazisti (con Klee, Kandinskij ed altri). Nel 1958, a seguito di un incidente, lascia la vita teatrale e, benché come pittore abbia già un mercato internazionale al più alto livello, con la consacrazione dei maggiori critici europei, sceglie di vivere sulla Montagna del Sole, il Gargano, a Peschici, trovando nello scenario garganico non solo una fonte inesauribile di ispirazione ma soprattutto "un approdo determinante ai fini della elaborazione del suo linguaggio maturo" (Carlo Munari).

IN VERENA LOWENSBERG'S STUDIO - HAUS KONSTRUKTIV, ZURICH



IN VERENA LOWENSBERG'S STUDIO
Haus Konstruktiv
Selnaustrasse 25 - Zürich
13 December 2012 - 17 February 2013

On 28 May 2012, Verena Loewensberg (1912-1986) would have turned one hundred. To mark this occasion, Museum Haus Konstruktiv is presenting a spatial situation created in reference to this great Zurich artist's studio. Objects personally owned by Loewensberg are to be seen, including, for example: the worktable at which she painted her pictures, an Ulmer stool from her esteemed artist friend Max Bill, and little tables designed by his wife Binia Bill. Also on display, are parts of her comprehensive collection of jazz records, a selection from her collection of ceramic jugs with their glazing effects which particularly fascinated her, and the chair on which she let herself be photographed in the 1970s. However, alongside two works by befriended fellow artists James Bishop and Fritz Glarner, we also present a number of key paintings by Verena Loewensberg, from her later period of work. 
The exhibition "In Verena Loewensberg's studio" was realized in close cooperation with her daughter Henriette Coray Loewensberg. 
All throughout her life, Verena Loewensberg was intent on taking a back seat as a person, in relation to her work. She did not leave behind any theoretical writings, nor did she reveal anything about her private life, but one thing that is known, is her passion for jazz, serial music and classical music. She was enthusiastic about Miles Davis, Steve Reich and Wolfgang Amadeus Mozart, among others. Thus, it came about that Loewensberg, alongside her work as an artist, also ran Zurich's first discount record store in the 1960s. "City Discount" was a popular meeting place for young musicians and music enthusiasts. The exhibited record collection includes numerous rarities which bear witness to this love affair. 
Indeed, a certain kind of musicality is also evident in the striped paintings which Loewensberg produced in 1974/75. Already in 2011, as part of the exhibition "The fantastic four Zurich concrete," we presented five pieces from this cycle of works. All portrait-format paintings show horizontally arranged colored stripes with varying colors and proportions. Toward the middle, the rhythm of the stripes generally condenses. In addition, the sensitive use of color and the wealth of nuances clearly demonstrate Verena Loewensberg's extraordinary sense of color. 
Loewensberg's examination of different color contrasts reaches its climax in her last group of works, the so-called "Zweifärber" (Two-Tones), on which the artist worked from 1983 until her death: in these works, of which there are around 30 and we are exhibiting about one third, the artist reduced her color palette to two tones at a time, exploiting very different color combinations from painting to painting. This principle is already applied in her "Twins" cycle, produced in 1976 and 1977, which we presented in our exhibition "Endless Consequences" in 2006. These delicate, small-format works also provide evidence of Loewensberg's extraordinary proficiency in handling color. In the "Zweifärber," another important element is added, namely a reduced, tension-filled deployment of geometrically arranged forms. The basis is provided by a polygonal interior form, which is developed from a square and surrounded by a differently colored background. Here, Loewensberg succeeded in exploring an interactive effect between interior and exterior form, between figure and ground. 
Verena Loewensberg did not title any of her works: an expression of her endeavor to let her painting speak for itself. And the paintings do indeed satisfy this very same aspiration: hiding behind the ostensibly playful and (in terms of their unique coloring) poetic paintings, there are always consistently developed systems which the artist has translated into color forms, employing analytical acumen and great sensitivity. We, the observers, are invited to decode these systems, or simply to allow the strength of the paintings to thrill us. 

MALEBOLGE - DIABASIS 2011



MALEBOLGE
Diabasis, 1/4/2011
fuori collana

La fondazione di «Malebolge» si deve a cinque scrittori, quattro emiliani che vivevano tra Parma, Reggio e Bologna – Adriano Spatola, Corrado Costa, Ennio (Nanni) Scolari, Giorgio Celli – e un milanese, il poeta Antonio Porta. L'atto di nascita, a Reggio Emilia, porta la data del 24 marzo 1964, l'ultima uscita è della primavera del 1967. Della rivista, voce di una parte del Gruppo 63, uscirono in tutto quattro numeri: i primi due nel '64, un numero doppio nel '66 e un solo numero della nuova serie nel 1967. «Malebolge» pubblicava non solo scritti poetici e narrativi degli stessi redattori (nella sezione "Testi" poesie e prose di autori pressoché esordienti, nella sezione "Pretesti" brevi saggi critici o teorici), ma anche gli interventi dei convegni tenuti dal Gruppo 63 e organizzati in quegli anni, come quello di Reggio Emilia del 1964 e quello della Spezia del 1966. La redazione era curata graficamente da Giovanni Anceschi. 
I cinque numeri di «Malebolge» si ripresentano a noi come un indice del tempo, un atlante di cose emerse e di cose da fare, cose immaginate da quegli autori che dell'arte letteraria o teatrale o puramente visiva avevano fatto una tecnica per il superamento dell'esistente in accezione sociale oltre che artistica. 

IL MUSEO CONTEMPORANEO - GANGEMI 2012



IL MUSEO CONTEMPORANEO
storie esperienze competenze
a cura di Rossella Caruso, Daniela Fonti
Gangemi, 08/2012
collana "Arte, Disegno, Rilievo, Design"

Le voci presenti nel libro, di storici e critici d'arte, curatori, estetologi, economisti della cultura, museologi, architetti progettisti e allestitori, direttori di grandi musei, sono in massima parte le stesse attive nel quadriennio di vita del “Master per curatori nei musei d'arte e architettura contemporanea” diretto da Daniela Fonti (Facoltà di Architettura, Sapienza Università di Roma, 2002-2006); a questi esperti è stato chiesto di tracciare un bilancio del decennio appena concluso, contribuendo con le loro riflessioni a indicare le linee di sviluppo del museo contemporaneo del secondo decennio. 

CONCORSO PINOCCHIO E IL VIAGGIO



CONCORSO PINOCCHIO E IL VIAGGIO

In occasione della mostra 'Pinocchio - Biennale 2012' il Museo indice il primo Concorso internazionale d'illustrazione sul tema 'Pinocchio e il Viaggio'. Il concorso premiera' le illustrazioni che meglio interpreteranno la storia di Pinocchio sotto il segno del viaggio, inteso in una delle innumerevoli accezioni: come atto di spostarsi da un luogo ad un altro, come itinerario immaginario, come ricerca interiore, come metafora della vita. La partecipazione al tema del concorso e' individuale, gratuita e aperta a tutti gli illustratori italiani e stranieri. Le illustrazioni potranno essere realizzate in qualunque tecnica grafica, in bianco e nero o a colori su tavole di dimensioni massime cm 30 x 30 e dovranno essere spedite entro il 30 marzo 2013. Info e bando sul sito. 

sabato 29 dicembre 2012

AMY O'NEILL: HLUSA - SWISS INSTITUTE, NEW YORK



AMY O'NEILL
HLUSA
Swiss Institute
18 Wooster Street - New York
November 13, 2012–January 27, 2013

Amy O’Neill’s impressive and varied body of work includes drawings, installations, sculptures, and videos that reference Americana, art history, and folk art. In this exhibition, O’Neill creates a super-sized environment filled with religious and cultural symbols that explore the American penchant for monumentalism in various forms. 
The exhibition’s title, HLUSA, is an initialism referencing Holy Land USA, an abandoned 18-acre theme park in Waterbury, Connecticut. The attraction is featured in a large-scale video projection in Swiss Institute’s lobby. Visitors to the exhibition can view O’Neill’s footage of the now-decaying Biblical wonderland from a raised platform that is normally used as the gallery’s office. The camera lingers over Egyptian and Israelite inspired architecture, constructed from cinderblocks and discards. Glossy silver paint, hand painted signage, and white curtains on Swiss Institute’s exterior usher visitors into this video-viewing “chapel.” 
Behind an obfuscating wall in Swiss Institute’s main gallery, O’Neill’s site-specific installation emerges: nine rows of hydrocal and burlap pyramids rise up several feet from the gallery floor. The pyramids, referencing scenes from the Holy Land video, are emblazoned with shorthand referencing tweets, slang, and text-messages, recognizable yet cryptic. Language and position are combined, mummifying the currents of time. 
Drawing from the visual vocabulary of holy rollers and pop-up churches, HLUSA articulates parochial America with circumspection, spurring the viewer to follow O’Neill’s lead in self-expression. 

GIANNI RUFFI - GALLERIA VANNUCCI, PISTOIA



GIANNI RUFFI
Galleria Vannucci
via della Provvidenza 6 - Pistoia
dal 23/11/2012 al 12/1/2013

Gianni Ruffi, fin dai primi anni ’60, realizza oggetti dalla forte connotazione concettuale. Inizialmente – facendo uso dei materiali che provengono dalla cultura contadina toscana, che ingigantisce fino a renderli delle vere e proprie installazioni – si avvicina alla grande tradizione della pop art europea. In seguito la sua ricerca si concentra su oggetti comuni la cui natura e funzione viene stravolta da un significato diverso. 
Spesso la sua vena artistica si fa strada attraverso l’uso del linguaggio o attraverso l’ironia e il gioco, come nei suoi elementi a dondolo o nei suoi rebus di “parole visive”. I suoi lavori di pittura e di scultura sono nelle più note collezioni e musei in Italia e all’estero, mentre le sue installazioni “ambientali” sono spesso inserite in contesti urbani storici con i quali intrecciano relazioni di grande suggestione. 
La Galleria Vannucci di Pistoia vuole con questa mostra rendere omaggio ad uno dei più noti artisti pistoiesi, protagonista della pop art italiana e sempre pronto a nuove sperimentazioni. 
Durante lo svolgimento della mostra, il giorno 7 dicembre 2012, l’associazione Utopias! organizzerà una visita guidata all’esposizione della galleria e ai lavori dell’artista che sono stati installati nella città come opere “site specific”. Ci si propone di fornire strumenti di comprensione e di analisi delle opere d’arte realizzate per la mostra, ma anche di quei lavori “pubblici” che dialogano con l’ambiente che li contiene suggerendone molteplici e innovativi punti di vista. La partenza della visita è prevista per le ore 17 presso la galleria Vannucci in via della Provvidenza 6 a Pistoia. 
La mostra, curata da Lorenzo Cipriani e Massimiliano Vannucci per l’associazione “Utopias!” è aperta fino al prossimo 12 gennaio. 

Gianni Ruffi è nato a Firenze nel 1938, vive a Serravalle Pistoiese. 

ALESSANDRA ZAMPERINI: STUCCHI - SASSI 2012



ALESSANDRA ZAMPERINI
STUCCHI
Capolavori sconoscuti nella storia dell'arte
Sassi, settembre 2012

Questo volume rappresenta il primo tentativo organico di raccontare la storia dello stucco in Europa. Poco studiata dalla storiografia in quanto arte applicata e dunque non degna dell'attenzione riservata normalmente a pittura, scultura e architettura, lo stucco nasce in epoca egizia e si sviluppa con sorprendenti risultati durante tutta la storia dell'arte, conoscendo un periodo di grande fioritura in epoca classica e poi a partire dal Rinascimento fino al diciannovesimo secolo. Ritenuto erroneamente dal senso comune un'arte semplicemente bianca, monocroma e dunque un po' noiosa, lo stucco ha invece conosciuto fasi di grande espressione policroma: basti pensare alle famose "Oche di Meidum" (2620 a.C, Il Cairo, Museo Nazionale), già straordinariamente colorate, oppure alla decorazione della tomba dei Pancrazi in epoca romana. Se durante il Medioevo lo stucco ebbe una fortuna più limitata, con la scoperta della "Domus Aurea" a Roma nel Cinquecento, lo stucco vide la propria consacrazione nel Rinascimento e in particolare con le "Logge Vaticane" (1518) di Raffaello. Da qui bisogna partire per comprendere i successivi episodi decorativi di Villa Madama a Roma, di Palazzo Te a Mantova o del Castello di Fontainebleau in Francia. E da queste premesse partì tutta la decorazione a stucco che ebbe grande fortuna nell'intera Europa durante il periodo barocco, e secondo una declinazione più leggiadra e policroma, durante il Rococò. 

SACRI MONTI - AUTRE MONDE 2012



SACRI MONTI
incandescence baroque en Italie du nord
textes de Valère Novarina, Marc Bayard
photographies de Giovanni Ricci Novara
Autre monde, novembre 2012

Dans le Nord de l'Italie, les montagnes de Lombardie et du Piémont abritent d'extraordinaires lieux de pèlerinage, édifiés à partir du XVe siècle. Ce sont les Sacri Monti, des ensembles architecturaux uniques en leur genre, donnant à voir, grandeur nature, des scènes de l'histoire religieuse catholique. 
Après le Concile de Trente, et durant tout le XVIIe siècle, les Monts Sacrés devinrent un des principaux vecteurs de la Contre-Réforme en Italie, face à la poussée des idées de Luther. Comment convaincre le pèlerin, comment renforcer sa foi ? Par l'image, répondent les réformateurs catholiques, Carlo Borromeo en tête. 
Alors, dans une profusion baroque, les Monts Sacrés enflamment une spiritualité populaire, le pèlerin spectateur de ce théâtre immobile devenant aussi acteur du drame sacré, aux côtés de Pilate, d'Hérode, de la Vierge ou du Christ. Ce n'est plus un fidèle, mais un témoin... 
L'Autre Monde a choisi les trois plus beaux Monts Sacrés, Varallo, Orta et Varèse, pour vous faire découvrir, à travers les magnifiques photographies de Giovanni Ricci-Novara, ces lieux magiques, inscrits au patrimoine mondial de l'Humanité par l'UNESCO depuis 2003. 

LUCIANO FIANNACCA: I LUOGHI DELL'ANIM A - MUSEO DI SANT'AGOSTINO, GENOVA


venerdì 28 dicembre 2012

SIMON EVANS & OYVIND FAHLSTRÖM: FIRST WE MAKE THE RULES, THEN WE BREAK THE RULES - KUNSTHALLE DUSSELDORF



SIMON EVANS & OYVIND FAHLSTRÖM
FIRST WE MAKE THE RULES, THEN WE BREAK THE RULES
curated by Elodie Evers and Magdalena Holzhey
Kunsthalle Düsseldorf
Grabbeplatz 4 - Düsseldorf
15 December 2012 – 17 February 2013

“The decisive factor is that I as an ‘artist,’ and I and others as ‘human beings,’ are at every moment of our lives confronting what we see as the absolute rigidity of appearances, and adjusting our own variation-possibilities accordingly. There is here a fundamental and inexhaustible tension.” 
—Öyvind Fahlström 

Both Simon Evans (b. 1972) and Öyvind Fahlström (1928–1976) have developed separate cartographies of the world with the eyes of a traveller. Evans largely produces psycho-geographical maps that enable him to define his own position and location within his environment; beginning with the personal, illuminating common human shortcomings and desires. Fahlström is interested in the laws governing the collective that are reflected in pop-cultural visual worlds and in the accumulation of political and economic data. He composed artworks often using variable elements and formed politically charged information into complex geopolitical maps that reveal global injustices. The variability of the elements and the game as the basis of the artwork clearly show the world can be fundamentally altered by the individual. Both Fahlström and Evans motivate the viewer to rethink his position, whether within the global play of power or in the quotidian. They also make generous use of sarcasm and irony in their analyses, with the result that Evans is far removed from sentimental self-adulation and Fahlström’s work never approaches political propaganda. The formal ingenuity of these artists, both of whom utilise collage and fragmentation, is impressive. 
Fahlström treats the abundance of visual information in labyrinthine structures, combining appropriated images with invented forms or creating dreamlike sequences.. Evans’s observations have an almost ephemeral and delicate character. Just as the external and internal world overlap in the collages, layers of text and image similarly overlap. Tiny snippets of paper cut out of notebooks, everyday elements, drawings, erasures and overpastings result in a concentrated network of elements. Traces of time, the flow of ideas as well as the awareness about the impossibility of fixation are consequently also reflected in formal terms in Evans’s works. 
The idea for this exhibition came about in a conversation. Even more fruitful was the discovery that for Simon Evans—and doubtlessly for many other contemporary artists as well—Fahlström’s work is a major source of inspiration. 
The exhibition at the Kunsthalle Düsseldorf focuses on maps, floorplans and playing fields or, in Fahlström’s case, on works which actually function as games. The artists use these classifications in order to structure complex contexts. They undermine at the same time the usual means of systemisation despite employing their methods in terms of form. In other words: by setting up their own rules, they break the rules of the systems established by others. First we make the rules, then we break the rules—it is a claim that Evans redeems by way of the supposed typing error on the invitation and catalogue cover both in terms of its literal as well as its figurative meaning. 

The exhibition is accompanied by a catalogue published by the Verlag der Buchhandlung Walther König that features numerous colour illustrations, a foreword by Elodie Evers and Magdalena Holzhey, an interview with Simon Evans by Elodie Evers in addition to essays by Raphael Rubinstein and Maibritt Borgen. 

AI WEIWEI - GALLERIA CONTINUA, SAN GIMIGNANO



AI WEIWEI
Galleria Continua
via del Castello 11 - San Gimignano
dal 27/10/2012 al 26/1/2013

Galleria Continua è lieta di presentare per la prima volta nei suoi spazi espositivi di San Gimignano una mostra personale di Ai Weiwei. Il progetto si sviluppa attraverso un percorso tra sculture, installazioni, video e fotografie. Opere recenti, alcune inedite e altre presentate per la prima volta in Italia, offrono al pubblico la possibilità di approfondire la conoscenza di una tra le figure più importanti della cultura contemporanea, mettendo in luce la versatilità dell'autore e i cardini su cui ruota la sua arte: un rispetto deferente della tradizione cinese abbinato a una grande capacità di proiettarsi nella modernità e a una costante consapevolezza sociale e politica. 

Artista poliedrico e uomo dai contenuti spesso contraddittori. Sulla vita di Ai Weiwei è stato scritto molto e in tutte le lingue: dalla sofferenza vissuta dalla famiglia, al contrasto aperto con il governo cinese, al riscatto che è riuscito a regalare al padre attraverso la ricerca e la pratica della libertà intellettuale. Questa mostra vuole soffermarsi su Ai Weiwei nella sua complessità, un uomo per il quale l’arte è un modo di vivere legato inscindibilmente alle circostanze politiche e sociali del proprio tempo, un artista umanista con una grande fiducia intellettuale nelle capacità dell'uomo di contribuire con ogni suo gesto al miglioramento della società. Ai Weiwei esprime questo suo ottimismo impegnandosi su diversi fronti, che vanno dall'arte all'architettura, dalla letteratura al cinema di documentazione, fino all'azione sui social media e alle proteste pubbliche. I diversi ambiti di azione rispondono tuttavia a un unico e comprensivo obiettivo: liberare l'espressione individuale dalle imposizioni di ogni genere per favorire lo scambio reciproco e la condivisione tra gli individui. Ai Weiwei lavora sulla comunicazione e sui significati sociali per far ritrovare la parola a un paese reso muto dall'ideologia delle masse e dall'utopismo sociale che agisce uniformando il pensiero e eliminando la possibilità di un approccio critico alla vita. 
Nel 2003 Ai Weiwei disegna e realizza il suo "Fake Design Studio" (in cinese si legge “fu-ke”, “fuck”) dove in seguito progetterà, nel ruolo di architetto, una numerosa serie di spazi per gallerie, studi d’artista e centri d'arte trasformando questo piccolo ignoto villaggio tra il IV° e il V° anello a nord-est della città in uno dei più popolari quartieri artistici di Pechino. Galleria Continua ospita 258 Fake, titanica opera di documentazione costituita da 7677 immagini scattate tra il 2003 e il 2011 che raccontano la vita quotidiana dell’artista: il lavoro, gli incontri, i momenti di svago, l’impegno politico e sociale. La fotografia per Ai Weiwei rappresenta uno strumento avanzato di archiviazione ma anche un media alienante e pericoloso per la sua incapacità di esprimere la realtà in modo incondizionato ed obbiettivo. 
Documentazione e archiviazione sono gesti fondamentali che ricorrono come filo conduttore durante tutta la ricerca e la carriera di Ai Weiwei. Attraverso la documentazione l’artista restituisce un nome e una collocazione temporale e storica a cose e persone, affermandone dignità e valore. E’ il caso di Chang’An Boulevard, un’opera che racconta la vita di una città in continua trasformazione e della gente che vi abita. A bordo di un Van, munito di videocamera, per un intero inverno Ai Weiwei percorre ogni strada del IV°, III° e II° anello, incluso Chang’An Boulevard, il lunghissimo “Viale della Pace Eterna” che, partendo dalle zone e dai villaggi rurali, attraversa il centro della capitale, il distretto politico e i quartieri dove hanno sede i palazzi, i musei e gli Hotel più importanti e sfarzosi della capitale, per giungere, infine, alla Fabbrica del ferro (considerata in passato il simbolo dell’industria socialista). Ad ogni tappa, l’autore filma singole inquadrature di un minuto, il montaggio finale è costituito da 608 segmenti da un minuto, per una durata totale di 10 ore e 13 minuti. 
Il ruolo di Ai Weiwei come artista dissidente si definisce chiaramente nel 2008 quando un violento terremoto devasta la provincia del Sichuan provocando la morte di 70.000 persone. Ai Weiwei, accompagnato da un gruppo di volontari reclutati in rete attraverso il suo blog, dà inizio a un progetto di investigazione sulle cause di questa catastrofe. Il risultato della ricerca mette in luce la pessima qualità delle costruzioni pubbliche (ospedali, fabbriche, scuole) crollate come fossero di gelatina. Ai Weiwei pubblica online una lista in cui appaiono 5.826 nomi di bambini morti sotto il crollo delle cosiddette "costruzioni di Tofu". La denuncia ha un forte impatto sull'opinione pubblica tanto da scatenare l'immediata risposta della polizia cinese che dispone la chiusura forzata del suo blog. L’artista riesce comunque ad aggirare la censura continuando a sostenere le sue campagne sul web attraverso Twitter. In mostra una serie di opere legate a questo amaro capitolo della storia cinese. Rebar 49, scultura costituita da tre elementi: un tondo in ferro per cemento armato utilizzato per la costruzione di edifici civili, uno dei 150 originali deformati dal terremoto e raccolti da Ai Weiwei in Sichuan, e due copie. L’opera si pone come energico atto d’accusa nei confronti del governo cinese ma anche come monumento alle persone scomparse. Brain Inflation, una risonanza magnetica (MRI) che riporta l’emorragia cerebrale procurata all’artista dall’aggressione della polizia di Chengdu nell’agosto del 2009. Helmet, una scultura in marmo, replica di un elmetto da lavoratore, lo stesso utilizzato dagli operai intenti a salvare vite umane durante il soccorso dei terremotati del Sichuan. 
Intorno alla fine degli anni ’90 Ai Weiwei inizia a lavorare alla decontestualizzazione e riconfigurazione di mobili antichi dando vita ad un ciclo di opere che diventeranno cifra distintiva del suo lavoro. Utilizzando tavoli ed elementi architettonici di epoca Ming e Qing, eredità della raffinata tradizione artigiana cinese, l’artista mette in atto un processo di decostruzione e assemblaggio seguendo l’antica e, oramai dimenticata, tecnica di assemblaggio di epoca Tang (600 d.C.). L’oggetto, privato del suo originario utilizzo, acquisisce nuova forma e nuovo significato. Le opere dell’ultimo periodo si sviluppano in forme architetturali più vicine alla geometria solida, dal cubo ai solidi platonici. Ne sono esempio due delle opere in mostra, F Size e Untitled. 
La passione di Ai Weiwei per le antiche tradizioni artigianali del suo paese è testimoniata anche dall’interesse verso la porcellana. Esportata in tutto il mondo, è forse la forma d’arte che maggiormente rappresenta la cultura cinese. Dal 2004 a oggi l’artista instaura un rapporto sempre più vicino e approfondito con questo materiale. I temi ai quali s’ispirano le sue ceramiche sono meno austeri rispetto alle opere in legno e si confanno perfettamente al carattere leggero, fragile e raffinato del materiale. All’interno del percorso espositivo opere come Oil Spills, macchie di petrolio ingigantite che alludono al tema del consumismo e Bubble of Twenty Five, 25 bolle ineguali di porcellana collocate nel giardino della galleria - realizzate negli antichi forni di Jingdezhen, capitale storica della ceramica imperiale - che riflettono sfericamente e all’infinto il paesaggio che li circonda. 
A completamento della mostra alcune opere installative di grande impatto visivo. La platea accoglie Ordos 100 Models, un modello architettonico grandioso progettato per la Mongolia Interna, che vede nuovamente la collaborazione di Ai Weiwei con gli architetti Herzog & de Meuron, già insieme per la realizzazione dello stadio olimpico di Pechino. Cento architetti da 27 paesi diversi sono stati selezionati per disegnare 100 ville di 1000 mq ciascuna. La maquette e le stampe ai muri documentano la fase di progettazione ed il film, Ordos 100, le tre visite in situ per la finalizzazione dei progetti, ad oggi però, non ancora realizzati. Il palcoscenico e lo spazio della torre della galleria ospitano Forever Bicycles e Very Yao, variazioni di un soggetto estremamente ricco di simboli già esplorato dall’artista in passato. Ai Weiwei utilizza la bicicletta come oggetto iconico: da sempre principale mezzo di trasporto - ricordiamo che “Forever” (Yong Jiu Pai) è il nome del marchio di biciclette più diffuso nel Paese di Mezzo – rappresenta la vita di milioni di cittadini cinesi; inoltre, composta da un ingranaggio a catena, raffigura la matrice stessa della forza lavoro: il popolo. Queste installazioni mettono in luce anche i tratti più concettuali del lavoro di Ai Weiwei, da un lato la messa in atto di un processo di astrazione dove l’oggetto diventa struttura simbolo del niente, dall’altro la realizzazione dell’opera come metafora di fabbricazione del potere. 

Ai Weiwei nasce a Pechino nel 1957. Nel 1981 si trasferisce a New York, rientra a Pechino nel 1993, città dove tutt’oggi vive e lavora. Le sue opere sono state esposte in tutto il mondo in mostre monografiche, tra queste: Hirshhorn Museum and Sculpture Garden, Washington D.C, De Pont Museum of Contemporary Art, Tilburg nel 2012; Victoria and Albert Museum, Londra, Somerset House, Londra, Kunsthaus, Bregenz, Taipei Fine Arts Museum, Taipei, Asia Society, New York, Fotomuseum Winterthur, Winterthur, Pulitzer Fountain, New York nel 2011; Stiftung DKM, Duisburg, Museum of Contemporary Craft, Portland, Arcadia University Gallery, Glenside, Turbine Hall, Tate Modern, Londra nel 2010; Mori Art Museum, Tokyo, Haus der Kunst, Monaco, Three Shadows Photography Art Center, Beijing, nel 2009; Sherman Contemporary Art Foundation, Cambelltown Arts Center, Sydney, Groninger Museum, Groningen nel 2008. Tra le mostre collettive alle quali ha preso parte ricordiamo la Biennale di San Paolo e la Biennale d’Architettura di Venezia nel 2010; Documenta 12 a Kassel e la mostra presso la Tate Liverpool nel 2007. 

FROM POSTWAR TO POSTMODERN (ART IN JAPAN 1945-1989) - DUKE UNIVERSIT PRESS 2012



FROM POSTWAR TO POSTMODERN
Art in Japan, 1945-1989: Primary Documents
edited by Doryun Chong, Michio Hayashi, Fumihiko Sumitomo, Kenji Kajiya
Duke University Press
MoMa Primary Documents
(december 2012)

A trove of primary source materials, From Postwar to Postmodern, Art in Japan 1945–1989 is an invaluable scholarly resource for readers who wish to explore the fascinating subject of avant-garde art in postwar Japan. In this comprehensive anthology, an array of key documents, artist manifestos, critical essays, and roundtable discussions are translated into English for the first time. The pieces cover a broad range of artistic mediums—including photography, film, performance, architecture, and design—and illuminate their various points of convergence in the Japanese context. 
The collection is organized chronologically and thematically to highlight significant movements, works, and artistic phenomena, such as the pioneering artist collectives Gutai and Hi Red Center, the influential photography periodical Provoke, and the emergence of video art in the 1980s. Interspersed throughout the volume are more than twenty newly commissioned texts by contemporary scholars. Including Bert Winther-Tamaki on art and the Occupation and Reiko Tomii on the Yomiuri Independent Exhibition, these pieces supplement and provide a historical framework for the primary source materials. From Postwar to Postmodern, Art in Japan 1945–1989 offers an unprecedented look at over four decades of Japanese art—both as it unfolded and as it is seen from the perspective of the present day. 

CONTEMPORARY ART BRAZIL - THAMES & HUDSON 2012



CONTEMPORARY ART BRAZIL
by Hossein Amirsadeghi
Thames & Hudson
(december 2012)

Brazil is experiencing an exciting blossoming of culture across many areas. "Contemporary Art Brazil" focuses on 110 of the country's most important practitioners in the realm of the fine arts, including artists, gallerists, heads of institutions, critical thinkers and collectors. Extensively illustrated and based on the most up-to-date research, it provides an invaluable survey of current trends and key players, placing them in the context of tropicalismo and neo-concretismo, the two movements that first brought the Brazilian art scene to international attention in the 1960s. This is a must read for anyone interested in expanding their knowledge of the contemporary culture of South America. 

giovedì 27 dicembre 2012

CIRCUMJNAVIGANDO FESTIVAL - GENOVA, CENTRO STORICO 22/12/2012-6/1/2013



CIRCUMNAVIGANDO FESTIVAL
Genova, Centro Storico
dal 22/12/2012 al 6/1/2013

Dal 22 dicembre al 6 gennaio torna ad animare le vie del Centro Storico la XII edizione di Circumnavigando, Festival Internazionale di Teatro e Circo Contemporaneo, ideato e promosso dall’Associazione Culturale Sarabanda. 
Uno spazio culturale di qualità, unico nel suo genere che, utilizzando un linguaggio di semplice fruizione, presenta spettacoli innovativi e poliedrici, proponendo sempre nuove forme di teatro. 
Circumnavigando Festival si snoda tra le strade e le piazze della città per affascinare e stupire bambini e adulti, in un’atmosfera ricca di suggestioni poetiche. 

Fra i molti spettacoli: 

28 dicembre
Ore 18.15 Laboratorio sociale in vico del Papa: Incontro “Alle origini del circo contemporaneo. Una fusione tra Teatro e Circo”, con Massimo Locuratolo 

29 dicembre
Ore 16.00 Porto Antico Area Mandraccio: Julot “Hula hoopla!!!”
Ore 16.30 via San Lorenzo: Cooperativa Tangram “Pompieri!” spettacolo itinerante
Ore 17.30 Palazzo Ducale - Sala del Maggior Consiglio: Circo Pitanga “Rêves D’été”. Biglietto intero 8 €, ridotto 6 € 


FOOD - MUSEE ARIANA, GENEVE



FOOD
commissariat: Adelina von Furstenberg
Musée Ariana
Musée suisse de la céramique et du verre
10, avenue de la Paix – 1202 Genève
du 19 décembre 2012 au 24 février 2013

ART for The World présente FOOD, une exposition internationale itinérante, présentée en avant-première à Genève au Musée Ariana, musée suisse de la céramique et du verre, au nr. 10 Av. de la Paix à Genève, situé au cœur du quartier des organisations internationales, à deux pas de l’Office des Nations Unies à Genève.
Conçue et réalisée par Adelina von Fürstenberg, FOOD met l’accent sur la préservation de notre Terre nourricière, le choix des aliments, de même que les conséquences des changements climatiques, l’empoisonnement des produits de l’agriculture, les écarts dans la distribution alimentaire, la famine et tout autre sujet lié à ce thème. FOOD se compose de plusieurs facettes: d’une exposition d’art contemporain, d’une série de conférences et de tables rondes réunissant les acteurs de la chaîne alimentaire, et d’un programme cinématographique sur l’alimentation.
Seront exposées les œuvres de Marina Abramović (Serbie), John Armleder (Suisse), Joseph Beuys (Allemagne), Marcel Broodthaers (Belgique), Lenora de Barros (Brésil), Mircea Cantor (Roumanie/France), Subodh Gupta (Inde), Jannis Kounellis (Grèce/ Italie), Los Carpinteros (Cuba), Anna Maria Maiolino (Italie/Brésil), Marcello Maloberti (Italie), Cildo Meireles (Brésil), Miralda (Espagne), Tony Morgan (Grande Bretagne/ Suisse), Liliana Moro (Italie), Gianni Motti (Italie/Suisse), Ernesto Neto (Brésil), Meret Oppenheim (Allemagne/Suisse), Angelo Plessas (Grèce), Pipilotti Rist (Suisse), Dieter Roth (Suisse), Shimabuku (Japon), Vivianne van Singer (Suisse), Raghubir Singh (Inde), Daniel Spoerri (Roumanie/Suisse), Barthélémy Toguo (Cameroun/France), Nari Ward (Etats-Unis).
Parallèlement, les courts-métrages des réalisateurs Jia Zhang-Ke (Chine), Murali Nair (Inde), Idrissa Ouedraogo (Burkina Faso), Pablo Trapero (Argentine) ainsi qu’un documentaire sur Mesa Brasil, produit par la Direction Régionale du SES. 

Image: Marcello Maloberti, La voglia matta, 2012
courtesy of the artist and Galleria Raffaella Cortese, Milan
installation view at Musée Ariana
photo: Ferenc Csipke and Lucia Martinez

SERGIO DANGELO - BLU GALLERY, BOLOGNA



SERGIO DANGELO
Blu Gallery
via Don Minzoni 9 - Bologna
dal 15/12/2012 al 28/1/2013

La Blu Gallery presenta un selezionato gruppo di opere pittoriche e di oggetti hand-made di Sergio Dangelo realizzati negli anni ’60 e ’70, anni che vedono la sua partecipazione alle più importanti esposizioni internazionali d’arte, tra le quali la sala personale alla Biennale d’Arte di Venezia, nel 1966. 
Artista poliedrico e polimaterico, ha saputo spaziare e attraversare vari “ismi” del secolo scorso: dal Movimento Nucleare, di cui è stato fondatore assieme a Enrico Baj, al surrealismo, dalle forme espressive legate al dadaismo alle ricerche del Gruppo Cobra, ponendo sempre alla base della propria creatività artistica l’ironia, lo sperimentalismo e la provocazione. 
I quadri qui presentati, oramai storici all’interno della storia dell’arte del secondo novecento, vivono di grandi suggestioni visionarie, di stesure cromatiche ardite ed irriverenti, di partecipazione colta e di poetica naturalistica, di gestualità esplosiva e di segni di calligrafia automatica. 
Gli hand-made, termine che Marcel Duchamp ha utilizzato nel 1960 per definire gli oggetti di Sergio Dangelo, tracciano il racconto della sua figura di “scrittore che dipinge”, di “poeta che raccoglie ed assembla immagini”, come lui stesso ama definirsi, portandoci in un mondo fatto di legno, chiodi, filo di canapa, bottoni, cartone, plastica morbida, gres, vimini, vetro, ceramica, nero di china, tempere, aniline, vernici alla nitrocellulosa, smalti: un mondo di materiali infinito, privo di confini, come la sua visione dell’arte. 
La mostra è un omaggio ad uno degli autori contemporanei più singolari e sognatori, che ha visto la vita come un atto d’arte totale, portando a volte il solo pensiero ad essere opera, spingendosi a definire il proprio lavoro “le cose che faccio” o “le mie invenzioni”. 

Sergio Dangelo è nato a Milano nel 1932, ha allestito più di 400 mostre personali ed ha partecipato a circa 1.500 collettive nel mondo. La sua bibliografia conta quasi 150 pubblicazioni monografiche. 

LUCA MASIA: IL SARTO DI PICASSO - SILVANA 2012



LUCA MASIA
IL SARTO DI PICASSO
Silvana, 2012

Il romanzo racconta, in maniera delicata ed emozionante, la storia di Michele Sapone, il “sarto degli artisti”, nonché uno dei più intimi amici di Pablo Picasso. Originario di un piccolo centro del sud Italia, Michele Sapone aveva lasciato il modesto ambiente famigliare per approdare, dopo gli anni tumultuosi e incerti della Seconda guerra mondiale, a Nizza, dove aveva avviato un’attività di sartoria. L’ambiente luminoso della Costa Azzurra è lo scenario in cui avviene l’incontro che segnerà per sempre la vita di Michele: la passione per l’arte. 
Dalla conoscenza casuale con il pittore fiorentino Manfredo Borsi, Michele viene introdotto nell’ambiente artistico locale, dove riesce a mettere in luce il suo talento di artigiano: nel corso degli anni frequenterà con sincera amicizia Picasso, cui fu particolarmente legato fino alla sua scomparsa, e i più importanti pittori che soggiornavano nella regione francese, come Campigli, Magnelli, Hartung, Arp, Severini, Giacometti e Miró, solo per citarne alcuni. E in cambio di vestiti eleganti e bluse da lavoro, pantaloni da cerimonia e cappotti invernali, il sarto riceveva dagli amici quadri e disegni: un oggetto in cambio di un altro, da lavoratore a lavoratore, come facevano gli antichi prima di inventare il denaro. Opere importanti, di cui il volume offre una ricca documentazione fotografica, confluite nella collezione Michele Sapone, tanto prestigiosa da poter concorrere con quella di un museo di arte contemporanea. 
Questa raccolta ha costituito la base per la fortunata attività della Galleria Sapone di Nizza, ancora oggi gestita dalla figlia Aika. 

Luca Masia: nato a Milano nel 1962, vive e lavora a Genova. All’inizio degli anni ottanta si dedica alla pubblicità, prima come art director poi come copywriter. Lavora in TBWA, L&L e Young & Rubicam, realizzando campagne per Barilla, Mulino Bianco, Pavesi, Johnson& Johnson, Colgate, Kraft, Standa, Asics, Coni, IP. Progetta e realizza grandi eventi con Davide Rampello. Accanto all’attività di pubblicitario, si dedica a quella di scrittore nei campi della narrativa, della drammaturgia teatrale e della comunicazione d’impresa. Fra le ultime pubblicazioni si ricordano: Blue Jazz Café, l’aroma delle note (Faxtet, 2011) Tratti, n.86. L’assedio di Parigi (Ed. Mobydick, 2011), Il signor Chicco. La vita straordinaria di un uomo qualunque (Silvana Editoriale, 2011), La Fiera di Milano. Lavoro e società nei manifesti storici 1920-1990 (Silvana Editoriale, 2011), Brevemente (Ed. Mobydick, 1996), Il sorriso gentile del mare (Ed. Mobydick, 1996). 

VIRGINIA WOOLF: ROGER FRY - ELIOT 2012



VIRGINIA WOOLF
ROGER FRY
Eliot, 2012

Artista e critico d’arte, membro del Bloomsbury Group, Roger Fry è stato uno dei personaggi più influenti del panorama artistico europeo a cavallo tra Ottocento e Novecento. Fu lui a dare la definizione di “Post-impressionismo” al movimento che riuniva Cézanne, Gauguin, Munch, Van Gogh e altri. Il celebre storico dell’arte Kenneth Clark descrisse l’apporto di Fry alla cultura dell’epoca come “la più grande influenza sul gusto dai tempi di Ruskin. […] Nella misura in cui il gusto può essere cambiato da un uomo, questo è stato cambiato da Roger Fry”. Virginia Woolf è stata per molti anni amica intima del grande critico e artista inglese. Dopo la sua morte decise di scriverne la biografia, tracciando quello che a oggi rimane il documento definitivo sull’artista, sull’uomo, sulle intime sofferenze che hanno segnato la sua esistenza, sulle sue battaglie, sulla sua generosità di spirito, sulla sua opera e sull’influenza da lui avuta nello sviluppo dell’arte europea moderna e contemporanea. Il talento della Woolf come biografa, già cimentato in opere come Orlando e Flush, scende qui a patti con il suo estro poetico pervasivo, con la sua scrittura unica, intrisa di lirismo e sempre proiettata alla sperimentazione, a una ricerca mai abbandonata sulle infinite possibilità dell’arte narrativa. Una “lotta”, tra i diversi talenti della Woolf, che conferisce a questa biografia, oltre all’indiscussa necessità storica e documentale, un incommensurabile valore letterario. 

ENRICO RAVA E ANDREA POZZA IN CONCERTO - AUDITORIUM MONTALE, GENOVA



ENRICO RAVA E ANDREA POZZA IN CONCERTO
Teatro Carlo Felice - Auditorium Eugenio Montale
Passo Eugenio Montale
giovedì 27 dicembre 2012, ore 21,30

Giovedì 27 dicembre, il Borgoclub, per la rassegna di Natale all'Auditorium Eugenio Montale del teatro Carlo Felice di Genova (passo Eugenio Montale - ore 21.00), propone il duo d'eccezione composto da Enrico Rava, tra i nomi più noti del panorama jazzistico internazionale, e Andrea Pozza, attualmente tra i pianisti più richiesti a livello europeo. Il duo proporrà standard che fanno parte della tradizione: da Miles Davis a Charlie Parker, senza tralasciare grandi classici come "My funny Valentine" tratti dal repertorio di Chet Baker per concludere con brani di Jobim. 

Enrico Rava è sicuramente il jazzista italiano più conosciuto ed apprezzato a livello internazionale. Da sempre impegnato nelle esperienze più diverse e più stimolanti, è apparso sulla scena jazzistica a metà degli anni sessanta, imponendosi rapidamente come uno dei più convincenti solisti del jazz europeo. La sua schiettezza umana ed artistica lo pone al di fuori di ogni schema e ne fa un musicista rigoroso ma incurante delle convenzioni. La sua poetica immediatamente riconoscibile, la sua sonorità lirica e struggente sempre sorretta da una stupefacente freschezza d'ispirazione, risaltano fortemente in tutte le sue avventure musicali. 
Tra la sua numerosa discografia sono da segnalare gli imperdibili Quartet (ECM 1978) "Rava l'opera Va" (Label Bleu 1993), "Easy Living" (ECM 2004), "Tati" (ECM 2005) e "The Words and the Days" (ECM 2007), New York Days" (ECM 2009),Tribe (ECM 2218) e l'ultimissimo On The Dance Floor (ECM 2293). 
Non è difficile usare i superlativi per raccontare la sua avventura musicale, talmente ricco è il suo curriculum, talmente affascinante il suo mondo musicale, talmente lungo l'elenco dei musicisti con i quali ha collaborato, italiani, europei, americani esibendosi in tutto il mondo dagli USA al Giappone, dal Canada al Brasile passando per Argentina ed Uruguay senza escludere l'Europa. 
Nel 2011 Rava ha ripercorso la storia della sua carriera in un libro intitolato "Incontri con Musicisti Straordinari La storia del mio jazz" (Feltrinelli). Un racconto della sua "vorticosa attività fatta di continui incontri con musicisti straordinari, di storie sempre surreali e talvolta amare, di piccole stranezze e grandi talenti, restituendo uno spaccato vivido, con il sorriso e lo sguardo ironico di chi, alla fine, di cose ne ha viste accadere veramente tante." 
Con Enrico Rava, salirà sul palco dell'Auditorium del Teatro Carlo Felice di Genova, Andrea Pozza, pianista genovese apprezzato e stimato in Italia e all'estero per le sue doti di eccezionale solista, sia per essere un sideman prezioso e rispettoso per grandi artisti. Pozza e Rava si conoscono musicalmente da sempre, Pozza ha fatto parte del quintetto di Rava sostituendo Stefano Bollani. 

"Andrea Pozza è un musicista molto speciale. - afferma Enrico Rava - Non parla molto di sé, non inonda la scena di dischi, non è esibizionista. Andrea Pozza si limita a suonare. E come suona!". 
Due i cd realizzati assieme, il primo nel 2003 "Andrea Pozza meets Gianni Basso feat. Enrico Rava - Making 'whoopee" (Philology, 2003) e il secondo intitolato "The Words And The Days" con l'Enrico Rava Quintet (ECM, 2005). 
Andrea Pozza è da poco ritornato in Italia dopo un'intensa attività concertistica che lo ha visto impegnato non-stop dalla scorsa estate, in Svizzera, Spagna, Germania, Portogallo e Gran Bretagna, non disdegnando naturalmente l'Italia. 
Ricca anche la discografia che vede Andrea Pozza protagonista. L'album più recente a suo nome è "Gull's Flight" (ABEAT REC, 2011) inciso con l'Andrea Pozza European Quintet che vede coinvolti i musicisti inglesi, Christian Brewer al sax alto e Shane Forbes alla batteria, e gli olandesi Dick DeGraaf al sax tenore e soprano e Jos Machtel al contrabbasso (www.andreapozza.it). 
Oltre alla sua attività concertistica, Andrea Pozza è docente della cattedra di jazz al Conservatorio N. Paganini di Genova, nuovo incarico che segue la docenza al Conservatorio di Milano degli scorsi anni. Dal punto di vista discografico, Pozza è attualmente impegnato nella realizzazione del suo prossimo cd in trio, con Aldo Zunino al contrabbasso e Shane Forbes alla batteria, la cui pubblicazione è prevista nei primi mesi del 2013. 

mercoledì 26 dicembre 2012

CORRISPONDENCES: MODERN ART AND UNIVERSALISM - MUSEUM SZTUKI, LODZ



CORRISPONDENCES
MODERN ART AND UNIVERSALISM
Curators: Jaroslaw Lubiak and Malgorzata Ludwisiak
Museum Sztuki
19 Ogrodowa Street - Lodz
14/12/2012 - 29/6/2013

The exhibition 'Correspondences. Modern Art and Universalism' presents a vast and multidimensional panorama of the 20th and 21st century art. The correspondences between the works of art, verbal and pictorial interventions by Tomasz Kozak and the unusual exhibition space designed by Krzysztof Skoczylas reveal the story about the major phenomena of the past century art in their contemporary senses. 
Among over 400 works of modern and contemporary art, that meet within the landscape of the exhibition, are the paintings by Pablo Picasso, Meret Oppenheim and Robert Maciejuk, Bill Viola, Magdalena Abakanowicz and Miroslaw Balka, Paul Klee, Katarzyna Kobro and Louise Bourgeois or Tamász Kasász and Kolo Klipsa as well as Georges Braque, Douglas Davies and Aleksandra Ska. Surprising and mysterious correspondences between the experiences contained in these works become revealed in these meetings. 
The exhibition stretches a net of relationships among the works of art, word and pictorial interventions by Tomasz Kozak, texts from a variety of philosophical and literary traditions, and complex spatial forms. Developing correspondences between these elements was inspired by the way in which Walter Benjamin constructed his 'Arcades Project' in the years 1927-1940 - a bold attempt at formulating material historiography. Within the exhibition 'Correspondences. Modern Art and Universalism', the historical matter - works of art, archive material, fragments of texts and interpretations - was grouped within twelve arcades, corresponding to the key experiences of the last hundred years: Lost Letter, Warping Space, Uncanny Dwelling, Joke-Work, Promises of Death, Modern Beauty, Narcissus' Reflections, Materialisation of the Gaze, Seduction of the Everyday, Aesthetics of Commodification, Crises and New Orders and the Politics of Dreaming. 
Simultaneously, the exhibition poses the question about the role of contemporary art in creation of transnational culture and, more specifically, about the prospect of its universalisation. Such question is sparked by the remarkable symmetry between the two collections - between the collection of Rupf Foundation / Kunstmuseum Bern and the collection of Muzeum Sztuki in Lodz. Despite different founding ideas and grounds as well as different conditions under which they were developed over the decades, they are strikingly symmetrical, sometimes almost identical. 
Hermann Rupf in Switzerland, a Bernese businessman, one of the first collectors of the avant-garde art in the world, bought works of art for private purposes and out of personal passion. Due to close friendship with Daniel-Henry Kahnweiler, a leading Parisian art dealer, from 1907 onwards Rupf bought works by Picasso, Braque, Klee and Kandynsky, sometimes even in the year of their creation. Initially, the works were exhibited in his private apartments and offices. However, since Rupf saw art as a tool of social change, already in the 1940s he started efforts to locate the collection within a public institution. Finally, in 1954 he donated the collection, through the foundation of his name, to Kunstmuseum Bern, where it is still being developed. 
In Poland, the artists and poets of the 'a.r.' group, on Wladyslaw Strzeminski's initiative, from 1929 led the campaign – mainly in Paris – to acquire works of art for the newly established art museum in Lodz. The avant-garde artists - including Max Ernst, Fernand Léger, Hans Arp and Alexander Calder - were asked to donate their works to the International Collection of Modern Art. The development of the collection was from the very beginning accompanied by the idea of its public presentation. Endowment of the collection to the Lodz Museum and its public opening, which took place already in 1931, was a form of implementation of the avant-garde art key task - transformation of the reality. As a result, there emerged one of the first avant-garde museum collections in the world. The core collection of the Museum of Art in Lodz, the gift by the „a.r.' group, was expanded with subsequent modern art works and is still being developed today. 
By setting together the two unique collections, the exhibition 'Correspondences. Modern Art and Universalism' attempts to ask the question about the significance of art today. In particular - about the possibility, even the need for sharing cultural experience in the current globalised world. 

ALI KAZMA: CLERK - VIDEOTECA GAM. TORINO


ALI KAZMA
CLERK
Videoteca GAM
via Magenta 31 - Torino
dal 18/12/2012 al 17/2/2013

A partire dal 18 dicembre la Videoteca GAM presenta per la prima volta al pubblico Clerk, opera video del 2011 di Ali Kazma, acquisita dalla Fondazione CRT per l’Arte Moderna e Contemporanea ad Artissima 18. 
Ali Kazma è un artista affascinato dai processi di produzione. Punta l’obiettivo della propria telecamera sulle capacità creative dell’uomo, sul modo in cui la nostra cultura produce oggetti e valori: “il mio lavoro – ha dichiarato – è su come le persone trasformano il mondo… Siamo costantemente spinti a consumare, mentre la produzione dei beni di consumo è divenuta un aspetto quasi imbarazzante, da non mostrare in pubblico… voglio rendere la produzione e la creazione visibile”. 
A volte, proprio come nel caso di Clerk, ad essere creato non è un oggetto o qualcosa di fisicamente consumabile, ma è l’abilità virtuosistica nell’espletare i propri compiti che viene mostrata nella sua bellezza: l’impiegato di uno studio notarile fa passare tra le dita con incredibile velocità documenti e documenti su cui appone il timbro d’approvazione. Il ritmo sonoro dato dallo sbattere del timbro sui fogli si trasforma in una percussione continua, una musica minimalista travolgente per velocità, mentre il gesto minimo ripetuto di beckettiana memoria si trasforma con meraviglia in valore positivo, non più assenza di senso, ma luogo del significato di ogni fare umano. 

ALI KAZMA Clerk, 2011
3min. 9sec.
DVD 

GRAFIA MUSICALE E SEGNO PITTORICO NELL'AVANGUARDIA ITALIANA

ENRICA TORELLI LANDINI
GRAFIA MUSICALE E SEGNO PITTORICO
nell'avanguardia italiana (1950-1970)
De Luca, 2012

Il rapporto tra suono e segno, o megl io, tra arte sonora e arte visiva, tra musica e pittura, ha rappresentato nell'immediato dopoguerra, a livello internazionale, ma con un inconfondibile valenza e caratterizzazione anche in Italia, un momento storico della nostra cultura, spesso trascurato nei pur sostanziosi studi sugli anni '50-'60, anni in cui l'interferenza tra musica e pittura è stata realmente studiata e messa alla prova. Le lezioni sull'alea tenute nel '58 a Darmstadt da John Cage, il concetto di opera aperta pubblicato nel '62 da Umberto Eco, ed altri esempi offerti dalle geniali riviste "L'Esperienza moderna" e la palermitana "Collage", contribuirono ad una effettiva interferenza tra le due espressioni artistiche. 
Da qui la necessità di inventare un inedito sistema grafico che andava a comporre le partiture-quadro, oggetto di questa pubblicazione; opere il cui bivalente valore - figurativo e musicale insieme - ben esprimeva la violenta reazione ad una tradizione culturale allora avvertita come stanca e obsoleta. Ed è proprio nella comune ricerca grafica e musicale che risiede il significato storico di queste opere. 
Il fenomeno ebbe una risonanza che percorse tutto iI nostro paese. A Mi lano, con mostre di partiture e dibattiti alla Galleria Blu e con le ricerche presso la sede di Fonologia della RAI (frequentata tra gli altri da Eco e Berio), a Roma con l'attività svolta da Nuova Consonanza, e infine a Palermo dove le Settimane musicali di Nuova Musica costituirono per anni il vero crogiuolo dell'avanguardia musicale internazionale nel nostro paese. 
GilLo Dorfles, che introduce il libro con un ampio saggio, è stato il testimone centrale di quelle analisi e dibattiti sulla interferenza tra musica e pittura. 
Le opere su carta di Capogrossi, Accardi, Sanfilippo e Guerrini perseguono una povertà cromatica, limitata al bianco e nero, ed una immediatezza gestuale del segno che si costituisce quasi per germinazione spontanea, insistendo su pause e ritmi para-musicali, accostati allora dalla critica ai sistemi aleatori e alla musica "seriale". 
Assieme alla musica e alla pittura, anche l'incontro tra arti visive e teatro musicale è stato fecondo. Basti pensare ad opere qua pubblicate nella sezione dedicata al teatro musicale, come la pionieristica "Intolleranza 1960" di Nono con proiezioni e luci di Vedova, il balletto "Rot" di Guaccero con i bozzetti di scena di Bonalumi, "La morte dell'aria" di Petrassi con scenografie di Scialoja, i velatini di Perilli per "Collage" di Clementi, e così via. 
Infine la sezione Testimonianze presenta una serie di interviste, registrate all'inizio degli anni '90 quando tutti i protagonisti di questo libro erano ancora operanti. 

EUR: QUARTIERE DI ARCHITETTURE

ENRICO VALERIANI, FRANCESCO INNAMORATI
EUR: QUARTIERE DI ARCHITETTURE
“Tradizione nell’innovazione”
De Luca, 2012

Questo libro non vuol fare la storia dell’Eur: partendo invece dalla considerazione che l’Eur è una realtà atipica rispetto alle vicende urbanistiche e architettoniche delle città italiane, assume questo particolare carattere genetico come parametro per proiettare il quartiere – o meglio questa città nella città – in una prospettiva di futuro nella quale tutti i suoi peccati d’origine e le contraddizioni che ne sono derivate costituiscono un dato fondativo per lo sviluppo. 
Per raccontare la complessità vale forse la pena di raccontare l’avventura di un viaggiatore che attraversa l’Eur alla ricerca di un luogo – ad esempio la “nuvola” – e che perdendosi di fronte alla varietà e alla eterogeneità degli spazi, delle forme dell’architettura, rimane smarrito e affascinato allo stesso tempo. Quando, dopo aver percorso un non facile itinerario, arriva alla meta avrà finalmente compreso fino in fondo la natura di una “città diversa”, ricca di storia e di storie, senza nostalgie ma proiettata verso nuove sfide. 
E in questo sarà aiutato, nel suo percorso, da una serie di flashbacks, di spiegazioni che gli arrivano in vari modi, qualche volta leggende metropolitane o stereotipi da dipanare. 
Un racconto nel quale il ruolo delle immagini è determinante, sia per spiegare, documentare e storicizzare che per evocare. Immagini del presente, ma anche memorie del passato e soprattutto del futuro. 


I FRANCESCANI IN LIGURIA - DE LUCA 2012

I FRANCESCANI IN LIGURIA
Insediamenti Committenze Iconografie
a cura di Lauro Magnani e Stefania Stagno
De Luca, 2012

Il volume, curato da Lauro Magnani e Laura Stagno, raccoglie gli atti del convegno organizzato presso l’Università degli Studi di Genova nell’ottobre 2009: iniziativa mirata ad andare oltre il contesto ligure indagato, creando un momento di confronto con studiosi di diversa provenienza attivi su tematiche di soggetto francescano. Così William R. Cook (State University of New York), riconosciuto esperto di arte francescana medievale, discute le origini di “quasi otto secoli” di produzione artistica legata all’ordine, mentre altri studiosi - tra i quali Bert Treffers, Giorgio Leone, Andrea Spiriti, Mario Alberto Pavone, Mimma Pasculli Ferrara, Francesca Sinagra - presentano in questa sede i risultati delle proprie ricerche sul tema, con analisi di complessi decorativi e letture iconografiche condotte in una varietà di contesti geografici. Una serie ampia ed articolata di contributi incentrati sull’ambito ligure - proposti da autori legati all’ateneo genovese, alle Soprintendenze e ai musei della regione – ricostruisce poi insediamenti, architetture, committenze artistiche delle comunità francescane, e approfondisce caratteri e significati delle scelte iconografiche delle diverse famiglie dell’ordine in un territorio che, generalmente trascurato dalle precedenti indagini sull’argomento, si rivela invece, sotto questo profilo, particolarmente ricco.